Amedeo sentiva la tensione crescere quotidianamente, senza capire se fosse alimentata dalle aperture o dai silenzi. Quel rapporto lo stava coinvolgendo sempre di più, e il fatto di non riuscire a catalogarlo non lo aiutava a uscire dai suoi circuiti ossessivi. Era evidente soltanto uno dei nodi che continuavano a serrarsi: lo irritava il pensiero che il tempo passato con Ludger fosse un lavoro, e questo apriva una falla che non sapeva come colmare.

Ludger guardava il vuoto con gli auricolari abbandonati accanto al lettore CD acceso; chiuse gli occhi girando il viso in direzione di Amedeo, che gli stava chiedendo se avesse programmi per quel pomeriggio. Lo guardò con un’espressione interrogativa chiedendogli il perché non potessero andare al parco. Amedeo iniziò a spingere la sedia a rotelle, privo del distacco che gli avrebbe dato riparo; guardò i capelli impicciati e sempre pulitissimi, la vecchia felpa scolorita su cui si appoggiavano, i pantaloni da lavoro e le sneakers consumate che portava costantemente. Amedeo sceglieva con cura maniacale vestiti semplici e lineari, preferendo le tonalità scure; lo stile di Ludger gli piaceva ma quei vecchi abiti rendevano ancora più evidente il senso di abbandono. Tutto quello che poteva vedere di lui era un involucro vuoto, abbandonato. Detestava in particolare quelle scarpe con le suole usate, perennemente appoggiate al sostegno della sedia a rotelle. Perso nei suoi pensieri sussultò per l’esclamazione vivace di Ludger.
“Amedeo, ti prego prendilo!” Era proiettato in avanti, con le braccia tese verso un gattino che li stava osservando. 
Dopo averlo raggiunto, Amedeo tese un indice che l’animale annusò prima di arrampicarsi spontaneamente sulle sue gambe piegate: il gatto era molto pulito e indossava un collarino. Dopo averlo accarezzato chiese a Ludger se voleva prenderlo in braccio e, voltandosi, rimase stordito dalla sua espressione felice, come se fosse un fotogramma preso da un’altra realtà. Ludger lo chiamò ancora per ottenere una sua reazione, e lui prese delicatamente il cucciolo allungando le braccia nella sua direzione. Pensava di lasciarlo cadere direttamente sulle sue gambe per evitare di toccarlo, ma le mani fredde di Ludger scivolarono tra le sue nel prendere il gatto. Restò a guardarli giocare stringendosi le mani per allontanare la sensazione di freddo che gli aveva fatto scorrere un brivido sulle braccia. Ludger era felice e i cavi dell’auricolare diventarono un gioco irresistibile per l’animaletto. Con i capelli dietro le orecchie il suo viso restava completamente esposto allo sguardo rapito di Amedeo, dandogli l’impressione di vedere qualcosa di assolutamente puro, perfetto. Dopo alcuni minuti il gatto saltò via e Ludger tornò ad essere inanimato, chiudendosi in un silenzio che sarebbe durato parecchi giorni.

Nella settimana seguente Ludger pronunciò solo una frase: era un un pomeriggio di vento e parlò senza guardarlo, come se fosse da solo. Aveva la testa alzata, gli occhi chiusi e un sorriso appena accennato.
“Adoro sentire il vento sulla pelle, chissà se arriva oltre quel vetro.”
Quell’episodio rimase sospeso in un tempo immobile.

Ludger parlò, facendo sobbalzare Amedeo che lo stava osservando in silenzio.
“Sai, mi capita di essere presente più di quanto vorrei… ultimamente ho iniziato a pensare al tempo che passiamo insieme. Per me è abbastanza strano il fatto che tu riesca a stare in mia compagnia senza innervosirti, anzi… ad essere sempre così piacevole e disponibile. Non credo tu lo faccia perché pensi sia il tuo lavoro, ma perchè ti viene naturale… altrimenti penso che neanche funzionerebbe… poi non lo so, queste due ore di silenzio per me hanno poco peso, ma io vivo fuori dal mondo… mi stupisce invece che tu, che potresti fare quello che ti pare, riesca a stare seduto lì senza fare nulla, con gli occhi fissi sul vecchio scemo azzoppato… come se fosse la cosa più naturale per te, stare fermo a guardarmi… posso farti una domanda difficile?”
Gli occhi di Ludger erano a fuoco, e Amedeo pensò che dovesse aver giocato meno del solito al piccolo chimico. Annuì, felice di potergli parlare di nuovo.
“Cosa pensi di me?”
Non distolse lo sguardo. “Non sono preparato, può passare alla prossima domanda per favore?” Si coprì la bocca con la mano minuta, trattenendo la radice del naso tra l’indice e il pollice mentre rideva divertito per l’espressione stupita che quella battuta innocua aveva suscitato. Ludger si limitò a sorridere, chiedendosi come riuscisse a essere così spontaneo. 
Amedeo si impose di smettere. “Scusa, non me lo aspettavo… sono mesi che studio, eppure non sono ancora riuscito a riordinare le idee… ti dico le prime cose che mi vengono in mente. Non mi annoio mai a guardarti, sei bello e distante come un mosaico bizantino… spero meno vecchio. Lo so che sei strano, forse riesco a parlare così bene con te proprio per questo. I miei pochissimi amici sono decisamente strani, ma è parte della loro bellezza. Io non voglio mai giudicare gli altri, perché ognuno trova il suo modo di sopravvivere alle miserie della vita… non posso vedere con gli occhi di un altro e quindi capisco solo in modo parziale. Cerco di non scordarlo mai. Poi però certo, una mia idea me la faccio.” Si prese una pausa per respirare profondamente, era in difficoltà ma non voleva fermarsi. “A volte resto stupito dalla tua forza, altre volte penso che potrebbe essere debolezza chiusa dentro uno scrigno granitico. Spesso penso anche che, se fosse forza, sarebbe troppa… perché non riesco a trovare un motivo abbastanza valido per un isolamento così radicale.”
Ludger corrugò le sopracciglia contraendo gli occhi che presero una linea tagliente, dura come la voce. “Impazzisco di rabbia solo al pensiero di vedere pena e compassione sul viso delle persone che mi volevano bene. Non possono fare niente per me e non voglio nessuno vicino.”
Amedeo era stanco, ma non aveva intenzione di lasciar cadere quella conversazione. “All’inizio forse, ma poi le persone possono trovare nuovi modi se gliene dai la possibilità… la zia di Venezia, ad esempio?”
Ludger assunse un’espressione cattiva stringendo forte i braccioli della sedia; Amedeo si trovò a temere che potesse avere una delle sue crisi, ed era spaventato. Ludger prese a parlare con un tono aspro che non gli aveva mai sentito.
“È stato orrendo, è stata lei la persona che ha provato a starmi vicino quando mi sono risvegliato. Parlava, parlava, parlava e io sentivo che parlava a qualcuno che non c’era più. Non riuscivo a muovere niente… lei mi accarezzava la testa e stringeva la mano senza scampo. Purtroppo è testarda e le ha provate tutte, e io mi sono barricato in un silenzio che non ho sciolto mai con lei. La totale incapacità di manifestare sentimenti di mia madre invece mi è stata di grande aiuto, almeno ho avuto qualcuno che si è occupato delle squallide questioni pratiche, innanzitutto allontanare tutti. Zia Anastasia per prima. Non ci siamo più visti né parlati… non potrei immaginarla in una situazione più triste che farmi da infermiera. Poi con tutte quelle parole sarei impazzito davvero… con te è diverso, non mi conoscevi prima, in me tu non cerchi nessuno.”
Lo vide chiudere gli occhi e cambiare espressione, come se cercasse di sfumare la rabbia; lasciò andare i braccioli della sedia per riprendere a guardarlo, senza espressione.
“E i tuoi modi mi piacciono molto, Amedeo, anche i tuoi silenzi. A volte non capisco neanche io perché riesco a parlare con te. Per questo potrei essere stato anche un po’ stronzo, e mi dispiace.” Accese una sigaretta con movimenti insolitamente veloci.
Amedeo provò a dare forma a un’idea indefinita. “Penso che tu abbia vissuto tre vite finora… come se fossi stato tre persone diverse. Ora… forse… dovresti iniziare a costruire la quarta.”
“Amedeo, mi dici perché dovrei fare questa fatica inutile?”
Essere guardato senza tregua alimentava la sua tensione, ma non voleva tirarsi indietro. “Perchè penso che potresti diventare una creatura meravigliosa, e sarebbe uno spreco non farla nascere solo per pigrizia… non credi?”
Il sorriso di Ludger era simile a quelli che faceva ad occhi chiusi durante le sue allucinazioni, ma in quel momento lo stava guardando, ed era completamente presente. Amedeo si sentì mancare l’aria al pensiero che quell’espressione fosse rivolta a lui.
“Ho due risposte. O stai parlando di qualcuno che non conosco, una delle tue divinità personali… o stai parlando di te.”
Reagì socchiudendo le labbra, spalancando gli occhi come se avesse ricevuto uno schiaffo. “Mi confondi… io pensavo a te.”
Ludger rise per la sua faccia stupita. “Dai! Non fare quella faccia! Mi hai detto una cosa molto bella, ma mi sembrava più adatta a te.”
Amedeo era profondamente colpito e non capiva se la sua confusione era alimentata dal lungo silenzio che aveva preceduto quello scambio. Stava notando le diverse espressioni che assecondavano l’umore instabile di Ludger, così come la voce che cambiava toni e ritmo. Lo trovava straordinariamente bello.
“Amedeo! Ok, mi impegno per smettere.” Distolse lo sguardo per poi tornare a rivolgersi a lui con un lieve sorriso. “Va meglio? Se prendi qualcosa che ti fa fare quelle faccette dammi il nome che cerco di procurarmela anch’io… Oddio no, non ricominciare!”
Alla fine anche Amedeo rise; gli sembrava incredibile ritrovarsi a farlo insieme. “Senti, Ludger, taci un attimo per favore… ok, non dovevo dirlo.”
Non riuscivano a smettere, erano entrati in una dinamica in cui le risate si alimentavano da sole e Amedeo era molto dispiaciuto di avere impegni per quella sera.
“Dai, ti prego… devo dirti una cosa importante…” Respirò profondamente. “Devo tornare perché stasera abbiamo amici a cena e sono l’unico in grado di cucinare, ma non vorrei proprio separarmi da te adesso. Ti andrebbe di venire da me? Posso riaccompagnarti a casa quando vuoi, in qualsiasi momento, devo andare anche solo per il tempo di impostare la cena… che ne dici?”
Ludger rispose senza darsi il tempo di pensare. “Accetto a patto che davvero mi riaccompagni se dovessi cambiare idea. Se ci separassimo ora ho paura di come potrei rimuginare su quello che ci siamo detti. E potrebbe non andare a finire bene.”

Amedeo sperava che il tempo continuasse a scorrere fuori dai soliti binari, entusiasta di quel cambiamento di programma.
“Sorridi guidando… a che pensi?”
“Sono felice che stiamo facendo questa cosa e vorrei riprendere il discorso difficile.”
Ludger non si capacitava di essere lì; si accese una sigaretta invitandolo a continuare. 
“Per quanto riguarda Anastasia. Non ti viene il dubbio che lei potrebbe essere felice di aiutarti?”
“So di essere presuntuoso, ma è un altro discorso. Non sarei felice io ad averla vicino. Voglio sentirmi completamente libero, voglio lasciarmi andare senza sentirmi responsabile per nessuno. Non me ne frega niente di come potrei essere impegnandomi di più, non voglio pensare a niente di niente. Piuttosto, non vuoi sapere cosa penso di te? Mi autorizzi ad essere altrettanto pesante? Grazie.” Guardò il profilo delicato di Amedeo che seguiva la strada. “Penso che tu stia sprecando la tua vita. E non fare paragoni con gli altri, pensa a te e basta.”
Un sospiro in risposta. “Sono d’accordo, questa è la benzina principale che alimenta le mie paturnie, vai avanti.”
“A parte Elisa, a parte tutto, c’è un intero mondo a cui rinunci, e mi sembra un vero spreco.”
Anche se Amedeo aveva parcheggiato, restò con le mani sul volante. Sì voltò per concludere. “Sono d’accordo, ma non vedo vie d’uscita. Vuoi davvero salire o torniamo indietro? Credimi, se potessi annullerei la cena senza pensarci un attimo.”

Ludger provò una sottile nostalgia per quell’atmosfera da casa di studenti: c’erano poster ovunque, il corridoio era arredato con mobili approssimativi e nella stanza in fondo si intravedevano stendini carichi di bucato. Amedeo entrò nella prima porta sulla destra, accanto al mobiletto con il telefono comune; dopo aver acceso una luce bassa tornò indietro, invitandolo ad entrare. A Ludger la sua stanza sembrò grande e troppo ordinata; le tante foto e i libri stipati ovunque erano i soli elementi che avrebbe associato a un ragazzo. Si avvicinò al primo piano di una ragazza con un caschetto corto, con gli occhi grandi e luminosi nel viso delicato.
“È Elisa, le ho fatto tante foto, questa è una delle mie preferite, che ne pensi?”
Continuava a spostare lo sguardo sulla parete ricoperta di stampe, evitando quelle in cui compariva Sebastiano perché gli ricordava Nobuko, e in quel momento non voleva pensare a lei. Preferì concentrarsi sugli scatti in bianco e nero di Elisa; alcuni erano dei nudi che rivelavano un corpo sottile e muscoloso, quasi androgino.
“Bellissima, lei e le foto che le fai. Devo chiederti un favore.”
“Tutto quello che vuoi.”
Sorrise, divertito e presente. “Poco saggio dire una cosa del genere a qualcuno che entra in camera tua per la prima volta e ammira le tue foto di nudi.” Rise. “Hai anche nudi maschili.”
Amedeo arrossì senza interromperlo per gustarsi quel momento felice, e aspettò che finisse.  “Riesci a dirmi cosa volevi senza prendermi in giro?”
Ludger annuì perdendo espressione, per poi elencargli le proprie necessità in modo meccanico.  “Ho bisogno di sdraiarmi per riposare la schiena. Posso sedermi da solo sul letto, ma quando mi giro le gambe non mi seguono… dovresti prendere le caviglie e assecondare la rotazione. Pensi di farcela?”
Rispose di slancio con un ‘certo’, mettendo a tacere una preoccupazione che si sarebbe rivelata inutile. Pensò per un attimo all’unico contatto fisico che avevano avuto, alle mani fredde che avevano sfiorato le sue per prendere un gatto. Quando iniziò a girarsi  di spalle Amedeo gli strinse le caviglie.
“Così va bene, grazie.”
Amedeo restò fermo in quella posizione, consapevole di non poter essere visto, e senza pensarci allungò una mano sul suo polpaccio per poi lasciare subito la presa: aveva un tono muscolare che non si sarebbe aspettato. Ludger non reagì dandogli conferma che le sue gambe erano del tutto insensibili. 
“Amedeo… Tutto bene?”
“Sì, scusa, ogni tanto mi incanto. Vado a mettere le verdure sul fuoco. Vuoi un té o qualcos’altro?”
“Volentieri… ti chiederei anche di tenermi delle verdure, se dovessi fermarmi per cena. Perché non mangio carne. Se non ti dispiace ti chiederei anche di avvicinarmi le sigarette e un posacenere. E di far sparire la mia sedia. Evito di averla intorno appena possibile, e in questa stanza mi sembra davvero fuori luogo. Se ti va metti anche un disco. Mi dispiace darti tutte queste seccature.”
“Ma no, non lo sono. Abbiamo diversi amici vegetariani, non preoccuparti e non farlo neanche per il resto. Io sono felice di averti qui. Torno appena posso.”
Non volendo pensare a una musica adatta a quella circostanza, Amedeo ripiegò su una soluzione facile scegliendo un disco di Bowie degli anni ‘70.

Elisa entrò in casa urlando un saluto prima di precipitarsi verso la camera di Amedeo, e restò bloccata sulla porta. Ludger era sollevato sui gomiti per accendersi l’ennesima sigaretta; aveva tirato i capelli dietro le orecchie e occupava con il suo corpo slanciato l’intera lunghezza del letto. Girando la testa verso di lei alcune ciocche lunghissime gli scivolarono dalla schiena. 
Sorrise rilassato. “Ciao Elisa, vuoi fumare?”
Lei si rianimò avvicinandoglisi velocemente con un suono di tacchi sul marmo, quasi marziale. “Sì, almeno una sigaretta. Subito.” 
Ludger le passò il pacchetto restando sollevato su un solo braccio; grazie ai racconti e alle foto di Amedeo gli sembrava già di conoscerla. Lei era rimasta folgorata dalla sua bellezza, e sfrecciò via per raggiungere Amedeo che la stava chiamando dalla cucina.
Lo abbracciò raggiungendolo ai fornelli. “Tesoro! Grazie per il bel regalo.”
“Lisa, so che disponi di risorse straordinarie. Stai calma. Quello è Ludger… ricordi? Il ragazzo per cui lavoro. Oggi stavamo parlando e l’ho invitato… Elisa?”
Le sfuggì una bestemmia e aspirò troppo forte la sigaretta. “Ma dico… non mi hai detto com’è… cazzo! Io mi immaginavo un nerd brufoloso e sovrappeso.”
Perse slancio perché, conoscendo bene Amedeo, capì che avrebbe dovuto dedurlo dal suo coinvolgimento.
“Perché non mi hai mai detto che è così bello?”
“Perché nel suo caso non mi sembrava facesse molta differenza. Puoi occuparti tu del resto? Qui c’è solo da girare le verdure e non mi va di lasciarlo solo.”

Amedeo gli si sedette di fronte dopo aver disposto la tazza del tè a fianco del posacenere, aveva usato per lui la sua preferita. 
Sembrava trattenersi dal sorridere. “Hai conosciuto Elisa, ora spero solo che torni in sé velocemente.” 
Ludger lo guardò incuriosito.
“Non sapeva chi eri… ma non preoccuparti, ha buone capacità di recupero… spero di averla chiamata prima che ti saltasse addosso, non sarebbe ospitale da parte mia farti stuprare sul mio letto.”
Rise. “Devo sentirmi in pericolo?”
Amedeo riprese a parlare come si trattasse di una questione pratica. “Dipende dai punti di vista, non l’ho mai vista buttare i cadaveri dei suoi amanti il giorno dopo, e sai non me ne intendo di queste cose… ma il rischio lo corri seriamente.”
“È strano che una ragazza così bella abbia tutti questi problemi.”
“Elisa è esigente quanto bella.”
“Certo, vedervi, pensare che vivete qui e vi piacete tanto senza stare insieme è davvero strano, anche se mi hai spiegato bene… per me resta strano.”
Amedeo annuì, felice si fosse aperta quella possibilità inedita: ritrovarsi a parlare con lui a casa sua, fuori dai soliti confini. Decise di riprendere il discorso lasciato in sospeso: disse di aver fatto diversi tentativi, anche con Elisa, ma senza mai andare oltre i baci, frenato da un senso di disgusto per il completo distacco provato in quei momenti. Elisa era convinta che avrebbe dovuto provare un coinvolgimento abbastanza forte da rompere tutti i suoi circoli viziosi, ma non poteva certo riuscire a pilotarlo. Era d’accordo anche con la visione di Sebastiano: il suo era un modo per attraversare la vita assaporandola in modo diverso, senza farsi toccare e restando fuori dalle sue dinamiche come se fosse un oggetto d’arte. Ludger lo seguiva con interesse fumando ininterrottamente, ed entrambe le versioni gli sembravano plausibili. 
Pensò di provocarlo adottando un punto di vista differente. “Sei geloso di loro? So che Elisa è sola… Sebastiano sta con qualcuno o anche lui è solo?”
Il sorriso di Amedeo nel rispondere non gli lasciò dubbi. “Non potrei mai essere geloso di loro, sarei felice se gli capitasse qualcosa di bello. Ma sono due persone difficili, e a volte penso che mi piacciano tanto proprio per questo…. Senti, tra poco inizieranno ad arrivare gli altri e se vuoi posso riaccompagnarti… però se te la senti di provare a restare io ne sarei felice, davvero. Ovviamente sei sempre libero di cambiare idea, il cibo ormai è salvo… in qualsiasi momento posso mollare tutto.”
Ludger non voleva separarsi da lui e tornare a casa; iniziava ad aver paura del momento in cui si sarebbe ritrovato a rimuginare sulla fuga che si stava concedendo, ed era in grado di non preoccuparsene soltanto portandola avanti. Dopo aver posato la tazza si lasciò cadere sul letto, spostando nervosamente i capelli indietro per continuare a guardarlo, e Amedeo sostenne il suo sguardo senza aspettare una risposta. Sarebbero scivolati in uno dei loro silenzi statici se dalla cucina non fosse arrivato il suono di un mestolo lanciato nel lavandino.
“Elisa non si secca a stare di là da sola?”
“Siamo bravi a rispettare i nostri spazi, ma se per te va bene la chiamo volentieri, penso si stia annoiando e odia cucinare da sola.”

Amedeo faticò a non sorridere per come Elisa stava guardando Ludger; avanzò nella stanza a piedi scalzi, e nel sedersi a terra il suo vestito lasciò scoperte le gambe muscolose. Ludger, prossimo al sonno, continuava ad ascoltare distrattamente i loro scambi. Lei parlava senza sosta mangiando voracemente i pasticcini che aveva portato.
“Sono nervosa e se stanotte ti azzardi a farmi dormire da sola non sai che ti aspetta. Dovrebbe venire Giulia ma lei cambia sempre idea e non credo che i dolci arriveranno a stanotte.”
Amedeo rise. “Quando è nervosa mangia come un’isterica.” L’occhiataccia di Elisa gli fece chiedere immediatamente scusa abbassando la testa.
Ludger si stupì che fosse così magra se quello era il suo modo di sfogare il nervosismo, e lei raccontò che andava in palestra quasi ogni giorno per nuotare fino allo sfinimento. 
“Anche a me piaceva tanto nuotare… un tempo.”
“Perché non vieni in piscina da me? Io faccio nuoto libero, ma l’istruttore è mio amico e so che fa anche cose tipo fisioterapia in acqua. Non deve essere proprio uno spasso… ma se ti va potrei parlarci, per farti fare una nuotata.”
Amedeo era stupito che riuscissero a parlare in modo così disinvolto, neanche sfiorato dall’idea di essere lui l’agente legante; dopo il disastroso incontro tra Sebastiano ed Elisa dava per scontato che le persone con cui aveva un rapporto esclusivo fossero incompatibili. Gli piaceva saperlo sdraiato sul proprio letto mentre Elisa gli parlava con una leggerezza per lui impossibile.
“Ora che mi ci fai pensare mi andrebbe tanto di farmi una nuotata. Provaci… ma solo se il tipo non è troppo invadente… però avvisalo di non mettersi in modalità io ti salverò, altrimenti sbrocco. Detesto i terapisti di ogni tipo.”
Lei rise. “Essendo mio amico posso anche chiedergli di trattarti male, se vuoi… anche di lasciarti annegare.”
Amedeo scoppiò a ridere. “Ludger, non la provocare, potrebbe essere pericolosa.”
Quell’affermazione fu il pretesto che scatenò una lotta giocosa, condita di insulti, soprattutto da parte di Elisa; Amedeo incassava ridendo, e finirono con il rotolarsi a terra fino a quando lei non lo immobilizzò, sedendoglisi sopra. Ludger li osservava divertito, piuttosto stordito per le emozioni di quel pomeriggio; gli sembrava di essere finito in una vita non sua, che per qualche errore si mostrava nei suoi aspetti più autentici e singolari. Ammirava la loro amicizia, e pensò che Amedeo avesse il dono di creare rapporti intensi e non convenzionali con le persone che riuscivano a bucare il vetro. Il suo isolamento gli rivelava delle incrinature che permettevano agli individui che trovava belli e sentiva autentici di trovare un varco. Nel portare avanti queste analisi si sentiva escluso da questi processi, quasi uno spettatore inconsistente.

Ludger aveva voluto provare a usare il bagno prima che iniziassero ad arrivare gli ospiti: in quello spazio non attrezzato le manovre che gli erano abituali si rivelarono difficili, ma non impossibili. Dopo li raggiunse in cucina, dove si stavano completando i preparativi della cena, posizionandosi a ridosso di un un muro per non intralciarli. Si guardò intorno con un’espressione attenta, in silenzio. 
“Sei davvero sicuro di poter affrontare la variopinta moltitudine che tra poco ci riempirà casa?”
“Posso trasformarmi in una discreta bestia sociale, se e quando voglio… sai, sto proprio bene qui, anche io me ne stupisco… non mi va per niente di tornare a casa. Faccio uno squillo a Helga che non è più abituata a vedermi sparire… anzi, le mando un messaggio così non mi rovino l’umore.”
Per Amedeo vederlo nella sua cucina, con le dita che volavano sulla tastiera del telefonino mentre beveva un vino dozzinale dal bicchiere di plastica, era una specie di epifania. Lo disse con la solita semplicità, che a Ludger faceva sembrare normali anche le cose che si era abituato a catalogare come impossibili. Si mescolò agli altri invitati con naturalezza, lasciandosi coinvolgere nei discorsi che si intrecciavano nella stanza sempre più affollata. Partecipava attivamente, rivelando una serie di interessi che sembravano sconfinati. Amedeo parlò poco seguendo tutto quello che veniva detto con interesse e divertimento. Si animò presentandogli Davide, che trascinò vicino alla sedia a rotelle senza lasciargli neanche il tempo di togliere la sciarpa.
“Ciao! Che bello vederti… non me lo aspettavo. Sono felicissimo di conoscerti.”
Ludger assunse un’espressione interrogativa guardando il cappotto elegante che gli pendeva da una spalla.
“Io e Amedeo ci incontriamo spessissimo in facoltà… in realtà lui è il mio compagno preferito lì all’asilo, anche se in genere parliamo solo di storia dell’arte… perché il ragazzo qui è una specie di macchina… però un po’ mi ha parlato anche di te.”
Ludger si spense per alcuni istanti chiedendosi che idea si fossero fatti di lui dai racconti di Amedeo. Allontanò quei pensieri per non rovinarsi l’umore, e l’intervento di Elisa lo distolse da quelle riflessioni trascinandolo in una nuova conversazione; erano indubbiamente i due poli d’attrazione della serata; lei era raggiante e spesso i loro interventi trainavano l’intero gruppo. 
Una volta esaurite le scorte alcoliche decisero di spostarsi in un pub vicino, ed Elisa si organizzò per poter percorrere il tragitto con Amedeo e Ludger invitando gli altri a precederli.

Ludger restò rapito dalle luci che si riflettevano sull’asfalto bagnato: era tanto tempo che non gli capitava di passeggiare con il buio, e si sentì rilassato, leggermente ubriaco. 
“Mi è sempre piaciuto stare fuori la notte, quando non c’è più il sole e si esauriscono le dinamiche del giorno. Mi ha sempre dato un senso di possibilità… adesso posso sentirlo solo in parte. Forse ne sento solo nostalgia.”
Amedeo continuò a spingere la sedia mentre la tristezza di quelle parole affondava nella sua coscienza. 
Elisa gli camminava a fianco. “Non capisco perchè, non penso possano esserci chissà quante differenze.”
“Certo che ci sono… adesso, per esempio, non potrei prendere e partire in qualsiasi momento. Già passare la notte fuori sarebbe impossibile.”
“Cazzate.”
Amedeo era così sorpreso da non riuscire a reagire.
Elisa riprese a parlare. “Anzi, se la mia amichetta non si ferma a dormire potresti fermarti da noi anche stasera, in qualche modo sei già riuscito ad andare in bagno, uno spazzolino si rimedia, insomma… non mi sembra del tutto vero quello che dici.”
Amedeo si fermò, colpito dall’irrazionalità di quell’invito. Pensò che Elisa fosse ubriaca o forse non del tutto consapevole della situazione. Del resto fino a poche ore prima non lo avrebbe immaginato possibile. 
Ludger si prese alcuni secondi per valutare l’invito. “Ma dici davvero?” 
Lei si chinò fino a mettersi alla sua altezza guardandolo negli occhi, per poi posare una mano su quella di Ludger, abbandonata sul bracciolo della sedia. Amedeo vedendo i loro profili così vicini ebbe un forte senso di irrealtà: quella scena gli sembrava presa da un film e si ritrovò a sperare che si baciassero.
“Certo che dico davvero, abbiamo tre posti letto, senza scomodare la nostra santa coinquilina. Penso non sarebbe difficile distribuirci tre persone… nel caso la mia amica Giulia stasera non si fermi da me. E secondo me mi dà buca, perché già non voleva venire neanche al pub. Poi puoi fare quello che ti pare, però non è una cosa impossibile.”
“Grazie, ci penserò.”
Lei si girò verso Amedeo, sbloccandolo. “Tesoro? Sei ancora con noi?”

Finirono nello stesso pub dove erano già stati diverse volte, che di sera era affollato e rumoroso. Ludger partecipava divertito alle chiacchiere che animavano la tavolata, e lui ed Elisa continuavano a condurre il gioco. 
Una ragazza minuta, con una montagna di capelli rossi, si accostò dal loro lato. “Ciao a tutti, sono Nora, ora vi rubo un attimo il mio vecchio amico… posso, Ludger?”
Lui si limitò ad annuire senza entusiasmo, e diede alcune sorsate dal suo calice prima di rivolgerle un saluto fiacco. 
“Sono contento di vedere che stai bene… salutami anche… com’è che si chiama il tuo ragazzo?”
Nel parlare restava voltato verso il pacchetto di sigarette; malgrado il suo tono di voce e i gesti respingenti lei continuò a sorridergli senza scoraggiarsi.
“Quel tipo lì è andato, ci siamo lasciati… per colpa tua, ma ormai non me importa più niente, sta’ tranquillo… si è comportato parecchio da stronzo, poi. Per un paio di giorni di sesso extraconiugale ha preso tutte le mie cose e le ha scaraventate giù per le scale, neanche fossimo sposati davvero, non sai quanta roba mi ha rotto.”
Nora rideva, calcando alcune parole nel tentativo di rendere leggero quel resoconto, invece Ludger restò completamente indifferente. 
“Mi dispiace.”
Lei rise di nuovo. “A me per niente, sto molto meglio ora… è vero! Non puoi saperlo, io e Andrea stiamo insieme adesso… e stiamo benissimo. Anche lui è qui stasera, sarà felice di salutarti.” 
Ludger era stanco, insensibile all’attenzione con cui i presenti seguivano la loro conversazione. “Sarà felice, dici? Io immaginavo volesse spaccarmi le ossa… comunque sono molto felice per voi, davvero.” 
Nora si congedò sorridendo con tristezza, aggiungendo che sarebbe passata a salutarlo prima di andarsene. Elisa chiese a Ludger se fosse una sua ex, e lui sollevò la testa, come per sciogliere i muscoli del collo.
“Non ho ex, è stata una delle tante cose di una serata o due.” 
Qualcuno scherzando rimarcò quel ‘una delle tante?’, facendo ripartire le risate e le chiacchiere come se non ci fosse stata quell’interruzione. Amedeo restava focalizzato su alcuni dettagli: quando Ludger era stato toccato da Nora ed Elisa non aveva avuto reazioni particolari. Aveva creduto che volesse evitare qualsiasi tipo di contatto, e invece risultava evidente che cercasse di ridurre soltanto quelli imposti dalla sua immobilità. Era rimasto colpito dalla rigidità mostrata nel parlare con Nora; pensò anche al suo rifiuto di comunicare con la maggior parte delle persone imposte dai confronti quotidiani, in contrasto alla facilità con cui aveva parlato a degli sconosciuti quella sera. Capì il fastidio che Ludger provava verso le persone che si rivolgevano a lui cercando quello che era stato un tempo: una persona nella quale non si riconosceva più. Dopo pochi minuti furono di nuovo interrotti dall’arrivo di Andrea che, al contrario di Nora, aveva una fisicità imponente e un aspetto aggressivo contraddetto dai movimenti impacciati. Salutò Ludger presentandosi agli altri a voce alta, sfoggiando un’allegria forzata. 
“Non sai quanto sono felice di vederti! Ma no che non ti spacco la faccia, anzi. Nora ti ha detto che stiamo insieme, no? Da poco dopo… l’incidente. E stiamo una meraviglia, pensa che vive da me adesso e suoniamo pure insieme. La sala ora è a posto… però non riusciamo a trovare un bassista decente… se molli sei un cretino. Guarda che se ogni tanto ti va noi abbiamo ancora tutta la tua roba lì, il mio telefono è sempre lo stesso, puoi chiamarmi quando vuoi.”
Raccontò delle serate che organizzava in un locale per lavoro, e dei suoi studi che procedevano a fatica. Ludger lo ascoltava con poca partecipazione mentre Andrea continuava a parlare senza pause, ridendo molto ma restando a distanza, come per evitare di toccarlo. Non gli rivolse neanche una domanda e, appena si fu allontanato, Ludger affermò di meritarsi un altro calice di nebbiolo. Elisa gli accarezzò una spalla passandogli vicino, e lui rispose al tocco con un sorriso, ringraziandola.
Amedeo, senza alzare lo sguardo dal tavolo, commentò quello scambio con il tono di una constatazione casuale. “Suonavate insieme.”
Ludger rispose un ‘già’ accendendosi una sigaretta. “È uno dei miei più cari amici, è una persona molto buona e sensibile… malgrado i modi.”
Amedeo parlò con un candore che non mascherava del tutto un intento provocatorio. “Peccato però… che abbiate smesso di suonare insieme.”
Ludger alzò su di lui uno sguardo obliquo e divertito; la sua risposta fu preceduta dal getto di fumo che gli mandò sul viso. “Prima o poi, non potendomi alzare per picchiarti, ti tirerò dietro tutto quello che riesco a raggiungere. Preparati, ho le braccia lunghe e una volta che parto non mi fermo più… anche se in genere mi limito a far strage di orchidee o porcellane.”
Elisa, mettendogli il calice davanti, rise. “Sembra uno sport fantastico! Si possono giocare anche i doppi?”
Amedeo smise di partecipare all’allegria generale; stava ripensando alle chitarre nella stanza di Ludger e ai cavi nel portaoggetti della macchina buttati insieme al pedale. Guardando la superficie del tavolo vicino alla sua mano carezzò la texture liscia tra i bicchieri e il posacenere che si andava riempiendo velocemente, quasi senza sentire i suoni che lo circondavano. Alzò gli occhi verso Ludger, con un’espressione da bambino stupito perché aveva appoggiato una mano sulla sua, stringendola delicatamente.
“Amedeo, ascolta… conosco bene Andrea e so che avermi tra i piedi, adesso, lo manderebbe in pezzi. Basterebbe soltanto il bene che gli voglio a darmi un motivo per tenermi alla larga. Tu però non fare quella faccetta triste, per favore… altrimenti si rompe l’incantesimo. Io non ho nessuna voglia di tornare a casa, ma non mi è mai piaciuto divertirmi da solo.”
Amedeo annuì, cercando di non guardare la mano lunga e fredda posata sulla sua.
“Certo, hai ragione. Non preoccuparti, sto bene… sono solo un po’ stanco. Vado in bagno così mi sveglio un po’.”
Ludger gli strinse la mano prima di lasciarlo andare, e Amedeo in risposta sorrise allontanando la sedia.

Amedeo oscillava tra l’entusiasmo e l’angoscia da ore, senza riuscire ad ancorarsi a un solo filo di pensieri che potesse mantenere il suo umore stabile. Ludger lo confondeva: anche se ribadiva  in ogni occasione di temere il momento in cui sarebbe restato solo, il suo comportamento continuava a rivelare nuove aperture. Entrò nel disimpegno che dava accesso ai bagni completamente perso nei propri pensieri, e urtò qualcuno che si stava allontanando dai lavandini. Si affrettò a scusarsi alzando lo sguardo, riconoscendo Andrea che era sconvolto, con il viso rigato di lacrime. Nel ritrovarselo di fronte prese un’espressione dura che fece indietreggiare Amedeo di un passo.
“Tu stavi seduto vicino a Louis. Sei stato tu a portarlo qui?”
Gli si rivolgeva con rabbia, facendolo sentire a disagio. 
“Sì, è venuto qui con me. Stai bene?”
“No. Come lo hai conosciuto?”
Amedeo, bloccato da quell’aggressione, abbassò gli occhi sentendosi un prostituto. “Mi ha assunto la madre. Per portarlo fuori, il pomeriggio.”
La reazione di Andrea lo stupì.
“Dio, ti ringrazio!” Tirò su con il naso asciugandosi il viso con il dorso della mano. “Lo conosco da un sacco di tempo, ma mi ha fatto fuori… da quando ha avuto quel cazzo di incidente ho dovuto iniziare a parlare con la madre per avere notizie. Sono stato io a mettere quell’annuncio all’università, era un’idea mia. La madre figurati, si affiderebbe anche a uno sciamano… non gli dire che mi hai incontrato qui, capito? Non gli dire che abbiamo parlato, Louis mi conosce, sa che adesso sto così… non voglio che glielo dici… me lo devi promettere.”
Amedeo era indietreggiato fino ad appoggiarsi al lavandino e annuì, restando completamente inespressivo. 
Andrea riprese a parlare, con movimenti tesi. “Tu adesso sei in una posizione importante, non deluderlo, non fare mai niente per compiacerlo perché se ne accorge… e se perdi la sua fiducia è finita.”
“Non lo avrei fatto comunque, certo non perché me lo stai chiedendo tu.”
Andrea lo guardò mettendolo a fuoco per la prima volta, poi sorrise abbassando la testa e facendola oscillare un paio di volte, con gli occhi spalancati. Amedeo si sentiva in pericolo ma non aveva paura, al contrario: l’idea di un confronto fisico gli apparì come una possibilità di sfogare il nervosismo che gli stava tendendo ogni muscolo. Quella reazione non apparteneva alla sua natura. Andrea stupito dalla sua risposta restò immobile; Amedeo gli sembrava poco più che adolescente, quel tipo di ragazzi con cui entrava in contatto per il lavoro nel locale, così piccoli e magri che sarebbe bastato fare la voce grossa per ottenere lo stesso effetto di un buttafuori. Quella risposta così ferma lo aveva spiazzato. Sorrise al pensiero che, se Ludger lo stava frequentando, non poteva trattarsi di una persona banale, ma era consapevole di aver iniziato male e di non poterlo trattenere ancora a lungo. 
Terribilmente frustrato lasciò ricadere le braccia prima di avviarsi verso l’uscita. “Sono contento di quello che mi dici… scusami, ho i nervi a pezzi e devo solo andare a casa. Però sai, io potrei fare qualsiasi cosa per Louis… Scusami ancora, ciao.” Tenne le spalle curve uscendo dal piccolo vano. 
Anche se Amedeo provò pena per lui non volle dargli spazio perché era già abbastanza confuso. Riavvicinandosi al tavolo lo vide abbracciare Ludger da dietro, affondando il viso fra i suoi capelli; lui sorrideva con tristezza stringendo una delle braccia che lo stavano avvolgendo. Andrea poi si allontanò nascondendogli il viso, seguito da Nora che salutò con un gesto della mano tutta la tavolata. Amedeo si avvicinò a Davide proponendogli un superalcolico al bancone, che consumarono in silenzio.
“Prima di tornare dagli altri mi dici almeno a cosa volevi pensare avendomi qui vicino?”
“David e Golia. Non la Bibbia, solo Donatello.”
Davide rise di gusto, consapevole di non avere abbastanza strumenti per interpretare quella metafora, accontentandosi di essere parte dell’allegoria solo grazie al suo nome.

Nel tornare a casa Elisa rinnovò l’invito a Ludger perché Giulia le aveva confermato che non si sarebbe fermata da lei. Lui  accettò senza fermarsi a riflettere. Amedeo era ubriaco e gli era difficile mantenere la concentrazione, ma sentire pronunciare il nome di Nobuko frantumò la sua astrazione, facendolo tornare completamente presente. Ludger ne stava parlando con serenità ma lui si mise in allerta.
“Posso dire di non avere ex perché sono, e sono stato, innamorato di una sola persona. Nobuko. Che è morta da alcuni anni.”
Elisa era scioccata, e Amedeo fermò la sedia a rotelle mentre Ludger riprendeva a parlare.
“Non preoccuparti… Penso mi faccia bene parlarne, sai? Ovviamente non pretendo di sentirmi capito, sarebbe impossibile… credo di riuscire a stare qui, così rilassato, solo perché da un po’ di tempo ho iniziato a parlarne con Amedeo. Non ne avevo parlato con nessuno, per anni.”
“Io ancora non ho mai perso nessuno di caro, neanche in famiglia, e solo pensarlo mi terrorizza. Deve essere un vuoto atroce… mi dispiace.”
“Non ti dispiacere, non potevi saperlo. Non scusarti… un ragazzo saggio mi ha fatto capire che in certi casi le scuse non solo non servono, ma possono anche rovinare qualcosa… fai bene a essere terrorizzata. La morte è una bestia mostruosa. Nel mio caso è particolarmente difficile perché è come se fosse stato amputato il pezzo del mio mondo che mi piaceva di più, quello in cui avrei fatto di tutto per continuare a vivere. Adesso so che non potrò più tornarci… e se penso a lei, solo a lei, è ancora peggio. Avrei preferito che impazzisse, avrei preferito tutto piuttosto che essere costretto a pensare che adesso lei non c’è più. In qualsiasi parte del mondo lei non c’è, e non ci sarà mai più.”
Quando fu evidente che Ludger non avrebbe continuato Amedeo gli mise una mano sulla spalla. “Che nessuno si azzardi a dire mi dispiace.”
Le dita ghiacciate di Ludger raggiunsero le sue mentre sussurrava un ‘grazie’.
Dopo gli chiese di Davide. “Ho visto che siete andati a bere qualcosa al bancone… mi è sembrato insolito, perché poi siete rimasti immobili… e alla fine siete tornati indietro ridendo… gli è successo qualcosa?”
“No, ero io ad aver bisogno di uno stacco… per pensare a Donatello, lo scultore, e non mi andava di stare da solo. Davide studia con me, lui è una persona molto carina malgrado il suo compagno non mi ispiri molta simpatia. Mi ha adottato all’università una volta che avevo le paturnie… abbiamo passato tutto il giorno insieme, siamo finiti anche a cucinare la sera aspettando il marito che poi si è pure ingelosito. Da quella volta ci vediamo ogni tanto anche per studiare, è piacevole e per niente invadente. Si è abituato alle mie astrazioni, non gli danno fastidio… per questo gli ho chiesto compagnia per bere.”

Una volta arrivati a casa Elisa li lasciò per farsi una doccia. Ludger si sentiva stanco ma il suo buon umore non era stato scalfito dall’incontro con i suoi vecchi amici. Parlarono di musica ripromettendosi di prestarsi alcuni CD, mentre Amedeo gli procurava il necessario per dormire tirando fuori una enorme maglietta ricevuta da Sebastiano. Ludger se la poggiò sul torace e finirono a ridere.
“Temevo di dover passare la notte con la mia felpa… pensava di fartela usare come vestito?”
Amedeo guardò ammirato la pelle chiara e tesa sui muscoli scolpiti del torace, così bianca da sembrare di carta nella luce bassa della lampada. Mise a fuoco delle linee sottili sugli avambracci che si definivano soltanto per la luce radente; Ludger intanto stava piegando la felpa in modo approssimativo senza far caso al suo sguardo. La maglietta nera rendeva i suoi colori straordinariamente luminosi facendolo sembrare più piccolo: l’apertura per il collo gli scivolava da una spalla. 
Tese la stoffa. “Ma il tuo amico ti ha mai visto?”
“Certo… non so se abbia preso troppo alla lettera la mia richiesta di qualcosa di grande, da New York. Sebastiano ha un senso dell’umorismo un po’ particolare… come il resto.”
A Ludger non sfuggì la leggera increspatura tra le sopracciglia che alterava la sua espressione. “Sei preoccupato per qualcosa?”
Scosse la testa. “Ho visto dei segni sulle tue braccia, sembrano linee geometriche e mi sono un po’ incantato. Ma non importa.”
Ludger chiuse le mani stendendo le braccia in avanti, con indifferenza. “Vetri, sbrocchi e incidenti.”
Malgrado quel gesto Amedeo restò fermo, senza avvicinarsi per osservarle da vicino. Ludger tornato a rilassarsi senza espressione gli chiese aiuto per togliersi i pantaloni. 
“È molto facile, io li sbottono e mi sollevo sulle braccia, dovresti mettere un asciugamano o qualcosa di pulito sulla sedia e tirarli via. Mi dispiace molto doverti chiedere queste cose…”
Amedeo lo invitò seccamente a non fare lo stupido. Pensò di aver fatto bene a ubriacarsi perché da sobrio non avrebbe mai usato quel tono. L’operazione si rivelò semplice e riuscì a non toccarlo per tutta la manovra. 
“Perfetto, grazie.” Tirò la maglietta fino a farla arrivare quasi alle ginocchia. “Non porto quasi mai le mutande, ma grazie a questa magliettona non fa molta differenza.”
Amedeo gli sorrise sedendosi sul letto. “Quando non c’è la coinquilina e fa caldo giriamo per casa praticamente nudi. Vengo da una famiglia cattolica, soffocante e bigotta, i modi di Elisa mi sono sempre sembrati una liberazione. Sebastiano poi è anche più disinibito… io mi incanto, ma loro lo capiscono che è un’altra cosa… odio chi vede sempre e solo il nudo come peccaminoso.”
Ludger si muoveva nella stanza con disinvoltura, tenendo il posacenere sulle gambe. Ad Amedeo piaceva vederlo usare le sue cose.
“Il vostro rapporto è davvero straordinario. Almeno lei ha mai avuto qualcuno da quando vi conoscete?”
“Alcune volte… e no, non sono mai stato geloso. Anzi,ero contento per lei. È capitato anche un tipo che invece era assurdamente geloso di me, malgrado fosse inverno e io mi tenessi il più possibile alla larga. Mentre andavamo al pub, quando vi siete fermati a parlare e lei si è chinata, ho immaginato che stavate per baciarvi. Sembrava la scena di un film, eravate così belli.”
Ludger alzò la testa verso il soffitto, sorridendo. “Da oggi pomeriggio mi chiedo se sono sveglio o sto dormendo… potrei aver fatto un impiccio sommando le mie pillole colorate. Però sai, io credo alle cose che mi dici, anche se certe volte sembri più assurdo di me. Non so cosa stia succedendo e non mi importa, però ti ringrazio di avermi dato la possibilità di vivere la tua vita per una sera, e voglio continuare a credere a tutto quello che mi dici. Quando ritornerò nel mio pianeta dovrò smaltire parecchie cose, ma adesso non voglio pensarci fino a che mi sarà possibile, perché sto bene.” 

Si ritrovarono in camera di Elisa dopo essere andati in bagno, mentre lei era in cucina per telefonare alla sua amica Giulia. 
“Ludger, hai già deciso dove dormire?”
“Il letto singolo è corto per me, se serve posso adattarmi… ma se posso scegliere preferirei questo. Dovrò chiederti aiuto ancora una volta.” 
Nel prendergli le caviglie fu di nuovo colpito dal suo tono muscolare, e si ritrovò a parlare senza riflettere.  “Le tue gambe sono bellissime, sembrano quelle di un atleta.” 
Amedeo gli si sdraiò a fianco, distante quanto il letto matrimoniale consentiva, con la testa appoggiata al braccio disteso; guardò a lungo Ludger che cercava di togliersi i capelli dal viso nervosamente, chiedendogli se potesse procurargli un elastico per legarli. Tornò ad alzarsi per cercarlo tra le cose di Elisa e nel tornargli vicino si offrì di legarglieli. Amedeo provò a raccogliere quella massa chiara senza riuscirci perché le dita restavano bloccate fra i capelli per via dei nodi.
“Sono tutti impicciati, te li pettino se vuoi.”
“Magari, grazie.”
Si sedette al suo fianco, iniziando a far scorrere la spazzola sulle punte di quella cascata che gli ricopriva interamente la schiena, e salendo progressivamente verso l’alto eliminò i nodi rendendo i capelli più luminosi. 
La voce di Ludger gli arrivò come un sussurro. “Sei bravissimo, mi fai sentire come un gatto che si gusta un grattino.” 
Amedeo era concentratissimo perché non voleva tirarli e notò che una parte di quella massa era più corta, staccata dalla cute diversi centimetri. Era sul lato destro dove Ludger aveva la cicatrice che sporgeva dalla tempia, e nel pettinarlo si impegnò per evitare di poggiarci la spazzola.
“Grazie. Da quanto tempo è che non li pettini?”
Ammise di farlo raramente, perché non aveva abbastanza pazienza. 
“Però dovresti almeno spuntarli, sono bellissimi così lunghi ma le punte sono tutte rovinate.”
Si trattenne dal dirgli che avrebbe dovuto eliminare quello scalino nella lunghezza, dandosi dello stupido per averlo pensato: sarebbe stato come cancellare un segno irrilevante. Ludger tornò a parlare, distogliendolo dalle sue riflessioni. 
“Non permetterei mai a nessuno di metterci le mani, l’ultima volta li ha tagliati Nobuko… me li pettinava sempre lei.”
Era sicuro che Ludger non fosse abbastanza ubriaco per cadere in quella contraddizione, e gli si rivolse con dolcezza, malgrado il turbamento. “Quanto nebbiolo hai bevuto stasera?”
“Abbastanza.”
Amedeo non voleva fermarsi, anche se la spazzola scorreva ormai senza attrito; continuava a sollevarla per vedere quei fili brillanti ricadere in controluce. Gli sarebbe piaciuto fotografarli. Ricordando di quando pettinava i capelli chiari di sua sorella, da bambino, li raccolse finalmente in una coda prima di alzarsi, per poi tornare a sdraiarsi con una sigaretta accesa. Ludger lo osservava con un’espressione dolce e rilassata, restando fermo, e Amedeo era profondamente colpito dall’intimità di quel momento, così come dall’espressione che gli stava rivolgendo. Gli era necessario catalogare il loro rapporto in un altro modo, anche solo per cercare di ridurre la sua profonda confusione. 
Aspirò profondamente la sigaretta. “Non voglio più essere pagato per stare con te.”
“Ti sei rotto della mia brillante compagnia o temi ti chieda altre prestazioni extra?”
“Non scherzare, mi piace stare con te, non è un lavoro… i soldi a questo punto non c’entrano niente.”
“Senti, io non ho mai avuto problemi di soldi. Potrei comprarti questa casa senza neanche accorgermene. Non ho mai fatto queste cose perché condizionano gli altri… un tempo mi hanno dato tante possibilità… mentre adesso mi permettono di non fare niente, è sempre un privilegio e me ne rendo conto. Nella mia scala di valori i soldi servono solo per fare, in astratto non hanno importanza. Ma capisco che le persone possano soffrire molto se non ne hanno abbastanza. Se hai accettato questo lavoro immagino ti servano e non mi viene in mente nessun motivo per non prenderli… anche perché se stai con me tutti i pomeriggi e studi non credo avresti tempo per fare altro. E a me non cambia assolutamente niente, quindi non ti angosciare per cose così insignificanti… sai, sto per addormentarmi.”
Amedeo sorrise. “Resta pure qui, con chi vuoi dormire? Se ti lascio Elisa come minimo ti abbraccia nel sonno, lo fa sempre anche con me, ma a me non disturba.”
Ludger chiuse gli occhi. “Forse preferirei dormire con te… ma mi va bene comunque, se va bene a te… è indifferente.”
“Se per te va bene comunque la faccio venire qui, non le piace dormire in camera mia e penso mi sarà…”
Le labbra di Ludger si aprirono leggermente e il respiro diventò regolare: dormiva. Amedeo gli accarezzò i capelli vicino alla cicatrice. Gli piaceva vederlo addormentato con i lineamenti completamente distesi e il viso scoperto. Si fermò su ogni dettaglio con attenzione, il naso dritto, gli zigomi ben disegnati, e notò per la prima volta diversi buchi sul lobo dell’orecchio che dovevano essere stati occupati da orecchini e piercing. Gli sembrava incredibile poter far scorrere la mano sulla sua testa ed averlo nella sua casa in piena notte.

Ludger riaprì gli occhi nella stanza in penombra per la luce dell’alba; non si accorse che dormendo si era girato sul dorso, un movimento che da sveglio non sarebbe stato in grado di fare. Elisa dormiva al suo fianco, con una gamba tra le sue; gli aveva appoggiato il braccio direttamente sulla pelle, alzandogli la maglietta. Non capiva come Amedeo riuscisse ad abituarsi a quei risvegli restando insensibile a quel contatto; aveva descritto notti simili, passate a dormire abbracciati. Sospirò profondamente. Normalmente non avrebbe esitato, invece si trattenne ripensando a quello che conosceva della situazione. Amedeo aveva chiarito di non essere geloso di Elisa arrivando perfino a sperare di vederli baciare la sera prima; quella notte aveva fatto in modo che dormissero insieme. Si portò la mano alla fronte dandosi del cretino: l’intera situazione era stata resa possibile da Amedeo.
Le cinse le spalle con il braccio libero e la chiamò, sussurrando il suo nome. 

Elisa spalancando gli occhi si irrigidì perché quella non era la voce che si sarebbe aspettata. “Chi sei?”
Lui rise. “Sono Ludger… Elisa, ascolta, non ho mai neanche provato a fare un discorso del genere quindi sii comprensiva. Immagino di piacerti.”
Era divertita e attenta. “Mi piaci tantissimo.”
“Ti andrebbe di usarci per una volta? Ma solo se sei sicura di riuscire a non avere coinvolgimenti sentimentali.”
Si tirò sul gomito per guardarlo. “Vorresti essere così carino da farmi da uomo oggetto?”
Le disegnò i contorni delle labbra con un dito.
“Esatto, oggetto mezzo rotto, ma sì. Solo se poi non inizi ad aspettarti comportamenti di un qualche tipo o a sentirti delusa perché vorresti qualcos’altro. Non voglio ferire nessuno… pensi di riuscire a rapportarti a me come prima?”
Si alzò per sfilargli la maglietta prima di sedersi all’altezza dei suoi fianchi. “Mi impegnerò al massimo, promesso.” 
Era chinata in avanti cercando di distinguere il più possibile i suoi lineamenti nella penombra, aspettando. Lui le portò entrambe le mani sulle gambe nude e, premendo sulle anche, risalì fino alla vita per poi riscendere sulle rotondità dei glutei: il corpo di Elisa era solido e compatto. Le mani di Ludger iniziarono a salire sulla schiena, sollevando la felpa e lei la sfilò scaraventandola indietro.
“Voglio baciarti, è una vita che non lo desidero così.”
Lei sorrise per quella voce profonda mentre lui la spingeva in avanti, fino a portarla con la bocca già aperta sulla sua. Ludger inclinò la testa affondando con la lingua, continuando a farle scorrere le mani sul torace. Elisa si muoveva assecondando quelle carezze e quando se ne separò avevano entrambi il fiato corto. Ludger si sollevò a sedere afferrandola alla vita per alzarla, e strofinò il viso sul seno prima di succhiarle i capezzoli. Lei avrebbe voluto baciarlo ancora ma quando gli raggiunse le labbra Ludger la abbracciò, e si sdraiò trattenendola con sé. La fece ruotare e continuando ad accarezzarla raggiunse gli slip per iniziare a masturbarla baciandole il collo, fino a farle raggiungere velocemente l’orgasmo. 
Non si diede neanche il tempo di riprendere fiato. “Mannaggia te. Io però non sono così brava con le mani.”
Senza aspettare una risposta scese a baciargli il sesso. Poco dopo Ludger la allontanò, accarezzandole la testa.
“Non durerò a lungo e vorrei finire in un altro modo… hai dei profilattici?”
Saltò dal letto con un movimento elastico per raggiungere la cassettiera mentre lui la osservava nella luce che andava crescendo.
“Hai un corpo stupendo.”
“Senti, specie di divinità greca precipitata per caso nel mio letto, se mi distrai non combino nulla!” Le piaceva sentirsi il suo sguardo addosso rovistando nel disordine del cassetto; sapeva che quello che stavano vivendo non si sarebbe ripetuto e le dispiaceva si stesse consumando in fretta. Tornata verso il letto gli sorrise porgendogli una scatola e, vedendo la figura di Ludger per intero, lo trovò di una bellezza straordinaria.
“Allora, qual è il piano?”
“Non abbiamo molte opzioni, ma sono sicuro che ce la caveremo.”
Gli si sdraiò sopra, e si baciarono ancora mentre Elisa scivolava con le gambe ai lati delle sue, per poi sollevarsi e permettergli di entrare. Le prese i fianchi, assecondando come poteva i suoi movimenti in un crescendo che li portò velocemente alla conclusione. Si sollevò per abbracciarla, riprendendo fiato.
“Dio santo! Se questa è la versione oggetto mezzo rotto non voglio immaginare quello tutto intero.”
Si allontanò delicatamente, accompagnando la discesa di Ludger fino al cuscino. Continuò a baciargli il viso e lui si limitò a sorriderle. Elisa respirò profondamente prima di separarsene, e sedendosi sul letto gli chiese se avesse bisogno di qualcosa. Gli procurò il necessario per pulirsi, e prese le pillole che le aveva chiesto da una tasca della sedia a rotelle. 
“Dovrò fare un monumento ad Amedeo per tutto questo, tieni le tue vitamine, io vado un attimo in bagno.”
Ludger non riusciva a pensare ad altro che a lui, continuando a vagare in idee inconcludenti. Immaginò di essere stato un ponte nella loro amicizia platonica perché, malgrado il sesso così veloce, c’era stata anche una dolcezza insolita per due sconosciuti. Se Amedeo era stato il contatto, la connessione, forse era lui il ponte. Entrambi erano subito tornati con il pensiero a lui, come se fosse una cosa normale. La luce rendeva i contorni degli oggetti più nitidi nella stanza caotica di Elisa: il disordine incrostava tutto quello che lo circondava risparmiando soltanto una scrivania, con sopra due pile di libri e un computer portatile spento. Si chiese quale fosse il suo percorso di studi perché non riusciva a leggere le coste dei libri. Lei rientrò in camera ancora nuda e si sdraiò al suo fianco con due sigarette accese, dimenticando la porta aperta. 
“Grazie… Posso fumare anche quando ti sarai addormentata?”
“Certo, puoi fare quello che vuoi, io dormo come un sasso… e dovrò farlo perché mi aspetta una giornata impegnativa. Mi dispiace non poter restare sveglia con te.” 
Le sorrise, accarezzandole i capelli corti. “Non preoccuparti, hai già fatto abbastanza… Sai, pensando ad Amedeo mi chiedevo… tante cose, e forse non è corretto parlarne con te… ma almeno quella più semplice… credi che lui volesse farci stare insieme? Io ho avuto quest’impressione.”
Elisa era divertita. “Dorme spesso con me, se ha scelto lui di lasciarti qui secondo me immaginava qualcosa del genere. Sono passata in camera sua a dargli un bacio, dorme come un angelo… quando è agitato smonta il letto. Poi sì, sono d’accordo con te, non è bello che ne parliamo tra noi. Amedeo ha le sue stranezze ma riesce a costruirsi rapporti molto forti, certo, solo con mezzi spostati, ma non ha bisogno di un manuale di istruzioni.”
Ludger iniziò a intuire quale fosse l’argomento dei libri allineati sulla scrivania. Baciandole la fronte le augurò di riposare bene. Passò le ore che seguirono in un tranquillo dormiveglia e, a differenza di come era inesorabilmente accaduto in tutti i rapporti occasionali avuti dopo la sua morte, non pensò per niente a Nobuko.

Il suono leggero dei passi di Amedeo gli fece aprire gli occhi; lui ed Elisa erano ancora nudi e abbracciati nella stessa posizione in cui si era svegliato diverse ore prima. Amedeo sorrise, trovandoli bellissimi, e Ludger rispose al suo sorriso sollevandosi a sedere per poi coprire con cura Elisa, dopo averla fatta scivolare di lato.
“Potresti, per favore, avvicinarmi la magliettona e la sedia?”
Amedeo girò su se stesso per cercargli la maglietta, planata sulle cianfrusaglie che Elisa teneva sulla cassettiera e, dopo avergli avvicinato la sedia domandò cosa volesse per colazione. Ludger lo raggiunse in cucina dopo diversi minuti, fumando; era deliziato da quella stanza inondata di sole con la tavola già apparecchiata, ma sentiva di dover affrontare un discorso che non voleva lasciare in sospeso.
“Tutto a posto, Amedeo?”
“Certo… ma già fumi?
Era allungato sulle punte per prendere dei dolci dal pensile con il viso un po’ gonfio per il sonno, e la maglietta ampia che indossava lasciava scoperti gli arti magrissimi e tesi mentre cercava di arrivare al ripiano più alto. A Ludger sembrò un adolescente, e sentì la fragilità di quel momento in contraddizione con ogni gesto che gli vedeva compiere.
Amedeo colse una lieve tensione nella sua espressione. “Sono stato io a lasciarti lì.”
“Poteva non accadere.”
Un sorriso divertito. “Conoscendo le abitudini notturne di Elisa solo a una chiocciola. Sapevo già che non appartieni alla mia specie… ora so anche che hai il sonno leggero.”
Ludger seguiva i suoi spostamenti aspirando profondamente la sigaretta; trovava incredibile che esistesse un adulto capace di trasmettergli quel senso di purezza, come se fosse venuto da un altro mondo. Quando Amedeo si fermò per sedersi, rivolgendogli l’ennesimo sorriso, Ludger avrebbe voluto bloccare lo scorrere del tempo.
“Lù la cenere!”
La brace troppo lunga della sigaretta era in equilibrio precario sulla tazza di tè; Ludger riuscì a spostarla un istante prima che cadesse, trattenendo una risata per quel ‘Lù’ che gli suonava abbastanza ridicolo. Spense la sigaretta quasi finita: con la sua semplice evidenza gli dimostrava che il tempo non si sarebbe mai fermato. 
Amedeo sollevò la tazza con entrambe le mani. “Spero che sia stato bello per entrambi.” 
Ludger rispose con un tono ironico. “Vuoi i particolari?”
Aveva usato quella formula con l’intenzione di farlo ridere e ci riuscì.
“Sì, è stato bello… forse troppo veloce, ma è normale… sai, l’astinenza scatena un certo veleno.”
Amedeo era felice di trovarlo nello stesso stato d’animo del giorno precedente; non sapeva mai cosa aspettarsi ad ogni incontro e aveva avuto paura che quello stato di grazia fosse perduto. 
“Anche per te era tanto tempo?”
“Dalla sera dell’incidente, credo non più di mezz’ora prima.” Gli sembrò un evento lontanissimo in quella mattina così atipica, ininfluente nel momento che stava vivendo. 
Amedeo lo stava ascoltando con interesse, come tutte le volte in cui gli svelava dettagli del suo passato. “C’è una relazione tra le due cose?”
Lo sguardo di Ludger si perse all’altezza dei pensili sospesi alle sue spalle, ma non restò a lungo in silenzio. “Sei sicuro di volerti ammorbare con queste storie appena sveglio?”
Lui abbassò lo sguardo verso il tavolo, scusandosi con un’espressione imbronciata che Ludger trovò adorabile. 
Posò una mano sulla sua stringendola appena. “Guarda che lo dicevo per te, io le conosco e ormai penso che potresti farmi parlare di qualsiasi cosa.”
In quella luce gli occhi di Amedeo avevano una tonalità blu intenso; tenendo le labbra socchiuse, prese quell’espressione stupita che a Ludger piaceva tanto. Gli suscitò ancora più tenerezza per i lineamenti gonfi di sonno.
Lo chiamò con dolcezza e lui reagì ritirando la mano per stropicciarsi energicamente il viso. 
“Sì! Scusa… per me puoi raccontare qualsiasi cosa. Sono abituato a svegliarmi e pensare ai sogni che faccio la mattina, che sono sempre angoscianti.”
Ludger gli raccontò di quella notte sorseggiando il tè, con un distacco e una serenità che facevano sembrare quegli eventi vissuti da qualcun altro. 
“Iniziamo dal soggetto. Conoscevo quella ragazza da parecchio tempo, e l’avevo sempre trovata carina. Si potrebbe dire che mi piaceva… ma in modo molto vago. Dovevo essere strafatto quando me la sono portata a casa, altro errore. Evitavo di coinvolgere quelli che si consideravano amici, perché poi sarebbero stati più difficili da mollare, forse perché pensavano di aver guadagnato un livello diverso di intimità, o di dover fare qualcosa per salvarmi dai miei atteggiamenti nichilisti. Non lo so, ma erano sempre delle colossali rotture di coglioni. Ma questa ragazza è stata un caso particolare, siamo stati chiusi in casa non so quanto… due, forse tre giorni, a giocare con tutte le droghe che avevo e a scopare. Poi a un certo punto ha detto di amarmi, non ricordo neanche in quale parte della casa ci stavamo accoppiando… mi sono staccato e l’ho scaraventata lontano. Poveretta, deve essersi anche fatta male.”
Si accese un’altra sigaretta e sentì la voce stupita di Amedeo. 
“Perché stai sorridendo?”
Tornò a guardarlo senza cambiare espressione con un’aria strana, come se stesse cercando di definire qualcosa di nuovo.
“Forse perché non ho più ripensato a quella notte, e adesso mi fa tenerezza pensare all’inferno in cui l’avevo trascinata… non ce l’ho per niente con lei, ma quella notte avrei potuto ucciderla. Non so neanche cosa mi abbia trattenuto, forse perché era stata la più cara amica di Nobuko e in una vita precedente le avevo voluto molto bene. Avevo una specie di repulsione per quelle due parole, una volta ho scaraventato fuori dalla macchina un povero ragazzo, abbandonandolo in piena notte su una superstrada per avermi detto un ti amo. Quella volta invece è stato come precipitare in un buco nero, ho pianto… dopo tanto tempo, gridando e distruggendo tutto quello che incontravo. Sai, non ricordo neanche cosa abbia fatto lei, non l’ho più vista dopo averla spinta via.”
Restò per alcuni secondi in silenzio dopo aver mandato indietro la testa come cercando le parole per concludere. “In quel disastro ho visto chiaramente che il mio piano aveva funzionato alla perfezione… non provavo più niente, per niente e nessuno, neanche per Nobuko. Non avevo più niente da dimenticare, non avevo più niente di niente, solo un senso di vuoto sporco… non so spiegarlo meglio, mi sentivo addosso la puzza di tutto lo schifo in cui mi ero immerso, ero io quella merda, non era rimasto nient’altro… poi devo essermi messo qualcosa addosso, facevo fatica anche a camminare ma ricordo l’asfalto sotto i piedi. Ho preso la macchina ma non ho fatto molta strada. Il resto lo sai.” Si fermò per prendere respiro. “E non ti ci devi angosciare.”
Scese il silenzio. Amedeo lo guardò, perdendosi nei suoi avvitamenti mentali; collegò quel racconto alla porzione di capelli più corti intorno alla cicatrice sulla sua fronte. Ludger invece si sentiva bene, distaccato da tutto quello che normalmente lo appesantiva e perfino i ricordi gli sembrarono poco importanti. Quella mattinata di sole, quella cucina di una casa di studenti con pensili e mattonelle anni sessanta, quelle pareti ricoperte di poster e cartoline di mostre o concerti, e quel ragazzo incredibile che gli sedeva di fronte, mai in imbarazzo per lui o i suoi silenzi: tutto gli trasmetteva una serenità che pareva venire da una vita diversa, dandogli l’impressione che le cose fossero più nette e semplici. Capì che la condizione che stava vivendo non era suscitata dal luogo ma dalla vicinanza di Amedeo, e iniziò a dispiacergli per la sua amebite, pensando che sarebbe stato un cambiamento interessante vederlo innamorato.
“Tutto bene? Io stamattina sto benissimo, e penso sia merito tuo.”
Amedeo reagì con un sorriso poco convinto, scuotendo la testa fino a far frullare i capelli scuri. “Sono contento di sentirtelo dire, ma faccio fatica a crederlo… mi sembra di non fare assolutamente niente.”
Ludger rise, una risata limpida che finì per sciogliere anche Amedeo, che era felice di averlo lì appena sveglio, e di vederlo ridere dopo quei racconti tremendi. Finita la colazione gli chiese se avesse programmi per quella mattina perché era libero e gli sarebbe piaciuto fare qualcosa insieme. Ludger pensò di essere scivolato in una realtà parallela; avrebbe voluto continuare a rimandare la separazione.
“Mi piacerebbe fare una passeggiata in centro, e magari sentirti parlare delle cose di cui puoi parlare per ore… non so, in un qualche museo…”
Lo stupore di Amedeo gli fece aprire le labbra più del solito.
“Se ti va, ovviamente… ti chiederei solo di passare prima da casa mia, vorrei lavarmi e cambiarmi.”
“Bene!” Disse, scattando in piedi e iniziando immediatamente a riordinare la cucina. 

Per evitare incontri Ludger aveva chiamato sua madre mentre Amedeo era in bagno, dicendole di non voler vedere neanche il domestico. Helga si impegnò a mantenere il suo solito tono di voce spento che non corrispondeva alla gioia con cui stava vivendo i cambiamenti di programma del figlio; lo rassicurò di non preoccuparsi, senza menzionare la seduta con lo specialista che avrebbe saltato.
Arrivati in camera Ludger lo invitò ad usare il bagno in corridoio e  fare quello che preferiva, prima di prendere dei vestiti ed entrare nel proprio.
Amedeo non era più stato in quella stanza dal loro primo incontro e si sentì confuso; avvicinandosi agli scaffali dei dischi cercò un CD da mettere, ma erano talmente tanti che provò un senso di vertigine. Lo affascinarono i vinili ordinatamente stipati in una scaffale; per lui erano oggetti esotici, ne ricordava alcuni nella sua infanzia ma non avrebbe saputo neanche maneggiarli. Ne aveva visti moltissimi anche in casa di Sebastiano ma erano oggetti trascurati come i tanti altri che l’amico aveva lasciato a Roma. L’enorme televisore non lo attraeva per niente, e non avrebbe saputo distinguere il telecomando tra i tanti allineati sul comodino. Stanco di inutili ricerche prese un posacenere dalla scrivania, pulitissimo come tutto in quella stanza, e si gustò la prima sigaretta della giornata guardandosi intorno. L’arredamento era composto da molti pezzi di design, bianchi o in acciaio, su cui risaltavano gli strumenti: un amplificatore arancione dall’aspetto retrò con il basso argentato appoggiato davanti e le chitarre appese sulla parete di colori brillanti. Quel contrasto li faceva sembrare oggetti scampati al naufragio. Ricordava bene l’enorme dipinto sospeso sulla parete di fondo ma intuì che avesse una storia più importante di quella degli strumenti, e non voleva perdersi in contemplazioni superficiali. Il clima era caldo in modo irreale e il tempo immobile come in un mausoleo: tutto pareva troppo nuovo, addirittura le orchideee sembravano appena uscite da un negozio. Ricordò di averlo sentito raccontare che le sterminava ciclicamente.
Nel rientrare Ludger si annunciò con un tono ironico. “Vedo che ti sei ambientato perfettamente. Dai, andiamo.”

Quella mattina Ludger fu colpito da una visione di Amedeo che non avrebbe mai immaginato. Lo ascoltò parlare ininterrottamente visitando un museo d’arte moderna, seguendo un suo itinerario e ignorando completamente molti pezzi esposti, che definì minori. Gli diede l’impressione di saper aprire varchi che portavano a una visione profonda e straordinariamente sensibile; le sue argomentazioni avevano a volte solo vaghi collegamenti con gli oggetti esposti. Si muoveva nei corridoi con un’agilità diversa, come se la pigrizia che caratterizzava ogni sua attività fosse completamente scomparsa. Il viso era diventato molto espressivo, e spesso ironizzava sulle sue stesse parole. Era come se la sua interpretazione del mondo e dei sentimenti delle persone venisse veicolata da quegli oggetti, che gli rendevano possibile creare schemi di comprensione per interpretare la vita oltre il vetro. Ludger seguiva i suoi soliloqui ridendo spesso con lui, e passarono più di due ore in quelle sale. 

Si fermarono a pranzare in un ristorante del centro; erano stanchi ma ancora dentro quella bolla temporale staccata dalla routine delle loro vite, come se fossero in vacanza.
“Sai Amedeo, sono stato davvero bene… adesso inizio a sentirmi stanco, e mi dispiace perché non mi va per niente di separarmi da te. So già che quando resterò solo sarà dura… può sembrare una richiesta assurda ma, se ti va e se puoi, resteresti ancora con me oggi pomeriggio?”
“Per me va bene, non avevo programmi e sono affaticato anch’io, penso di aver parlato abbastanza per oggi… forse per qualche settimana.”
Mangiarono con un appetito insolito per entrambi, finendo una bottiglia di vino in due. Avevano l’allegria rallentata delle bevute fuori orario, e durante il tragitto restarono silenziosi perché la stanchezza prese il sopravvento. Ludger si sentiva gli occhi pesanti e cercò di mantenersi sulla superficie di quel presente atipico, come per paura di infrangerla e tornare indietro. Era consapevole che il momento di separarsi da Amedeo sarebbe arrivato, e anche per questo continuava a rimandarlo. Si gustava quella parentesi con la stessa leggerezza che avrebbe avuto per un cocktail di farmaci ben riuscito, privo di conseguenze.
“Ti sembrerò scemo, so che crollerò appena toccherò il letto… ma vorrei che non te ne andassi comunque.”
Amedeo parcheggiò con la solita cautela. “Non c’è problema, sono stanco anch’io, magari mi ospiti sul tuo letto a tre piazze. Non credo ci saranno problemi di spazio.”
Raggiunsero la sua stanza senza fare incontri; Amedeo non era in grado di articolare pensieri complessi, ma lo stupiva la facilità con cui Ludger era riuscito a sfuggire dalle maglie del quotidiano per un’intera giornata. Lo aiutò a togliersi i pantaloni e a girarsi sul letto per poi sdraiarsi distante, fuori dalle lenzuola. Ludger gli disse che si sarebbe potuto spogliare per stare più comodo, senza temere che qualcuno entrasse nella stanza. Amedeo si infilò sotto le lenzuola dopo essersi tolto i pantaloni e Ludger, al confine del sonno, lo ringraziò di essere lì addormentandosi prima che avesse il tempo di rispondere. Quella stanza continuava a mettere Amedeo a disagio, ma era talmente stanco che finì per addormentarsi senza neanche accorgersene.

Aprendo gli occhi vide la nuca delicata di Amedeo molto vicina perché, dormendo, si era girato sul dorso. Pensò che fosse passata un’eternità dall’ultima volta in cui si era svegliato così sereno con qualcuno al suo fianco. Guardando i capelli corti e lucidi di Amedeo sul cuscino desiderò di accarezzarli, ma si trattenne. Non fu neanche sfiorato dall’idea di prendere una delle sue pillole. Quella visione gli ricordò i capelli di Nobuko: fili neri come inchiostro sulle lenzuola bianche; un ricordo piacevole che non gli dava l’impressione di essere in contrasto con il presente. Desiderò risentire la voce di Amedeo e lo chiamò con dolcezza. Rispose subito, con una voce distante. 
“Stavi dormendo, mi dispiace.” 
“Sognavo, non ti preoccupare… a me dispiace soltanto di non averti visto entrare in acqua.”
Ludger era stupito. Si girò quanto possibile nella sua direzione, sollevandosi sul gomito. “Mi hai sognato? Era uno dei tuoi sogni… angoscianti? Me lo racconti?”
Iniziò a parlare senza muoversi. “Certo… Te lo racconto e non era angosciante… anzi, era bello… non ricordo cosa c’era prima. Il panorama era tutto grigio, un mare d’inverno, tu però eri a colori… vedevo il tuo viso che si allontanava e si definiva. Il verde degli occhi e il giallo dei capelli, come ripreso da una telecamera che all’inizio non era messa a fuoco. Sorridevi, eri felice, correvi sulla sabbia verso l’acqua grigia gridandomi di seguirti. Poi… quando i tuoi piedi hanno toccato l’acqua mandando i primi spruzzi ho sentito la tua voce venire dalle mie spalle e ho aperto gli occhi. Bello però, vederti da un lato e sentirti dal lato opposto.”
Ludger sorrise divertito. “Lo avrei voluto fare io questo sogno, sicuramente non avrei censurato l’inizio.” 
Appena sveglio Amedeo sembrava davvero un bambino. 
“Cosa c’era all’inizio?”
“Una bellissima scena d’amore, ma per te non è importante, per questo l’hai dimenticata.”
Nel sogno Ludger era nudo ma preferì non dirglielo. “Per te è così bello… il sesso?”
“Certo, non penso di essere originale, almeno in questo.” 
Ancora una volta Amedeo si sentì dall’altra parte del vetro, separato dagli altri, i normali che non avevano la maledizione di essere chiocciole. Non si sentiva a disagio perché percepiva Ludger come i suoi amici, spiragli che avrebbe vanificato se si fosse privato della possibilità di seguire liberamente i suoi pensieri. “Mi chiedo se per te sia comunque bello… anche con persone per cui non provi niente.”
Ludger continuò a farsi trascinare dal presente, senza fermarsi per analizzare la profonda tenerezza che stava provando. “Tu sei stato con una ragazza, no? Non ti piaceva fare l’amore con lei?”
Abbassò gli occhi. “Ti ho già detto che pensavo di esserne innamorato, e mi sbagliavo. Per me fare l’amore con lei era una specie di lavoro. Passavo tutto il tempo a pensare cosa dovevo fare. Come se fosse una cosa… meccanica. E lo vedevo che per lei era diverso. Mi sentivo in colpa anche per questo, perché già capivo che non funziona così. Certo, mi piaceva quando venivo, ma non pensavo più a lei ed era una specie di… truffa. Però, se non vuoi rispondermi non importa.” 
“È una cosa diversa, forse resta solo la dinamica animalesca… sai, quella legata solo al piacere fisico. Per me cambia tanto l’inizio e la fine. Quella che probabilmente è la scena del tuo sogno, il dopo. Nelle storie di sesso occasionale il prima non era significativo, spesso ero fatto o comunque preso da una specie di istinto che mi faceva vivere solo le sensazioni del momento. Dopo invece non stavo mai bene, con le ragazze poi finivo sempre a pensare a Nobuko. Con i ragazzi no, non sempre, ma sicuramente non ero felice come mi hai sognato.”
Amedeo lo seguiva con interesse; Elisa aveva sempre risposto alle sue domande con un piglio scherzoso mentre con Sebastiano evitava di parlarne perché nutriva una radicale avversione per tutto quello che aveva a che fare con il sesso. 
“Ludger, per te cambia molto se lo fai con una ragazza o con un ragazzo?”
“Per alcuni aspetti, per altri no… non lo so, non ci ho mai pensato, quindi direi che per me non ci sono differenze significative, credo. Però che palle! Non ho problemi a parlarne solo che è strano, sai? Perché a te non posso chiedere niente e mi fai sentire un vecchio pervertito.”
Amedeo sorrise. “Mi chiedevo com’è stato con Elisa, il dopo… hai pensato a Nobuko?”
Ludger rise esasperato: non poteva rispondergli che avevano entrambi pensato a lui. “Una domanda più facile, no? Non è possibile!”
Era vicino al bordo del letto e nel rispondergli alzò il braccio destro iniziando un movimento rotatorio, come per fare il gesto di andarsene. 
Amedeo pensando al suo sogno continuò a scherzare. “Stavolta però non mi scappi!” 
Mentre si sollevava a sedere il movimento delle braccia di Ludger si trasmise ai fianchi, e la gamba più vicina si sollevò leggermente. In seguito sarebbe tornato molte volte a pensare a quel momento che si era consumato in pochi secondi: le spalle di Ludger, ruotando verso l’esterno del letto, stavano sbilanciando nello slancio anche il bacino, facendogli rischiare una caduta. Amedeo riuscì ad afferrargli il braccio per trattenerlo, vedendolo passare dal riso allo stupore per quel movimento fuori controllo. Malgrado la caduta fosse stata scongiurata non gli lasciò andare il braccio, fissandolo spaventato. Ludger aveva un’espressione indecifrabile, simile alla sorpresa: guardando gli occhi blu che lo fissavano era attraversato da un pensiero che si ripeteva senza lasciare spazio a nient’altro. 
Stavolta non vorrei proprio andarmene. 
Quella frase attraversò la sua coscienza lacerandola come qualcosa di inaccettabile. Prendendo un’espressione dura spostò gli occhi contratti sulla mano di Amedeo che ancora gli stringeva il braccio.
Parlò con voce troppo alta. “Lasciami!”
Amedeo ritrasse la mano come se avesse toccato qualcosa di bollente. “Scusa… ti avevo visto cadere… stai bene?” 
Ludger massaggiò l’avambraccio attraversato da linee sottili dove ancora sentiva la stretta leggera, come per cancellarla. Con il viso chino tornò a parlare con il tono inespressivo che Amedeo conosceva. “Non ti riguarda. Vattene. Ti ordino di andare via.”
Era così disorientato da non far caso neanche alla formula usata: non gli aveva mai dato ordini. “Non capisco… perché devo andare via?”
Ludger premette le mani sulle orecchie gridando con tutta la voce che aveva. “Ti ho detto di andare via!”
Non sapendo cosa rispondere si scusò. Le braccia di Ludger ricaddero come prive di corrente, e gli rivolse uno sguardo terribile girando leggermente il viso. Amedeo si sentì stordito, nessuno lo aveva mai guardato così; gli disse con un filo di voce di andare via un’ultima volta, ma Amedeo restò bloccato trattenendo il respiro. Ludger passò repentinamente dall’immobilità all’azione; tenendo il viso basso iniziò ad afferrare tutto quello che riusciva a raggiungere per scaraventarlo con violenza di fronte a sé. Amedeo ebbe l’impulso di abbracciarlo per farlo smettere, ma pensò che per Ludger non era possibile andarsene anche se voleva restare solo. Raccolse i pantaloni e lo zaino per dirigersi verso la porta. Non si voltò più indietro né prestò attenzione agli oggetti che continuavano a frantumarsi.

Si ritrovò in strada confuso come se fosse stato scaraventato fuori da un incubo, in preda a un’agitazione che non lo avrebbe abbandonato per giorni. Quella sera parlò a lungo con Elisa, malgrado fosse consapevole che la dinamica dei fatti non poteva fornire spiegazioni. Le ripetè più volte il racconto della mattina al museo, delle risate, di quel risveglio così sereno e infine di come Ludger avesse perso il controllo mentre lo tratteneva per non farlo cadere. Quel cambiamento repentino restò inspiegabile per entrambi. Lei arrivò a credere di essere stata troppo invadente, temendo che per Ludger la fuga dal suo eremo fosse stata troppo faticosa anche per colpa sua. Amedeo al contrario non la riteneva responsabile perché quel flusso di apertura era stato alimentato da Ludger. Restava convinto che quella crisi non fosse collegata a lei, ma a qualcosa che doveva essersi verificato nel momento in cui gli aveva afferrato il braccio: un gesto istintivo che non si poteva pentire di aver fatto.
Chiamò Helga superando le sue resistenze, raccogliendo l’invito che gli aveva rivolto in diverse occasioni. Aspettò a lungo al telefono. 
– Amedeo… hai fatto bene a chiamarmi, avrei dovuto farlo io… non vorrei parlare, adesso. Ma devo comunque dirti che non credo tu abbia colpe. E anche di non venire domani, anzi, di non venire più. Provvederò comunque a saldarti l’ultimo mese come se fosse intero. Sai, all’inizio di questa situazione, pensavo sempre che le cose non funzionassero per colpa degli altri. Credevo che non riuscissero a trovare il modo giusto per rapportarsi a mio figlio. Adesso non è più così, e nel tuo caso ti sono riconoscente. Perché con te Louis è tornato a fare una serie di cose che non credevo avrebbe recuperato più, anche solo uscire… ma lui non vuole farlo. Non mi interessa sapere cosa sia successo quando è stato da te, e volevo dirti che non devi sentirti responsabile perché ha avuto quella crisi. Lui non vuole superare questa situazione. –
Amedeo la ascoltò trattenendo il respiro, provando una debolezza che lo portò a sedersi per terra in corridoio, nei pressi del telefono comune. Non pensò a spostarsi dentro la sua stanza portando l’apparecchio con sé, come era abituato a fare durante le telefonate che voleva tenere private. Helga aveva parlato lentamente e senza tono, come Ludger. 
– Amedeo, sei ancora lì? – 
– Sì. Come sta lui… adesso? – 
La sentì distintamente prendere respiro. 
– Male, ma non devi preoccupartene. Non ti riguarda più. E per me parlarne è orribile. Possiamo salutarci? – 
– Ludger le ha detto di licenziarmi? – 
– Louis adesso non dice. Urla e non si fa avvicinare. Non vuole vedere più nessuno. Questo è quello che ha gridato. È una crisi brutta, ma non è la prima. E tu devi tornare alla tua vita, non puoi fare nulla per lui. –
Non voleva cedere al senso di oppressione che gli premeva sul torace. – Helga, la ringrazio, lei è stata molto chiara e gentile. Non mi interessa il mio mensile, non lo voglio. Le chiedo solo di permettermi di tornare lì il pomeriggio. Se non lo troverò in giardino tornerò indietro, tornerò indietro anche se lasciate il cancello chiuso, non la disturberò. – 
– Non ti accanire, non serve a niente. Non mi costa nulla lasciare un cancello chiuso. Buona fortuna con i tuoi studi, Amedeo. –
La comunicazione era stata interrotta prima che potesse ricambiare il saluto, e restò per alcuni secondi immobile mantenendo inutilmente la cornetta sull’orecchio. Anna era rimasta in ascolto aspettando che attaccasse per infliggergli una scenata atroce, resa anche più pesante dall’intervento di Elisa. La loro coinquilina era convinta che fossero amanti, e credeva che la sera precedente Elisa lo avesse tradito con Ludger. Le gridò di averli visti dormire insieme, rimproverandole di non essersi neanche disturbata a chiudere la porta, mentre Elisa iniziava a piangere. Diede ad Amedeo del povero disgraziato prima di annunciare che avrebbe raccolto le sue cose per andarsene definitivamente quella notte stessa. Lui si sbloccò per le lacrime della sua amica che gli si era accovacciata vicino, coprendosi il viso con le mani. Mentre la consolava continuò a chiedersi come potessero farle così male quelle assurde bugie, arrivando alla conclusione che la scenata di Anna era l’ultimo urto che aveva fatto cedere una diga già pronta a crollare. Stanco e confuso pensò che non poteva continuare ad appoggiarsi ad Elisa senza censure. 

Amedeo si aggrappò con costanza ai suoi impegni quotidiani. Di mattina seguiva le lezioni all’università ma evitava di pranzare con Davide. Ogni pomeriggio tornava a casa di Ludger senza stupirsi di trovare il cancello chiuso, e poi andava da solo al parco, fermandosi solo il tempo di una sigaretta. La sera si lasciava coccolare da Elisa evitando di parlarle di quelle tappe inconcludenti perché non voleva rinunciarci. Era determinato a proteggerla dalle proprie inquietudini cercando per la prima volta di essere lui a sostenerla, anche se non capiva perché quella storia l’avesse ferita tanto. Ricordava che Sebastiano aveva definito Anna potenzialmente pericolosa perché invidiosa, come quasi tutti gli inutili; quella definizione continuava a sfuggirgli. Non avrebbe potuto immaginare Elisa così vulnerabile a una menzogna ed era convinto che fosse stata la notte di sesso con Ludger la causa reale di quella fragilità. Questo consolidava la sua convinzione di non essere in grado di capire le dinamiche della sessualità normale. Malgrado per lui fosse un fatto evidente aveva smesso di provare a convincerla che la rottura con Ludger non era legata a quell’episodio.

 Le sue giornate si trascinavano come se ogni attività si collocasse ai margini di un vuoto, e il rischio di scivolarci non si allontanava mai. Cedeva al pensiero di Ludger soltanto quando si trovava al parco da solo. Era molto preoccupato per lui e disorientato; si chiedeva spesso come fosse possibile provare una mancanza così insistente per qualcuno con cui aveva condiviso così poco. Non lo sfiorava la consapevolezza che Ludger non lo aveva accolto come qualcuno da proteggere, a differenza di tutti gli altri contatti autentici avuti fino ad allora.