una prigione con pareti di carta
non lasciano entrare il vento
vibrano
coprono le tue linee
la bellezza delle ossa
il rosso
scomparse le immagini
altrove resta il suono
Vuoto
– Dormivi? –
– No, è come se non dormissi mai del tutto, e mi piace quando mi chiami di notte… sei al ponte? –
– Sì, è bello camminare di notte nelle città, ora che non ho più le lezioni quasi non esco di giorno, lo sai. Quante calligrafie puoi usare? –
– Non lo so, non lo faccio apposta, non ci penso… Stai bene? Da quando sei tornato da quel viaggio mi sembra di non aver più sentito traccia di colore nella tua voce, anche il ponte ha perso efficacia. –
Silenzio.
– È vero, non è per il viaggio, che è andato benissimo… ma per questo senso di vuoto che mi perseguita, forse simile a quello che senti tu. Sebastiano sostiene che quando si desidera qualcuno la solitudine diventa più forte. Io non ci sono abituato, per me è una tortura. –
– Probabilmente stare chiuso in casa tutto il giorno non ti aiuta. C’è qualcosa che ti fa sentire meglio? –
– Bere, scrivere, sfondarmi di ginnastica, la musica a volume troppo alto e ballare in mezzo alla calca i pezzi che mi piacciono… abuso di tutte queste cose, ma non è mai abbastanza. Tu come stai, davvero? –
– Stanco, sono molto stanco e mi sembra di non finire mai. A volte ho paura. Ho paura che stia passando troppo tempo e di non trovarti al mio ritorno… se penso queste cose perdo determinazione e i tempi si allungano. Ho paura soltanto di perderti, non mi spaventa nient’altro. –
L’arrivo dell’estate portò diversi cambiamenti nella routine di Amedeo e lui si limitò ad assecondarli, come si era abituato a fare negli ultimi mesi. Aveva la costante sensazione di lasciarsi trascinare da una corrente incontrollabile.
Elisa era completamente assorbita dalla sua relazione con Lorenzo; non trascurava i suoi amici e le sue tante attività, ma i suoi pensieri sembravano focalizzati in quell’unica direzione. Amedeo era felice per lei, e sollevato per il fatto che la sua presenza si fosse fatta più discreta. Non si stupì quando Elisa gli annunciò che avevano deciso di andare in Grecia per restarci fino alla fine di agosto, quando i loro impegni li avrebbero riportati a Roma. Lei era elettrizzata e voleva mettere alla prova il loro rapporto, per capire se sarebbe riuscito a reggere una vicinanza prolungata. Era spaventata dall’idea di lasciare Amedeo da solo per quasi due mesi, ma lui l’aveva spinta a partire senza farsi problemi, dicendole di pensare esclusivamente a se stessa e alla sua felicità. Davide, tra un viaggio e l’altro, tornava a Roma, ma anche in quei casi lasciava aperte poche possibilità di incontro: passava al mare intere giornate, e la sera partecipava esclusivamente alle varie manifestazioni all’aperto che abbondavano in città. Amedeo non lo raggiunse mai nella spiaggia gay del litorale malgrado i ripetuti inviti, perché l’acqua era sporca e ormai usciva soltanto nel tardo pomeriggio. Con il passare del tempo iniziò a lavorare sempre più spesso di notte, perdendo anche la possibilità di incontrarlo di sera.
Vedeva spesso Andrea e Nora, che ormai considerava suoi amici, e presero l’abitudine di cenare insieme prima di iniziare le serate. Si divertiva soprattutto a scherzare con Andrea. Evitava di parlargli di Ludger e, quando erano loro a farlo, li pregava di cambiare discorso. Per Amedeo era diventato doloroso ascoltare i loro ricordi perché gli mostravano versioni di Ludger che non riusciva a far combaciare con quelle che conosceva, confondendolo. Entrambi, in occasioni diverse, gli avevano detto che non riuscivano a immaginarlo su una sedia a rotelle o immobile, chiuso in una stanza.
Amedeo iniziò a frequentare un ragazzo che lavorava come DJ per Andrea e Nora, Claudio; lo aveva avvicinato per chiedergli se poteva doppiare per lui alcuni brani che gli aveva sentito suonare. Claudio gli spiegò come usare la console iniziando a coinvolgerlo, facendosi affiancare anche in altre serate. Gli piaceva tanto scegliere e mettere la musica, come il passare le pause quasi sempre in pista. All’inizio Andrea lo aveva accompagnato e sostenuto, ma con il tempo finì per lasciarlo da solo. Conosceva bene Claudio, si fidava di lui, ed era evidente che Amedeo riusciva a muoversi in quell’ambiente senza difficoltà. La selezione musicale era più dura rispetto alle serate organizzate dai loro amici e in quelle occasioni ballava fino a stordirsi, lasciandosi completamente andare.
In poco tempo era diventato molto popolare tra i ragazzi che frequentavano quegli eventi, malgrado parlasse con loro soltanto di lavoro; quando gli capitava di incontrarli fuori dalla pista diventava sfuggente, prima di allontanarsi per tornare al lavoro. Andrea scherzava costantemente con lui per il successo che stava riscuotendo con quelle che aveva soprannominato le creature della notte. Si manteneva vigile, manifestando un certo disagio per come Amedeo si lasciava andare mentre ballava.
Nora era rimasta molto colpita dalle foto viste in camera di Amedeo, e lo mise in contatto con alcuni amici, che possedevano un negozio di vestiti specializzato nello stile della cerchia di persone con cui lavoravano. Amedeo accettò di contribuire alle immagini del loro catalogo; oltre a pagarlo abbastanza bene gli regalavano alcuni abiti, pensando fosse un ottimo modo per farsi pubblicità. Alcuni dei suoi modelli, che frequentavano le serate nelle quali lavorava con Andrea e Claudio, iniziarono a chiedergli degli scatti per i propri book, e alla prima richiesta ne seguirono molte altre. Amedeo non aveva mai posseduto tanti capi d’abbigliamento, e per la prima volta si ritrovò ad avere più soldi di quanti riuscisse a spendere.
Allestì nella propria camera uno spazio rivestito di teli scuri vicino alla finestra in modo da sfruttare la luce naturale, spostando la scrivania ai piedi del letto. Passava ore seduto a scrivere dei frammenti che sperava di riordinare in seguito, lasciandosi guidare dalle riflessioni scaturite dai soggetti dei suoi studi. Ogni giorno prima di uscire spediva a Sebastiano i file aggiornati con delle e-mail. Aveva tolto le sue foto e quelle di Elisa dalle pareti per evitare di esporle alla curiosità dei ragazzi che frequentava per lavoro, sostituendole con diverse immagini che iniziavano ad affollarsi sulle pareti: croci longobarde, mosaici bizantini, legni, dettagli di materiali, ossa e soprattutto teschi di animali. La maggior parte di quelle immagini erano dettagli di scatti che aveva realizzato su commissione. Grazie a un servizio fotografico realizzato per una band metal era riuscito a procurarsi un cranio di toro che sporgeva sopra il suo letto, in omaggio a Dioniso. Solo quando lavorava con la reflex apriva le persiane che altrimenti restavano costantemente accostate; la sua stanza aveva assunto un aspetto caotico, alimentato dagli attrezzi per la ginnastica e dai libri presi in biblioteca che lasciava aperti su ogni superficie utile. Si sentiva come un animale in gabbia e solo quando era lì, ascoltando musica a volume alto, la sua inquietudine trovava una cornice ideale: quel luogo riusciva a dargli l’impressione di costruire una nuova normalità. Evitava di andare nell’appartamento di Ludger a Monteverde, sapendo che se ne stava occupando Ravi; lo immaginava ordinato e pulito, come le stanze di Ludger a casa di sua madre. Associava quel posto a una casa di bambole mai uscita dalla confezione, e quel pensiero lo angosciava. Teneva le chiavi insieme a quelle della macchina, che usava soltanto quando non poteva farne a meno perché preferiva il motorino per spostarsi nella città di notte. Gli piaceva il vento fresco sul viso, che lo aiutava a mantenere la concentrazione sulla guida dopo le ore passate a bere e stordirsi di ballo. Con il passare delle settimane iniziò a lavorare sempre più spesso, sostituendo alcune delle persone che andavano in vacanza. Nella maggior parte dei casi si occupava del bar, ma alcune volte gli capitava anche di prendere il posto lasciato dai camerieri.
Nei primi tempi ballava esclusivamente con Nora, con la quale si abbracciava spesso alla fine della loro pausa, scambiandosi commenti sussurrati all’orecchio. Con il tempo la presenza di Nora in pista divenne marginale, ed erano altri a trattenerlo. Quei contatti iniziavano con brevi abbracci dai quali si scioglieva con facilità, scusandosi prima di allontanarsi; a fine serata, ubriaco e stordito, capitava che fosse lui ad abbracciarli. Ormai li conosceva per nome e spesso passavano molto tempo insieme per fotografarli. Li allontanava velocemente ma, per pochi secondi, si lasciava baciare il viso e il collo; questo comportamento lo condannava ai commenti sarcastici di Andrea. La moltitudine di persone che gli girava intorno sapeva che Amedeo aveva una storia importante in corso, ma nessuno di loro ne conosceva i dettagli; a volte si definiva sposa di guerra, tagliando di netto conversazioni che non voleva approfondire.
Immergeva ciclicamente le dita ingiallite nella candeggina per schiarirle. Nel tentativo di alleviare il caldo chiuse tutte le persiane, procrastinando le pulizie in ogni spazio della casa che non usava. I capelli continuavano a crescergli e iniziò a legarseli mandando dietro le orecchie le ciocche che ricadevano ai lati del viso.
A volte sentiva di vivere un paradosso, percependosi in perenne fuga e contemporaneamente immobile. Ritrovava il proprio asse soltanto immergendosi nello studio; in ogni libro cercava le fibre di un filo da intrecciare costantemente, nel tentativo di dare una forma al vuoto che lo consumava. Quando scriveva riusciva a gestire la figura di Ludger senza soffrire, aggrappandosi a simboli e metafore che apparentemente parlavano d’altro. Sebastiano rispondeva raramente alle mail, poche righe nelle quali lo incoraggiava a continuare a scrivere; quel riscontro laconico era l’unica connessione che lo salvava dal sentirsi completamente isolato, in un disagio a cui non riusciva a dare voce.
Sentiva Ludger al telefono almeno una volta al giorno, malgrado i propri orari irregolari; gli raccontava senza entusiasmo dei lavori e delle diverse attività con le quali riempiva le giornate. I suoi resoconti somigliavano a un bollettino, sia per la brevità che per la completa mancanza di partecipazione. Ludger si era rassegnato alla sua ostilità per le telefonate, e tornò a proporgli di sentirsi meno spesso. Amedeo non intendeva rinunciare a quel rituale, perché gli sembrava la sola vestigia di una promessa che voleva immaginare ancora sospesa.