Amedeo stava fumando una sigaretta con Andrea prima di salutarlo, fuori da un pub dove avevano passato una serata tra amici. Quando il suo telefono iniziò a squillare Amedeo si bloccò osservando il monitor, perché aveva già sentito Ludger quel giorno ed era insolito che lo chiamasse a quell’ora; Andrea lo invitò bruscamente a rispondere perché quel suono lo infastidiva.
Amedeo si allontanò velocemente dagli altri. – Tutto bene? –
– No. –
Ludger stava piangendo. Amedeo pensò gli fosse successo qualcosa e si spaventò, immaginando che avesse perso di nuovo il controllo. – Ludger ti prego, dimmi qualcosa… mi sto preoccupando. –
– Ho fatto un sogno atroce… ho pensato che potevi non sentire il telefono, che potevi già essere andato a dormire… ma se non sentivo la tua voce sarei impazzito. Scusami. –
Parlava con una voce piena di emozione, come non faceva più da molto tempo. Amedeo adottò una tonalità più dolce, la stessa che avrebbe usato rivolgendosi a un bambino.
– Hai fatto bene a chiamarmi. Stavo per salutare Andrea, siamo usciti a bere qualcosa con degli amici. Ci ho messo un po’ a rispondere perché non mi aspettavo una chiamata a quest’ora. Cosa hai sognato? –
Amedeo era stupito e allarmato anche per le sue lunghe pause. Lo sentì tirare su con il naso.
– Ludger? –
– Di perderti. Ho sognato di perderti… Non so come, non so se eri vivo o no, ma era una perdita irreversibile. –
Amedeo provò un senso di vertigine pensando alla morte di Nobuko, al nastro temporale che si sovrapponeva ancora, fino a portarlo in posizioni che non potevano essere le sue. Dinamiche note che avrebbe voluto tenere lontane per evitare di ricadere nella frustrazione di subire emozioni così forti senza possibilità d’azione.
Tornò a parlare senza residui di dolcezza nella voce. – Ludger, cerca di stare tranquillo. Io sono qui. Sono sempre qui. Cerca di dormire perché è ancora presto. Questa situazione sta diventando paradossale. Datti una calmata e mettiti a dormire, ok?” –
Ludger restò ancora una volta in silenzio; Amedeo provò l’impulso di scaraventare il telefonino lontano ma restò fermo, tornando a chiamare il suo nome.
– Hai ragione Amedeo, ora cerco di calmarmi, grazie. Non penso riuscirò a dormire ma va già meglio. Non preoccuparti, guarderò l’alba e penserò a te. Ci sentiamo domani. –
Malgrado i buoni propositi Amedeo continuava a dormire fino al primo pomeriggio, trovando la casa vuota al risveglio perché Elisa aveva ripreso a pieno ritmo le proprie attività. Quella mattina Ludger gli aveva mandato un messaggio chiedendogli di aspettare una sua chiamata prima di contattarlo, e lui non gli aveva dato particolare importanza. Dopo la colazione aveva fatto ginnastica e una una lunga doccia; aspettava la fine di uno dei pezzi che preferiva dei Joy Division, New dawn fades, per spegnere la musica e iniziare a leggere, quando arrivò la sua chiamata.
– Devo chiederti un favore. Se puoi anche subito, altrimenti quando ti riesce. Dovresti uscire per me, hai altri impegni? –
Amedeo era sollevato nel sentirlo di nuovo parlare con una voce normale, anche se non capiva il senso della sua richiesta. – È un po’ presto, ma se è urgente potrei uscire anche ora, sperando di non dissolvermi al sole tipo vampiro… cosa ti serve? –
– Dovresti prendere la macchina e andare al nostro parco… Stamattina ripensavo ai pomeriggi passati al Circo Massimo. Mi piacerebbe tornarci insieme prima o poi. Intanto vorrei che andassi tu, se ti va, magari sentendo quel pezzo dei Radiohead che ho suonato per te una volta. Un po’ come quando andavi a ponte Sisto. Non avresti una mia lettera, ma vorrei che ascoltassi quel brano prima di chiamarmi. Mi piacerebbe tanto sentirti da lì. –
Gli sembrò una richiesta strana, e restò in silenzio.
– Amedeo? –
– Sì, scusa… mi ero incantato. Non posso andare in motorino? –
– Preferirei che prendessi la macchina, poi ti spiegherò perché. –
– Non mi va molto ma se per te è importante lo faccio, anche se non capisco… immagino lo sia se me lo hai chiesto… posso essere lì in mezz’ora o poco più. –
– Grazie. Richiamami quando ci sei. –
Ad Amedeo non piaceva l’idea di uscire a quell’ora, e detestava dover cambiare programma senza motivazioni concrete. La richiesta di Ludger era sembrata sentimentale, e pensava fosse una conseguenza dell’incubo che aveva avuto quella notte. Decise di assecondarlo perché erano mesi che Ludger non gli chiedeva nulla e non faceva niente per lui. Parcheggiò la macchina lungo il perimetro del parco, nei pressi del varco usato in quei mesi lontani; il sole del pomeriggio lo irritò e si maledisse per non aver preso gli occhiali scuri. Il caldo era appena alleggerito da un vento lieve, ma dopo aver viaggiato con l’aria condizionata troppo alta gli sembrò insopportabile. Scese velocemente sbattendo lo sportello troppo forte e non si guardò intorno tenendo gli occhi bassi, infastidito dalla luce. Raggiunse in poche falcate elastiche il muretto perimetrale, e si sedette a cercare il walkman nello zaino. Sembrava un altro rispetto al ragazzo rigido, e per certi versi anonimo, che era stato quando visitava quel luogo ogni giorno: i capelli scuri gli coprivano metà viso arrivando alle spalle; i vestiti neri e aderenti disegnavano la sua figura sottile e solida, ma il cambiamento era evidente soprattutto nei suoi movimenti fluidi. Raggiunse il punto esatto dove un tempo bloccava le ruote della sedia di Ludger e inserì le cuffie; si impegnò per tenere a freno l’irritazione, chiuse gli occhi e iniziò ad ascoltare il brano dei Radiohead. Rivide le mani di Ludger sulla chitarra, risentendo la sua voce bassa: ricordava esattamente il modo in cui l’aveva cantata. Cercò di concentrarsi sul testo, ma gli risultava penoso perché ogni frase rimandava ad altro, caricandosi di significati dolorosi, che avrebbe voluto tenere lontani.
Breathe, keep breathing
Don’t lose your nerve
Breathe, keep breathing
I can’t do this alone
Gli mancava l’aria e desiderò la pioggia, o almeno di essere altrove. Quello che stava vivendo gli sembrò un gioco sadico che corrodeva senza controllo il senso di distanza, la sua ultima protezione. Tornò ad aprire gli occhi ascoltando le ultime note del brano e si odiò nel trovarli bagnati di lacrime, e dopo averli asciugati con il dorso della mano spense il walkman. Si accucciò per prendere il tabacco dallo zaino, pensando di non ricordare quanto tempo fosse passato dall’ultima volta che aveva pianto, cercando un modo per distrarsi in fretta. Quando sentì Ludger chiamarlo alle sue spalle gli si bloccò il respiro.
“Per favore, voltati.”
Amedeo si alzò di scatto girandosi nella direzione da cui era arrivata la voce. Aveva l’impressione di non riuscire a mettere a fuoco e mandò indietro i capelli trattenendo le mani sulla sommità della testa. L’immagine di Ludger era sfocata per le lacrime che avevano ripreso a scendere, ma quello che vedeva non aveva comunque niente di realistico. Ludger era in piedi a pochi passi da lui, sembrava altissimo, come assottigliato, e i capelli più corti gli coprivano ancora parte del viso. Sorrideva, lì, in piedi.
Amedeo lasciò ricadere le braccia. “Questo è il posto delle allucinazioni.”
“Forse. Ma io dovrei essere qui davvero, e vorrei tanto abbracciarti.”
Furono le stampelle che Ludger lasciò cadere a proiettare quella visione in una condizione reale. Amedeo lo raggiunse in pochi passi e lo travolse facendolo cadere sull’erba, atterrandogli sopra pur di non lasciarlo. Sollevò il viso guardandolo con le sopracciglia fortemente contratte. “Ti sei fatto male… cadendo?”
Ludger stava sorridendo, con l’alone di candore che Amedeo ricordava bene, come se fosse appena uscito dal letto in una mattina d’inverno.
Ludger Iniziò a sfiorargli il viso con i polpastrelli freddi, con gli occhi completamente presenti animati da uno sguardo dolce. “No, per niente. Sei diventato bellissimo.”
Amedeo sorrise scuotendo la testa, poi la abbassò verso il collo per appoggiarsi sulla sua pelle bianca e ritrovare l’odore dolce che lo ossessionava. Inspirò profondamente pensando che tutto quello che desiderava era lì, e fu preso da un senso di vertigine; iniziò a baciarlo sotto l’orecchio aprendo la bocca per sentire meglio la pelle, mordendo l’attaccatura del trapezio e Ludger mandò leggermente di lato il viso. Amedeo si sollevò per raggiungere le labbra socchiuse e lui gli prese la testa con le mani, prima di affondare nella sua bocca. Era un bacio energico che fece montare in Amedeo un desiderio così forte da fargli dimenticare completamente dove si trovava. Non si capacitava di come Ludger fosse tanto vicino alla sua idea di perfezione, concretizzando tutto quello che aveva rievocato e sognato per mesi. La presa sulla testa di Amedeo era salda, ma dopo poco Ludger lo allontanò dolcemente.
“Non possiamo. Non qui.”
Sorrideva, il taglio degli occhi era più definito e l’iride di un verde brillante e screziato, mentre Amedeo sembrava avere due pozzi blu negli occhi contratti nel tentativo di definire ogni dettaglio. Si osservarono per pochi secondi, fino a quando Ludger non lo sollevò e Amedeo gli si sedette vicino. Strinse con forza le ginocchia al petto: la tensione gli definiva le braccia magre e scolpite. Restava immobile, con il viso parzialmente coperto dai capelli, sforzandosi di capire e contenere le emozioni esplosive che lo stavano scuotendo facendogli perdere ogni punto di riferimento. Ludger gli mise una mano sulla spalla e parlò con una voce bassa e dolce.
“Amedeo… stai bene?”
“Non lo so.”
La mano scivolò via. “C’è qualcosa che posso fare?”
Amedeo continuò a fissarsi la punta degli anfibi tenendo le braccia serrate. “No. Aspetta un attimo.” Lo scorrere del tempo aveva subito una frattura; non riusciva a rimettere in ordine i pensieri e a individuare una direzione su cui focalizzarsi. Per la prima volta arrivò a credere di provare un autentico odio: detestava il potere mostruoso che Ludger riusciva ad avere su di lui. Si alzò per raggiungere lo zaino abbandonato poco distante, e prese il tabacco iniziando a rollarsi una sigaretta dopo esser tornato a sedergli vicino. Ludger lo aveva osservato da quando era sceso dalla macchina e non smetteva di stupirsi del cambiamento che aveva reso i suoi gesti tanto fluidi, ma iniziava ad essere molto preoccupato. Amedeo evitava il suo sguardo mentre Ludger continuava a fissarlo restando in silenzio, sollevato nel sentirlo parlare.
“Non prendi più niente.” Decise di iniziare dal dettaglio meno evidente.
“Ho ridotto gradualmente appena partito, ormai non prendo più neanche quel farmaco che aiuta la disintossicazione da tanto tempo. Non ho avuto attacchi epilettici ma ho passato crisi abbastanza brutte. Fortunatamente è tutto passato.”
Amedeo continuò a guardare le sue scarpe, inespressivo. “Cammini.”
“Non ho recuperato del tutto e non ho un buon equilibrio, come hai visto. Non sono in grado di alzarmi da solo, senza un sostegno. Però sto in piedi e cammino.”
Ludger continuava a rivolgersi verso il suo profilo, delicato e bianco tra le ciocche scure.
“Hai lavorato a questo, in questi mesi.”
“A questo e ad altro, ma non ho intenzione di raccontarti tutte le difficoltà, erano problemi miei che dovevo risolvere da solo. Adesso mi interessano soltanto i tuoi. Avrei voluto fare di più. Avrei voluto un recupero totale, ma stava passando troppo tempo. Ho passato tutta la notte a pensarci e ho deciso che continuerò a curarmi qui.”
Amedeo si girò di scatto, rivolgendogli uno sguardo penetrante. “Perché non mi hai voluto con te?”
Ludger sperò che non avesse mai guardato nessuno così. “Hai degli occhi pazzeschi.”
“Non mi rompere anche tu con questa storia degli occhi, non me ne frega niente. Perché non mi hai voluto con te?”
Ludger sentiva chiaramente il dolore di quella domanda, respirò profondamente senza perdere la determinazione a rispondere in modo completamente sincero. “Non volevo farti diventare il mio infermiere, non volevo trascinare la nostra storia nelle mie miserie… volevo restituirti la versione più intera che sarei riuscito a rimettere insieme. Tu non meritavi un infermo sedato. Volevo lasciarti libero di scegliere al di fuori di queste dinamiche penose. Hai poco più di vent’anni, non voglio neanche immaginare a come saresti stato adesso dopo cinque mesi a farmi da infermiere. O a come sarebbe il nostro rapporto. Anche tu avevi bisogno di un po’ di tempo per capire come stavi cambiando, e dovevi farlo senza essere condizionato dal mio stato. Lo so che ci ho messo troppo e mi dispiace. Riesci a capirmi? Puoi provarci?”
Amedeo abbassò lo sguardo, consapevole che non avrebbe sopportato a lungo la tensione che quel contatto gli stava provocando. Si alzò e gli tese le mani che Ludger afferrò alzandosi senza difficoltà.
Amedeo gli avvicinò le stampelle. “Non adesso. Adesso non sono in grado di fare niente.” Estrasse dallo zaino il telefonino, il mazzo di chiavi della casa e della macchina di Ludger. “Ti prego riprenditi queste cose senza fare storie. Sono al limite, potrei perdere il controllo anche per una sciocchezza, non dire una parola. So il tuo numero a memoria.”
Restarono a guardarsi inespressivi per alcuni secondi; Amedeo lasciò cadere gli oggetti tenendo sospese le sue mani sopra quelle di Ludger, evitando un contatto diretto. Si girò ed iniziò a camminare velocemente nella direzione opposta a quella da cui era venuto. Ludger lo guardò allontanarsi fino a quando non scomparve in lontananza.
Amedeo camminò senza meta, fino a raggiungere Santa Sabina che trovò vuota, e poi spostarsi al Giardino degli Aranci. Aveva seguito l’impulso di allontanarsi nel tentativo di prendere le distanze da tutto ciò che gli esplodeva dentro; quel caos di emozioni gli impediva di distinguere una direzione da seguire per provare a recuperare il controllo. Si affacciò al parapetto, sperando che la visione della città dall’alto potesse avere aiutarlo a ridimensionare la propria condizione, restituendogli un barlume di tranquillità. Fumò una sigaretta ricordando il giorno in cui aveva lasciato Lecce, immaginando di poter adottare la stessa soluzione radicale: camminare fino a sfinirsi e poi spostarsi a nord, lasciandosi tutto alle spalle. La situazione era completamente diversa perché il pensiero di non vedere più Ludger era straziante. Riprese a muoversi cercando una cabina telefonica, consapevole che gli serviva aiuto per iniziare a tracciare un filo al quale aggrapparsi per riordinare le idee.
– Elisa, ho bisogno di parlare… ti disturbo? –
– Certo che no, mi libero subito… perché non chiami dal tuo telefono? –
– Ho visto Ludger, quello non è il mio telefonino, l’ho lasciato a lui. –
– Ludger! Mio Dio… come sta?… come stai tu?… Amedeo? –
– Sono in una cabina. Sono scappato… sono molto confuso. –
– Ok, sono sicura che non c’è niente di irreparabile. Fai un bel respiro e cerca di spiegarmi cos’è che ti ha fatto scappare. –
– È tutto troppo forte, facevo fatica a stargli vicino. Fino a che ci siamo baciati è stato bellissimo, ma… era come annegare… poi mi ha parlato. Cammina… lo so che sembra assurdo, ma sta in piedi e cammina e mi ha detto che è stato tutto questo tempo a curarsi… e non mi ha detto niente per… proteggermi, per non condizionarmi… Odio che sia stato lui a decidere anche per me. Mi sembra di impazzire. –
– Vuoi che ci vediamo? Mollo tutto e ti raggiungo. –
– No, voglio stare da solo. Ho la tentazione di prendere un treno e andarmene non so dove, se anche ci dovessimo incontrare a casa lasciami solo, ti prego… non so che fare. –
– Ho capito, non ti preoccupare, aspetto che sia tu parlare, se e quando vorrai. Senti, io penso che tu debba prenderti un po’ di tempo. Avete aspettato tanto, adesso non metterti fretta, non fare niente di avventato, aspetta di capire prima di muoverti in qualsiasi direzione. Io sono con te. Qualsiasi cosa deciderai di fare. –
La ringraziò e terminò la conversazione. Uscito dalla cabina telefonica si fumò un’altra sigaretta, prendendosi una pausa: il consiglio dell’amica era saggio quanto inefficace. Anche le parole di Ludger erano sensate, ma non arrivavano al nucleo del vortice di emozioni che gli stavano turbinando dentro. Era troppo nervoso per scegliere di prendersi una pausa, si sentiva corrodere e non poteva tollerare di restare passivamente in quella condizione.
– Da dove stai chiamando. –
– Una cabina telefonica, Aventino. Sebastiano mi sembra di impazzire. Possiamo parlare? –
– Hai fatto bene a chiamarmi. Dimmi. Cosa ti succede. –
– Ho visto Ludger, poco fa, credo poco fa. Mi ha chiesto di andare al parco dove passavamo i pomeriggi quando lavoravo per lui… mi ha mandato lì a sentire una musica che ho evitato per mesi, perché mi faceva pensare troppo a lui. Poi me lo sono ritrovato lì, in piedi. Ci siamo baciati e… oddio… era perfetto, sarebbe potuto esplodere l’universo e non me ne sarei neanche accorto. Poi mi ha allontanato perché stavamo in un parco e io mi sono spaventato per la violenza di questa cosa… mi si potrebbe sbriciolare il cervello, davvero, non capisco più niente se penso… a lui, così. E mi fa paura. Adesso non so che fare. Ho la tentazione di mollare tutto e scappare in un’altra città, spostarmi a nord, come ho fatto quando ho lasciato Lecce. –
– Cosa è successo dopo. –
– Mi ha detto che ha passato questi mesi a disintossicarsi e a recuperare l’uso delle gambe. Non me l’ha detto prima perché non voleva avermi come infermiere e non pensava fosse giusto farmi subire le sue miserie. Ha detto qualcosa del genere. Mi fa così incazzare che non mi abbia dato la possibilità di scegliere… adesso sto qui per strada che non so che fare, ma devo fare qualcosa. Non posso darmi il tempo per abituarmi a niente. Anche perché non capisco niente… lo so che è difficile dirmi qualcosa di intelligente anche perché sono troppo incazzato per filosofeggiare. –
Dall’altra parte arrivò il suono una risata.
– Sebastiano? –
– Sì. Io. E rido. Buttati dalla scogliera. –
Amedeo ebbe la sensazione fisica di uno spostamento d’aria dentro l’addome, come quando aveva le vertigini prima di lasciarsi cadere dalle rocce. Aveva raccontato a Sebastiano di come amava arrampicarsi prima di lasciarsi cadere nel mare, da solo, nel tentativo di provare qualcosa nei periodi in cui si sentiva condannato ad una vita senza emozioni. Il fatto che Sebastiano avesse rievocato quell’immagine lo stupì profondamente: era un parallelismo potente capace di congelare la matassa informe delle sue emozioni.
– Cosa intendi per ‘buttati dalla scogliera’? –
– Fratellino, è tutta la vita che aspetti questo. Io non conosco Ludger ma non importa. Le sue sagge motivazioni adesso non mi interessano. Conosco te e so che non devi scappare. Hai ragione ad aver paura. Potrebbe distruggerti, come un volo troppo alto. Ma tu vivi per questo, non per tirarti indietro. Potresti passare il resto della tua vita a chiederti come sarebbe andata. Rimpianto. Rimorso. Brutti animali con cui convivere. È questo che vuoi? Credimi, c’è sempre tempo per scappare. –
Nella breve pausa che seguì Amedeo provò una strana sensazione: era come vedere un fermo immagine di una tempesta in corso, e avrebbe potuto fermare questa visione per un tempo indefinito. In quel momento si trovò a un bivio nel quale aveva ancora la possibilità di una scelta.
– Non so cosa dire… non so come farti capire quanto mi sei prezioso. –
– Non servono le parole. Sai come rintracciarlo? Fallo il prima possibile. Poi mandami un messaggio. Ricordati, perché non so come raggiungerti, e il tuffo è piuttosto alto. Cercherò di venire a Roma il prima possibile. –
La linea venne interrotta. Amedeo non estrasse la tessera telefonica, approfittando di quel momento cristallizzato.
– Ludger. –
– Dimmi. –
– Vorrei vederti, puoi muoverti o preferisci che sia io a raggiungerti? –
– Posso muovermi. Dove e quando? –
– Mezz’ora, piazza Cairoli. Ti aspetto ai giardini. –
Amedeo riprese a camminare, e arrivato alla piazza proseguì per ponte Sisto. Sentiva ancora il tempo sospeso, privo di direzione, e l’unico movimento che riusciva ad alimentare era generato dalla spinta che gli aveva dato Sebastiano. A tratti si sentiva straordinariamente tranquillo, come se il suo destino si stesse compiendo a prescindere dalla direzione dei suoi passi. Sapeva che quella serenità era una crosta sottile, che a contatto con Ludger si sarebbe sgretolata. Sul ponte cercò di rievocare la nostalgia struggente delle telefonate fatte da lì, ma anche quel ricordo appariva troppo lontano per toccarlo in profondità.
Amedeo tornò a piazza Cairoli, e sorrise con irritazione al pensiero che sarebbe stato in grado di identificare Ludger immediatamente, come una creatura aliena che non avrebbe mai potuto mimetizzarsi nella folla. Si sedette su una panchina fumando l’ennesima sigaretta quando lo vide varcare il piccolo cancello, e sentì il cuore accelerare con un senso di vuoto nei polmoni. Gli rivolse un sorriso storto, per la totale incapacità di contenere l’emozione che provava anche soltanto guardandolo. Anche Ludger gli sorrise, con una tranquillità che non sembrava intaccata dalla fuga del pomeriggio. Amedeo restò seduto portandosi indietro i capelli con un gesto nervoso, esasperato anche dalla sua bellezza; prima della loro separazione non l’aveva mai percepita così intensamente, e pensò che forse il vederlo in piedi contribuiva a restituirgli una visione dell’insieme che prima non era stata possibile.
Si alzò di scatto appena venne raggiunto alla panchina. “Devi avere molta pazienza, sono nervoso, molto nervoso. Ma sono anche felice di vederti. Mi mandi il cervello in brodo ma non posso fare a meno di essere anche felice di vederti, sei altissimo.”
“È vero, se mi siedo si nota di meno.” Si lasciò cadere sulla panchina e posò le stampelle verso l’esterno per tornare a guardarlo. Era sereno.
Amedeo, corrucciato, tornò a sedersi dandogli il profilo. “Sei così maledettamente bello che non riesco a guardarti. Mi mandi in confusione. Vorrei solo sbatterti al muro e prenderti a morsi.”
Una risata. “Mi sembra allettante, dovremmo procurarci un muro.”
Amedeo sospirò, portandosi ancora le mani fra i capelli. “Mi esasperi.”
Ludger pensò fosse meglio restare in silenzio, e aspettare che fosse l’altro a parlare. Dopo la separazione era tornato a casa della madre, rifugiandosi nella sua vecchia stanza ad aspettare. L’attesa era stata molto più breve di quanto avesse temuto, e anche se di sentiva euforico capiva che i loro stati d’animo erano molto distanti.
Amedeo stava perdendo la poca serenità conquistata grazie alle parole di Sebastiano, gli restava la sensazione di avere almeno una direzione da seguire. “Farò confusione. Non sono riuscito a reggere l’uragano di emozioni che mi ha causato vederti. Per te saranno sciocchezze, peró mi sono sentito la testa esplodere. Non ce l’ho fatta. Anche adesso faccio fatica… lo sai che posso essere un vigliacco. Ho avuto anche la tentazione di andarmene, come quando ho lasciato Lecce, per iniziare a spostarmi a nord fino a raggiungere una distanza sufficiente per sentirmi lontano da tutto. Poi ho capito che avevo bisogno di aiuto per mettere in ordine i pensieri. Ho fatto due telefonate. Se sono qui è per quello che mi ha detto Sebastiano… però non riesco a trovare un equilibrio nell’uragano. Se ti avessi lasciato così avrei potuto restare con il rimpianto per il resto dei miei giorni. E poi, in fondo, aspetto questo da sempre. Ma non credevo fosse così difficile… C’è una parte di me che non riesce a perdonarti per avermi trascinato in questa situazione. Per avermi condannato a questa fame che niente e nessuno può alleviare. Forse neanche tu. Ti ho cercato ovunque… per quanto possa bere, sfondarmi i timpani, ballare e troieggiare come dice Andrea, io non trovo mai pace. In certi momenti arrivo a odiarti per questo, e per questo mi detesto.”
Amedeo era seduto con i gomiti puntati sulle ginocchia, con il viso rivolto verso la ghiaia vicino ai propri piedi parlando come se quello che diceva non avesse relazione con lui. Ludger guardava le persone sfrecciare sulla via ai margini del piccolo giardino, il traffico, gli autobus, e tutto quello che lo circondava gli sembrava familiare e alienante, come se fosse un mondo nuovo. Avrebbe voluto dare sempre solo il meglio ad Amedeo, ma il momento che stavano vivendo gli dimostrava di non esserci riuscito. Si ritrovò a sorridere, a volte poteva trovare divertente sentirsi di nuovo travolto dalle tristezze della condizione umana: un groviglio di emozioni impastate di frustrazione che lo riportavano indietro, in un flusso vitale che aveva creduto estinto. Gli capitava di avere pensieri disperati, e ridere di qualcosa che sembrava una primordiale forma di gioia. Si girò a guardarlo: vederlo alimentava la sua felicità ma allontanava il divertimento, perché non era condiviso.
“Cosa posso fare per aiutarti?
Da Amedeo arrivò una risata esasperata e falsa che sottolineava il paradosso di quella richiesta. Ridendo aveva alzato il viso libero dai capelli, e si bloccò con lo sguardo perso sul cielo oltre gli alberi e i palazzi che li circondavano. La luce della sera, il segnale che lo riportava in un territorio temporale più facile, era ancora lontana.
“Almeno portami a bere, anche se è pomeriggio. Meglio qualcosa di forte.”
“Va bene, mi dai una mano ad alzarmi?”
Amedeo provò un profondo senso di colpa al pensiero di non aver ancora manifestato la sua gioia per il recupero di Ludger, e anche questo contribuì ad alimentare la sua insofferenza. Lo seguì sulla strada per raggiungere un pub su via Arenula. Ludger si muoveva in in modo disinvolto e si appoggiava alle stampelle più per mantenere l’equilibrio che per sostenere il peso. Le sue spalle erano più piccole rispetto a come le ricordava e nell’insieme gli sembrava dimagrito, come ringiovanito.
Arrivati al pub Amedeo immaginò che Ludger avrebbe preso la solita birra scura, ma non manifestò stupore per la sua richiesta di un caffè. Lo lasciò al tavolo, e al bancone ordinò per sé il cocktail più forte che gli venne in mente.
“Hai tagliato i capelli, stai bene ma un po’ mi dispiace.”
Gli rivolse di nuovo quel sorriso sereno che sembrava preso da un presente diverso da quello che lo stava torturando.
“Sì, li ho tagliati da solo, non avevo abbastanza pazienza per pettinarli ed erano molto scomodi. Una sera li ho tranciati con le forbicine che avevo in bagno. Adesso sono cresciuti e stanno meglio, ogni tanto riesco anche a pettinarli. Posso sempre farli ricrescere.”
Amedeo diede diverse sorsate, trovando rassicurante la sensazione dell’alcol che gli bruciava la gola. Si preparò una sigaretta. “Non bevi, e ancora non ti ho visto fumare.”
“Ho smesso, ma penso di riprendere. Con moderazione, e non adesso. Vederti mi dà una gioia indescrivibile, voglio gustarmela da sobrio.”
“Dovresti dire qualche sciocchezza ogni tanto, mi farebbe sentire più a mio agio… perdonami, sono nervoso… ancora non ti ho detto che sono felice che cammini. Mi sembra incredibile…”
Tenne gli occhi fissi sul tavolo, bevendo troppo velocemente. Ludger continuava a guardarlo con tenerezza; sapeva che lo avrebbe trovato cambiato, ma non riusciva a smettere di stupirsi per le espressioni che lo animavano e per la pelle del suo viso tesa sui lineamenti delicati.
“Amedeo non devi preoccuparti. Sai, ti trovo bellissimo, i capelli più lunghi ti stanno molto bene. Anche il tuo modo di muoverti è cambiato e mi piace anche come ti vesti, il nero fa un bel contrasto con la pelle bianca. Mi piacerebbe rivedere da vicino le tue mani ossute.”
Amedeo notò che Ludger portava al polso la collana che gli aveva lasciato prima della partenza, e iniziò istintivamente ad accarezzarla con i polpastrelli.
“Non l’ho mai tolta, grazie per avermela lasciata.”
Lasciò la collana per iniziare a carezzare la superficie liscia e fredda del dorso della mano: gli sembrava incredibile poter toccare finalmente la sua pelle. Finì il cocktail in poche sorsate, iniziava a sentirsi stordito e meno teso. “Purtroppo devo avere una specie di ossessione, voglio solo toccare la tua pelle, tutta. Davvero, mi sembra di non riuscire a pensare, come vorrei, a nient’altro. Mi irrita, ma non posso farci niente.”
Ludger dovette trattenersi per non ridere. “Perdonami, ma non riesco proprio a vederlo come un problema. Preferisci un muro in particolare o va bene un posto qualsiasi?” Appoggiò entrambe le mani sul tavolo per sollevarsi rivolgendogli uno sguardo divertito.
“Lù, non capisco.”
Ludger lo invitò ad alzarsi e seguirlo. Attraversarono la piazza per dirigersi verso Campo de’ Fiori.
“In qualche modo sembriamo due naufraghi, ma ricordo un albergo decente qui dietro dove mi sono fermato alcune volte, quando ero troppo bruciato per tornare a casa.”
Amedeo rise fermandosi nel flusso di persone che camminavano nella via. “Ma dici davvero?”
“Se preferisci un altro posto spostiamoci, per me è del tutto indifferente… però non vorrei andare a casa di mia madre, non vorrei vedere casa mia adesso e preferisco salutare Elisa in un’altro momento.”
Amedeo restò bloccato a fissarlo, precipitato in una condizione nella quale il tempo era di nuovo fermo, completamente insensibile al caos che li circondava. Teneva le labbra socchiuse e le sopracciglia corrugate, guardandolo con le pupille fortemente contratte nella luce che faceva sembrare il blu degli occhi di vetro lucido.
Ludger gli passò una delle sue stampelle, per potergli tenere la mano con quella che si era liberata. “Amedeo, lo sai che sono innamorato di te. Lo sai da mesi e non credo tu lo abbia dimenticato mai, altrimenti non mi avresti aspettato. Ti amo e ti desidero. Abbiamo storie molto diverse ma sai, per me questa cosa è soltanto meravigliosa… hai paura?”
Amedeo distolse lo sguardo e scosse la testa sorridendo. Riprese coscienza dell’assurda cornice in cui stava avvenendo quel dialogo, e strinse forte la mano fredda nella sua. “No, per niente. Potrebbe farmi friggere il cervello ma no, non ho per niente paura. Mi sembra solo assurdo che possa essere così facile.”
“Probabilmente perché fino ad ora non abbiamo mai avuto niente di facile. Vieni.”
Pochi minuti dopo entrarono in un piccolo albergo; Ludger sbrigò velocemente il check-in e salirono in una stanza anonima, ma non squallida. Amedeo apriva e richiudeva le porte al loro passaggio, e alla fine si appoggiò con la schiena a quella della loro stanza.
Ludger, dopo aver lasciato una stampella, tirò le tende e si guardò intorno. “Preferenze per il muro?”
Amedeo lo raggiunse in poche falcate, facendolo indietreggiare fino a far aderire la sua schiena alla parete. Ludger gli sorrise, lasciando cadere a terra la seconda stampella, prima di prendergli il viso con entrambe le mani e iniziare a mordicchiare il labbro inferiore. Amedeo mantenne le sopracciglia corrugate, ma chiuse gli occhi lasciandosi travolgere dall’onda di desiderio che montava, tendendogli ogni muscolo. Aprì la bocca per baciarlo premendosi con il corpo contro di lui, aggrappandosi con forza alla sua vita sottile e solida sotto la stoffa. Non riusciva a pensare a niente: quel desiderio era la sensazione più forte che avesse mai provato. Lo morse sul collo più volte, e sentire le variazioni del respiro di Ludger così da vicino lo stava facendo impazzire. Amedeo voleva sentire la sua pelle, così si allontanò per sfilargli la maglietta continuando a baciare e morderlo, assaporando quel leggero profumo dolce, mentre lui gli teneva i capelli indietro, passandoci le dita. Ludger portava dei pantaloni leggermente calati sui fianchi, e Amedeo morse anche le ossa del bacino che sporgevano ai lati dell’addome piatto, prima di slacciarli per farli scivolare a terra. Non lo sfiorò nemmeno il pensiero che quelle dinamiche per lui fossero completamente nuove. Lo aveva desiderato così a lungo, immaginato e sognato talmente tante volte che in quel momento, mentre stava ancora accadendo, già sapeva che avrebbe voluto farlo di nuovo, fino a perdersi completamente. Lo baciò esplorando con la mano libera i fianchi e le rotondità dei glutei, compatti come la muscolatura delle gambe lisce. Quando Ludger lo allontanò, scivolando lungo la parete fino ad accucciarsi alla sua altezza, restò bloccato senza capire. Portò il il viso alla sua altezza, mostrandogli un’espressione bellissima: aveva gli occhi e le labbra socchiusi, e il fiato corto.
Ludger gli prese il viso tra le mani. “Se continuiamo così non durerò a lungo… vorrei venire con te.” Lo baciò e lo fece sollevare appoggiandosi con la schiena al muro; sbottonò la camicia di Amedeo per farla scendere scoprendogli le spalle, continuando ad accarezzarlo con movimenti simmetrici. Anche lui gli morse con delicatezza le labbra, poi gli sfilò i pantaloni prima di dargli una spinta su entrambe le spalle, abbastanza forte da farlo cadere sul letto. Lo raggiunse restando in ginocchio, per liberarlo completamente dei vestiti. Ludger accarezzò ogni parte del suo corpo, premendo le mani come se volesse sentire ogni forma; si avvicinò lentamente all’inguine mentre il respiro di Amedeo si feceva sempre più accelerato. Si fermò un istante a guardarlo: Amedeo teneva gli occhi chiusi su un viso che sembrava sofferente, con il corpo teso e le mani che stringevano le lenzuola. Ludger baciò il suo sesso con delicatezza; avrebbe voluto farlo durare a lungo ma era evidente quanto Amedeo fosse vicino al limite. Si sollevò fino a raggiungergli il viso sdraiandosi sopra di lui, prima di stringerlo a sé, per poi ruotare sul dorso.
“Ti va di venirmi dentro?”
“Mi va di farti qualsiasi cosa.”
“Mi piaci da impazzire.”
La voce di Ludger, vicina e profonda, aveva aumentato quel senso di ebbrezza già fuori controllo.
“Cosa devo fare?”
“Baciami, bagnami e entra.”
Amedeo pensò che la semplicità dell’atto fosse sconcertante. Spinse, sentendosi avvolto da un calore profondo, e pensò che il resto della sua vita avrebbe potuto perdere ogni significato rispetto all’intensità delle sensazioni che stava provando in quel momento. Iniziò a muoversi lentamente, e Ludger a masturbarsi. Quando Amedeo aprì gli occhi lo vide con la testa all’indietro, la bocca aperta e le linee del collo lunghissimo tese, iniziò a venire insieme a lui; continuò a guardarlo perché quella visione amplificava le sensazioni dell’orgasmo. Alla fine chiuse gli occhi stordito, e tornò in sé sentendo le sue dita sulle labbra , che non erano più fredde.
Ludger rise piano. “Stavi gridando.”
Amedeo si sdraiò su di lui, che lo abbracciò iniziando ad accarezzargli i capelli.
“Come stai?”
“Penso di non stare più da nessuna parte, stringimi.” Amedeo si sentiva come un contenitore vuoto, abbandonato alla deriva.
Ludger stava assaporando quel momento di quiete, era rilassato anche se immaginava che la tregua fosse momentanea. “Mi dispiace saperti sdraiato su una pozzanghera di sperma, mio. Spero non ti dia fastidio.”
“Lù… non c’è niente che mi dà fastidio, adesso. Vorrei restare privo di cervello, così, il più a lungo possibile. Il tuo sperma poi mi da meno fastidio del mio.”
Ludger strinse più forte. “Quindi ti piacciono gli uomini.”
“Mi piaci tu. No, dire che mi piaci non rende l’idea… è una specie di possessione.” Sussultò per la sua risata. “Perché ridi?”
“Dovrei regalarti un mantello, sei un perfetto eroe romantico.”
Amedeo sorrise, sentendosi sospeso dalle dinamiche che lo avevano irritato fino a quel momento. Avrebbe voluto protrarre quella condizione il più a lungo possibile. “Io ho paura che finirò con l’ammazzarti, così da riuscirti a gestire come tutte le mie altre ossessioni, mantenendo il controllo. Dai! Non ridere… Dura sempre così poco?”
“Spero di no. Mi auguro che adesso potremo farlo più spesso. Dovremmo andarci a fare una doccia prima che la colla asciughi del tutto. Vuoi andare prima tu?”
Amedeo si sollevò per baciargli le labbra con l’intento di alzarsi, per poi fermarsi a carezzare la pelle tesa tra il torace e la spalla. “Ha una consistenza incredibile, la tua pelle… così liscia. Non me ne staccherei più. Non sai quanto mi era dispiaciuto che l’unica altra volta in cui eravamo stati stati insieme hai tenuto la maglietta. Però il tuo torace, e soprattutto le spalle li ricordavo più muscolosi. Sei dimagrito?”
Ludger gli baciò la fronte, deliziato da quel momento. “Non credo, solo che adesso non mi sollevo più con le braccia e penso che sto tornando al mio aspetto normale… spero non ti piacciano i culturisti, sarebbe troppo anche per me.”
Amedeo rise iniziando ad alzarsi. “Lù! Non dire bestialità, ti prego!” Dopo aver raccolto i vestiti si allontanò con pochi passi elastici per andare in bagno, ancora sorridendo. Il suo umore iniziò a cambiare appena rimase solo: stava uscendo dallo stato di grazia che aveva cancellato tutte le sue inquietudini.
Ludger restò sdraiato sul letto, e chiuse gli occhi dopo essersi pulito svogliatamente; la stanchezza arretrata lo fece scivolare velocemente nel dormiveglia.
Amedeo uscì dal bagno completamente vestito, con i capelli bagnati; nella stanza trovò la luce calda del tramonto, e si bloccò vedendo Ludger abbandonato nel sonno. La sua statura faceva sembrare quel letto più piccolo. La vista di quel corpo bianco invece di incantarlo, come aveva sempre fatto la contemplazione della bellezza, lo agitò profondamente. I segni che avevano lasciato i suoi morsi gli causarono un senso di disgusto per quella versione di sé nella quale non voleva riconoscersi. Si appoggiò a un muro e sentì salirgli agli occhi lacrime di rabbia insieme all’impulso di fuggire di nuovo cancellando tutte le sue tracce; avrebbe voluto rintanarsi in un altrove abbastanza alieno da consentirgli di iniziare a ricostruirsi da capo. Contemporaneamente l’idea di lasciare Ludger gli era inaccettabile. Recuperò il telefonino che aveva usato in quei mesi per mandare un messaggio a Sebastiano.
– Per continuare ad usare la tua metafora: l’ho fatto, mi sono tuffato, ma al posto del mare ho trovato l’oceano. Mi sento un naufrago e adesso, guardandolo lì che dorme, vorrei di nuovo scappare. Ma non posso. L’idea di separarmi ancora da lui è insopportabile. Detesto pensare che una persona abbia così tanto potere su di me. –
Si preparò una sigaretta e aprì la finestra che dava sui tetti irregolari del centro storico. Il suono della maniglia svegliò Ludger, che lo vide fumare di profilo. Amedeo stava seduto sul davanzale con i suoi nuovi vestiti neri aderenti, i capelli lunghi più scuri per l’acqua, e il corpo sottile eretto e scolpito. Ludger rimase immobile per poterlo guardare più a lungo: l’espressione del viso di Amedeo era di nuovo accigliata.
“Cos’è che ti irrita?”
“I segni che ti ho lasciato sul corpo… non mi riconosco nell’animale che ti ha aggredito e nella violenza di quello che provo. Ho la sensazione di non capire più chi sono.”
Aveva girato il viso verso di lui con gli occhi lucidi, ma Ludger non poté fare a meno di sorridere, soprattutto per la tenerezza.
“Mi piace quando mi mordi, ho la pelle delicata, restano segni per qualsiasi sciocchezza. Non devi dargli importanza. Se vado a farmi una doccia non scappi, vero?”
Una specie di ghigno gli tese le labbra. “Ho già resistito mentre dormivi. Chiamo Elisa, così mi tiene occupato.”
“Hai sentito lei anche prima?”
“Sì, mi aveva consigliato di prendere tempo. Ma non ero in condizioni di stare immobile, piuttosto avrei picchiato un passante. Poi ho chiamato Sebastiano. Subito dopo te.”
Ludger rise sollevandosi a sedere, e si guardò intorno cercando un appiglio per alzarsi; Amedeo si sentì di nuovo un imbecille, perché continuava dimenticare la sua difficoltà nel compiere le azioni più banali. Gli si parò di fronte tenendo la sigaretta fra le labbra, avvicinandogli le mani che Ludger afferrò subito. I segni che gli aveva lasciato sulla pelle continuavano ad innervosirlo.
“Smetti di guardarmi il collo con quell’espressione. Io ne rido, davvero, e anzi li sfoggerò con orgoglio. Sono così felice di piacerti, tu neanche puoi provare a immaginarlo.”
Amedeo gli passò le stampelle e indietreggiò di alcuni passi guardando a terra. Il candore di Ludger gli sembrò completamente estraneo ai suoi turbamenti. Tornò alla finestra e chiamò Elisa.
– Sto con Ludger, non potevo prendere tempo come mi hai consigliato. Sarei impazzito. –
– Come stai? –
– Non lo so. Turbato, profondamente turbato. Il sesso è stato fantastico ma adesso faccio fatica a rimettere insieme i pezzi. Però volevo sentirti per dirtelo, anche perché stasera… non so quando, non so come, voglio tornare a casa… e so che non ne vorrò parlare. –
– Va bene, sono abbastanza stravolta all’idea che hai fatto sesso, mi sento un po’ la madre dell’adolescente difficile. Sono contenta soprattutto che lo definisci fantastico… E ti ammiro perché sei stato coraggioso. Grazie per avermi chiamato. –
Amedeo voleva bere ancora, e decisero di fermarsi in un locale con i tavoli all’aperto in Campo de’ Fiori. Ludger si concesse un prosecco mentre Amedeo bevve due Gin Tonic di seguito, ignorando gli snack che avevano servito insieme alle bevande. Non sentivano il bisogno di parlare, a entrambi quel silenzio non pesava perché gli sembrava di aver recuperato una condizione che aveva caratterizzato i loro primi incontri. Fu Ludger a volersi alzare per trovare un posto dove cenare. Amedeo gli tenne una stampella per potergli prendere la mano mentre camminavano; era ubriaco e alleggerito dal senso di stordimento, e stare senza parlare lo aveva aiutato. Mangiarono in un vicolo con una bella vista sui palazzi irregolari, che Amedeo contemplò a lungo. Terminò la sua carne con voracità; aveva dimenticato di pranzare così come il fatto che Ludger fosse vegetariano, ma lui affermò di essere completamente indifferente alle sue abitudini alimentari. Amedeo si rese conto di essere ubriaco, sorrideva e sembrava finalmente sereno; dopo aver preso Ludger per mano iniziò a dirigersi verso ponte Sisto. Non poteva sfiorare i palazzi come era abituato a fare quando barcollava, perché aveva nella mano libera una delle stampelle. Ludger seguiva il suo andamento irregolare. Risero insieme per un palo schivato all’ultimo momento: il viso di Amedeo che si girava verso di lui con quell’espressione divertita era una visione abbagliante. Arrivati a ponte Sisto avanzarono fino al centro, e si fermarono appoggiandosi al parapetto.
Amedeo posò la stampella e indicò un tratto che avevano appena superato. “Era da lì che guardavo questo momento.” Restò stupito per le lacrime sul viso di Ludger. “Tu però non piangevi.”
Decise di non rispondergli pensando che fosse meglio restare in silenzio perché non voleva incrinare l’umore di Amedeo concretizzando a parole il pensiero del dolore che gli aveva inflitto con la loro separazione. Asciugò le lacrime e sorrise. Restarono a lungo a guardare le luci sull’acqua, mentre Amedeo fumava diverse sigarette.
Improvvisamente fu raggiunto da un ricordo. “Tu devi essere veramente stanco, sei sveglio dalla notte scorsa e non so quanto sei stato in piedi. Dove hai parcheggiato?”
“Non lontano da qui. Sai che non so dove andare?”
“Vieni da me, però prima di salire voglio bere ancora, riesci a reggere ancora un giro sotto casa mia?”
“Certo, ci sediamo… bevi sempre così?”
“Spesso, ma lo reggo molto meglio, come vedi… faccio fatica a convivere con il mio cervello quando è intero, penso tu possa avere un’idea. E meno male che le droghe mi deprimono. Dai, andiamo.”
Amedeo si offrì di guidare, facendolo con la solita scioltezza. Arrivati a San Lorenzo si sedettero al bancone di un bar sotto casa sua, dove bevve un Negroni fumando e guardando Ludger con un’espressione serena.
“Mi piace tutto di te, ma ci sono alcune cose che mi tramortiscono… i tuoi colori e le tue linee tese. Quelle del collo in particolare. Ma non posso vedere quei segni senza avere un moto di disgusto, mi sento un vandalo, uno sfregiatore…”
Ludger rise con disinvoltura. “Mi piaceva l’elenco, perché non riprendi… senza sottotitoli.”
Bevve diversi sorsi prima di tornare a guardarlo. “Il tuo odore, quello mi fa proprio andare fuori di testa. Le screziature dei tuoi occhi quando si contraggono le pupille, sono spettacolari… sembrano un mosaico esploso. Una specie di atmosfera che ti circonda, è indefinibile ma ti fa sembrare appena uscito da un altro mondo, da un’altra condizione… poi, le tue mani. E sono molto curioso del tuo sedere. Ancora non sono riuscito a vederlo bene quando stai in piedi, porti dei pantaloni così mortificanti.”
Risero, Ludger decise di ordinare da bere, e si accese una sigaretta che fumò parzialmente.
“Ancora non è facile per me infilare i pantaloni, però sono sicuro che nel mio elenco ci sarebbe anche il tuo sedere, che ho avuto la fortuna di vedere bene con e senza pantaloni… vuoi anche tu un elenco? Quanto tempo abbiamo prima che mi collassi qui? Dai, inizio. Il tuo mondo interiore. Quando ti ho conosciuto era la tua forma di bellezza più evidente. Insieme alla labbra e agli occhi. Gli occhi forse dovrebbero stare al primo posto, con le mani e le ossa. Amo ogni sporgenza ossea del tuo corpo, e le tue mani sono delle macchine anatomiche eccezionali… Troppi sottotitoli, scusa… Amedeo?”
Aveva lo sguardo perso, scosse la testa e sorrise. “Pensavo a Schiele, le mani come macchina anatomica perfetta, anzi, eccezionale… potrebbe averlo detto lui… sai che quando si è trasferito a Vienna per studiare alloggiava nella casa di un medico? A quel tempo le tavole anatomiche non erano consultabili per chiunque, e poi le foto segnaletiche della polizia oltre al viso includevano le mani, tese, vicino al volto… perché le mani raccontavano la storia delle persone, i loro mestieri… e anche lui molto probabilmente ha avuto un rapporto incestuso con la sorella… e i colori dell’autunno, i gialli e i marroni caldi… ogni autunno guardando le foglie morte penso a lui… ma sto delirando, scusami.”
“Adoro quando deliri così… Domani ti ricorderai di stasera?”
“Certo, e tu?”
“Non ho dubbi… perché hai detto ‘anche’ quando parlavi del rapporto con la sorella?”
“Questo è un discorso lungo e noioso, non mi va di farlo adesso. Ho avuto un rapporto incestuso con mia sorella, da adolescente. Mi ha praticamente torturato. Poi ne sono uscito. Te ne parlerò prima o poi.”
Ludger guardò il suo profilo pensando che in fondo si conoscevano davvero poco.
“Abbiamo così tante cose da raccontarci, ma non c’è fretta. Anche io ho avuto un fratello, ed è morto da bambino per un tumore. Più o meno quando mio padre è scomparso. Anche io ne sono uscito, ma penso che a un certo punto mi piacerebbe conoscere la tua storia e raccontarti la mia.”
“Anche a me ma non ora, sono davvero stanco. Saliamo?”
Amedeo si diresse nel salotto di Elisa senza passare dalla sua stanza, ed iniziò subito ad aprire il divano letto; in casa non c’era nessuno, e Ludger non fece domande. Amedeo gli portò un asciugamano, uno spazzolino, un paio di boxer e una maglietta nera con stampato il logo di un gruppo che sapeva piacergli.
“Così se devi alzarti non hai bisogno dei pantaloni. La maglietta me l’ha portata il mio amico Claudio da un viaggio, per me è grande ma penso che a te andrà bene. Credo che qui dormiremo più comodi, se ti svegli prima di me puoi fare quello che vuoi. La mia camera potrebbe non piacerti ma puoi toccare, guardare e leggere quello che ti pare, ogni cosa mia è come se fosse tua. Vai in bagno per primo perché mi faccio un’ultima sigaretta, ti aspetto in cucina.”
Non aveva ancora finito di fumare quando Ludger gli annunciò che lo avrebbe aspettato a letto, impegnandosi per restare sveglio. Amedeo si lavò velocemente per raggiungerlo, affondò il viso nel suo collo e si addormentò all’istante.
Il sonno di Amedeo era molto agitato, e sussultò spesso svegliando Ludger che, a un certo punto, infilò i boxer e si sollevò aiutandosi con una sedia che gli era stata lasciata vicino per andare a bere. Di fronte alla porta della cucina c’era quella della camera di Amedeo accostata. Premette l’interruttore ma la luce non si accese, poi vide e usò il pulsante di una piantana alogena che mandò una luce debolissima. Era già stato in quella stanza e la ricordava molto diversa; accese anche la lampada della scrivania, notando dei fogli su cui erano tracciate alcune frasi scritte con una calligrafia nervosa, in inchiostro nero.
rendere visibile l’invisibile
Trascendenza – il simbolo e la trascendenza – ieraticità
essenza pensabile, ma inconoscibile, della realtà in sé
condizione/stato altro
IERATICITÀ NELL’ARTE BIZANTINA – IL SIMBOLO E LA TRASCENDENZA
Alzando la testa vide il cranio del toro e iniziò a guardarsi intorno osservando con attenzione le foto che Amedeo aveva fatto per lavoro: ragazzi troppo truccati con facce tristi, i legni e le ossa, ma anche mosaici bizantini, i dettagli di diversi materiali e le croci longobarde. Non c’era niente in quel luogo che trasmettesse un senso di serenità e sapeva che Amedeo aveva passato i mesi estivi rintanato lì dentro come in un rifugio, uscendo soltanto di notte. Sentì rientrare Elisa e le andò incontro fermandosi sullo stipite. Lei si portò le mani al viso, mentre gli occhi le si riempirono immediatamente di lacrime.
Ludger le sorrise con un’espressione serena. “Ciao Elisa, sono felicissimo di rivederti, però smetti di piangere.”
Lei annuì e lo abbracciò. “Scusami per la reazione da madre coraggio… ti va una tisana? Vieni, la preparo anche per me.” Si separò da lui, avviandosi verso la cucina. “Il mostro sta dormendo nella sua grotta o ti ha concesso il divano letto?”
“Stiamo dormendo in quello che ha definito il tuo salottino, però mi ha autorizzato a usare la sua grotta come se fosse mia. Quella stanza non sembra pensata per essere accogliente.”
Elisa rise, sedendoglisi vicino. “E non è al suo meglio. Quando mette la sua musichetta o riceve i suoi amichetti è ancora più accogliente… penso non apra del tutto le persiane da mesi, se non per fare le sue allegre fotine. È circondato da persone per certi versi interessanti, il più rassicurante tra i suoi nuovi amici è Andrea, il tuo Andrea, che sembra un picchiatore… gli altri li avrai visti dalle foto. Sono sempre super gentili con me, mi basta mettere una palandrana nera e mi trattano da pari, tra qualche anno potrebbero essere tutti miei clienti… da grande farò la psicologa, già adesso mi danno spunti utilissimi… e pensare che avevo definito Sebastiano tetro, dovrò rivedere le mie posizioni.”
Ludger continuò a sorridere per l’ironia e la leggerezza di quella descrizione. “So che tu e suo fratello non andate d’accordo. Sai che è stato lui a spingerlo a chiamarmi ieri? Se non fosse stato per quella telefonata adesso potrei non essere qui. Cosa pensi di Sebastiano?”
Elisa si alzò per mettere le erbe in infusione, sospirando rumorosamente. “Tu non lo hai mai visto. È di una bellezza insopportabile, come te, ma tu hai almeno espressioni umane. Questo, insieme ai suoi modi, mi rende nervosa… ma devo arrendermi e ammettere che non ho capito il loro rapporto. Ho sempre pensato che per Amedeo fosse dannoso, perché alimenta le sue manie, e credevo lo facesse affondare nel suo isolazionismo per tenerlo legato a sé. Adesso è evidente che mi sbagliavo. Penso che il loro rapporto sia il legame più forte che Amedeo abbia avuto prima di incontrarti. Spesso ho pensato che entrambi sarebbero disposti a mollare tutto e tutti se l’altro glielo chiedesse. Ma se è stato lui a spingerlo a cercarti e non scappare è evidente che non ci ho capito molto. Mi parli un po’ di te? Ti vedo dimagrito e stanco.”
“Ho solo bisogno di dormire e Amedeo salta nel sonno, mi sveglia in continuazione. Forse sono dimagrito perché adesso uso le braccia molto di meno. Sono stati mesi molto duri ma sono passati. Non mi piace parlarne, era un lavoro necessario. Adesso sono soltanto preoccupato per lui.”
“Ovvio, anch’io, ma credo che debba solo ritrovare il suo asse. Nel delirio che ha attraversato è cresciuto molto e ha trovato anche cose importanti. Sono stata ad alcune delle serate in cui mette la musica, gli piace e balla come un demonio. Ha una corte di bestiole che lo adorano ma non credo abbiano un effetto negativo su di lui, penso invece che questa popolarità abbia giovato molto alla sua autostima. Anche alle cene di Davide è una specie di divo. Rispetto ai primi tempi è molto più bravo a non creare situazioni ambigue… certo, quando balla è un’altra cosa… ma non tratta più gli altri come fossero oggetti… sarà il caso che tu provi a dormire un po’.”
Si stropicciò il viso. “Sì, ora vado. Dimmi solo di Lorenzo, ormai state insieme da un po’, come stai?”
“Benissimo! Come Bowie possiamo dire che ci siamo conosciuti perché uscivamo con lo stesso ragazzo. Adesso gli è passata, ma si era preso una bella cotta per Amedeo, ormai si è messo l’anima in pace come tutti. Mi diverto molto con lui, penso di essere a tutti gli effetti innamorata… a proposito di divertimenti. Quei segni sul collo te li ha fatti il mostro?”
Ludger annuì sorridendo. “È stato molto bello, mi meraviglio che non mi abbia staccato pezzi di carne. Scherzo. Ho la pelle delicata. Credo non ci sia niente di cui preoccuparsi.”
“È un gran sollievo. Vai a riposare un po’, almeno provaci.”
Passarono il resto della notte dormendo abbracciati. Amedeo saltava spesso nel sonno, e Ludger si svegliava per poi riaddormentarsi seguendo le scosse che gli trasmetteva. A volte Amedeo sussurrava parole intelligibili, tra le quali riuscì a distinguere il suo nome e diverse frasi confuse che gli trasmisero un senso di abbandono.
Amedeo si svegliò per un incubo nella tarda mattinata. Saltò sul letto per l’angoscia di un sogno in cui era precipitato verso l’asfalto; se fosse stato da solo si sarebbe riaddormentato, perché era ormai abituato ad avere il sonno spezzato. Sgranò gli occhi nella penombra sentendo le braccia che lo stringevano, e si svegliò del tutto al ricordo del giorno precedente. Ludger lo abbracciava da dietro, e una delle sue mani era appoggiata sul cuscino vicino al viso di Amedeo; gli arrivò una sensazione di calore che scorreva dalle sue spalle, lungo tutto il suo corpo. Si chiese se fosse sveglio, restando a guardare quella mano lunga abbandonata, dello stesso bianco del cuscino nella penombra. Amedeo pensò di avere qualcosa di sbagliato, perché sentiva crescere un’irritazione insieme al senso di benessere per quel contatto, e l’irritazione era direttamente collegata al benessere. Scivolò delicatamente fuori dall’abbraccio e si girò a guardarlo. Ludger dormiva, e Amedeo si alzò velocemente per evitare di incantarsi per chissà quanto tempo. Si sentì sollevato per l’assenza di Elisa, e una volta vestito lasciò un post-it sopra la maniglia della porta della camera.
Scendo per una passeggiata e i cornetti,
se ti svegli prima del mio rientro chiamami
Aveva bisogno di camminare, indossò gli occhiali scuri e chiuse delicatamente la porta. Prese un caffè e passeggiò a lungo per le vie del quartiere fumando, fino a raggiungere le mura. Tornò dopo un’ora con alcuni cornetti e trovò Ludger ad aspettarlo in camera sua. Si era vestito e ascoltava Malediction And Prayer della Galas sfogliando uno dei libri che aveva trovato aperto sulla scrivania. Amedeo si appoggiò allo stipite della porta e lui gli sorrise prima di leggere ad alta voce un appunto che aveva trovato tra le pagine.
“Santa Sofia, anno 787, Concilio di Nicea – idea che l’immagine è uno strumento – che conduce chi ne fruisce – dalla materia di cui essa è composta – all’idea che essa rappresenta.” Alzò lo sguardo verso di lui, sorridendogli. “Mi piacerebbe tanto leggere quello che scrivi mettendo insieme questi appunti.”
Amedeo era irritato perfino dalla naturalezza con cui Ludger era riuscito ad inserirsi nel suo ambiente. Aveva tenuto la maglietta degli Einsturzende Neubauten che su di lui era perfetta: gli apparì come la materializzazione del suo desiderio, perfettamente a suo agio nella grotta. Si domandò perché non riuscisse a conquistare una condizione neanche vagamente simile alla sua disinvoltura.
Parlò con voce incolore, saltando di proposito ogni forma di saluto. “Preferisco aspettare di riuscire a mettere in ordine quei frammenti, per ora è solo un caos. Li faccio leggere soltanto a Sebastiano, glieli mando via mail… lui, se mi risponde, lo fa con poche parole, e mi va bene così. Non mi va di parlarne e sono piuttosto storto. Vado a preparare la colazione, seguimi quando vuoi.”
Amedeo aveva alzato il volume dello stereo, e ogni tanto la cucina si riempiva con le grida del brano che arrivavano dalla sua camera. Ludger teneva il viso appoggiato a una mano, guardandolo mentre si muoveva tra i fornelli e i pensili. Stava ricordando una mattina di molti mesi prima in cui, in circostanze simili, gli era sembrato quasi un bambino. In quel momento gli piaceva vederlo compiere gesti così sicuri e fluidi, ma non riusciva a ignorare la tensione e l’espressione cupa che non gli consentivano di gustare appieno la sua bellezza, e la gioia di poter essere di nuovo lì.
Amedeo si muoveva velocemente, gli piaceva e lo innervosiva il sentirsi osservato da Ludger; consapevole di quel contrasto arrivò a credere che quelle reazioni si alimentassero in un circolo vizioso. Avrebbe voluto che fosse Ludger a parlare, aspettandosi dei commenti sulla sua stanza come facevano tutti i suoi amici con frasi più o meno colorite, ma Ludger continuava a apparirgli rilassato, come se si trovasse nel proprio elemento. Amedeo arrivò a sorridere con cattiveria pensando a quanto aveva sempre amato il termine ieratico, per poi arrivare a desiderare una reazione qualsiasi da parte di quella statua luminosa e quasi inanimata che lo aspettava a tavola.
“Amedeo, hai fatto un’espressione strana. Come stai?”
“Nervoso. Pensavo al sorriso arcaico. A robe mie che mi piacciono e poi mi danno ai nervi, forse proprio perché mi piacciono.” Si sedette a tavola, ma invece di iniziare a mangiare prese a far scivolare i polpastrelli sul bordo della tazza che aveva di fronte. “Ti è piaciuta la mia stanza?” Lo chiese con una nota ironica evidente.
Ludger iniziò a rispondere senza intonazioni, quasi sorridendo. “Mi piacciono le ossa, delle mani e dei crani in modo particolare, ne parlavamo anche ieri sera, ricordi? Il toro poi mi ricorda il labirinto, grazie a te mi sono appassionato alle sue leggende e ai significati che si porta dietro. Le tue foto sono belle, quelle con i modelli forse un po’ monotone ma credo dipenda soprattutto da loro, quei ragazzi forse vogliono essere monotoni. I tuoi studi sono interessanti e spero ti andrà di parlarmene, prima o poi. La musica che ascolti mi piace, e quella che non conosco mi incuriosisce. Questo disco, ad esempio, è fantastico.” Restò in silenzio mentre nella stanza si diffondevano le parole, non del tutto cantate, ‘è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia’, prima di concludere che trovava quel pezzo bellissimo. Diede alcuni morsi al suo cornetto e diverse sorsate di tè bollente. I suoi gesti erano lenti e rilassati. “Da come lo hai chiesto sembravi aspettarti delle critiche, ma non ho intenzione di fartene perché non ne ho. La tua stanza potrebbe essere strana per chi non ti conosce, ma è il tuo posto, e io voglio accettare ciò che è tuo senza falsi moralismi che non mi appartengono. Che programmi hai per la giornata?”
Amedeo si sentì un idiota, perché il suo umore instabile non gli stava permettendo di viversi la gioia che quel momento avrebbe potuto dargli. “Ho un appuntamento verso l’ora di pranzo per delle foto con una tipa. E tu?”
Ludger si guardò intorno senza espressione. “Ieri mi hai descritto come un alieno in visita. Non è del tutto esatto, però rende abbastanza bene l’idea… è come se fossi appena atterrato su un pianeta familiare senza avere, allo stesso tempo, un solco in cui muovermi. Mi piace. Tutto quello che ho ritrovato mi piace tantissimo. Mi rendo anche conto che dovrò iniziare a costruirmi un tessuto quotidiano in cui muovermi, ma non ho fretta. Soprattutto di riprendere le terapie che ancora devo portare avanti. Mi sento appena scappato da una gabbia, ed è una sensazione meravigliosa.”
Il suono incolore della sua voce aiutò Amedeo, che continuava a logorarsi per ogni emozione che lo scuoteva.
“Sai Amedeo, vorrei tanto vedere la mia casa. Sono curiosissimo di vedere com’è diventata e avrei anche la necessità di poterla usare… però non vorrei andarci con nessun altro. Se oggi non puoi o non ti va posso tornare a casa di mia madre e aspettare. Non sentirti in obbligo, lo sai che non lo vorrei mai.”
Amedeo si alzò senza aver finito la colazione. “Vado un attimo in bagno e poi ci andiamo. Se ci muoviamo subito ho tutto il tempo.”
Avere Ludger vicino lo esaltava e anche questo alimentava il suo turbamento, perché non aveva mai percepito nessuno così intensamente. In macchina parlarono di musica; Ludger conosceva e apprezzava molte delle sue ultime scoperte e gli descrisse diversi album che avrebbe voluto fargli sentire. Amedeo era riuscito a distrarsi e a stare meglio finché aveva guidato, perché aveva pensato alla musica e si era concentrato sulla strada. Finita la manovra di parcheggio mantenne le mani sul volante guardando avanti a sé, tornando a contrarre le sopracciglia. Ludger aspettò alcuni secondi, prima di chiamare con dolcezza il suo nome.
Amedeo rispose subito. “Sono nervoso, al limite dello sclero da stamattina. Mi rendo conto che faccio tutto da solo e mi sento uno scemo… insomma, non te lo dico perchè voglio accusarti di qualcosa…. Non credo di avertelo mai detto… nel periodo in cui venivo qui a lavorare di sera e di notte ci stavo benissimo, come non mi capitava in nessun altro posto. Le mie idee certe volte seguono binari strani, lo so, e anche se non c’entro niente con la storia io sentivo una connessione con quel posto abbandonato.” Amedeo rise con cattiveria, senza girare il viso, come se stesse ancora guidando. “Scusami, mi faccio pena da solo. Semplificando. Adesso, all’idea di farti vedere quella casa, mi sento davvero teso.”
Ludger sospirò. Si era trattenuto dal toccarlo fino a quel momento, e non era stato facile continuare a non farlo mentre gli riferiva del suo senso d’abbandono. Cercò di parlargli con dolcezza. “ Per una volta ci troviamo ad essere entrambi turbati… non vengo qui da anni e non so come affrontare il contatto con questo posto… se penso a quello che ho vissuto qui potrei tranquillamente riattaccarmi agli psicofarmaci. A te piacciono tanto i simboli e le metafore. Questa per me è particolarmente forte. Posso tornare qui solo grazie a te. Io so che quella è la mia casa, o almeno lo è stata, e se voglio davvero portare avanti una serie di processi per cui mi sono bruciato negli ultimi mesi devo affrontare anche questa tappa.”
Amedeo si girò finalmente a guardarlo, con un’intensità che per Ludger risultò dolorosa. Cercò comunque di sorridergli mentre riprendeva.
“La tua stanza al confronto è Disneyland, e non lo dico per offenderti o irritarti, ma per sottolineare che mi piace che tu abbia tanti interessi e che adesso te ne circondi. Quelle pareti e quel disordine raccontano tanto di te. I posti davvero angoscianti sono quelli in cui si vive come morti. Poi, se non mi dovesse piacere, posso sempre cambiarla. Per me il suo aspetto non è così importante da rovinarti l’umore. Il posto è quello, la crosta può cambiare. Andiamo prima che mi dissolvi con lo sguardo?”
Amedeo sorrise e scese dalla macchina. Con pochi passi agili arrivò dal lato di Ludger per aprirgli la portiera e tendergli una mano. “Dai Lù, ce la possiamo fare.”
Amedeo fu talmente colpito dal cambiamento di Ludger appena entrarono nell’appartamento, da dimenticare i propri turbamenti. Lui disse più volte di trovare quel posto trasfigurato, apprezzando tutti i dettagli che riusciva a percepire ma l’espressione sul suo viso si era spenta, così come la voce. Ravi aveva rifornito la cucina, e dopo aver fatto il giro completo sedettero alla penisola a bere una bibita fredda.
“Posso fumarmi una sigaretta?”
Ludger rise, e Amedeo si incantò per quella risata che, per pochi secondi, aveva rianimato il suo volto.
“Certo. Però solo tu puoi sapere se ci sono dei posacenere e dove trovarli.”
Amedeo non dovette andare lontano, perché ne aveva acquistati molti considerando quanto lo aveva visto fumare quando si erano conosciuti. Gli stava passando vicino per tornare a sedersi quando venne trattenuto dal suo braccio: Ludger lo avvicinò con dolcezza fino a poggiargli la testa sull’addome.
“Questo posto ancora mi angoscia, non per come lo hai reso tu, senza il tuo lavoro penso che non sarei neanche riuscito ad entrare.”
Amedeo guardò i suoi capelli perennemente spettinati, chiari già dalla radice e li carezzò senza pensarci. Era primo gesto di tenerezza che gli faceva dal loro incontro e Ludger lo accolse con gratitudine, restando immobile.
“Lù, perché vuoi vivere qui?”
“Perché è casa mia, è l’unico posto in cui ho vissuto che abbia sentito mio. Questo era il rifugio di mio padre ed è l’unica cosa davvero sua che ha lasciato a me. Adesso devo riconquistarlo, ti ringrazio per avermi aiutato così tanto. Devo chiedere a mia madre di far portare qui anche le valigie che ho lasciato da lei. Quanto tempo hai prima di andare?”
“Non molto purtroppo, se vuoi posso spostare l’appuntamento.”
Ludger lo lasciò andare, tornando a girarsi verso la penisola. “No, non è necessario. Ti accompagno a San Lorenzo e magari passo da Andrea. Anzi, lo chiamo mentre fumi, poi andiamo.”
Ludger trovò la porta accostata e la spinse con le spalle per entrare, accompagnandola con un piede prima di chiuderla; Andrea e Nora lo credevano in compagnia di Amedeo e non si erano offerti di andargli incontro. In corridoio si guardò intorno, accogliendo i cambiamenti come una piacevole testimonianza di una vita che era andata avanti senza fratture, e assaporò la fortuna di avere la possibilità di considerare ancora i suoi amici presenti. Si diresse verso la cucina da cui arrivavano le voci e la musica; chiacchieravano allegramente preparando la tavola, ma al suo ingresso si bloccarono e il piatto che aveva Nora fra le mani scivolò, infrangendosi a terra. Vederlo lì in piedi con quel viso sorridente e la maglietta nera che lo faceva apparire più magro, forse addirittura più piccolo, glielo fecero apparire come teletrasportato da un passato irrecuperabilmente perso.
Ludger era soprattutto divertito dalla loro reazione. “Adesso posso dire di sapere esattamente che faccia fareste di fronte a un fantasma. Buongiorno! Grazie per aver accettato il mio autoinvito a pranzo.”
Avanzò di pochi passi mentre gli altri restavano immobili, e appoggiò le stampelle al tavolo rivolgendosi ad Andrea. “Ciccio, se mi abbracci non mi rompo. Ho solo poco equilibrio.”
Andrea lo avvolse con forza, tirando rumorosamente su con il naso. “Brutto bastardo squilibrato del cazzo. Dì la verità, vuoi farmi venire un colpo.”
Nora li raggiunse ridendo, malgrado il viso rigato di lacrime. “Posso averne un po’ anch’io?”
Ludger si separò dal suo amico per abbracciare anche lei, mentre Andrea si affacciava in corridoio strillando.
“Amedeo? Sei al bagno a ritoccare il make-up? Guarda che la pasta si scuoce!”
Nora si staccò da Ludger sorridendo. “Questi due sono tremendi, si punzecchiano tutto il tempo… però mi sa che io, invece, ho davvero bisogno di un ritocco. Che bello rivederti!” Si sollevò sulle punte per baciargli lo zigomo prima di uscire dalla cucina.
Andrea sistemò le stampelle di Ludger in un angolo. “Ma insomma, dove si è cacciato Amedeo? Cerca parcheggio?”
“No, l’ho lasciato a casa sua prima di venire qui. Cos’è quella faccia?”
Andrea notò i segni sul collo di Ludger. “T’ha sfregiato lui? Va tutto bene?”
Nora si era fermata sulla porta, ma la risata di Ludger la tranquillizzò.
“Termina la scansione e rilassati. Amedeo aveva un appuntamento di lavoro, mi dovrebbe chiamare quando si libera. Devo usare il condizionale perché ha un umore molto, molto instabile. Certe volte penso che potrebbe scappare appena distolgo lo sguardo… probabilmente l’ho fatto aspettare troppo. Credo che anche i segni sul collo ne siano una prova, ma da quel punto di vista non ci sono stati problemi. Per il resto penso di dover aspettare che digerisca il trauma dell’abbandono. Considerando il fatto che si innervosisce per ogni minuzia credo sia meglio non parlare di lui quando non c’è. Comunque vorrei vi fosse chiaro che io sono felice, solo felice di lui. Immaginavo che il mio ritorno sarebbe stato per certi versi difficile, ma sono abbastanza ottimista. In tutto ciò, considerando come siamo partiti, questi segni sul collo li sfoggio come una conquista.”
“Bene, sei perfettamente recuperato, completamente sciroccato.” Andrea rise. “E non sai quanto mi fa felice.”
Nora riuscì finalmente ad allontanarsi per andare a lavarsi il viso.
Andrea riprese a parlare, ma con un volume insolitamente basso. “Il ragazzo quando perde la brocca è pericolosetto, ho avuto il dispiacere di vederlo in azione, come sai. Però se mi dici che non ti ha corcato, o che se l’ha fatto per te è una conquista, io sono contento. Anche perché mi ci sono affezionato parecchio, ed ero preoccupato perché per lui… insomma è tutto nuovo. Che poi sai, il fatto che Amedeo troieggia a destra e manca non significava che al dunque non si sarebbe ritrovato con una fifa blu. E con questo basta, era una preoccupazione mia. Fai bene a non volerne parlare con noi, si diceva che il pischello quando è nervosetto può diventare parecchio indigesto, e io ne resto fuori volentieri.”
Durante il pranzo Ludger accettò soltanto mezzo bicchiere di vino e quando arrivò il caffè diede alcuni tiri di sigaretta: agli amici il suo comportamento appariva come un cambiamento radicale. Gli raccontò della disintossicazione e delle difficoltà di quei mesi senza scendere in dettagli, e loro si stupirono della serenità con cui rievocava quel percorso difficile. Li ringraziò più volte per l’aiuto che gli avevano dato con Amedeo e Nora, ridendo, specificò che per loro era stato un processo piuttosto naturale, e che probabilmente sarebbero diventati amici anche senza la sua richiesta iniziale.
Amedeo lo chiamò dopo alcune ore, e Ludger nella voce riconobbe una nota di tensione.
– Stasera dovrei lavorare con Claudio e non so che fare. Ho la testa in palla e non ho pensato a sentirlo prima. Se glielo chiedessi lo so che mi direbbe di non andare, ma passare così tanto tempo alla console da solo diventa pesante. Però mi dispiace anche non stare con te. Tanto per cambiare non so che fare. –
Ludger, ancora seduto con i suoi amici, si intenerì per quei continui tormenti e volle soprattutto tranquillizzarlo. – Amedeo non devi preoccuparti, il problema non esiste. Avremo tanto tempo per stare insieme e non vorrei che rinunciassi alle tue attività, o alle tue abitudini, per me. Nel pomeriggio andrò con Andrea a sbrigare un po’ di cose noiosette, a organizzare le terapie e segnarmi in piscina. Mi ha già detto che avete un appuntamento qui più tardi, ci sarò anch’io così conoscerò anche Claudio. Per favore non ti angosciare inutilmente. A più tardi. –
Ludger gli aveva parlato con serenità, giocando con una mollica di pane rimasta sulla tavola, mentre Nora e Andrea si scambiavano sguardi esageratamente stupiti. In seguito sarebbero tornati a parlare a lungo dei tanti cambiamenti nei suoi comportamenti e atteggiamenti, entrambi colpiti soprattutto per come si rapportava ad Amedeo, dimostrando un processo di crescita che reputarono straordinario.
Prima di uscire Ludger riuscì a recuperare un po’ di sonno; sdraiandosi sul divano dello studio ricordò la mattina della loro lite, quando Amedeo lo aveva chiamato da lì. Era esausto e sereno, perché non poteva fare a meno di pensare che il peggio dovesse essere passato.
Quel pomeriggio Amedeo aveva continuato a pensare a Ludger, sentendosi attraversato da ondate di euforia all’idea che lo avrebbe rivisto il giorno stesso. Si ripromise di mantenere la calma di fronte agli amici, impegnandosi per non cadere negli avvitamenti mentali che non era riuscito a evitare nel poco tempo che avevano passato insieme.
Amedeo incontrò Claudio per un aperitivo; con lui aveva un rapporto piuttosto spigliato alimentato nelle notti passate insieme alla console, a chiacchierare e scherzare non del tutto sobri. Amedeo gli raccontò del ritorno di Ludger e del fatto di non riuscire a non essere nervoso, al punto da non essere in grado di gustarsi del tutto la sua presenza.
Claudio gli si rivolse con la solita disinvoltura. “Sono contento che sia tornato, era pure ora. Tu esageri sempre e dici di non capire mai, però adesso che sta qua dovresti almeno capire quanto ne sei innamorato. Allora?”
Per Amedeo poter parlare di Ludger con quella leggerezza era un sollievo. “Questa è facile. Come uno scemo.”
“Allora è tutto a posto. Fatti un bicchiere e smetti di farti tutte ‘ste pippe.”
Prima di salire da Andrea comprarono vino e birre, e si presero una media alla spina; la vicinanza del suo amico lo aiutò, perché poteva ironizzare sulle paturnie evitando di affondarci. Arrivati a casa di Andrea dovettero aspettare parecchio al citofono, perché i loro amici stavano suonando nello studio insonorizzato.
Andrea gli aprì con un sorriso smagliante, malgrado la rudezza della voce. “Louis, di là, sta scartavetrando via la ruggine dal basso. Grazie per i beveraggi, non sono mai abbastanza con voi.”
Vennero raggiunti dal suono della sua voce divertita dalla stanza aperta. “Guarda Ciccio che non ho mai smesso di suonare. Ho solo evitato le brutte compagnie.”
Andrea prese la busta piena di bottiglie dalle mani di Amedeo e lui, appena libero, si ritrovò a correre verso lo studio con un sorriso che stupì i suoi amici. Ludger era in piedi con un un basso Fender vintage con la tracolla lunga, gli sorrideva tenendo il basso dalla tastiera, e Amedeo perse lo slancio a poco più di un metro di distanza: era stata la sua bellezza a bloccargli i movimenti.
Ludger si gustò quel viso dall’espressione stupita che gli piaceva tanto. “Ciao Amedeo.”
Amedeo non rispose, pensando alla quantità di neuroni che gli stavano bruciando anche solo a guardarlo. Andrea, posandogli una mano aperta tra le scapole, gli diede una leggera spinta mentre lo sorpassava per andare a riporre la sua chitarra. Amedeo si ritrovò molto vicino a Ludger, e ricordando i baci sulle labbra dati ai suoi amici in pubblico si sentì un idiota.
Scosse la testa, abbassandola. “Ciao Ludger. Scusa, ma trovarti qui è… pazzesco.”
Ludger si sfilò il basso per presentarsi a Claudio, che si era affiancato ad Amedeo. Decisero di smettere di suonare e si sistemarono nel salotto allestito nell’altro lato della stanza, iniziando subito a parlare delle serate che stavano organizzando. Avevano già prenotato in pizzeria, come facevano sempre. Ad un certo punto Amedeo si alzò per prendere il suo telefonino: aveva appena ricevuto un messaggio ed era abituato a riceverne soprattutto soltanto da Ludger. Si chiese di chi potesse essere.
– Sarò a Roma domani pomeriggio, prima impossibile. Per te. Mi fermo poco più di 24 ore. Aline sta male, di più non posso. A domani, fratello. –
Amedeo rimase incantato con il telefono in mano, mentre Ludger lo osservava senza espressione.
Fu Andrea a prendere la parola. “A-me-de-o. Anche tu hai visto un fantasma o ti si sono di nuovo scaricate le pile? Guarda che il tuo bicchiere è bello carico, se hai bisogno.”
Diede alcune sorsate prima di rispondere. “Questa è complicata. Ho un fratello, d’elezione non biologico, un matto… probabilmente è la persona più cara che ho. Mi ha scritto adesso che domani pomeriggio viene a trovarmi e si ferma meno di un giorno… che impiccio.”
Andrea assunse un’espressione tetra perché non gli era piaciuta la presentazione di quel personaggio inedito, e rivolse un’occhiata obliqua a Ludger, ma lui prese la parola senza cambiare atteggiamento.
“Anche stavolta non vedo il problema, nel caso dovessi essere io a vederlo. A me piacerebbe molto conoscerlo, se ce ne sarà modo.”
Andrea sospirò rumorosamente. “Dai, che non c’è problema neanche per noi. Da quando hai iniziato non hai saltato neanche un sabato. Però i fan non te li consolo, e il finto fratello mi sa che io non ci tengo a conoscerlo, che poi mi ingelosisco.”
Andrea era euforico e scherzava più del solito, soprattutto con Ludger. Spesso finivano a ridere seguendo trame tracciate in passato, al punto da dover fornire agli altri un contesto che potesse farli partecipare alla loro allegria. Amedeo riusciva con molta facilità a contenere gli sbalzi di umore circondato da quella compagnia, permettendo alla gioia di avere Ludger vicino di guadagnarsi uno spazio non contaminato dalle proprie nevrosi. Verso la fine della cena Claudio tirò fuori una matita per truccarsi e uno specchietto, iniziando a tracciarsi con molta disinvoltura una leggera ombra ai lati degli occhi. Diede una gomitata ad Amedeo perché si aspettavano una reazione nota, e Andrea non li deluse: dopo essersi massaggiato il viso esordì con la solita formula, rivolgendosi a Ludger.
“I pischelli qui, quando suonano, se la tirano da rockstar.”
Nel frattempo lo specchio e la matita erano passati in mano ad Amedeo che ripetè i gesti del suo amico.
Andrea riprese a parlare con un tono da genitore esasperato. “A quest’altro poi gli ci manca solo il trucco! Tra un po’ gli ci vorranno le guardie del corpo, quelle vere.”
Amedeo rispose ridendo, dandogli del bigotto. Si osservò nello specchietto per poi strofinare la traccia di matita fino a farla scomparire quasi del tutto. Si rivolse a Ludger. “Secondo te è indignitoso andare in giro così? Il vecchio non se ne fa una ragione. Secondo te sto bene?”
I loro amici restarono in silenzio. Erano abituati al completo disinteresse che Amedeo manifestava, in ogni occasione, nei confronti delle opinioni altrui riguardo al suo aspetto.
“Direi di no, immaginando poi la jungla in cui vi immergete più tardi non lo trovo indignitoso… quasi non si vedeva la differenza. Stai benissimo.”
I loro sguardi si incontrarono da una parte all’altra del tavolo, e Amedeo si ritrovò a parlare senza pensare mentre sorridevano.
“Lù, perché non passi stasera? Sarebbe strepitoso per me.”
Era piuttosto stupito. “Mi piacerebbe, ma non so se reggerei.”
“Senti Ciccio, invece dell’amaro che tanto non avresti preso, perché t’hanno furminato, ti fai un bel caffè, mi accompagni al cinema a vedere un filmetto bello ottimista, e poi ci facciamo un giro di jungla insieme, se ti va. Io oggi sto talmente contento che tanto lo so che non dormirei comunque fino a tardi.”
Ludger e Andrea si incamminarono nelle vie che stavano prendendo un aspetto diverso con l’arrivo della notte. Ludger era stanco ma essere potuto tornare in strada con il buio gli restituì un senso di libertà che il giorno precedente, travolto dall’emozione di avere al suo fianco Amedeo, era restato sullo sfondo. Andrea si adattò alla sua andatura, così come ai lunghi silenzi seguiti alle tante chiacchiere con cui avevano riempito le ore trascorse con i loro amici. Anche lui si stava gustando quella passeggiata silenziosa, felice di poter essere di nuovo con il suo amico e propose una pausa in vineria prima di andare al cinema per l’ultimo spettacolo.
“Mi chiedo come farai a non addormentarti. Intanto io mi prendo un bel rosso e tu niente, giusto?” Andrea si passò una mano sulla testa continuando a guardare la lista dei vini. “Quanto siete strani tu e Amedeo insieme… da quando lo conosco lui non riesce mai a trovare la misura giusta. O si spegne o sta a palla. Con te è una via di mezzo, ma fate cose così strane. Mica si capisce che state insieme.”
Ludger si guardò intorno sorridendo. “Dici che siamo strani? Mi sembra che con voi siamo riusciti a rapportarci in modo normale per la prima volta da ieri. Possiamo fare di molto peggio quando siamo da soli.”
Andrea rise. “Ecco, questo proprio non mi interessa e non lo voglio sapere. Posso immaginare che lui è parecchio nervoso. Ma anche tu sei stranuccio. Ti studio da ore e in tutti i contesti mi sembri cambiato, non un’altra persona, ma come se quello che tiri fuori adesso fosse stato nascosto in tutta la comitiva che ho conosciuto negli anni. Però lo vedo che sei felice, e lo sai quanto posso essere felice anch’io di vederti così. Solo che certi passaggi proprio mi sfuggono.”
“Sai io ero come morto, e in alcuni momenti penso di essere stato davvero vicino ad andarmene del tutto. Ho vissuto a lungo pensandomi in quella condizione, senza permettere a niente e nessuno di raggiungermi, di contraddirmi. Il fatto che io sia qui, adesso, in alcuni momenti neanche mi sembra reale. Posso accendermi una sigaretta delle tue, per dargli solo pochi tiri?”
Andrea gli porse il pacchetto e andò al bancone per prendere due calici. “Ciccio, con le mie sigarette puoi fare quello che ti pare, pure dargli fuoco per scaldarti le mani, e se non finisci il vino che ti ho preso poi ci penso io. Però riprendi.”
Ludger sorrise alzando il calice verso il suo per brindare alla loro amicizia, ma diede solo un sorso prima di lasciarlo sul tavolo. “Certo, riprendo. La condizione che vivo adesso mi diverte molto, mi rendo conto che devo apparire diverso ma sto bene, e tu lo vedi anche senza che te lo dica. Chissà se con il tempo ritornerò a immergermi così profondamente nel flusso della vita, fino a uscire da questo stato. Uno psicologo, a un certo punto, ha cercato di portarmi a pensare che sono troppo dipendente dalle persone che amo. Capisco che a uno sguardo superficiale possa sembrare che sia così, e con Nobuko credo che la componente di dipendenza e necessità fosse alta. Ma con Amedeo è diverso. Ho avuto tanto tempo per pensare e adesso sono abbastanza sicuro di non aver fatto tutto questo percorso per stare con lui… in senso tradizionale, intendo. Per me potrebbe anche stare con un altro, o con altri, non mi interessa. Non ho nessuna intenzione di chiedergli di riempire le mie giornate o la mia vita come era stato con Nobuko, che poi è ovvio che non ci siano state richieste, era normale per noi vivere così. L’unica cosa che desidero davvero da Amedeo è che non perda il potere di superare il labirinto e arrivare a incontrare il mostro che sono… lui probabilmente neanche se ne rende del tutto conto e io non so bene come sia potuto accadere. Stavo così bene nel mio sarcofago, anestetizzato e insensibile, e non avrei avuto nessuna voglia di fare tutta questa fatica. Se non fosse stato per lui, a questo punto forse sarei davvero morto. Ma adesso non importa, io voglio solo poterlo vedere, entrare in contatto con lui, permettergli di mandarmi in confusione. E vorrei che fosse libero, non so neanche io da cosa, ma sono sicuro che è già dovuto scappare da situazioni claustrofobiche. Non voglio essere la sua nuova gabbia, non voglio contenerlo o definirlo. Sicuramente non voglio considerarlo mio.” Si fermò il tempo di una risata. “Ho notato l’occhiataccia che mi hai mandato quando ci ha parlato di quel messaggio… e sai? Per me con Sebastiano, suo fratello, ci può fare quello che vuole, se lo fa felice. Non mi interessa. Penso sarà il tempo a determinare il nostro rapporto, ma non ho intenzione di legarlo o influenzarlo perché non sarebbe giusto… sai che sono davvero curioso di vedere cosa ne verrà fuori?”
Andrea lo aveva ascoltato osservando le sue espressioni. Riconosceva quegli sguardi e quei sorrisi, l’acutezza delle analisi e il senso di giustizia ma l’insieme, il senso di distacco, gli davano la misura di quanto fosse stata lunga la strada che Ludger aveva percorso durante la loro separazione. “Certo però, quella cosa della persona che gli è più cara, riferita al tipo, a me non ha fatto un bell’effetto. Insomma, se quello è il posto del suo amico il tuo qual è?”
Ludger, che stava tenendo i gomiti puntellati sul tavolo, gli sorrise in modo complice appoggiando il mento sulle mani intrecciate. Andrea riconosceva quei gesti, l’espressione e lo sguardo completamente presente, ed ebbe di nuovo l’impressione di fare un viaggio indietro nel tempo.
“Io per Amedeo sono un’ossessione. Me lo ha detto chiaramente in uno dei pochi momenti in cui era davvero rilassato. E ti risparmio l’unica soluzione che ha pensato per gestire una presenza così… ingombrante. Non preoccuparti. Io sto bene.”
“Guarda Ciccio, a questo punto sono felice di conoscere Amedeo perché tutta questa storia mi fa parecchio paura. Ma lo sai, io sto sempre dalla tua parte, anche quando non capisco qual è. E adesso ti prescrivo qualche sorsata di nebbiolo, mezza sigaretta e poi ci muoviamo per vedere Fight Club.”
Procedevano a rilento perché, già dal marciapiede di fronte all’entrata, Andrea venne fermato in continuazione da ragazzi che sostavano fuori dal locale, per riprendere aria e parlare lontano dal frastuono della musica che si sentiva anche da lì. Presentò Ludger a tutti, e la maggior parte di loro reagiva trattenendo lo stupore sentendo il suo nome, per poi sfoggiare subito dopo sorrisi a volte esagerati.
Andrea lo prese da parte in una pausa di quel percorso a ostacoli. “Visto che facce? Non ti pensare che fanno così perchè sei bello, che poi potrebbe pure essere giusto. Però stavolta la celebrità non sei tu. Amedeo ha preso a definirsi sposa di guerra e poi glissa. Quando chiedono a me, e lo fanno pure troppo spesso, dico che c’è di mezzo un mio amico. Non vado oltre al tuo nome e alla minaccia che fanno meglio a tenersi alla larga, soprattutto da me. Non li reggo, ‘ste dinamiche da liceo mi stuccano. Bella majetta a proposito, molto appropriata. Che fatica.”
Ludger rise di gusto, passandogli un braccio sulla spalla. “Fornita dalla celebrità. Se Ravi non ha ancora portato i miei vestiti a casa domani dovrò fare shopping. Dai, entriamo.”
Andrea lo accompagnò a bordo pista, Amedeo non era alla console e fu facile individuarlo nel gruppo centrale: si muoveva con gesti energici, perfettamente sincronizzati con il brano metal che stava ballando insieme a un gruppo che gli si stringeva intorno.
Andrea guardò Ludger che sorrideva, e gli si avvicinò all’orecchio. “Se vuoi te lo vado a ripescare, non riemerge fino a quando deve tornare al lavoro e quando sta lì se ne va letteralmente da un’altra parte. Non ci noterà mai.” Sapeva che Amedeo doveva contare i brani per ricordarsi dello scorrere del tempo.
“Lascialo fare, voglio guardarlo ballare come se non ci fossi.”
Andrea scosse la testa non visto, non capiva il suo amico e perché continuasse a sorridere. Nei mesi in cui era stato via ne avevano parlato anche al telefono: veder ballare Amedeo per lui era irritante, ma Ludger gli aveva sempre detto che faceva bene a farlo, se si divertiva. Ricordava bene quanto il suo amico in passato fosse stato geloso, e adesso gli sembrò paradossale che tra i due sembrasse lui quello più infastidito.
“Se non ti dispiace vado a prendermi qualcosa da bere, te la cavi qui in mezzo alla calca?”
“Certo, con questo pilastro alle spalle mi sento abbastanza stabile, alle brutte ho le stampelle. Vai pure, per me però non prendere niente.”
Ludger era incantato da quella visione di Amedeo. Ballando scambiava gesti, sguardi e contatti di diverso tipo con le persone che gli si muovevano vicino; era così sudato da avere i capelli bagnati e la maglietta attaccata al corpo. La lunga collana di Elisa con l’anello di Sebastiano disegnavano traiettorie d’argento riflettendo la poca luce. Sembrava ancora più bianco con le labbra rosse, che spiccavano anche da lontano. Alla fine del pezzo si passò le mani fra i capelli sollevando la testa verso la console, forse in attesa di un segnale che non doveva essere ancora arrivato. Mentre si stava girando qualcuno gli cinse le spalle, e la sua espressione si illuminò vedendo Ludger. Disse qualcosa all’amico che continuava ad abbracciarlo e si precipitò verso di lui per fermarglisi davanti, vicinissimo. Ludger sorrideva muovendo le labbra, ma il suono della sua voce era coperto dalla musica, e Amedeo gli avvicinò un orecchio alle labbra.
“La via per uscire dall’acqua la trovi nuotando?”
“Cosa?” Amedeo aveva un’espressione stupita, completamente rilassato.
“Ho appena visto Fight Club, stavo citando where is my mind. Sei bellissimo.”
Amedeo trattenne la testa che si era affiancata alla sua per farsi sentire nel frastuono. “Tu lo sei… vorrei tanto baciarti, mi sembra un’epifania vederti qui.”
A Ludger non piaceva l’idea di essere esibito, ma pensò che quella richiesta potesse avere un valore simbolico importante, così decise di assecondarlo. Gli morse delicatamente il lobo dell’orecchio. “Sei tu a conoscere le usanze locali e a poter valutare.”
Prima che riuscisse ad aggiungere qualcosa le mani di Amedeo gli afferrarono i lati della testa, ruotandola per raggiungergli le labbra. Restò con il corpo a una leggera distanza, e Ludger non mollò la presa sulle stampelle. Amedeo baciò diverse volte le sue labbra prima di allontanarsi quei pochi centimetri che gli consentivano di guardarlo, per poi tornare a baciarlo affondando nella sua bocca. Andrea li vide e non si avvicinò; distolse lo sguardo sorseggiando la sua birra. Diverse persone, a cui non prestò particolare attenzione, gli chiesero se quello fosse il famoso Ludger, e lui si limitò ad annuire cercando di assaporare quel momento di sollievo. Si isolò per scrivere un messaggio a Nora, che rispose subito.
Amedeo aveva di nuovo avvicinato le labbra all’orecchio di Ludger. “Penso che ti noterei sempre, anche in mezzo a un oceano di persone. Tu hai sempre qualcosa di diverso, qualcosa che mi fa impazzire.”
“Vieni da me stanotte?”
“Potrei fare molto tardi.”
“Non importa, mandami un messaggio quando stai per arrivare.”
Amedeo si separò da lui sorridendo, senza traccia di tensione. Afferrò una stampella e gli prese la mano per portarlo a fare un breve giro fino al bancone. Lo presentò a moltissime persone, parlandogli da vicino per farsi sentire ma senza lasciare la sua mano, che Ludger si limitò a stringere sorridendo. Raggiunto finalmente il bancone Amedeo prese per sé una birra, da cui Ludger diede alcuni sorsi.
“Che bello averti qui. Mi hai fatto un regalo bellissimo… vorrei farti fare tutto, anche portarti con me alla console. Pensi di farcela?”
Ludger era felice di vederlo così rilassato e spontaneo. “Considerando che quando cammini si separano le acque non dovremmo aver problemi. Prima però cerchiamo Andrea, non voleva fermarsi a lungo perché dopo deve passare a riprendere Nora a casa di amici.”
Lo trovarono seduto a parlare con un amico, e non aveva fretta di andarsene. Ludger era molto stanco ma anche felice di esplorare il mondo che Amedeo si era costruito in quei mesi e di vederlo al lavoro. Era affascinato dal suo modo di muoversi nel piccolo spazio che aveva alla console, mentre scandiva la musica. Si fermò con lui per la durata alcuni pezzi, prima di salutarlo e muoversi per cercare Andrea; non gli piaceva dover dipendere dagli altri e intendeva recuperare una totale autonomia il più presto possibile. Mentre si spostava con cautela cercando il suo amico, rispose ai sorrisi che gli venivano rivolti senza fare distinzione tra le persone a cui era stato presentato e quelli che non riconosceva. Un ragazzo dall’aspetto poco rassicurante gli mise una mano sulla spalla, avvicinandosi abbastanza da farsi sentire.
“Vai già via? Ci tenevo solo a dirti che sono felice di averti conosciuto. Tu e Amedeo siete una proprio una bella coppia. Alla prossima allora.”
Una volta raggiunta la macchina si fermò a fumare mezza sigaretta con Andrea prima di salutarlo.
“Vi ho visti, prima al pilastro… mi ha molto colpito.”
Andrea aveva introdotto quell’argomento senza preamboli e Ludger rise.
“Disgusto?”
“Quanto sei sciroccato Ciccio… o forse sono io che sono un bifolco… comunque no, al contrario. Dopo tutti i discorsi complicati che hai fatto prima mi è sembrata la cosa più normale. Mi ha fatto felice, ecco.”
“Grazie. Anche io sono felice, ma forse te l’ho detto in modo troppo contorto. Un tipo molto buffo ha tenuto a dirmi che siamo una bella coppia, singolare, no?”
“Mi arrendo… ‘sta cosa è una banalità che vedrebbe anche un invertebrato. Louis, sicuro che non ti hanno rapito gli alieni?”
Amedeo sussultò svegliandosi dall’ennesimo incubo, ma a differenza delle volte precedenti aprì gli occhi. Le lenzuola a contatto con il suo corpo nudo erano più lisce di quelle che aveva nel proprio letto e, nella poca luce che filtrava dall’avvolgibile, riconobbe immediatamente l’enorme camera da letto di Ludger. Sentì arrivare dal soggiorno uno dei dischi che gli aveva lasciato prima di partire, Ocean Songs dei Dirty Three. Restò fermo, lasciando scorrere il flusso di ricordi della notte precedente.
Aveva ceduto all’offerta di Claudio, andandosene prima sull’onda dell’entusiasmo che non si era affievolito dalla comparsa di Ludger a bordo pista. Lo aveva raggiunto in condizioni miserabili dopo una serata passata a bere e ballare, e malgrado questo si erano baciati già sulla porta, senza più riuscire a smettere. Ricordava l’allegria di quel momento e come fosse riuscito a comportarsi con una naturalezza che gli apparve difficile da riconquistare. Si stirò nel letto allungando le braccia, ripensando a quando avevano fatto l’amore sotto la doccia; Ludger era restato in piedi sostenendosi ai tubi, dandogli la possibilità di esplorare ogni parte del suo corpo. Rievocando la visione della sua schiena inarcata, bianca sotto l’acqua che scendeva dai capelli, sentì montare di nuovo un desiderio che trovò ottuso. Provò a pensare alle tante carezze con cui Ludger lo aveva accompagnato fino al sonno profondo, ai baci sulla testa e alla dolcezza dei suoi abbracci, ma quell’eccitazione non passava, alimentando la sua irritazione. Amedeo aveva paura di dover riconsiderare il modo in cui vedeva sé stesso e non riusciva ad accettare che fosse stata un’altra persona a generare quel cambiamento. Si alzò dal letto rifugiandosi nel bagno attiguo alla stanza: i suoi vestiti erano ancora lì, nelle posizioni casuali in cui li aveva lasciati diverse ore prima. Li raccolse velocemente, infilandoli con rabbia. Ludger si era di nuovo rifiutato con fermezza di penetrarlo, dicendogli di non avere fretta perché ci sarebbero arrivati con il tempo. Questo dettaglio alimentava l’impressione che non fosse un gioco alla pari; lasciò scorrere l’acqua del lavandino fino a sentirla fredda prima di mettere il viso sotto il getto, cercando di recuperare un minimo di calma.
In soggiorno recuperò il tabacco dal suo zaino per prepararsi una sigaretta. “Scusami, sto parecchio storto.” Aprì una porta-finestra restando in piedi, guardando gli alberi oltre la balaustra del terrazzo.
Ludger aveva passato quelle ore sdraiato sul divano, leggendo e tornando ciclicamente ad addormentarsi perché a letto i sobbalzi di Amedeo durante il sonno lo svegliavano in continuazione. Si alzò aiutandosi con una sedia, prese le stampelle e raggiunse la penisola. Aveva un mal di testa insistente e si sentiva stanco, ma non voleva che il suo stato fisico intaccasse quella situazione. Lo chiamò tenendo la voce bassa e priva di intonazioni, chiedendogli se volesse una tazza di tè. Amedeo, seguendo una dinamica ormai nota, si diede dell’idiota per il suo continuo dimenticare che Ludger si muoveva con difficoltà. Non si capacitava di come il suo pensiero continuasse a focalizzarsi esclusivamente in alcune direzioni e di quanto si sentisse egoista. Spense la sigaretta, e lo raggiunse offrendosi di preparare la tavola ma Ludger gli disse di non preoccuparsi, porgendogli la tazza sulla tavola già apparecchiata per poi sedersi vicino a lui e riprendere a parlare.
“Non sei qui per questo, voglio essere in grado di fare queste cose da solo… sai, vorrei che tu fossi qui perché vuoi stare qui con me, e basta… non deve essere una gabbia o una convenzione. Io non ti chiedo nulla. Puoi fare quello che vuoi, andare e venire come e quando ti pare, usando le chiavi… mi è sembrato paradossale che ieri… stamattina, ti abbia dovuto aprire io. Ma non è questo il punto.” Si interruppe per massaggiarsi le tempie ma, notando una sfumatura di preoccupazione nello sguardo di Amedeo, riportò immediatamente le mani sul tavolo. “Ascolta con attenzione. Non ho intenzione di pensarti come qualcosa che mi appartiene, puoi tenerti il tuo harem e iniziare a usarlo. Puoi stare con chi vuoi, come vuoi. L’unico aspetto su cui non posso proprio farti sconti è che devo avere sempre la certezza che stiamo lavorando per costruire, non per distruggere. Quello che stiamo costruendo mi interessa moltissimo, ma non ho nessun progetto nel cassetto e il tuo contributo è fondamentale. Deve essere la versione di mondo in cui noi vogliamo vivere. Se ti svegli storto puoi anche andartene subito, non c’è niente che ti obblighi a restare.”
Amedeo senza sollevare gli occhi bevve alcuni sorsi di tè, e lasciò la tazza per versarsi il caffè che mandò giù in poche sorsate. Avvertiva un senso di inadeguatezza sconfortante, bilanciato da una rabbia insistente che non gli permetteva di sconfinare nella tristezza. “Scusami, mi sento un disastro. Hai ragione, tra poco vado.” Alzò la testa e gli occhi al soffitto. “Cazzo, tu sei perfetto. Non ti meriteresti questo adesso.”
Ludger rise, e cercò di trattenersi coprendosi il viso con una mano. Amedeo lo guardò stupito, ma con le sopracciglia fortemente contratte. “Perché ridi?… non capisco.”
“Perdonami, lo so che potrei irritarti di più, ma sentirti definirmi perfetto, dopo la prima notte che passiamo qui, in questo posto che per me è una testimonianza di quanto possa essere lontano da qualsiasi forma di ideale, mi fa pensare che hai fatto davvero un lavoro incredibile.”
“Ludger io non ho fatto niente! Tu non mi hai permesso di fare niente!” Abbassò di nuovo la testa. “Scusa, non volevo alzare la voce.”
Ludger sospirò, iniziando a sentirsi stanco. “Mi piacerebbe riuscire a parlare con te. Ma è evidente che la mia presenza ti innervosisce, a meno che tu non sia ubriaco. Spero riusciremo trovare un ponte tra la tua ubriachezza e la mia sobrietà. Io posso aspettare, ma non so quanto reggeremo così. Sai, quello che ti ho detto a proposito di avere l’impressione di costruire include anche il fatto che io non sopporto di essere trattato male. Non l’ho mai sopportato e non potrei mai sopportarlo. Voglio poter parlare di qualsiasi cosa con te in completa sincerità, sei stato anche tu a dirlo, altrimenti non avrebbe senso. Ma quando non bevi sei sempre troppo nervoso… adesso vai, hai appuntamento con Sebastiano e io non ho intenzione di accompagnarti a casa. Non ti chiamerò come da rituale, fallo tu quando sarai abbastanza ubriaco o ti andrà di sentirmi.”
Amedeo si alzò immediatamente. Stava per piangere dalla rabbia perché Ludger aveva ragione, e si rendeva conto di non riuscire mai a dirgli quanto fosse felice di poter stare con lui. Raccolse lo zaino in corridoio, ma una volta arrivato alla porta si fermò. La musica creava un’atmosfera lirica, Ludger gli appariva senza ombre e si sentiva un incapace: pensò che non voleva andarsene così. Tornò indietro ad abbracciarlo, cingendogli da dietro le spalle con le braccia. Strinse restando in silenzio, e sentì la sua mano fredda per pochi secondi sull’avambraccio. Appena Ludger lasciò la presa sciolse l’abbraccio ed uscì, come scappando.
– Salgo. –
– Grazie fratello, ti apro. –
Sebastiano gli aveva mandato un messaggio anticipandogli l’orario del suo arrivo a San Lorenzo; il suo proposito di salire a casa di Amedeo, senza essere certo che sarebbero stati da soli, era un comportamento insolito come quella precisazione. Amedeo lo travolse stringendolo quando era ancora sull’uscio; i loro abbracci erano sempre stati piuttosto lunghi, e lui ebbe la sensazione che un nodo di tensione si sciogliesse grazie a quel contatto.
Gli sussurrò vicino all’orecchio. “Sono così felice di vederti fratello, grazie.”
Quando iniziò a piangere Sebastiano gli fece percorrere i pochi metri che li separavano dalla sua stanza, chiuse la porta e ruotò lentamente su se stesso, guardandosi intorno.
“Dicevi di stare bene, e invece questo viaggio era necessario.” Lo fece sedere sul letto tenendogli una mano tra le sue. “Apri il vaso di pandora e parla, in disordine, ma parla.”
Amedeo respirò profondamente. “È come se ospitassi una gabbia di bestie che non vanno d’accordo tra loro. Ci sono dei momenti in cui sto con lui in cui tutto mi sembra bellissimo, di quella bellezza che ti dà le vertigini… in cui non ti importa niente di niente e potresti anche morire in quel preciso momento e ti sembrerebbe giusto, bello. Però ho paura, ho sempre paura di tutto, di quello che mi può fare anche non facendo niente, del fatto che se andasse via un’altra volta non lo sopporterei, di quello che mi ha fatto diventare e di quello che potrei diventare. Mi sembra di non avere più nessun controllo su di me e sulla mia vita. Penso che potrei perdermi completamente in lui e non voglio, perché in tutto questo casino ho anche trovato delle cose, mie, che mi piacciono… ma mi basta pensare di toccare la sua pelle per sentirmi un drogato, e certe volte penso di perdere davvero il controllo, gli ho lasciato dei segni e ogni volta che li rivedo mi do la nausea… lui ne ride e neanche prova coprire quelli sul collo. Fa tutto con una naturalezza che mi sembra di un altro mondo, e forse lo è.”
Dopo essersi alzato per soffiarsi il naso e asciugarsi il viso, si preparò una sigaretta che Sebastiano gli tolse dalle dita appena accesa. Diede pochi tiri prima di restituirgliela.
“Hai fatto cose che non vorresti aver fatto. Ti senti costretto in qualche modo.”
Amedeo rise, scuotendo la testa energicamente. “No, non lo farebbe mai. Mi dice, le poche volte che gli permetto di parlare, che posso fare quello che voglio. Davvero, lui sembra perfetto, sono io che non funziono. Mi irrito per tutto, non sopporto di averlo vicino con il cervello intero, finisco sempre a bere come un disgraziato. E non mi riconosco nel mio essere sempre così concentrato o annegato in me stesso, avvitato. Spesso mi dimentico anche che, per lui, può essere difficile anche fare cose banali e non mi chiede mai aiuto. Mi sento un vero stronzo. Poi non riesco a digerire che se ne sia andato senza dirmi perché, che non mi abbia dato la possibilità di scegliere. Capisco le sue motivazioni, ma non riesco a perdonarglielo.”
Sebastiano lo ascoltava restando impassibile. “Com’è il sesso.”
“Bellissimo, non farei altro… ma gli lascio quei segni sulla pelle che mi danno la nausea. Anche lì sembra che mi lasci completamente libero… però stanotte gli ho chiesto di penetrarmi e si è rifiutato. Perché ha detto che ci vuole tempo e non vuole farmi male.”
“Riesci a parlare con lui.”
Amedeo si alzò, iniziando a camminare nervosamente nella stanza, con le mani sul viso e le dita a tenere la radice del naso. Sebastiano non l’aveva mai visto così agitato.
“No, non del tutto. Sono sempre troppo nervoso, non so come faccia a sopportarmi. Non so cosa fare per uscire da questa condizione.”
Sebastiano si alzò, si tolse la giacca e gli passò un braccio sulle spalle.
“Calmati, hai detto abbastanza. Fermati.”
Dopo averlo fatto sedere sul letto, Sebastiano gli si sdraiò a fianco. Amedeo si lasciò avvolgere dalle sue braccia posandogli la testa sul torace, e iniziò ad accarezzare la seta della sua blusa; concentrarsi sul contatto dei polpastrelli su quella superficie liscia gli fece recuperare un po’ di calma.
“Che devo fare secondo te?”
“Forse niente di diverso da quello che fai. Forse ci vuole tempo.”
“Ho fame, non mangio da ieri sera. Però in cucina potrebbe esserci Elisa, se vuoi usciamo.”
“Non è necessario, andiamo.”
Elisa si stava preparando una tisana mentre leggeva un libro, e si stupì molto nel vederli entrare in cucina perché lei e Sebastiano si evitavano apertamente. Si limitò a un ‘ciao’ incolore riabbassando subito gli occhi al suo libro; credeva che non ci sarebbe stata risposta, e si irrigidì quando le si sedette a fianco.
“Ciao sorellastra, vengo in pace. Posso sedermi alla tua tavola?”
Lo guardò sgranando gli occhi con un leggero sorriso, ripetendo con fare interrogativo il suo ‘sorellastra’.
Sebastiano le si rivolse con una naturalezza del tutto inedita. “Detto quasi con affetto, mi offriresti un po’ del tuo infuso mentre la bestiola si sfama?”
Amedeo si limitò a sorriderle buttando un hamburger surgelato sulla piastra.
Elisa si alzò ad aggiungere acqua al bollitore, pensando che per lei Sebastiano era davvero un mistero. “Certo che te la offro, e anche volentieri. Scusami se mi sono comportata con te da isterica qualche vita fa, mi dispiace.”
Sebastiano le sorrise, scuotendo leggermente la testa. “Non importa. Anche io potrei essermi comportato non bene. Ho poco tempo e bisogno di raccogliere informazioni.”
Elisa si ritrovò a pensare ancora una volta che qualcosa nel suo aspetto la metteva in difficoltà. Amedeo le diede un bacio sulle labbra passandole vicino, il loro solito saluto, continuando a muoversi nella cucina per prepararsi il pranzo. Quel gesto le restituì un po’ di calma.
Sebastiano dopo essersi guardato intorno riprese a parlarle senza intonazione. “I soggetti delle foto di mio fratello, sono tuoi amici.”
Lei rise per il suo modo di porre la domanda. “Ma no! Spero che in futuro diventino miei pazienti, piuttosto. Per ora mi danno parecchi spunti su cui lavorare. Quelli non mancano mai.” Tornò al tavolo con le tazze e il bollitore. “Sono gli amichetti di Amedeo, il suo… seguito? Gli fa delle foto per lavoro… che poi sono gli stessi tipi coloriti che frequenta quando fa le sue serate, quelle in cui mette musica. Non ti ha parlato dei suoi ultimi lavori?”
Corrugò leggermente le sopracciglia guardandola. “I suoi lavori hanno sempre avuto la mia totale disapprovazione. Ma non sono nella posizione di poter criticare i lavori degli altri. A proposito di persone poco realistiche, tu conosci Ludger? Mi confermi che esiste?”
Elisa scosse la testa versando le tisane, le sembrava di vivere un momento in cui l’universo noto pareva essersi capovolto. Amedeo non aveva ancora detto una parola.
“Ludger esiste ed è una persona meravigliosa.”
“Ci hai scopato.”
Amedeo di spalle aggiunse atono. “Con la tua maglietta.”
Rise, una risata che contagiò Sebastiano, mentre lei arrossì vistosamente commentando con un ‘santo cielo’. Sebastiano al suo fianco si stava stringendo il torace con un braccio, tenendosi indice e medio sulla fronte con l’altra mano. Rideva. A Elisa, che non era mai capitato di averlo visto divertito, quella situazione sembrò inverosimile come tutto in quel momento; anche la sua cucina riempita dal suono delle loro risate le appariva assurda. Sorrise dandosi un tono distaccato, felice.
“Scusa fratellastro, non volevo mancarti di rispetto… ed era una vita fa. Madonna, sembra passato un secolo. Era impossibile immaginare che poi sarebbe andata così…”
Amedeo gli si sedette accanto, iniziando a mangiare con voracità.
Sebastiano smise di ridere e le mise una mano sulla spalla, mentre lei restava immobile. “Me lo auguro, che sia una persona meravigliosa. Considerando come l’ha ridotto. Solo che ogni volta che me ne parla mi sembra che parli di una persona diversa. Inizio ad essere preoccupato. Non posso trasferirmi qui.”
Amedeo parlò alzando gli occhi dal piatto. “Però posso fartelo incontrare.” Aveva risposto di slancio, perdendolo nel portare a termine la frase. “Almeno credo, o comunque potrei provarci.”
Sebastiano iniziò a sorseggiare la tisana con fare indifferente. Restarono in silenzio, come in una sospensione durante la quale si fermarono per valutare le difficoltà di quel possibile incontro. Amedeo continuò a mangiare, ma iniziava a essere stanco di percepire ogni suo passo come un giro di un gioco paradossale, in cui era costretto a fare puntate molto più alte di quelle che sentiva di poter sostenere. Non era pentito della sua proposta, si sentiva perfettamente a suo agio e non avrebbe avuto difficoltà nel ritirarla, ma non voleva farlo. Si trovò ad affrontare la sua solita battaglia tra immobilità e azione: combattuto dalla tentazione di restare fermo, al sicuro, o di far fluire gli eventi privo di una minima dose di distacco che lo proteggesse.
“Fratello, sei sicuro? Posso farmi bastare la versione che me ne dai tu fino a che non esci da questo stato confusionale. Non vorrei appesantirti ulteriormente. Sarei venuto qui solo per… starti vicino. Almeno provarci. Questo tizio mi irrita. Posso impegnarmi ed essere il più possibile civile, ma non so quanto funzionerebbe. Del resto mi irriterebbe chiunque nella sua posizione. Non voglio stressarti inutilmente.”
Amedeo aveva finito di mangiare, e sorrise guardandolo. Era il suo antico sorriso da bambino che Sebastiano non aveva ancora visto su quel viso teso: uno specchio che rifletteva e amplificava un affetto forte e limpido, allontanando le ombre in angoli momentaneamente invisibili. Qualcosa in Sebastiano sembrò ritrovare il suo posto, e riprese a sorseggiare la tisana senza mostrare il suo enorme sollievo.
Amedeo continuò a sorridergli. “Fratello caro, se ti butti dalla scogliera poi devi nuotare per forza, e pure forte. Tu mi hai dato una bella spinta, adesso mi pare giusto non risparmiarci niente. Ci sei venuto apposta, no?”
Ludger passò il pomeriggio con Nora. L’aveva invitata ad accompagnarlo a comprare dei vestiti nuovi, nel tentativo di recuperare anche con lei un rapporto che non fosse superficiale. Dopo aver superato l’imbarazzo iniziale, la sua amica si era dilungata in racconti appassionati di quanto aveva condiviso con Amedeo in quei mesi. Gli raccontò di come si era evoluta la sua relazione con Andrea. Lui ascoltò con interesse e divertimento i resoconti entusiasti di Nora, e accettò il suo rifiuto di parlare dei pochi giorni che avevano passato insieme fino alla notte dell’incidente, specificando che da parte sua quell’episodio poteva considerarsi completamente superato. Ludger era determinato a dimostrare anche con lei il percorso che aveva fatto con i suoi comportamenti, senza dilungarsi in spiegazioni che sarebbero potute risultare inefficaci. Allungarono la passeggiata fino ad arrivare al negozio degli amici di Nora, per i quali Amedeo stava realizzando dei lavori. Il genere di vestiti che vendevano non corrispondeva a quelli usati abitualmente da Ludger, ma volle comunque provarne alcuni mentre aspettava la sua amica. Stava infilando con difficoltà un paio di pantaloni neri aderenti, quando ricevette la chiamata di Amedeo.
– Ludger… ti disturbo? –
– Molto meno dei jeans con cui sono in guerra. Mi concedo volentieri una tregua, dimmi. –
– A un certo punto lo hai detto, ma vorrei sapere se è vero che vorresti conoscere Sebastiano. Perché stai in guerra con dei pantaloni? Non capisco. –
– Perchè, un ragazzo dotato di un notevole senso estetico, sostiene che quelli che porto normalmente sono mortificanti. Sai, sono anni che non compro niente, e tutti miei vestiti neri da battaglia sono scoloriti. Sono in giro con Nora e lei si sta provando mezzo negozio. Invece, Sebastiano, certo che vorrei conoscerlo. Tutto quello che ti dico è vero, almeno su questo puoi provare a rilassarti? –
Ludger aspettava, sorseggiando un bicchiere d’acqua tonica; si era fatto convincere da Nora a tenere i vestiti che aveva comprato dai suoi amici. Seduto su uno sgabello, a ridosso di un tavolo in una piazza affollata di San Lorenzo, aveva l’impressione che in quel momento tutto fosse nuovo. Dava di proposito le spalle alla via che conduceva a casa di Amedeo, gustandosi quell’attesa e assaporando anche le incertezze di quell’incontro. Stava aggrappato al tavolo fissato al suolo con una mano, mantenendo un piede a terra con la gamba semidistesa per sentirsi in equilibrio sullo sgabello alto. In quell’esatto momento non avrebbe voluto essere altrove, o vivere un’altro tempo. La piazza era piena di ragazzi che parlavano e scherzavano mentre la luce stava iniziando a prendere le tonalità del tramonto, rendendo il cielo azzurro profondo mentre il vento leggero gli sfiorava la pelle del viso. Era rilassato e sereno.
Amedeo camminava velocemente, e Sebastiano doveva combattere contro la propria pigrizia per non chiedergli di rallentare, lasciandosi trascinare per una mano.
“Certi lavori posso farli solo per le persone che amo.”
Amedeo non allentò la tensione del viso, e mantenne la sua andatura marziale girandosi verso di lui. “Di che parli fratello? Non capisco.”
“La fatica di parlare e conoscere persone per me è un lavoro. Per me non la farei mai. Per te, invece, posso fare anche questo. Per le persone che amo posso muovermi in direzioni, a velocità, che non sono mie. Lo sto capendo in questo momento. Di Ludger mi importa molto poco. Di te anche troppo.”
Amedeo di bloccò all’improvviso.
Sebastiano percorse un altro metro abbondante prima di essere trattenuto dalla sua mano, e si girò nella sua direzione con un’espressione vagamente interrogativa. “Perché ti sei fermato. Vuoi dargli buca. Cos’è quella faccia stupita.”
“Mi ami?”
Sebastiano sorrise. “Lo sai. Serviva dirlo a parole. Forse. Non è una parola che mi piace, ma riassume in modo banalmente efficace una condizione complessa. Credo di farlo nella misura in cui mi è possibile, per te e Aline. Per questo, per te e Aline, posso arrivare a pensare di fare anche l’impensabile. Luca, vuoi andare o torniamo indietro.”
Amedeo non credeva di avere gli strumenti per capire a pieno il senso di quello che aveva detto. Era comunque felice di sentire la sua mano nella propria, di averlo al suo fianco in quel momento. “Andiamo.”
Raggiunsero in poco tempo la piazza e riuscì a riconoscere la sagoma di Ludger anche da molto lontano; mentre metteva a fuoco la sua figura, che per la distanza e i vestiti scuri aderenti appariva straordinariamente sottile, rallentò la sua andatura.
Sebastiano colse quella variazione, e individuò Ludger seguendo il suo sguardo. “Ovviamente biondo come una disgrazia, però le gambe non mi aspettavo fossero così lunghe. È molto alto.”
Amedeo sorrise come se gli costasse fatica. “Forse troppo. Come in molte altre cose… andrà a finire che lo ammazzerò davvero. Mi si sta già chiudendo la gola.”
“È un’opzione come un’altra, ma non ora. Puoi anche non parlare.”
Sebastiano lasciò la sua mano prima di percorrere velocemente i pochi metri che li separavano, per poi superarlo e fermarglisi di fronte, mentre Amedeo lo raggiungeva.
Ludger lo aveva riconosciuto immediatamente: ricordava le foto attaccate in camera di Amedeo e il senso di familiarità che gli aveva dato il suo aspetto, perché ricordava vagamente Nobuko. Restò davanti a lui in silenzio, inespressivo, e Ludger pensò che non fosse il caso di esordire con un saluto.
“Perdonami se non mi alzo, ma ancora non mi riesce con facilità. Sono felice di conoscerti.”
“Anche io, Luca non fa che parlare di te, una specie di ossessione. Vederti mi permette di constatare che sei reale.”
“Luca.” Ripeté come un sussurro Ludger guardando Amedeo, per poi rimanere in silenzio mentre gli altri si sedevano intorno al piccolo tavolo.
Sebastiano era colpito dalla sua bellezza; nel suo lavoro ne era costantemente circondato ma in questo ragazzo vedeva qualcosa di più oltre alle tracce di astrazione, la ieraticità tanto amata da Amedeo.
I tempi erano dilatati: restarono in silenzio e Ludger continuava a sorridere mentre Sebastiano lo osservava con attenzione. Stava pensando che quel corpo era in una scala leggermente diversa, e sembrava appartenere a una creatura acquatica, come se per lui l’aria avesse consistenza e attrito leggermente diversi. Ludger aveva ordinato da bere anche per loro, e malgrado i movimenti limitati appariva perfettamente a suo agio, come avesse qualcosa di fluido nel modo di occupare lo spazio e nei movimenti. Si chiese se fosse questa la caratteristica che Amedeo aveva cercato di descrivergli affermando che Ludger si muoveva in una dimensione con regole temporali differenti, vivendo a un’altra velocità. Ludger era rivolto verso Amedeo e continuava ancora a sorridere, mentre lui sembrava contrariato. Sebastiano con l’immaginazione esasperò quel contrasto riconoscendo una dinamica che suo fratello gli aveva descritto poche ore prima: pensò che Ludger a volte doveva trattenersi per non far montare l’irritazione del suo compagno. Sorseggiò un po’ del suo vino spostando lo sguardo su Amedeo, che fumava e beveva senza pause; sorrise perché in altre circostanze, in un’altra vita, probabilmente si sarebbe innamorato anche lui di Ludger.
“Sei felice, Ludger?”
“Molto, grazie.”
“Si vede. Luca mi ha raccontato che sei rimasto immobilizzato per diverso tempo. Mi ha impressionato molto che tu sia riuscito a recuperare, così velocemente.”
Il viso di Ludger perse espressione, e mandò momentaneamente indietro i capelli fino a scoprire la cicatrice sulla tempia. Prese tempo, bevendo un sorso di vino. “Non mi piace parlarne, avrei voluto metterci meno ma è stato difficile. So essere molto determinato, ma a volte non basta.”
“Ti ammiro molto per questo. Luca ascolta, ora mi fumerò una sigaretta, poi mi andrò a fare una delle mie passeggiate solitarie. Non ho intenzione di cenare. Se pensi di passare la notte con me chiamami, e vengo a prenderti a qualsiasi ora.”
Amedeo, che era rimasto immobile fino a quel momento, finalmente si animò porgendogli il tabacco. “Ti prendi una vacanza, sono contento.” Continuò a parlare, rivolgendosi a Ludger. “Lui non fuma e non beve se non in rarissime occasioni, che chiamiamo vacanze.”
Amedeo si era rivolto a lui per la prima volta, parlandogli come se stesse leggendo dei sottotitoli, ma Ludger non voleva dargli importanza continuando a comportarsi con disinvoltura.
“Amedeo perché non vai con lui? Ho la macchina qui vicino, posso muovermi senza problemi.”
La voce di Sebastiano arrivò in una nuvola di fumo. “Davvero non ti darebbe fastidio se Luca venisse con me e passassimo la notte insieme?”
Ludger tornò a sorridere. “Non mi sono mai trattenuto dal manifestare chiaramente cosa mi dà fastidio, non inizierò per te.”
Sebastiano spense la sigaretta appena iniziata. Si alzò ruotando su sé stesso con grazia. “Mi piace.” Sorrise a Ludger, prima di andarsene senza aggiungere altro.
Amedeo rise per nervosismo. “Non saluta mai a parole.”
“Non mi importa.” Ludger gli coprì una mano con la propria. “Stai bene? Perché non passi con Sebastiano tutta la serata? Considerando che partirà domani non avete molto tempo.”
Amedeo si irrigidì abbassando gli occhi, e Ludger ritrasse la mano provando a cambiare registro. “Certo, per essere una vacanza tuo fratello ha bevuto e fumato poco.”
Sebastiano aveva bevuto pochi sorsi dal bicchiere e la sigaretta ancora fumava nel posacenere, appena iniziata.
“Non beve e non fuma da diversi anni, ha smesso di fare tutta una serie di cose quando ha deciso di passare dall’altra parte del vetro. E non si concede quasi mai eccezioni. Adesso se ne starà da solo a digerire questo incontro. Per lui i cambiamenti sono molto faticosi e la nostra storia gli sta facendo fare un lavoro mostruoso. Spesso mi chiedo come sia possibile che mi abbia adottato come fratello, in mondo così totalizzante. Lui dice che lo ha fatto per alcune mie qualità che sono molto rare, ma al primo posto credo ci fosse l’amebite, e adesso che non c’è più mi stupisco per l’affetto che mi dimostra. So un sacco di cose del suo passato ma non ho mai provato a capirlo del tutto”. Sorrise. “Proprio come con te, la vostra complessità è come se fosse un elemento trascendente, che per un misero spettatore come me non può che alimentare la vostra bellezza, dandogli spessore… cercare di chiuderla dentro confini comprensibili è come volerla uccidere nel tentativo di possederla, e la vera bellezza non può vivere dentro un misero recinto mentale. Se non sei geloso di lui significa che non sei geloso di niente.”
Alzò gli occhi per la risata limpida di Ludger.
“Certo, detto così non è per niente rassicurante. No Amedeo, non sono per niente geloso di te. Non capisco bene neanche io cosa sia cambiato, di Nobuko lo ero. Anche se lei non me ne ha mai dato motivo, immaginarla a passare la notte con un altro mi avrebbe fatto star male. Quando penso a te mi addolora soltanto immaginarti infelice, non mi viene proprio da pensare al tuo corpo come qualcosa che mi appartenga… a parte che, viste le circostanze, sarebbe anche fuori luogo. Forse quelle cose bellissime che hai detto poco fa potrebbero essere utilizzate anche in questo contesto: non ti vorrei rinchiudere dentro nessun recinto. E sarebbe così anche se il nostro rapporto avesse una forma più stabile. Per ora voglio gustarmi l’incredibile gioia che mi dà la tua presenza, il resto verrà da sé, se non deciderai di iniziare a camminare verso nord fino a che non ti sarai stancato. Tuo fratello è di una bellezza esagerata ma ha qualcosa di sinistro, sembra di cera, lontano dalla vita come lo ero io prima di incontrarti. Ho ripensato a Elisa che lo chiama il tetro.”
“Sono stati straordinariamente carini prima, insieme. Non me lo aspettavo. Davvero non ti dispiacerebbe se restassi con lui stanotte?”
“No, mi dispiace solo che dovrò passare la prima notte a casa mia da solo, ma sarebbe dovuto accadere prima o poi ed è un problema mio, solo mio, di quelli che devo affrontare con le mie sole forze. Non mi piace che non mi guardi quasi mai quando siamo insieme. Per quanto riguarda la casa… se penso che ti ho lasciato le chiavi per mandarti a compiere l’esorcismo da solo senza neanche sapere cosa avresti trovato lì dentro, mi sembra che tu abbia già fatto abbastanza.”
Amedeo si alzò, prese il portafogli e ne estrasse la polaroid che teneva lì da mesi; guardandola fu colpito da un’ovvietà che ancora non aveva messo a fuoco, perché fino a quel momento la sua attenzione si era sempre focalizzata sul viso di Ludger. La fece scivolare sul tavolo, seguendo con gli occhi la sua traiettoria; erano ormai molti minuti che studiava la trama che decorava quel ripiano lucido, consapevole di non aver quasi mai alzato lo sguardo.
“Deve averti fatto un brutto effetto vedermi insieme a Sebastiano, sai che non ci avevo pensato?”
Ludger raccolse la foto e la guardò a lungo. Immaginare che fosse rimasta per mesi in quel portafogli gli sembrò un crudeltà inutile; doveva avere suscitato in Amedeo emozioni opposte allo spirito con cui era stata scattata. Per un istante pensò di strapparla, ma capì che il suo gesto sarebbe stato interpretato in modo troppo drammatico, e decise di restituirla ad Amedeo.
“Non la rivoglio indietro, grazie. Puoi farne ciò che vuoi, quel passato adesso è davvero passato, da qualche parte ho diverse foto più belle. Se vuoi dalla pure a Nora, dagliela tu, io potrei strapparla perché detesto che ti abbia fatto male. E poi sì, tuo fratello ha un aspetto simile a quello di Nobuko, ma non mi infastidisce… è un’impressione superficiale, lei aveva un viso molto espressivo e tuo fratello sembra una maschera. Sono passati tanti mesi dall’ultima volta che ho avuto un’allucinazione, e non mi mancano per niente. Tu invece mi sei mancato parecchio.”
Ludger prese il tabacco di Amedeo per prepararsi una sigaretta; pensava di riprendere a fumare evitando gli eccessi degli anni precedenti. Si gustò la sigaretta osservando Amedeo che ancora teneva lo sguardo sulla foto.
“Ti prego, mettila via.”
Amedeo annui, riponendola senza sollevare la testa. Bevve il calice di Sebastiano in un solo sorso, e si liberò completamente il viso dai capelli per accendere. Ludger non riusciva a guardare nessun altro quando lo aveva vicino; osservò il viso asciugato sui tratti dolci con la pelle tesa al punto di sembrare lucida, bianchissima per quel suo uscire solo di notte, in netto contrasto con le labbra morbide e rosse. Pensò che in quei giorni aveva distinto nelle sue espressioni rabbia, desiderio e paura, ma mai qualcosa che somigliasse alla serenità. Amedeo appariva rilassato quando era ubriaco, poco prima di addormentarsi o dopo il sesso, altrimenti le sopracciglia scure restavano leggermente corrugate su quei grandi occhi blu, che bruciavano nella loro tonalità fredda e profonda.
“Amedeo, perchè continui a evitare il mio sguardo?”
Ludger aveva formulato quella domanda con dolcezza, e Amedeo terminò l’ennesimo calice in pochi sorsi prima di alzare finalmente gli occhi al suo viso, con sofferenza.
“Lù, non ti guardo perché altrimenti tutti i miei pensieri se ne vanno in brodo… e voglio solo saltarti al collo. Poi vedo quei segni e mi sento un animale, poi tu sorridi e finisci di confondermi del tutto.”
Ludger puntò i gomiti sul tavolo avvicinandosi con un’espressione divertita e straordinariamente dolce. Per Amedeo la penombra della sera restò in angoli invisibili, mentre le lampade del locale facevano brillare i suoi capelli chiari perennemente spettinati. La sua voce gli arrivò come un sussurro.
“Tu non hai idea di quanto io sia felice. Se riuscissi ad immaginarlo forse sorrideresti anche tu.”
“Anche se sono così lunatico?”
“Credo sia un tuo diritto, ora che ci sono non devi risparmiarmi nulla. Io sono felice perché sento tutto in modo straordinario. Ora che mi hai tirato fuori dal sarcofago mi gusto questa vita bonus che mi hai regalato come una specie di continua scoperta. Immagino che per te possa essere irritante questa gioia da povero scemo, ma non ho intenzione di soffocarla.”
“E non temi che vinca la paura e io me ne vada?”
“Non ci voglio pensare. Quando mi hai mollato al parco mi sono messo in attesa. Sono allenato nel far passare gli spazi vuoti in uno stato di sospensione temporale. Anche negli ultimi mesi non era per niente ovvio se ci sarebbe stato un lieto fine, e non potevo farmi schiacciare dalla preoccupazione di ogni cosa che sfuggiva al mio controllo. Tu dovevi e devi restare libero, fino a che giochi in modo corretto a me va bene tutto… poi sai, tutto questo dramma nel volermi saltare addosso appena mi vedi non lo sento proprio, mi sembra solo una gran fortuna.”
“Spero condivisa.” Amedeo prese finalmente un’espressione più morbida, quasi un sorriso.
“Completamente! Solo che io non sono più adolescente da tanto tempo, forse è per questo che riesco a gestirla meglio. Ascolta, se vuoi possiamo andare a mangiare qualcosa in un posto che frequentavo tempo fa, lì non mi potresti sbattere al muro ma, sicuramente, potremmo comportarci con più naturalezza. Soltanto se non ti dà fastidio stare in un posto gay, e incontrare persone che frequentavo prima dell’incidente. Comunque da qualche parte dovremmo pur mangiare.”
Ludger non faceva che ribadire di voler riconquistare al più presto la sua autonomia e Amedeo prese posto dal lato del passeggero, aspettando che sistemasse da solo le stampelle sui sedili posteriori. Continuava ad avere un umore instabile, ma vederlo in quella macchina che era abituato a usare da solo gli causava una gioia che voleva mantenere sullo sfondo. Ludger, dopo aver girato la chiave, fece partire lo stereo e strinse il volante con le sue mani bianche rivolgendogli un sorriso divertito prima di partire, con uno scatto che stupì Amedeo. La musica proveniva da una cassetta lasciata in macchina durante l’estate: Kerosene dei Big Black era una colonna sonora perfetta per la guida nervosa di Ludger che, malgrado fosse completamente sereno, procedeva tra le altre macchine a scatti. All’ennesimo urto evitato per pochi centimetri Amedeo rise, scuotendo la testa.
Ludger abbassò momentaneamente il volume. “Lo so che guido male… mi diverte. Se ti spaventa vado più piano.”
Amedeo poggiò un gomito sul finestrino aperto, girandosi verso di lui con i capelli scompigliati dal vento, ridendo. “Per me va bene, anzi, mi piace. In qualche modo sono sollevato di trovare finalmente qualcosa di umano in te.”
Ludger reagì con una sterzata violenta come se fosse un gioco; vedere Amedeo ridere come un bambino su una giostra lo spinse a guidare ancora peggio. L’allegria si spense quando si fermarono e Amedeo perse di nuovo espressione.
Ludger sospirò piano. “Vuoi fare un altro giro?”
Scosse la testa, mantenendola bassa. “No. Stavo pensando che mi fa strano andare in un posto per soli uomini. Forse solo perché non mi è mai successo.”
Ludger era stupito. Spostò le ciocche che gli ricadevano sul viso trattenendola dietro un orecchio, e gli si avvicinò appena. “Non credevo potessi pensare una cosa del genere… mi ero fatto l’idea che tu fossi una persona senza pregiudizi e sai, non capisco del tutto… dovresti esserti accorto che anche io sono un uomo e poi in questo posto non c’è nessuna limitazione, è frequentato anche da ragazze. Non ci sono solo uomini. Possiamo andare dove vuoi, ma ti va di dirmi perché lo hai pensato?”
Nelle sue parole non c’era traccia di rimprovero.
Amedeo lo guardò con un’espressione concentrata. “Non è un pregiudizio… la mia amica Giulia frequenta dei posti per sole donne… davvero per sole donne… e se le sue amiche sono di vedute rigide come lei, credo che un uomo, un ragazzo, non potrebbe proprio entrare. Ludger… ci sono tante cose che mi mandano in confusione, ma sul fatto che tu mi piaci non ho dubbi. Non mi fermo mai a pensare che sei un maschio, per me potresti anche essere un alieno e non cambierebbe niente. Da quel punto di vista l’unico problema, forse, è che mi piaci troppo e mi mandi in tilt… per il resto non mi capisco io per primo, ma andiamo lì… se incontriamo qualcuno che conosci come mi presenterai?”
Ludger alzò appena le spalle, tornando a sorridere. “La tua amica Giulia deve essere un bel personaggio. Comunque… come ti presenterò? Pensavo come Amedeo. O preferisci Luca?”
Amedeo rise, scuotendo di nuovo la testa. “Dai, andiamo.”
Un giovane cameriere riconobbe Ludger, e si emozionò nel vederlo; chiese cosa gli fosse successo e lui replicò in modo vago alzando una stampella, cercando di concludere velocemente. Il ragazzo li accompagnò a un tavolo piuttosto appartato, domandandogli se poteva avvertite un conoscente comune della sua presenza, e Ludger rispose che gli avrebbe fatto piacere salutarlo. Amedeo iniziava a sentirsi nervoso, e cercò di capire l’origine del proprio disagio, e se davvero dipendesse da un preconcetto il notare in modo fin troppo evidente le occhiate che gli venivano rivolte. Appena presero posto al tavolo si sentì più riparato, pensando che si sarebbe sentito meglio se Ludger avesse indossato i soliti pantaloni da lavoro calati.
“Tutto bene, Amedeo?”
Lo guardò negli occhi e sorrise mantenendo il perenne broncio.
“Sì, anche se non credo che me la sentirei di andare in bagno.”
Ludger era divertito. Appoggiò un gomito sul tavolo e il viso sulla mano. “Penso che non avresti problemi a rimorchiare, qui come in qualsiasi altro luogo. Pensavo che ormai fossi abituato.”
Ordinarono da bere e poco dopo arrivò l’amico di Ludger menzionato dal cameriere: Tommy. Si presentò subito ad Amedeo, mentre Ludger lo invitò a sedersi con loro.
“Accetto, però mi fermo poco perché non voglio disturbarvi.”
Amedeo era molto colpito perché aveva parlato con una voce vicina alla commozione. Mantenne la sua espressione truce, pensando che quel ragazzo doveva essere stato vicino a Ludger nel periodo seguito alla morte di Nobuko. Si sarebbe aspettato un personaggio diverso, sicuramente con un approccio più freddo. Ludger si rivolgeva a Tommy con affetto, ripetendo ancora una volta il racconto del suo incidente e dei due anni che erano seguiti, ma in modo meno superficiale.
Tommy si scusò per le lacrime che non riusciva a trattenere. “Pensavo che fossi morto. Sei scomparso senza lasciare tracce. Ho provato a chiamarti e a passare a casa tua un’infinità di volte. Considerando come vivevi era un epilogo scontato, però non riuscivo a rassegnarmi. Non riesco a descriverti quanto sono felice di rivederti, così bene poi. Mi sembra un miracolo.”
Ludger lo ringraziò, invitandolo a bere dal suo bicchiere. “Dammi di nuovo il tuo numero, possiamo sentirci anche domani. Cerchiamo di vederci presto, mi piacerebbe fare una bella chiacchierata con te, in una situazione più tranquilla.”
Tommy gli fece memorizzare il numero sul telefonino, scusandosi con Amedeo per quelle scene prima di congedarsi. “Non voglio disturbarvi più a lungo. Più tardi facciamo il solito giro per locali con gli altri, mi farebbe davvero piacere se vi andasse di venire con noi.”
“Amedeo ha già altri programmi e io mi stanco in fretta ma grazie, in caso ti chiamo o ti mando un messaggio.”
Tommy non si stupì di quella risposta. “Sarebbe bello. In ogni caso spero di sentirti presto. Ciao, Amedeo mi ha fatto piacere conoscerti.”
Restati soli si concessero alcuni minuti di silenzio; Ludger era sereno mentre Amedeo continuava a contrarre le sopracciglia, pensando di non aver detto molto oltre agli inevitabili saluti.
“Tommy sembra un tipo carino.” Parlò con voce incolore, mantenendo lo sguardo sulla tavola.
“Lo è, mi ha riportato a casa parecchie volte, certe volte mi ha raccolto da qualche pavimento. Non siamo mai stati insieme, con alcuni del suo gruppo ho fatto sesso, ma neanche ricordo i dettagli. Se ripenso a quel periodo mi sembra che tutto quello che ho fatto appartenga a qualcun altro, e non mi stupisce, perché volevo diventare un’altra persona e probabilmente mi era riuscito. Adesso, se penso a te, mi dispiace… ma non voglio arrivare a starci male, perché il passato non si può cambiare e sono troppo felice di avere un presente per perdermi in pensieri inutili. Spero soltanto che per te non sia l’ennesima fonte di fastidio.”
Gli si era rivolto con il suo solito tono rilassato, e Amedeo continuava a invidiare la sua serenità.
“Non potrei mai essere geloso del tuo passato, parecchie volte mi sono sentito fortunato perché sei sopravvissuto. Detto così sembra un pensiero egoistico, e forse lo è. Ci sono delle cose che mi tiri fuori che non sono del tutto belle, spesso mi sento diverso da come pensavo di essere. Forse dovrei iniziare a pensarmi come un egocentrico egoista.”
Ludger rise. “Non credo sia così. Stai cambiando, è vero, e probabilmente scopriremo insieme come diventerai alla fine del processo. Io sono convinto che tu non sia egocentrico ed egoista, credo che la nostra storia finora ti abbia fatto soffrire troppo e che stai cercando di difenderti. Posso solo sperare che la parte peggiore sia passata e che tu possa finalmente iniziare a viverti anche gli aspetti positivi della mia presenza fino a stabilizzarti. Se tu fossi stato uno stronzo qualsiasi, adesso io non sarei qui. Cos’è quel sorriso cattivo?”
Amedeo si portò il calice alle labbra come per nascondersi. “Se ogni tanto sparassi qualche cazzata risulteresti sicuramente più credibile.” Diede altri sorsi prima di riprendere con un tono più conciliante. “Scusa. Se fossi in te andrei con Tommy e gli amici di cui non ricordi i dettagli, peccato che non puoi ballare.”
Ludger continuava a sorridere. “In questi contesti non lo farei neanche se potessi. Ballavo raramente. Non te lo chiedo per fare polemica, ma solo per curiosità. Sei geloso?”
Rise anche lui nervosamente, per poi perdere repentinamente espressione mantenendo gli occhi bassi. “Per coerenza non posso permettermelo, a diversi livelli. Come dicevi tu.”
Ludger mise una mano sulla sua, e riprese con un tono divertito. “Sono molto contento che stasera riusciamo a parlare un po’. Non stiamo scrivendo la legge su un pezzo di marmo… non mi importa niente della coerenza, parla liberamente.”
Amedeo sospirò profondamente. “Sembra che sia sempre io a dover tirare fuori il peggio. Ovviamente non solo non sono leggi scritte nel marmo e puoi fare quello che vuoi, penso che chiunque dovrebbe, ma… insomma… se penso a qualcuno che ti tocca mi sento morire.”
Ludger era deliziato dal rossore sulle sue guance. “Qualcuno che mi tocca come ti toccano i tuoi amici?”
“No, qualcuno che ti tocca come ti tocco io.”
Rise di nuovo, e poi gli chiese di guardarlo negli occhi. “Tu pensi davvero che qualcuno potrebbe toccarmi a diversi livelli, per usare la tua formula, come mi tocchi tu?”
Si guardarono per alcuni secondi, restando in silenzio. Il viso di Amedeo perse espressione e colore, e quando alzò lo sguardo verso Ludger era completamente calmo.
“No, penso di no.”
Ludger gli si avvicinò per baciargli le labbra; si era ripromesso di non farlo, di aspettare che fosse lui a dargli per primo un bacio scollegato dalle dinamiche del desiderio, ma non volle trattenersi. Amedeo tornò ad abbassare gli occhi sul tavolo, mantenendo un’espressione neutra. Quel momento per Ludger era particolarmente importante, perché credeva che quella tregua non dipendesse dall’effetto del vino, ma piuttosto dall’apertura di una breccia nelle sue nevrosi, permettendogli di stabilire finalmente una connessione.
Tommy tornò al loro tavolo per salutarli, e Ludger gli disse che accettava volentieri il suo invito, perché non gli piaceva l’idea di tornare a casa troppo presto e sobrio. Si organizzarono per incontrarsi fuori da un locale che avevano frequentato in passato, e Tommy salutò Amedeo con un gran sorriso, dicendogli che sperava di aver modo di rivederlo con più calma.
“Come devo interpretare la cosa che mi ha detto?”
“Secondo me ha capito che per me sei importante, credo tu debba interpretarla così. Poi, comunque, avrà tutta la sera per capirlo. Sono contento di averlo incontrato, sai non ho più i telefoni delle persone che frequentavo allora, e lui era una una delle poche figure positive di quel periodo delirante.”
“Allora spero anche io di rivederlo. Oggi pomeriggio, quando ti ho chiamato, avevo paura di trovarti arrabbiato per stamattina. Mi dispiace di essere sempre così nervoso, davvero, non mi capisco. Mi sembra di non riuscire mai a tirare fuori le cose belle che provo per te, è come se restassero soffocate dai miei avvitamenti mentali. Spero che avrai pazienza, anche se non ne voglio abusare. Cosa hai fatto oggi pomeriggio?”
Ludger pensò che la propensione a parlare di Amedeo fosse un effetto della vicinanza di Sebastiano, e iniziò ad essere dispiaciuto che Amedeo non potesse vederlo più spesso.
“Ero in giro con Nora a fare shopping. Ha un profondo senso di colpa per come sono andate le cose tra noi, spero che le passi ora che può vedermi e constatare che è del tutto inutile. Non ha voluto parlarne e io non ho insistito, perché sono convinto che certe cose devo dimostrarle con la mia presenza e i miei comportamenti, senza tante parole. Sono contento che tu ti sia trovato così bene con loro.”
Continuarono a parlare fino al momento di separarsi; Ludger sperava fosse l’inizio di un cambiamento che aveva immaginato di aspettare più a lungo.
Ludger accompagnò Amedeo a San Lorenzo, per prendere il motorino con il quale avrebbe raggiunto Sebastiano in centro. A entrambi sembrava incredibile che quelle ore fossero trascorse con tanta leggerezza.
“Amedeo? Da alcuni minuti ti sei disattivato… va tutto bene?”
Erano seduti nella macchina accostata da poco di fronte al suo cancello e Amedeo, sentendo la voce di Ludger, scosse la testa e sorrise.
“Stavo pensando a uno dei miei deliri metaforici. Quella roba che mi azzardo a condividere solo con pochi sfortunati.”
Ludger gli prese la mano. “Posso iscrivermi al club?”
Amedeo lo guardò con un’espressione vagamente stupita. “Sebastiano sostiene che a volte sono posseduto. Però sì, certo. Anche perché ormai tu sei il fulcro dal quale partono tutti i sentieri… Pensavo che i cambiamenti sono alimentati dal dubbio, e il dubbio genera anche insicurezza, instabilità. All’esatto opposto ci sono stabilità, sicurezza ed equilibrio. Quando sono autentici generano una bellezza statica, ieratica, fuori dal turbinio delle disgrazie umane… ma è una teoria semplicistica, alimentata dal mio egocentrismo, perché c’è il sorriso arcaico, e poi il periodo severo e poi l’Apollo Sauroctonos che sorride… sorride e si muove meravigliosamente per ferire quella povera lucertola.” Si fermò per abbassare gli occhi. Quel percorso di pensieri era scaturito dall’espressione che tornava sempre sul viso di Ludger: in qualche modo, gli ricordava il sorriso arcaico, ma non poteva essere abbastanza. Le sue allegorie si sommavano e stratificavano perché la sua vicinanza ne bruciava i confini. Respirò profondamente prima di riprendere a parlare. “Insomma, i greci mi contraddicono. Forse gli dei sapevano conciliare questi opposti. E io ancora non riesco neanche a intuire come facevano. Vedo quel tipo di bellezza, assoluta, ma come dietro a un velo che non me ne fa arrivare il respiro… nei miei avvitamenti mentali io potrei essere il manierismo, o l’espressionismo come dice Davide, e tu forse mi irriti e mi attrai come gli ori bizantini.”
“Mi fai venire voglia di rimettermi a studiare.”
Amedeo scosse la testa, non gli dispiaceva che il senso dei suoi pensieri fosse andato perduto. “Cosa studiavi tu?”
“Ingegneria informatica. Niente a che vedere con quello che studi tu. Quello che mi affascina delle tue riflessioni però prescinde i soggetti e gli argomenti. È il filo nascosto che scorre sotto, come se gli argomenti diventassero pretesti. Come se la conoscenza divenisse strumento per arrivare ad altro… ricordo quella mattina che abbiamo passato insieme in quel museo, e Burri. Solo tu potevi tirar fuori quelle visioni, e io sono felicissimo di far parte dei ‘pochi sfortunati’ con cui le condividi.”
Amedeo lo guardò di nuovo con quell’espressione che amava tanto. Gli dispiaceva separarsi da lui in quel momento, perché aveva l’impressione che Ludger fosse riuscito a vedere qualcosa di importante, andando oltre le apparenze. “Lù, sicuro che non ti dispiace che passi la notte con Sebastiano? Sono combattuto perché anche lui nella sua casa di Roma non riesce a stare da solo… ed è venuto apposta per me.”
“Certo che non mi dispiace, te l’avrei detto. Arriverò a casa mia abbastanza ubriaco da addormentarmi in fretta. Chiamami domani mattina. Non preoccuparti per me perché non c’è motivo, e gustati la sua compagnia.”
Amedeo restò bloccato a guardarlo, sentendosi di nuovo irritato perché non sapeva come salutarlo. Ludger rise, gli accarezzò la testa e gli diede una leggera spinta, ordinandogli con tono scherzoso di scendere dalla macchina. Amedeo restò bloccato sul marciapiede mentre ripartiva troppo velocemente, sentendosi stordito e confuso.
Quello con Sebastiano fu uno dei tanti incontri che passavano a camminare e parlare nella città che affondava nella notte. Ogni tanto Amedeo parlava di Ludger, regalando a Sebastiano altri frammenti del disordine delle proprio emozioni.
“Adesso mi sento uno scemo, perchè sono preoccupato di saperlo da solo in giro di notte. Anche se so che fino a qualche anno fa stava sempre fuori… da tutti i punti di vista. Probabilmente si riduceva in condizioni che neanche potrei immaginare, mentre io me ne stavo nel mio letto a leggere nelle mie notti insonni, abbracciato al mio peluche di T-Rex.”
Sebastiano pensò che quella descrizione avrebbe potuto essere applicata anche a lui, e sorrise con amarezza. “Se vuoi possiamo raggiungerlo. Per me andare in un locale gay potrebbe essere un vero strazio, ma per te posso farlo.”
Amedeo guardò i capelli compatti e lucidi di Sebastiano che incorniciavano il suo profilo bianco. “Non c’è bisogno, non voglio. Voglio stare con te e, comunque non vorrei lo stesso. Prima ti sei sganasciato quando ti raccontavo di quel discorso sulla gelosia. Io non voglio sentirmi sempre in difetto con lui, e sono convinto che sia sincero. Anche se certe volte faccio fatica a credere che sia diventato così… calmo. Tu ci sei mai andato a serate gay?”
Erano seduti su un muretto del Pincio, rivolti verso la città illuminata.
“Certo, si potrebbe dire che ci sono stato parecchio. Probabilmente è una grande fortuna che i tempi in cui li ha frequentati Ludger non coincidano con i miei. Adesso non sarebbe facile da gestire. Lo sai che non sopporto l’idea di avere a che fare con qualcuno con cui mi sono accoppiato. Nel caso di Ludger non ci sarebbe stato scampo. E ancora devo digerire che si è fatto la sorellastra.”
Amedeo alzò il viso al cielo puntando un braccio indietro. “Vero che è bellissimo?”
“Vero.”
“Se dovesse andarsene di nuovo impazzirei.”
“Penso che non lo farà. Io non riesco a credere che il tuo uomo sia del tutto vero, ha qualcosa di irrealistico. Non so se avrò tempo di capire se finge o se l’hanno lobotomizzato in una comunità di recupero. Mi dirai tu se inizierà a svegliarsi alle cinque del mattino per coltivare i pomodori. Ma non ha certo il physique du rôle per fare i lavoretti.” Si fermò per sospirare rumorosamente. “Mi ha dato l’impressione che farebbe di tutto pur di starti vicino. E forse lo ha già fatto. Ad esempio è riuscito a sorridere anche a me. E se, invece, tu decidessi di trasferirti a nord ho sempre una stanza libera a Parigi. Aline è ormai uno spettro, ma tu hai sempre un luogo dove andare.”
“Anche tu.”
Sebastiano sorrise con dolcezza. “Davvero?”
Amedeo lo guardò con un intensità a cui ancora non riusciva ad abituarsi.
“Davvero. Dovunque andrò io ti porterò sempre con me.”
“Ludger.”
Sebastiano scandì il nome lentamente, come qualcuno che leggeva una parola nuova per la prima volta, con voce bassa e completamente atona. Ludger pensò che Amedeo si fosse abituato a quel modo di parlare grazie a Sebastiano; quella poteva essere un elemento in comune tra lui e suo fratello. Dopo aver pronunciato il suo nome Sebastiano restò in silenzio, guardandolo come fosse stato un qualsiasi oggetto privo di interesse, incurante della pausa e dell’attesa che scorreva senza nessun ostacolo nella stanza immobile, inondata di sole.
“Ludger. Ci sono pochissime cose a cui tengo. E non è un modo di dire.”
Ludger aspettava in silenzio; avrebbe preferito avere almeno della musica da ascoltare. Il loro arrivo lo aveva svegliato poco prima, e si sentiva ancora stordito. Era tornato a casa quasi all’alba e aveva messo un disco degli Unwound che riusciva sentire in qualsiasi stato d’animo, indispensabile per attraversare i propri spazi vuoti. Ancora non si sentiva a suo agio in quella casa asettica, in cui ogni dettaglio era stato curato in modo maniacale da Amedeo. Vedeva ancora, sul tavolo basso di fronte al divano, il bicchiere che aveva riempito appena tornato a casa, malgrado fosse già abbastanza ubriaco. Si era addormentato quasi senza accorgersene, come sperava. La luce bassa era ancora accesa e il libro che aveva iniziato a leggere era scivolato a terra, dove giaceva abbandonato. Si massaggiò le tempie, ormai disabituato ai postumi di una bevuta, con un mal di testa insistente.
Sebastiano, come una statua di cera, sembrò non registrare quel movimento.
Il suono acuto del citofono lo aveva svegliato e, come uno spillo, era entrato nel punto che stava massaggiando senza smettere di torturarlo. Non capiva perché Amedeo non volesse usare le chiavi, senza prendere in considerazione l’idea che, se li avesse trovati direttamente lì svegliandosi, si sarebbe potuto sentire invaso. Era davvero convinto che Amedeo potesse entrare e uscire dai suoi spazi senza infastidirlo, e accettava Sebastiano come avrebbe fatto con qualsiasi cosa autentica che lo riguardava.
“Hai una brutta cicatrice che parte dalla tempia, ti sei fatto male anche alla testa.”
Ludger pensò che poteva essere considerata come una domanda. “Sì, ma non ha nessuna importanza adesso.”
“Perché.”
Ludger era divertito da suo modo di parlare, anche se continuava a trovare sinistro il suo stare perfettamente dritto e immobile, come se non respirasse. “Perché non ho ricordi di quando mi sono fatto male, e non ho più percezione delle possibili conseguenze. Credo che Amedeo non starà via a lungo. Immagino che tu non gli abbia chiesto di restare da solo con me per parlare del mio incidente.”
“Già.” Sebastiano sospirò e diede una sorsata di tè. “Questa situazione mi costa molta fatica. Sono preoccupato perché Luca è molto turbato. Ma è ancora lui, e mi è caro come poche altre cose. Tu potresti distruggerlo, e questo non mi piace. Aline non sta bene, stasera devo tornare a Parigi. Mi sono fatto un’idea abbastanza buona dei sentimenti che provi per lui, altrimenti non sarei qui, ora. Non so chi sei. E l’idea che mi sono fatto è basata esclusivamente sulle dinamiche. Luca è tormentato, e dorme male.”
Ludger era consapevole di trovarsi davanti alla persona con cui Amedeo parlava con maggiore libertà, e che probabilmente conosceva già tutto quello che avrebbe potuto dirgli. Il loro rapporto non lo infastidiva, al contrario era convinto che il contatto con Sebastiano restituisse equilibrio ad Amedeo; aveva deciso di fidarsi di questa intuizione e, di conseguenza, dello strano personaggio che gli sedeva di fronte.
“Lo so e mi dispiace, non avrei voluto questo, ma non lo avrei voluto neanche come infermiere… quando la nostra storia è iniziata c’è stata un’accelerazione fuori controllo. Per alcuni aspetti era troppo presto, per altri era troppo tardi. Era molto complicato ma almeno due aspetti li distinguevo bene. Io dovevo rimettermi in piedi e lui era attratto da me, ma aveva paura del sesso. Questa cosa non mi piaceva… era come toccare un bambino, e mi ha dato l’impressione di aver bisogno di tempo. Poi ne è passato troppo, però anch’io penso che non si sia perso nulla e ho intenzione di dargli tutto il tempo di cui ha bisogno per abituarsi al cambiamento.”
Sebastiano continuò a ignorare la tazza di tè mantenendo inalterata la sua staticità. Non distolse mai lo sguardo dal suo viso. “Non sembri per niente a disagio.”
Ludger sorrise, girandosi appena verso le piante ancora ammassate in vari angoli del soggiorno. “Non sono mai a disagio nel senso di imbarazzo o roba simile, non mi appartiene. Provo ancora un certo disagio nel non potermi muovere come vorrei, ma non ha niente a vedere con quello che intendi tu.”
“Non avrei il tempo per sistemare la tua serra, ma se posso fare qualcosa chiedimi.”
“Puoi far ripartire il disco che trovi sullo stereo? Grazie.”
Vedendolo spostarsi nella stanza apprezzò la grazia di ogni suo movimento. Quell’ambiente freddo gli sembrò una scenografia perfetta per quei gesti così fluidi. “Spero che questa musica non ti dispiaccia. Se potessi scegliere, cosa vorresti sentire?”
Sebastiano stava già tornando verso la penisola. “Questa musica potrebbe piacermi. Adesso sono troppo concentrato per ascoltarla. Se fossi da solo ascolterei Script of the bridge dei Chameleons. Me lo sentirò a casa.” Riprese esattamente la stessa posizione, come se non ci fosse stata quella pausa. “La ragazza è morta qui.”
Ludger non cambiò espressione. “No, però io ero qui. Forse qui sono morto io. Prima ci abbiamo vissuto insieme e dopo ci sono rimasto da solo, fino all’incidente, forse mai del tutto sobrio. Ma era molto diverso, un vero caos.”
“Non sembri per niente infastidito dalla mia presenza.”
Ludger tornò quasi a sorridere. “Non lo sono, sei importante per Amedeo, questo basta. Poi non mi sembra che tu ti stia impegnando in quel senso, sono sicuro che se volessi potresti ottenere risultati notevoli.”
Il lieve sorriso di Sebastiano non produsse increspature sulla superficie liscia e bianca del viso: gli occhi già sottili non ne risentirono; le due linee rette della massa compatta dei capelli neri ai lati del viso non si mossero. La sua bellezza appariva più definita nella luce del mattino, e Ludger la trovò quasi spietata. Pensò di capire Amedeo quando gli aveva raccontato di poterla contemplare all’infinito, come una di quelle opere d’arte in cui si immergeva perdendo la cognizione del tempo.
“Luca ha paura di perderti.”
“Non ho nessuna intenzione di andarmene, mi sto impegnando in ogni modo per restare. Ti assicuro che per me è un cambiamento incredibile.”
Sebastiano corrugò appena le sopracciglia fino a far comparire un lieve segno sulla radice del naso. Ricordò il labirinto di Ravenna, che aveva dato lo spunto ad Amedeo per raccontargli che la sua paura più grande, quella che aveva dovuto affrontare al centro del dedalo, era stata la morte di Ludger. “Luca è ossessionato da te, pensa che tu abbia il pieno controllo della situazione. Si sente impotente.”
Ludger rise, un suono autenticamente divertito.
Sebastiano, per un momento, sperimentò il contrasto che consumava suo fratello: mentre lui doveva cercare, con fatica, un canale comunicativo neutro, il suo interlocutore mostrava una rilassatezza e una disinvoltura che percepiva come aliena. Ludger splendeva nei suoi colori e nel suo elemento, sembrava che niente e nessuno potesse spegnere la sua luce. Sapeva che non era vero, però provò per un istante l’impulso di dargli uno schiaffo.
“Scusami Sebastiano, è orribile ridere da soli. Ma amo i paradossi.” Si massaggiò di nuovo la fronte per poi tornare a guardarlo, completamente inespressivo. “Ti assicuro che è Amedeo ad avere ‘il pieno controllo della situazione’. Può andare e venire come preferisce, può frequentare chi vuole e come vuole, può fare di me e di tutto quello che mi appartiene ciò che desidera. E glielo dico in ogni occasione. E per me va bene così perché ne sono innamorato, e vorrei che lui potesse venir fuori senza condizionamenti.”
Sebastiano ricordò che Amedeo definiva Ludger fastidiosamente vicino alla perfezione, e respirò profondamente prima di riprendere a parlare. “Costruire e non distruggere, sono preparato. Vorresti anche tu la stessa libertà che concedi a lui, vorresti un rapporto aperto?”
Ludger tornò a sorridere. “No, non mi interessa, ho toccato molti più esseri umani di quanto avrei dovuto, mi dà la nausea solo pensarlo.”
Sebastiano si riconobbe in quella frase ma non ci si soffermò, perché voleva mantenersi completamente concentrato su Amedeo. Di fronte a lui c’era l’orologio del forno: gli aveva chiesto del tempo per parlare da solo con Ludger con il pretesto di scendere a prendere dei cornetti, e sapeva che sarebbe tornato presto. “Perché lui non ha segni sul corpo, e tu sì.”
Luger aveva fatto una doccia subito dopo il loro arrivo e, non ritenendosi in condizioni di affrontare manovre complicate, si era infilato soltanto un paio di pantaloni della tuta neri: sulla sua pelle c’erano molti segni, in particolare sul collo e sul torace.
Iniziava a essere annoiato nel ripetere sempre le stesse parole, ma cercò di mantenere la voce neutra. “Ho la pelle più delicata, mordo più piano, non lo so e non me ne importa niente di niente, davvero. Mi piace tantissimo tutto quello che facciamo… da quando sono tornato non ho mai avuto l’impressione che avesse paura del sesso, e questo mi fa impazzire di gioia.”
“E se fosse lui ad andarsene.”
“Questo non vi riguarda.”
“Vi.”
“Non riguarda né te né Amedeo.”
Sebastiano sospirò facendo uscire l’aria dai polmoni, pensando che quella risposta fosse corretta. Si alzò senza suoni, tolse la giacca per poi posizionarsi di fronte al nastro di finestre. Sollevò le braccia come per stirarsi, mentre Ludger contemplava senza pensare la grazia di quel corpo perfetto. Dopo uno sbadiglio silenzioso tornò a parlare, restando in piedi di fronte al vetro: il tono era leggermente diverso, riflessivo, come se una partita si fosse chiusa.
“Mi piaci Ludger, mi piaci molto, e mi irriti, un poco. E non per la tua ovvia bellezza. E neanche per la posizione privilegiata che ora occupi come ossessione privata di mio fratello. È qualcosa di tuo, e deve essere forte perché l’intero genere umano mi è del tutto indifferente. Escludendo quattro persone, quattro volendo essere generoso. Sono stanco perché con Luca dormo sempre pochissimo, ma bene. La sua vicinanza mi rilassa, ma stavolta no. In un’altra vita mi sarei potuto innamorare di te, in questa non accadrà mai. In questa, se ci fosse stato ancora spazio per questo genere di cose, lo avrebbe già riempito Luca. Lui, invece, ha creato qualcosa di nuovo e tutto suo. Penso che tu sappia di cosa sto parlando perché lo ha fatto anche con te. Sarebbe ipocrita definire amicizia quello che mi lega a lui. E sono contento del tuo essere così anticonvenzionale, perché non mi costringi in tristi recite.”
Il suono del campanello chiuse quella parentesi. Sebastiano andò subito ad aprire, muovendosi in quello spazio con disinvoltura; Amedeo entrò con un passo deciso, era accigliato e teneva gli occhi bassi. Presero posto mentre Ludger versava il tè nella sua tazza rimasta ancora vuota. Non avrebbe mai chiesto ad entrambi di cosa avevano parlato in sua assenza; pensava che la richiesta di uno spazio esclusivo, venuta da suo fratello, fosse normale e non era curioso. Sapeva che Sebastiano stava cercando di raccogliere ogni elemento utile per farsi un’idea della situazione, ed era molto colpito dalla vicinanza che gli stava dimostrando in quella circostanza. La sua voce gli arrivò vicinissima all’orecchio.
“Fratello, dopo colazione dovrò rimettermi in viaggio. Vorrei chiederti solo un’ultima cosa. Vorrei vedervi baciare, se non vi dispiace.”
Amedeo rise senza traccia di nervosismo, con autentico divertimento. “Perché sei sempre così matto?”
“Luca, solo un bacio, il resto della festa non mi interessa.”
Sorrise ancora alzando il viso verso Ludger, che ricambiò immediatamente perché era felice di quello sguardo sereno, così raro con la luce del sole.
“Ludger, te la senti?”
“L’ultima volta mi hai esibito al tuo harem, se dovessi scegliere non avrei dubbi nel preferire tuo fratello.”
Si avvicinarono ancora sorridendo, guardandosi negli occhi. Sebastiano li osservava senza espressione, cercando di ignorare la loro bellezza per concentrarsi sull’espressione del viso di Amedeo: non lo aveva mai visto così felice, e sentiva le lacrime salirgli agli occhi mentre le loro labbra iniziavano a sfiorarsi dolcemente. Ludger liberò il viso dai capelli, poi lasciò ricadere le braccia mentre Amedeo gli si avvicinava per mettergli entrambe le mani ai lati della testa, prendendola come fosse stata una coppa e iniziando a baciarlo profondamente. Pochi secondi dopo fu sempre Amedeo a tirarsi indietro, pensando a suo fratello che li guardava; si allontanò con le labbra ancora socchiuse, senza abbassare lo sguardo sereno e divertito. La pressione dei pollici di Amedeo aveva lasciato una leggerissima impronta rosa sotto gli zigomi di Ludger, che iniziò a scartare il vassoio di cornetti, ignorando completamente le lacrime di Sebastiano. Il viso di Amedeo tornò a incupirsi per quelle macchie che sarebbero scomparse velocemente. Sebastiano si tamponò gli occhi e iniziò a gustarsi la colazione abbondante; era sereno perché la versione di Ludger gli appariva realistica, e credeva che suo fratello avesse solo bisogno di tempo. Era convinto che Amedeo sarebbe riuscito a superare le paturnie, perché non poteva immaginarlo a lungo alla mercé di quegli sbalzi di umore. Finalmente si guardò intorno mangiando i suoi dolci, e tutto quello che lo circondava gli diede un profondo appagamento estetico, al punto che desiderò di sdraiarsi sul divano e dormire. Quando riprese a parlare il suo tono era più morbido, come se la fatica di sostenere una conversazione fosse momentaneamente scomparsa. Chiese informazioni della musica che stavano ascoltando, e Ludger lo invitò a prendersi il cd prima di andarsene. Era talmente rilassato che arrivò a chiedergli la storia di quella casa.
“In passato questo appartamento era il rifugio di mio padre. Un personaggio stravagante di cui ho pochi ricordi, viaggiava spesso e a un certo punto non è tornato più. Mi sono trasferito qui con Nobuko, la mia ragazza, quando avevo poco più di sedici anni… probabilmente anche mia madre è un tipo originale, mi ha sempre lasciato molto libero. Ormai sembra un altro posto e ne sono felice.” Prese le stampelle e si alzò. “Ti va di vedere anche le altre stanze? Del resto nella sua veste attuale è una creazione di tuo fratello.”
Si alzarono spostandosi in corridoio per poi entrare nelle varie stanze; era soprattutto Ludger a parlare, con il tono calmo che ormai usava con tutti. Sebastiano trovò molto appropriata la sua definizione di casa della Regina delle Nevi.
“Perfettamente intonata con il tuo fototipo. Non ti infastidiscono quei capelli sempre sul viso. Sono stalattiti.”
“Mi diverte il tuo modo buffo di fare domande, in parte ti rispondi da solo. Vieni, andiamo avanti.”
Le altre stanze erano perfettamente in ordine, e non mostravano tracce di utilizzo; rispetto al soggiorno sembravano ancora disabitate, e la forte luce della mattina sottolineava quell’aspetto troppo netto, come fossero state appena disegnate.
“Purtroppo fino a che dovrò usare le stampelle non riuscirò a creare abbastanza disordine, e poi il tipo che si occupa di tener pulito il mio ciarpame è sempre troppo efficiente. Un tempo lo tenevo alla larga, ma ancora non me lo posso permettere… Ma sai? forse questo posto adesso mi piace proprio così. Sono anni che non mi occupo dell’ambiente che mi circonda e forse non sopporterei il caos di un tempo, anche perché non ho più abbastanza memoria per ritrovare i pezzi che perdo.”
Nella camera da letto le lenzuola erano perfettamente spianate, e non c’era niente che potesse testimoniare una presenza viva in quell’ambiente enorme. Sebastiano guardava spesso oltre i vetri del nastro di finestre che accompagnava interamente un lato dell’appartamento, inquadrando soltanto gli alberi di Villa Pamphilj. Ludger parlò con ironia della comodità di non doversi preoccupare di possibili vicini, ma Sebastiano non gli prestò attenzione, attratto dall’enorme tavola bianca appesa sulla parete grigia: la luce radente evidenziò le superfici graffiate e sovrapposte.
“Questa cosa è bellissima, come te la sei procurata.”
Ludger respirò profondamente. “Ha una storia un po’ lunga, te la racconterò la prossima volta.”
Amedeo era rimasto in cucina ascoltando le poche frasi che si erano scambiati con un’inquietudine crescente; lo aveva sempre spaventato l’idea di un confronto tra Ludger e Sebastiano, ma quella tensione si smussava di fronte all’evidenza che entrambi lo stavano gestendo senza apparenti difficoltà. Si torturava con un’idea inedita da quando si erano allontanati, alimentata dal fatto che Ludger avesse dormito sul divano: temeva non riconoscesse quel posto come suo. Si alzò senza pensare raggiungendoli attraversando il corridoio con ampie falcate. Li trovò ancora in piedi vicino al letto e, vedendo il viso stupito di Ludger, si appoggiò al suo torace come se volesse nascondere le lacrime. Ludger lasciò cadere le stampelle per poterlo abbracciare senza avere il tempo di chiedergli spiegazioni, perché Amedeo iniziò subito a parlare con una voce incerta.
“Ludger scusami, quando lavoravo a questa casa ero sempre triste… avrei dovuto affidare tutto a Lorenzo, mi dispiace che adesso tu non ti ci trovi bene… falla ridipingere.”
Avrebbe continuato ma Ludger gli sussurrò un “Basta.” con un tono fermo. Iniziò ad accarezzargli la testa e riprese con più dolcezza nella voce. “Tutto quello che hai fatto qui mi piace tanto, e te ne sono riconoscente. Devo solo abituarmi, avere il tempo di viverci un po’. Calmati. Non hai nessun motivo per dispiacerti.”
“Davvero? Non lo dici solo per troncare questa scena pietosa?”
“Ti ho mai detto bugie?”
Amedeo rispose con un leggero movimento del capo ancora chinato. “No. Vado a soffiarmi il naso.” Si chinò per raccogliere le stampelle, restituendogliele prima di tornare indietro.
Sebastiano stava sorridendo con un’espressione ambigua. “Non finite di stupirmi.”
Ludger ricambiò il sorriso, registrando che la sua presenza non aveva influito sulla spontaneità dello sfogo di Amedeo. “Sono stupito quanto te. Sai? Mi piace tantissimo il vostro rapporto.”
Sebastiano, tornato del tutto inespressivo, guardò la tavola pensando che ne avrebbe voluto conoscere la storia. “Mi piacerebbe restare qui per sempre.”
“Stavo giusto pensando di prendere un gatto.”
“Ludger caro, non starei comodo a dormire sulle tue ginocchia.”
Non trovarono Amedeo in soggiorno, lo videro seduto di spalle su uno dei divani esterni. Ludger invitò Sebastiano a raggiungerlo, fermandosi alla penisola per riordinare la tavola: un’operazione complicata dal fatto di dover utilizzare almeno una stampella per muoversi. Attraverso la finestra vide Sebastiano cingere le spalle di Amedeo e avvicinare la testa alla sua; immaginò stessero parlando, e non era minimamente curioso degli argomenti che avrebbero potuto condividere. Si sentiva molto stanco ma era sereno, e gli sbalzi di umore di Amedeo non lo spaventavano; aveva una percezione di sé molto solida, e questo gli dava una grande sicurezza. Pensando a quanto gli aveva detto Sebastiano immaginò che Amedeo percepisse questa forza, fino ad avere l’impressione che fosse lui ad avere il controllo della situazione. Immaginò che questa dinamica si alimentasse anche per il contrasto con l’instabilità emotiva che consumava Amedeo, ma era consapevole di non poter fare molto oltre al contraddirla con una presenza che intendeva mantenere costante.
Sebastiano sedendosi aveva tolto dalle labbra di Amedeo una sigaretta accesa da poco, per iniziare a fumarla con gusto. “Le tue sono sempre più buone.”
Il viso di Amedeo restò imbronciato mentre ne accendeva un’altra, lasciandosi avvolgere dal braccio di Sebastiano. “Mi sento un cretino, scusa per quella scena patetica… non abbiamo parlato di così tante cose e certe volte mi sembra di dare tutto per scontato, di non prendere per niente in considerazione le sue difficoltà.” Si fermò prima di aver finito di dare forma a un pensiero, sentendosi confuso e in imbarazzo, e pensò fosse meglio restare in silenzio per recuperare un minimo di stabilità.
Sebastiano gli restò vicino assaporando quel momento, nel quale gli appariva straordinariamente vivo. “Le scuse mi sembrano completamente fuori luogo. Mi hai visto piangere per molto meno e poi chissenefrega. Non è importante. Fratello, tu vuoi essere felice?”
Il viso che Amedeo alzò verso il cielo era di una tristezza struggente, e Sebastiano pensò che avrebbe potuto piangere per quel profilo bianco ritagliato contro gli alberi, e per i suoi occhi dal colore quasi trasparente nella luce, come fossero d’acqua.
Lo strinse più forte, e sentì una risposta affermativa. “Bene, ricordalo. A me non interessa come, devo solo sapere che questo è il tuo obiettivo. Stavolta mi costa molta fatica separarmi da te, ma non posso restare. Lo sai.”
Amedeo gli appoggiò la testa sulla spalla. “Il vostro incontro mi spaventava, non osavo neanche immaginare come sarebbe potuta andare tra voi… anche adesso temo che sia tutta una messa in scena per il bambino capriccioso.”
Sebastiano respirò profondamente, la forza che sentiva in quel legame era straordinaria; continuò a stringerlo a sé lasciando i pensieri liberi di vagare prima di rispondere. “Ricordo bene la prima volta che mi hai parlato di Ludger, sembra passato un secolo. All’inizio ne ero geloso, per l’interesse che suscitava in te senza fare praticamente nulla. Stando strafatto su una sedia a rotelle a pensare ai fatti suoi. Poi la frase sul non aspettarti mai che avrebbe fatto qualcosa solo per le apparenze. Quella mi ha fatto girare seriamente, perché poteva essere mia. Credo che sia vero che non ti dica mai bugie. Sembra non gli importi niente di apparire diverso da quello che è. Ora che l’ho conosciuto posso capire o, almeno provare a capire, molte delle cose che vengono da te. Anche quell’assurda tesi che stai scrivendo. La dichiarazione d’amore più contorta della storia.”
Amedeo iniziò a ridere sussultando, e Sebastiano lo seguì. Risero tanto da dover sciogliere l’abbraccio, fino a coprire la musica e fermare un movimento di Ludger, che girò la testa verso le finestre. Provò a riconoscere quel suono restando fermo, scollegandolo dall’immagine; era sicuro di aver sentito ridere Amedeo in quel modo, ma non riusciva a ricordarlo. Nella memoria aveva immagini di risate senza suoni. Era abituato a trovare tanti vuoti nei suoi ricordi, e quando il soggetto coincideva con Amedeo aveva la sensazione di vivere una condizione davvero singolare: provava nostalgia per i particolari dimenticati. Quella risata che si andava spegnendo gli ricordò la gioia che provava nella riscoperta dei molti momenti che sicuramente aveva vissuto e sperava ritornassero. Quella visione di Amedeo insieme a Sebastiano, oltre la finestra sul lavandino, lo riempiva di gioia e confermava definitivamente che non ne era geloso. Restando fermo capì quanto fosse stanco. Decise di lasciare le briciole alle formiche, e di stropicciare finalmente le lenzuola. Si sdraiò ai piedi del letto, in orizzontale, con la testa rivolta verso il corridoio per sentire meglio la musica, addormentandosi quasi subito.
“Comunque non credo che riuscirò a finirla la tesi, o quello che è… Se continuo così. Mi piace troppo bere, ballare, distruggermi di ginnastica e soprattutto scopare, non credo che con queste premesse da grande diventerò un intellettuale.”
Sebastiano si coprì il viso con le mani, riprendendo a ridere. “Mio-dio.”
“Però ascolta, c’è una cosa che ho trovato che mi fa tanto pensare a te. Simbolo, in greco, significava letteralmente mettere insieme. Sun-ballo, contrario di dia-ballo, separare. Che per i cristiani è tradotto grossolanamente in diavolo. Il simbolo era un oggetto di terracotta che veniva rotto in due parti per essere conservato da due persone, che potevano riunirlo in segno di riconoscimento. La rappresentazione di un simbolo è il ripresentarsi di una parte andata perduta. Il simbolo deve far pensare a qualcosa di diverso dal suo aspetto, ma rimanda a un senso da compiersi, rimanda a contenuti o rimossi o non ancora integrati… vabbè… poi ti mando qualcosa.”
“Volentieri, però mi sembra che anche questa parte sia per lui. Ma non proccupartene. Inizio ad apprezzare l’idea che ci sia, anche se non riesco a smettere del tutto di essere preoccupato per te. Aline sta parecchio male, non so quando potrò tornare. Ma per te pianto tutto in qualsiasi momento, sempre. Ora andiamo a salutare Ludger.”
“Salutare?”
“Non era una battuta. Lo voglio salutare davvero. Dai, rientriamo.”
Amedeo si stupì di non trovare Ludger in soggiorno, mentre Sebastiano si lasciò cadere sul divano per continuare a guardare fuori perché gli piaceva quel panorama di alberi e cielo. Amedeo attraversò il corridoio cercandolo nelle varie stanze con il rumore dei suoi passi coperto dalla musica. Provò una vaga paura che gli diede la possibilità di sperimentare, per un attimo, il terrore che aveva di perderlo: un pensiero che non si era concesso di approfondire da quando Ludger era tornato, malgrado fosse stato uno dei pilastri su cui aveva costruito gli ultimi mesi. Quel turbamento non durò a lungo perché già dal corridoio vide la massa dei capelli brillare nella stanza senza colori, e solo una volta arrivato al letto capì che stava dormendo. Guardò con odio le stampelle abbandonate a terra, poi ricordò la sedia a rotelle e si diede dello stupido; pensò fosse una manifestazione di rancore infantile, alimentata dal fatto che Ludger non gli avesse permesso di stargli vicino durante il suo recupero. In quel momento poteva contemplarlo in uno spazio neutro, una tregua nelle perenni battaglie che combatteva contro sé stesso in sua presenza. Mentre dormiva restava solo la bellezza di Ludger separata dalle dinamiche del suo umore: la trovava incredibile, abbandonata sotto i suoi occhi che potevano contemplarla scollegata dalla propria storia, mostrandosi a lui per un caso fortunato. Se ne nutriva allontanandosi in qualche modo dai limiti del suo essere, come faceva sempre con tutto ciò che trovava bello. Era la prima volta da mesi che poteva guardarlo così, con lo stesso rapimento che provava guardando il mare o con una di quelle immagini nelle quali poteva perdersi, dimenticandosi perfino dello scorrere del tempo.
La voce di Sebastiano che lo chiamava dal corridoio lo riportò indietro. Si era alzato per raggiungerlo, preoccupato per la sua lunga assenza.
“Luca. Che succede.”
Ludger aprì gli occhi, restando in allerta soltanto pochi secondi, per il suono di quella voce che non conosceva. Sorrise vedendo Amedeo. “Scusami. Devo essere davvero molto stanco.” Restò sdraiato, iniziando a stirarsi.
Quel movimento mandò in frantumi la contemplazione astratta in cui si era perso Amedeo.
Sebastiano era ormai divertito dal viso contrariato di suo fratello. “Non gli vogliamo risparmiare proprio niente a questo povero ragazzo.”
Ludger si tirò sui gomiti per rivolgergli un sorriso storto restando in silenzio, poi raccolse le stampelle prima di porgere una mano ad Amedeo per farsi aiutare. Una volta in piedi gli sorrise con dolcezza ringraziandolo, mentre lui manteneva la solita espressione corrucciata. Gli era tornato il mal di testa e si diresse velocemente in cucina, completamente incurante del proprio aspetto.
Sebastiano riprese a parlare con lo stesso tono ironico. “Ludger, sei di una bellezza fastidiosa. Pure con le stampelle e la tuta sformata mezza calata. Mettiti almeno un paio di pantofole o una felpa, o anche entrambe. Dagli tregua almeno il tempo di salutarci.”
Amedeo rise, intimandogli di smetterla subito.
Ludger lo sentì malgrado fosse rimasto indietro, adorava quel suono. “Per stare a casa mia sono coperto abbastanza.”
Stava bevendo un bicchiere d’acqua quando lo raggiunsero, e Sebastiano gli si avvicinò porgendogli la mano.
“È stato importante e faticoso conoscerti. Mio fratello soffre, credo, di una forma lieve di sindrome di Stendhal. Se si pietrifica a guardarti puoi lasciarlo lì per ore, lui è felice. Io scherzo perché mi piace farlo ridere. Lo fa anche nei musei, sui tetti, in riva al mare, non c’è da preoccuparsi. Prima di oggi non mi era mai capitato di vederglielo fare con qualcuno che non fossi io. Ma posso farmene una ragione. Non avevo mai trovato un pantalone della tuta tanto elegante, davvero.”
Amedeo continuò a ridere. “Ti prego smettila!”
“Sì, purtroppo devo. Grazie Ludger.”
“Grazie a te Sebastiano.”
“Sì, mi devi un favore, o forse sono io in debito, ancora non mi è chiaro. Fratello, fatti abbracciare.”
Si strinsero a lungo come sempre, mentre Ludger ripensava alle parole di Sebastiano senza impegno. Era contento di averlo conosciuto e soprattutto che Amedeo avesse un amico con cui parlare senza censurarsi; qualcuno completamente dalla sua parte, che riuscisse a farlo ridere anche quando si accigliava.
Si separarono senza scambiarsi saluti e Sebastiano uscì, accompagnando la porta per non fargli fare rumore. Amedeo si accese immediatamente una sigaretta per poi lasciarsi cadere sul divano. Ludger lo raggiunse prendendo anche lui un po’ di tabacco dal suo astuccio, senza notare il sorriso di Amedeo che provava una gioia infantile vedendolo usare le proprie cose con tanta naturalezza. Entrambi esausti lasciarono scivolare il tempo senza neanche provare a iniziare una conversazione. Ludger diede pochi tiri prima di spegnere la sigaretta, perché non gli dava il gusto che aveva immaginato.
Amedeo lo stava guardando senza sosta, e alla fine fu lui a rompere il silenzio. “Hai programmi per la giornata?”
“Dovrei fare diverse cose, più o meno noiose. Ma sono stanco, e voglio stare soprattutto con te.”
“Se vuoi ti aiuto con le cose noiose.” Immaginò dovesse impostare un’intera vita da iniziare da capo, senza riuscire a immaginare come l’avrebbe riempita a parte le inevitabili terapie.
“No, grazie. Con te vorrei fare solo cose non noiose, soprattutto ora che sono così stanco. Anche stare qui sul divano ad ascoltare la musica insieme mi sembra bellissimo. Poi, a un certo punto, mi piacerebbe prendere un gatto, e andarci con te, ma ora sono esausto.”
“Vuoi parlare di Sebastiano?”
“Mi è piaciuto, sono molto contento che ci sia. Per il resto no, non mi va di parlarne adesso, a meno che non sia tu a volerlo.”
“Ludger, perché non mi guardi mentre parliamo?”
“Perché se ti guardo temo che potresti cambiare espressione.”
Amedeo sospirò rumorosamente. “Forse non riesco del tutto a non avercela con te, mi dispiace. O forse ho solo paura, non mi capisco. Ma tu, adesso, cosa vorresti… a prescindere dalla stanchezza e dalle mie paturnie?”
“Abbracciarti.”
“Perché semplicemente non lo fai?”
“Per le paturnie.”
Amedeo si alzò con il viso accigliato e gli tese la mano, che Ludger prese senza esitazione per seguirlo, aiutandosi con sola stampella pur di non lasciarla andare. Era così stanco che, quando passarono davanti all’ingresso, pensò che Amedeo stesse per andarsene, e gli sembrò assolutamente plausibile. Amedeo non rallentò e proseguì fino alla camera da letto, lasciandolo dal lato in cui aveva sistemato una sedia per alzarsi. Abbassò gli avvolgibili fino a lasciare la stanza nella penombra. Aprì le lenzuola con un gesto quasi violento, si tolse le scarpe, i pantaloni e la maglietta per poi sdraiarsi coprendosi solo in parte con il lenzuolo.
Ludger non si mosse: lo guardò in silenzio sorridendo, malgrado le sue intenzioni non gli fossero chiare.
Ad Amedeo quel momento sembrò surreale, ma era consapevole che quelle esitazioni fossero una conseguenza dei suoi sbalzi d’umore repentini. “Lù sto aspettando un abbraccio, prima di sbatterti al muro penso sia meglio farti recuperare qualche ora di sonno.”
Ludger appoggiò a terra la stampella delicatamente, ed entrò nel letto avvicinandoglisi. Amedeo lo abbracciò e lui accolse la sua testa nell’incavo del collo.
“Una maglietta però potevi pure mettertela.”
Ludger rispose con un tono basso e divertito. “Tu l’hai appena tolta… adoro farmi sbattere al muro da te, lo sai, ma sono davvero stanco. Dopo mesi con ritmi da pensionato ora mi sento esausto, perdonami.”
“Shhh.” Amedeo era travolto dalla tenerezza nel sentire la sua voce prossima al sonno; per la prima volta riusciva ad averlo vicino senza ricadere nelle sue perenni battaglie. Voleva solo coccolarlo e continuò a lungo ad accarezzargli i capelli, assaporando quella tregua e chiedendosi perché non riuscisse sempre a stare con lui come in quel momento.
Ludger si svegliò diverse volte per i violenti sussulti di Amedeo, che scattava nel sonno emettendo lamenti indistinti; tornava ad abbandonarsi nel sonno solo dopo aver sentito la sua voce e le carezze. Quando Ludger non riuscì più ad addormentarsi era ormai pomeriggio, e si sentiva riposato; preparò un tè e iniziò a fare alcune telefonate per organizzare le terapie da riprendere. Era alla scrivania dello studio quando sentì Amedeo alzarsi e andare in bagno; comparve alla porta ancora svestito, con i capelli bagnati, una sigaretta fra le labbra e il viso imbronciato.
“Sei sveglio da molto? Perché non mi hai chiamato? Verso le diciannove dovrò essere a casa per una tipa che passa a prendersi le sue foto.”
“C’è ancora tempo, poi ti accompagno… vuoi un tè?”
Lo seguì in cucina e si lasciò versare una tazza tiepida che sorseggiò senza fretta. Ludger continuava a meravigliarsi di quanto fosse cambiato: il corpo era ancora più magro ma decisamente scolpito, il viso aveva perso la morbidezza infantile e, quell’espressione un po’ stupita che gli piaceva tanto, persisteva solo quando si incantava. Adesso sembrava quasi sempre preoccupato o arrabbiato.
“Sei molto bello, più bello di come eri o di come ricordavo.”
“Sono felice di piacerti ma perdonami, rispetto a come sei tu qualsiasi complimento rivolto a me diventa paradossale. Io mi impegno molto di più… probabilmente per te.”
“Sono un uomo fortunato.”
Amedeo non si capacitava di come potesse mostrarsi sempre così sereno. “Lo sarai se riuscirò a domare le paturnie prima che ti stufi dei miei capricci.”
Il mal di testa di Ludger era scomparso e lui si gustò quel momento, convinto che la tensione di Amedeo non coincidesse con un malessere profondo. “Non ho nessuna intenzione di andarmene, prima o poi te ne farai una ragione.”
Amedeo gli rivolse il primo sguardo diretto dal risveglio, sofferente malgrado la voce dura. “Davvero?”
Ludger rispose sorridendo. “Davvero.”
L’espressione sul viso di Amedeo cambiò, diventando molto concentrata. “Anche se l’unica cosa che voglio è sbatterti al muro?”
“Non chiedo di meglio.”
Amedeo non distolse lo sguardo, sorridendo mentre si alzava repentinamente. Lasciò cadere a terra lo sgabello, e lo raggiunse in pochi passi prima di premere tutto il corpo contro il suo, fino a schiacciarlo contro il frigo. Prese i polsi di Ludger portandoli ai lati delle sue spalle, costringendolo a inarcare la schiena e lui, malgrado la posizione scomoda e il freddo sulle spalle che gli stava facendo venire la pelle d’oca, continuava a sorridere con i capelli che ricadevano sul viso.
“Perché sorridi?” Amedeo lo guardò da vicino con le labbra leggermente socchiuse, come stupito.
Ludger riconobbe quell’espressione, mentre sentiva la pressione sui polsi aumentare. “Perché sei magnifico e mi piaci da impazzire.”
Amedeo gli raggiunse il collo e iniziò a baciarlo mordendo piano, restando a lungo sulla sua pelle liscia fino a non riuscire più a distinguerne l’odore. Senza allentare la presa sui polsi scese sui capezzoli di Ludger, induriti dal freddo, e soltanto dopo diversi minuti tornò a sollevarsi per raggiungergli le labbra. Si baciarono a lungo senza cambiare posizione, fino a quando Amedeo se ne allontanò senza staccare le mani.
Continuò a rivolgergli uno sguardo attento, reso più morbido da quel contatto ma comunque straordinariamente intenso. “Ludger perché ti rifiuti di penetrarmi? Vorrei sentirti ovunque, vorrei averti nel sangue e nelle ossa così come mi esplodi nella testa. Non mi importa se fa male, non mi importa niente, voglio tutto e anche tutto non è abbastanza per quanto ti voglio.”
Ludger sospirò profondamente prima di rivolgere la testa al soffitto, inarcando ancora di più la schiena. “Se continui così vengo senza che neanche mi tocchi.”
Amedeo finalmente rise. “Io prima o poi ti uccido.”
“Se questo è il modo, quando ti pare.”
Con gesti decisi sollevò le braccia fino al bordo del frigo dove girò le mani di Ludger per permettergli di fare presa. “Resta così. Non fermarmi.”
Amedeo percorse premendo con i polpastrelli gli archi delle braccia piegate assaporando al tatto la consistenza dei muscoli in tensione, e continuò facendoli scivolare sui lati del torace. Raggiunse i fianchi dove sporgevano le ossa del bacino, si chinò per poggiarci i denti carezzando l’addome piatto e teso. Infilò le mani sotto la stoffa per massaggiare le rotondità dei glutei, le cosce e l’inguine. Iniziò a baciargli il sesso mentre i pantaloni della tuta scivolavano a terra. Ludger mantenne la stessa posizione fino a quando raggiunse l’orgasmo come gli aveva chiesto Amedeo.
Lasciò la presa solo quando si trovò il viso di Amedeo di nuovo di fronte; gli afferrò la testa per baciarlo e morderlo, succhiando le labbra morbide e rosse, gonfie come un frutto. Lo baciò a lungo prima di allontanarlo, e poi gli prese una mano per condurlo verso la camera da letto a passo spedito, ignorando completamente le stampelle. Si lasciò cadere sopra il letto disfatto come in corsa, trascinandolo con sé. Ludger tornò a baciarlo carezzando con le mani tutta la superficie del corpo che riusciva a raggiungere. Si fermò sui glutei e iniziò a far scorrere le dita nella fessura tra quelle forme compatte.
Amedeo, completamente travolto, si aggrappava alle spalle di Ludger percependo con un’intensità straordinaria ogni contatto dei loro corpi, cercando di farli aderire il più possibile. Ricordò il pomeriggio in cui avevano fatto qualcosa di simile per la prima volta: se Ludger fosse stato completamente nudo, come in quel momento, probabilmente non sarebbe stato in grado di gestire delle emozioni tanto forti. Continuò a premere il bacino verso di lui e Ludger tirò indietro la testa
“Non preoccuparti di nulla.”
Gli aveva sussurrato dolcemente all’orecchio, ma Amedeo non capì il senso delle sue parole. Lo vide allontanarsi e prendere qualcosa nel comodino; quei secondi di separazione passarono veloci, senza dargli il tempo di intuire cosa stesse facendo.
Ludger si avvicinò prima di riprendere a parlare. “Io ti ascolto sempre e ho capito che questa cosa per te è importante, ma non voglio farti male. Ho preso un gel lubrificante e ora proveremo ad usarlo, però mi devi promettere che me lo dirai subito se ti farà male, anche poco. Altrimenti non lo faccio.”
Amedeo gli accarezzò il viso, chiedendosi vagamente quale fosse il motivo che lo spingeva ad avere tanti scrupoli. “Va bene, te lo prometto. Però non fermarti se non dico nulla, non aver paura. Io lo voglio tantissimo.”
Appena le labbra di Ludger sfiorarono il sesso di Amedeo lui smise di pensare a qualsiasi cosa: gli mise entrambe le mani fra i capelli per tenerli indietro, con una delicatezza che faceva somigliare quel gesto a una carezza. Poco dopo sentì il freddo del gel sulla pelle e un dito che iniziava a entrare lentamente; non aveva immaginato che iniziasse così, perché sperava di poter arrivare subito all’atto completo. Si riempì d’aria i polmoni, voleva soprattutto tranquillizzare Ludger.
“Non mi fa per niente male.”
Subito dopo aver parlato sentì la sua mano iniziare a muoversi, causandogli un leggero fastidio. ll fatto che finalmente stesse accadendo lo portò vicino all’orgasmo, e quella nuova sensazione alimentò il piacere. Voleva sentire Ludger in ogni modo possibile, con una determinazione incrollabile. L’orgasmo fu così forte che arrivò a gridare, e tolse le mani dalla testa di Ludger perché temeva di fargli male senza accorgersene.
Restarono a lungo abbracciati, Ludger gli cingeva la vita gustandosi le sue carezze sui capelli; sapeva che non avrebbero potuto fermarsi a lungo, e ne era dispiaciuto. Pensò che appena usciti da quella terra di nessuno ad Amedeo sarebbe di nuovo montata la tensione, e strinse più forte baciando la pelle tesa sulle costole. Sentiva le sue dita scivolare senza attrito fra i suoi capelli, Amedeo li sollevava per poi farli ricadere lentamente. Un gesto che si ripeteva senza variazioni.
“In questo momento vorrei restare qui per sempre.”
Amedeo alterò per un istante il ritmo del movimento della mano, per poi riprendere. “Anch’io… sto così bene, non mi va per niente di rimettermi in moto. Ma non posso dar buca alla ragazza delle foto… ti andrebbe di venire con me?”
Ludger sollevò la testa per guardare l’orologio sul comodino, sollevato nel constatare che avevano ancora del tempo. Si lasciò ricadere sul torace di Amedeo, che riprese ad accarezzarlo. “Certo, verrei dovunque con te.”
Amedeo seguì il rilievo della cicatrice che sporgeva al lato della tempia destra con i polpastrelli; scoprendo che si estendeva fino al lato della testa. Ludger lo lasciò fare restando in silenzio.
Facendo scorrere l’indice su quel segno, Amedeo separò i capelli. “Ti infastidisce se la vedo?”
Gli rispose con rilassatezza. “Non mi dà fastidio niente se lo fai tu.”
Amedeo si curvò ad osservare quella linea che scorreva bianca e sottile sull’osso temporale, che era più lunga di come aveva immaginato. Avvertì una sensazione di dolore al torace, così acuta da dargli l’impressione che il proprio corpo stesse reagendo a una ferita. Si chinò ancora di più per poggiarci sopra le labbra, provando una profonda tenerezza al pensiero che Ludger fosse lì, ancora lì, per lui. Era il primo bacio scollegato dalle dinamiche del desiderio che nasceva soltanto dalla dolcezza. Ludger lo aveva aspettato a lungo; l’emozione che sentì era talmente forte da fargli salire le lacrime agli occhi. Non pensò a nulla, stava bene e aveva la percezione che finalmente fossero riusciti a incontrarsi, che qualcosa si stesse sciogliendo. Era per momenti come quello che sarebbe stato disposto a sopportare uragani di paturnie. Dopo il bacio Amedeo si tirò a sedere, chiedendogli se potesse fargli una domanda. Era di nuovo inquieto.
“Amedeo, tu puoi chiedermi qualsiasi cosa, lo sai.”
Lo vide abbassare gli occhi.
“Ti ricordi la tua prima volta con un uomo?”
“Sì. Sono curioso di sapere perché ci stai pensando proprio adesso.”
“Perché ho immaginato che deve averti fatto male, e mi dispiace.”
Ludger lo guardò alcuni secondi restando in silenzio, la luce iniziava a scendere ma riuscì a distinguere chiaramente la sua figura bianca appoggiata ai cuscini. Amedeo guardava le proprie mani con un’espressione da bambino triste che lo riportò alle dinamiche iniziali: quel suo autentico dispiacere per eventi lontani, forse rimossi anche da Ludger stesso.
“Sì, mi ha fatto un male tremendo. Me la sono voluta, non avevo detto al tipo che era la prima volta. Ormai è passato tanto tempo e non importa più, non devi dispiacerti. Mi sembra inutile, considerando che non dispiace neanche a me.”
Amedeo alzò gli occhi. “Tutto quello che ti ha fatto male per me è importante, e mi dispiace. Credo sia normale, no? Poi, non so… penso che tu abbia troppa paura di far male a me ora, e credo possa essere per questo e vorrei che non ti trattenessi. Altrimenti dovrò mettermi la museruola… ma non è solo per questo, cerco di capire. Nobuko era…”
“Era morta.” Ludger terminò la frase per lui. Nessuno aveva più nominato il nome di Nobuko in quella casa, e sentirlo da Amedeo gli fece sembrare quel lungo silenzio giusto. Lui poteva farlo perché era un modo per capire la persona che aveva di fronte. “Sì, era morta da poco, e io stavo sbroccando di brutto. È evidente che volevo distruggermi. Ma non credo di essere andato con quel tipo solo per questo, ero attratto dall’idea di stare con un ragazzo, mi aveva sempre incuriosito ma non avevo mai avuto nessuna occasione. Così ho iniziato a frequentare posti in cui sarebbe potuto accadere, e quando quel tipo mi ha rimorchiato ho lasciato che accadesse. Non era un frequentatore abituale e non l’ho rivisto che un paio di volte, sempre con gli stessi esiti anche se mi sono divertito parecchio di più. Sai, lui doveva avere qualcosa di profondamente storto. E mi piaceva proprio per quello. Poi ho saputo che è morto, e l’ho invidiato per questo.” Smise di parlare stendendosi al suo fianco, con un viso sereno malgrado la voce incolore. “Hai detto, nel tempo, tante cose così appropriate sul mio passato che a volte mi meraviglio… perché te ne ho parlato così poco. Ma sono sicuro che, se qualcuno mi avesse detto che Nobuko non avrebbe voluto per me quell’orrore, non gli avrei permesso neanche di finire la frase. Il dolore era troppo forte, avevo bisogno di cose altrettanto forti per metterlo a tacere, ed ero una specie di bestia impazzita. Lo ricordo, ma non mi appartiene più. Mi capita spesso di ricordare solo frammenti di trame che si sono perdute. In questo caso è diverso, potrei citarti ripetendo che è come se avessi vissuto alcune vite scollegate tra loro, e quella adesso mi sembra di un altro. Cosa pensi di Nobuko adesso? Prima non lo capivo, ma non era facile parlarne.”
Amedeo sorrise con dolcezza. “Ludger, è una domanda impossibile. In questi mesi sono stato ossessionato da te e da lei, però non la conosco. Ci sono state tante volte in cui mi sono sentito al suo posto e ho provato un senso di nausea, perché non era giusto… per lei. Può sembrare paradossale ma le voglio bene, anche se è impossibile voler bene a qualcuno che è morto e non hai conosciuto. Per me Nobuko sei tu, quella parte di te che non raggiungerò mai ma che ti rende la persona che sei. Forse quella per cui è più facile provare solo sentimenti positivi, che viveva in un’età dell’oro che trascende le dinamiche che mi nevrotizzano. A un certo punto dovremo raccontarci tante cose. Parlando con Nora ho capito che eri stato con lei prima dell’incidente. Non credo le abbia fatto piacere, non riesce a perdonarsi per quella notte. Mi rendo conto che non sarei potuto arrivare prima, anche perché prima io non c’ero. Poi parleremo anche di questo… non fare quella faccia.” Gli accarezzò il viso fino a farlo sorridere. “Nora mi ha detto poco, a parte i primissimi tempi ho proibito a lei e Andrea di parlarmi di te, perché descrivevano qualcuno troppo diverso da come ti conoscevo, e non mi sembrava giusto. Volevo conoscerti partendo da te, non da loro. Comunque l’ho capito per le poche cose che mi avevi detto, sommate a quello che stava dicendo lei. Ricordo che ti chiedevi come ne fosse uscita. Quella notte l’ha soccorsa Andrea, mi ha detto che non sapeva chi altro chiamare per farsi raggiungere qui. Aveva una spalla lussata… l’ha definita una sciocchezza, non ce l’ha mai avuta con te per questo.”
Ludger si era spostato sul bordo del letto, girandosi di lato, con i gomiti poggiati alle ginocchia e il viso al pavimento.
“Lù?” Amedeo gli si avvicinò per cingergli le spalle.
“Mi chiedo… mi chiedo da sempre come sia possibile che tu possa reagire con tanta naturalezza a queste storie. Così come mi ha sempre stupito che tu non abbia mai mostrato fastidio per fatto che sono stato con Elisa. Sai, io mi rendo conto di essere abbastanza originale, però tu mi stupisci sempre. E poi mi chiedo dov’eri prima di scappare qui, prima della tua ragazza di cui non eri innamorato. Dov’eri soprattutto prima di Elisa e Sebastiano.”
Amedeo lo strinse forte prima di rispondere, nel tentativo di alleggerire l’atmosfera. “Senti, mi farebbe parecchia impressione se fossi stato con Andrea, perché non è per niente il mio tipo. Per le ragazze no, non mi stupisce. Anche perché è come se fosse successo da sempre. Ti vorrei parlare di cosa c’è stato prima ma non adesso. Oppure mando un messaggio a quella ragazza con cui ho appuntamento e lo sposto.”
Ludger gli baciò le labbra. “Andiamo, per oggi mi hai commosso abbastanza… ma dove sono le stampelle?”
Amedeo rise. Iniziò piano sussultando appena, poi si coprì il viso con le mani ancorando le dita alla radice del naso ed esplose in una risata incontenibile. Ludger lo guardava rapito, ricordando di averlo preso per mano per poi percorrere il corridoio quasi correndo. Sorrise di quella risata, gli sembrava un esorcismo sentirla in quella stanza dopo tutto quello che si erano detti. Pensò che Amedeo avesse ragione: c’era qualcosa in lui che si tratteneva, e anche la sua ostinazione a voler vivere lì non lo aiutava. Ma il suono della sua risata era qualcosa di cui aveva bisogno per sciogliere un altro nodo, e soltanto in quel luogo poteva avere un potere salvifico.
“Ludger… perché piangi?”
“Per la bellezza di questo momento… mi porteresti una o due stampelle per favore?”
Arrivarono a San Lorenzo leggermente in ritardo, e trovarono la ragazza con cui Amedeo aveva appuntamento in cucina, a parlare con Elisa e Giulia; stavano sorseggiavano tè chiacchierando allegramente, come in un incontro tra amiche.
Giulia era sempre stata piuttosto silenziosa, ma negli ultimi tempi sembrava malinconica, e anche la frequenza con cui si incontrava con Elisa si era diradata. Appena entrarono nella stanza si alzò, ed evitò di rivolgersi a Ludger abbracciando direttamente Amedeo.
“Sei sempre uno splendore tu! Prima o poi ti chiamerò per chiederti un favore.”
Strinse la mano a Ludger e annunciò che doveva andare, ostentando indifferenza; dopo aver baciato Elisa sulle labbra uscì velocemente, senza darle neanche il tempo di accompagnarla alla porta. Amedeo si spostò nella sua camera per il suo incontro di lavoro, mentre Elisa e Ludger andarono in salotto.
“La tua amica oggi è storta o è sempre così cordiale?”
Elisa mandò gli occhi al soffitto. “Cordiale non è stata mai, soprattutto con i ragazzi… ma ultimamente sta peggiorando da tutti punti di vista. È sempre in guerra con il mondo e con il genere maschile in particolare, anche se con Amedeo ha sempre fatto un’eccezione. Un sacco di volte si sono messi a parlare in cucina mentre io dormivo, ma ultimamente non si ferma più qui così spesso. Non ha preso per niente bene la presenza di Lorenzo nella mia vita. Però penso ci sia qualcos’altro, ma non c’è verso di capire cosa.”
Ludger pensò a quanto apparisse diversa Giulia da Elisa ed Amedeo, e non riusciva a capire come potessero aver legato tanto. “Come vi siete conosciute?”
Elisa rise, contenta di ritrovarsi a parlare con lui. “Mi ha rimorchiato all’università e continua a essere innamorata di me. Ci ripetevamo di avere la maledizione di innamorarci delle persone sbagliate. Se anche Amedeo si fosse innamorato di lei il cerchio si sarebbe chiuso. Poi le cose sono andate come sono andate, ma lei è di uno sfigato cronico in queste cose. Lo so che non fa una buona impressione, perché non la vuole fare. Però è una persona eccezionale, anche se sepolta.” Si interruppe sentendo il rumore della porta d’ingresso. “Vado incontro a Lorenzo, sii clemente con lui, mi raccomando.”
Il senso delle sue parole gli fu chiaro quando Lorenzo si presentò, rivolgendosi a lui con una premura eccessiva e imbarazzato nel trovarsi di fronte al protagonista di tanti racconti. Ludger lo accolse come un amico, e gli fece subito una buona impressione; per metterlo a suo agio indirizzò la conversazione sulla ristrutturazione del proprio appartamento, mentre Elisa sostituiva le tazze di infuso con i calici di prosecco per accelerare il processo.
Quando Amedeo li raggiunse stavano conversando piacevolmente, e si unì a loro sedendosi vicino a Ludger sul bracciolo del divano; dopo essersi rollato una sigaretta iniziò a parlare del legno della cabina armadio e di quanto fosse stato difficile sceglierlo.
Elisa ricomparve truccata e vestita per uscire, ricordando solo in quel momento di non aver menzionato la cena da Davide. “Cavoli, me ne ero proprio dimenticata. Perché non venite anche voi? Non penso che il tuo amichetto si sia offeso se per una volta non lo hai aiutato a preparare. Anzi, vedendoti con Ludger credo che approverebbe per primo. Dai! Venite che gli facciamo una sorpresa!”
Amedeo ammise che gli era completamente passata di mente, e Ludger tenne per sé il desiderio di passare la sera insieme a parlare, pensando che avrebbero avuto molte occasioni.
“Se vuoi andare per me va bene. Sono stanco, ma reggo e mi farebbe piacere rivederlo.”
Ludger seguì Amedeo nella sua stanza, dove voleva cambiarsi prima di uscire. Gli piaceva vederlo muoversi nel suo spazio. I suoi pensieri iniziarono a muoversi in direzioni nuove: avrebbe voluto chiedergli di organizzarsi per rendere le loro notti più comode in quella casa, portandosi almeno un cambio. Mentre lo osservava scegliere i vestiti decise di restare in silenzio, per evitare discorsi che rischiavano di riportare Amedeo in balìa delle sue inquietudini, senza avere il tempo di poterle affrontare da soli. Amedeo abbandonò a terra tutto quello che si toglieva, indossando abiti simili a quelli abbandonati sotto i suoi piedi scalzi.
Ludger lo osservò con attenzione, deliziato da ogni suo gesto. “Dove pensi di passare la notte?”
Amedeo si girò con un bel sorriso. “Non lo so, sicuramente vorrei stare con te. Del dove non mi importa niente.”
Con quella risposta mise fine ai pensieri che Ludger non aveva voluto condividere: era felice.
La casa di Davide era piena di persone che chiacchieravano reggendo calici di vino, in un’atmosfera molto rilassata, e Amedeo salutò molti dei presenti. Ludger si liberò di una stampella per stringere mani e sentire nomi che avrebbe dimenticato presto; si rapportavano a lui manifestando una certa sorpresa che gli faceva intuire un sottotesto che ancora non conosceva.
Elisa si avvicinò, sussurrandogli all’orecchio. “Hai visto che facce? Che spasso… in molti-troppi hanno provato a chiedere informazioni su Amedeo a Davide e Lorenzo, poveracci. Poi guarda, basta vedere come sorride stasera per capire che qualcosa è cambiato. Non sai quanto sono felice di vedervi così.”
Amedeo si fece strada trascinando Davide per una mano; rideva, giocando con il suo amico per l’assurdo grembiule da cucina che indossava.
Elisa terminò velocemente. “Lo vedi pure tu. Sembra un’altra persona.”
Davide si bloccò a metà di un passo quando mise a fuoco Ludger, e nomindo un santo oscuro si rivolse ad Amedeo con un viso stravolto, incredulo. “Ok ok ok, ho bevuto già tanto ma questo mi sembra troppo.”
Amedeo continuò a ridere, passandogli un braccio sulle spalle per spingerlo ad avanzare. Ludger lo salutò, scherzando sul fatto che avesse impiegato diversi di mesi per accettare quell’invito a cena.
Davide scosse la testa tornando a guardarlo con gli occhi lucidi. “Voi due siete… una specie di epifania… davvero incredibile. Grazie per essere venuto, sono felicissimo di vederti, e così bene! Ecco perché il mio amichetto è scomparso da giorni… che bello!”
Amedeo rise. “Ludger, sei riuscito a impallare anche lui.” Notò che a Davide non erano sfuggiti i segni sul collo di Ludger, e per la prima volta ne sorrise.
Mangiarono seduti sui salottini in balcone, circondati dagli amici di Amedeo. Ludger liquidò i mesi passati a curarsi con poche parole, e nessuno gli fece domande. Dopo cena Amedeo si alzò per prendere di nuovo da bere, e impiegò molto tempo a muoversi perché la casa piena di persone; veniva fermato in continuazione perché erano molti a voler commentare con lui il ritorno del suo amico. Rispondeva ironicamente, ripetendo i vari appellativi con cui veniva etichettato Ludger: li trovava tutti ridicoli anche se non inesatti, e non capiva se fosse divertente o fastidioso dover pensare a un termine per definire il loro rapporto. Quando riuscì a tornare in terrazzo, soltanto Elisa e Lorenzo erano ancora seduti sui divanetti; gli indicarono Ludger e Davide che erano poggiati al parapetto poco più avanti. Amedeo li raggiunse scherzando, mentre Ludger fumava la prima sigaretta della giornata.
“Non ti posso lasciare cinque minuti che ti attacchi al tabacco e chissà a cos’altro.”
Davide rispose con lo stesso tono scherzoso. “Non sono stati ‘cinque minuti’, meno male che lo hai lasciato in buona compagnia, non tornavi più. Ti sei perso?”
“Mi son dovuto districare nella selva di curiosità e felicitazioni, non è stato per niente facile. Però è stato istruttivo, non ho sentito un solo termine che non avesse una sfumatura ridicola per definire una coppia di uomini. Davide, tu che sei più pratico, devo rassegnarmi al compagno? Non lo so, a me fa pensare a quello di banco.”
Il suo amico rise. “Suggerisco sempre un pratico fidanzatino, tanto per iniziare bene. Adesso scusatemi perché sto trascurando i miei ospiti e soprattutto mio marito, cielo!”
Ludger tenne i gomiti sul parapetto guardando il panorama notturno che li circondava, mentre Amedeo iniziò a prepararsi una sigaretta, appoggiandosi alla ringhiera nel posto lasciato libero da Davide.
“Ancora non riesco a credere che sei qui… in questi posti mi fa ancora più impressione, forse perché uscire per me era come fuggire in modo diverso. Ma per quanto potessi scappare, bere e tutto il resto, pensavo sempre a te, e il tuo vuoto era il cardine su cui girava tutto.”
Ludger gli prese la sigaretta dalle labbra e tornò a guardare i tetti irregolari che li circondavano. “Mi dispiace, forse nella stessa misura in cui mi piace esserci adesso. Sai? Non riesco a superare un forte senso di irrealtà.”
Per una volta Amedeo riuscì a gustarsi uno dei momenti nei quali accusava una sensazione di sovrapposizione temporale. “Anche per me è così, ma con te vicino diventa bello. Anzi, bellissimo… dovresti fare più spesso shopping con Nora, questi pantaloni ti stanno benissimo… anche se, come dice la persona più raffinata che conosco, riesci ad essere elegante anche con un paio di pantaloni della tuta.”
Parlando si mantenevano entrambi di profilo, affacciati dal terrazzo ricco di piante, rivolto verso i tetti irrregolari.
“Sono felice di aver conosciuto Sebastiano, potrebbe essere un personaggio davvero interessante, e credo sia un vero peccato che non possiate vedervi più spesso. Mi hai detto che si veste in modo esageratamente elegante, ma porta sempre completi?”
“No, si veste così quando non vuole pensarci, quindi piuttosto spesso. Dice che si traveste da uomo per risparmiarsi seccature superflue. Non sai quanto ero preoccupato per il vostro incontro, è stato un sollievo incredibile vedervi insieme così.”
“Non sarebbe stato per niente intelligente da parte nostra metterti in difficoltà. Per me è stato facile, per lui non so e non mi interessa poi molto. Adesso credo di aver avuto un contatto con la maggior parte del mondo che ti sei costruito, e mi piace tutto. Sono curioso di vedere cosa verrà fuori, perché il mio è tutto da costruire. Anzi, sono talmente esaltato da dimenticare anche la stanchezza. Ci sono dei momenti in cui mi sento come un adolescente che ha rubato la macchina dei genitori in piena notte, in compagnia della persona che per lui è più importante, scappando senza una destinazione. Forse senza saper guidare del tutto. Provo un’euforia che pensavo di non sperimentare più. Non mi importa dove, voglio solo andare.”
Amedeo era rivolto verso il suo profilo bianco, ritagliato contro il cielo scuro, cercando di assorbire il significato di ogni sua frase. Era felice di riuscire a focalizzare su di lui tutta l’attenzione perché, per la prima volta, si sentiva libero dai suoi avvitamenti mentali. “In questo viaggio io che ruolo ho?”
Ludger restò immobile, accennando un sorriso; Amedeo notò ancora una volta quanto i suoi lineamenti taglienti si ammorbidivano, assecondando le variazioni del suo umore.
“Non lo so. Amedeo sei tu a generare il movimento, e sarai tu a scegliere il tuo ruolo. Io vorrei che tu fossi soprattutto libero, prima ancora di volerti al mio fianco. Vorrei essere il tuo compagno di fuga, non la tua nuova gabbia. Tu cosa ne pensi?”
“Io penso che dovremmo prenderci un tempo alieno dal fluire dei giorni. Che poi è un ritmo tutto mio perché tu non hai avuto il tempo neanche per capire dove sei atterrato, stavolta… Una parentesi, un viaggio vero. Partire insieme staccandoci da tutto. Creare uno spazio neutro dove incontrarci per provare a capire e capirci. Forse addirittura conoscerci.”
Ludger si girò a guardarlo stupito. Aveva affrontato la fatica di quei giorni senza lamentarsi della stanchezza, per non dargli l’impressione di volerlo condizionare né alterare il suo quotidiano. Era ormai certo che, in quei mesi di abbandono, Amedeo fosse riuscito a dare voce a parti importanti della sua natura. In un passato lontano Ludger aveva amato i viaggi; ne aveva fatti molti ma non riusciva più a ricordare l’ultimo, anche se era certo fossero passati diversi anni.
Amedeo riprese a parlare continuando a guardare i tetti. “Oggi abbiamo parlato un po’ di Nobuko, e ne sono felice perché ho pensato tantissimo a lei. Non ti ho mai detto che non ho più la sua età. Odio sentire gli auguri al telefono… quando Sebastiano mi ha portato a Ravenna ho compiuto ventitré anni. In primavera c’è stato un giorno in cui mi sono trovato a parlare con Nora. Lei piangeva e io ho provato a consolarla… indossavo i vestiti di Nobuko, consolavo la sua amica, parlavo con te al telefono… è stato strano, ho avuto un senso di sovrapposizione temporale fortissimo, e mi è venuta la nausea. So che pensi che non ho tolto niente a nessuno, so che è tutto diverso per te, ma sono contento di aver superato quello stato in cui mi potevo sentire al suo posto. Mi hai detto di non perdermi in pensieri inutili, ma certe volte i pensieri vanno da soli… e so che se fosse andata diversamente io non potrei essere qui. Ma, credimi, in ogni momento avrei preferito che lei fosse stata viva, per lei e per te. E che tu non avessi dovuto affrontare quel dolore. Non serve a niente, ma è una delle tante cose che non ho avuto mai modo di dirti. E poi penso che non conosco lei ma non conosco neanche come eri tu prima, così come non conosco quello che sei adesso, perché sei diverso dalla persona che ho incontrato… e tu non conosci pezzi importanti della mia storia. Non voglio dare niente per scontato, io desidero anche ascoltarti. Ho paura che potremmo perderci nelle mie paturnie e nella perenne corsa dei giorni. Ludger, voglio staccare da tutto e provare a raggiungerti davvero, e permetterti di aprire tutte le porte che tengo chiuse a chiave. Mi piace la tua metafora della fuga di notte, e io anch’io voglio stare su quella macchina intero.”
Ludger gli parlò a voce bassa. “Io ti amo, lo sai? A volte penso che tu non possa avere idea di quanto sia forte il sentimento che provo per te.”
Amedeo sorrise, scuotendo la testa. “Probabile, ma voglio provare a farmela. È la seconda volta che me lo dici, e mi sembra assurdo come la prima… ho messo da parte qualcosa quest’estate e vorrei andare lontano da tutto, con te. Ho anche pensato al posto. Vorrei passare un po’ di giorni a scopare, dormire, parlare ma anche stare in silenzio a guardarti senza pensare agli orologi.” Si fermò per respirare profondamente. “Sarebbe bellissimo, no?”
Ludger sorrise, la gioia di quella possibilità gli diede un senso di vertigine. “È un’idea magnifica, dove pensavi di andare?”
“Al mare. Un mare bello… Creta, il palazzo di Cnosso, la terra del toro e del labirinto… ti andrebbe?”
“Per quanto mi riguarda siamo già lì.”
“Mi ero appena trasferito a Roma. Era estate, avevo diciannove anni e ancora non avevo capito dov’ero atterrato. Stavo sfogliando la vaschetta delle novità da Disfunzioni e ho sentito una voce molto vicina. Il termine paturnie l’ho adottato in seguito. Ero completamente avvitato nelle mie inquietudini, quindi tendevo a fare e dire esattamente l’opposto di quello che mi sarebbe venuto naturale. A ripensarci adesso è incredibile la quantità di doni che mi hanno fatto le paturnie… Sebastiano mi chiese, senza nessuna intonazione nella voce, se gli potevo consigliare qualcosa di molto violento ma non stupido. Mi sono spostato di fronte a un altro espositore senza rispondergli e gli ho passato uno dei miei dischi preferiti dei Godflesh, senza neanche guardarlo. Poi non mi ha esattamente invitato a prendere qualcosa con lui, piuttosto mi ha detto che andava al bar. Solo allora ho alzato gli occhi su di lui, quando già si stava girando per andare via. Era una specie di visione. L’ho seguito fino al bar dei Belli, che è un posto di uno squallore raro, non so se lo conosci… era vestito in modo assurdamente elegante, e si muoveva con quei gesti fluidi… faceva sembrare tutti quelli che ci circondavano dei sacchi di patate. Con il tempo molte delle sue stranezze si sono attenuate, ma in quel periodo era davvero carico. Io non dicevo nulla, ti puoi immaginare… adesso ne rido, ma credimi, ero davvero sotto shock. Forse mi fingevo morto. Sebastiano guardava tutto e tutti con fastidio tranne me e non ha neanche toccato il suo bicchiere. Ha aperto la confezione del CD, e mi ha passato il libretto dicendo di scriverci sopra il mio numero, se mi interessava sapere cosa pensava di quella musica. Per me uno scempio scrivere su un libretto, e probabilmente ho sorriso scrivendo il mio nome e il numero. Lui ha sillabato il mio nome e ha aggiunto che è orribile, che con i miei occhi meritavo di chiamarmi Luca. Poi si è alzato ed è andato via. In quel primo incontro non ho detto niente, neanche una parola. Ha chiamato dopo mesi, nel frattempo ho conosciuto altre persone, iniziato l’università, costruito qualcosa che potesse somigliare a una mia versione di vita normale. Ripensavo spesso a quel poco tempo passato insieme senza mai trovare una spiegazione, fino ad archiviarlo come una delle tante cose che mi capitano e non capisco… ero convinto che non ci sarebbe stato un seguito.”
Amedeo e Ludger erano sull’isola da due giorni, e i loro ritmi avevano subito un cambiamento drastico: si svegliavano presto per non perdersi le mattine di sole, rinunciando alla notte. Il primo giorno era stato interamente speso nel pellegrinaggio al palazzo dell’ascia bipenne e al museo Heraklion, dove pensavano di tornare. Quella mattina avevano nuotato fino al largo prima di fare colazione; per Amedeo avere il mare a pochi metri dal letto era un’esperienza straordinaria. Appena sveglio era saltato in piedi porgendo la mano a Ludger, che lo aveva seguito senza protestare, felice di quel sorriso come di un dono divino. Da quando erano partiti l’umore di Amedeo si manteneva più stabile, un miglioramento che confermava la necessità di uno spazio esclusivo, in cui potersi fermare e incontrarsi fuori dai suoi pattern quotidiani: strutture di sopravvivenza irrinunciabili, destinate a subire una profonda trasformazione. Entrambi sentivano la necessità di capire su quale terreno iniziare a ricostruire e potevano farlo soltanto in un territorio neutrale, assaporando la semplice bellezza della vicinanza.
Ludger in acqua rivelò un’agilità insospettabile dai movimenti ancora penalizzati per lo scarso equilibrio nel camminare; nuotava con un’ottima tecnica, e Amedeo riuscì a raggiungerlo soltanto quando rallentò.
Si baciarono in acqua, e tornarono ad aggrapparsi agli scogli per fare l’amore, abbagliati dalla bellezza dei loro corpi chiari immersi nell’acqua trasparente. Giocarono con il getto violento di un tubo per togliersi il sale dalla pelle; Amedeo si schermò il viso con le mani, ridendo, mentre Ludger non gli dava scampo deliziato dalla sua allegria. Pensò che quella era la prima volta che ridevano per un semplice gioco, e lo portò avanti finché le labbra di Amedeo presero una sfumatura scura per il freddo. Dopo aver fatto colazione asciugandosi al sole, si sdraiarono all’ombra in veranda avvolti in teli di cotone leggero. Si accarezzarono a lungo, guardando il mare. Il racconto dell’incontro con Sebastiano era iniziato dopo un lungo silenzio, senza preavviso.
“Sai che mi stupisci? Non mi aspettavo che le nostre confessioni sarebbero partite da tuo fratello.”
Ludger aveva la testa appoggiata al torace di Amedeo, straordinariamente rilassato mentre sentiva le sue dita scorrergli fra i capelli; immaginava che i racconti sarebbero iniziati dai nodi più serrati, in particolare dalla sua famiglia.
Amedeo sospese il ritmo costante delle carezze per accendere una sigaretta, riprendendo a parlare dopo essersi gustato le prime boccate. “Inizio da Sebastiano perché è la parte più bella della storia arcaica, prima di conoscerti… anche Elisa è stata straordinaria fin da subito, ma lei è una figura molto più lineare. Appena arrivato mi ero preso una stanza squallidissima in una pensione vicino alla stazione Termini. Non avevo molti soldi e volevo trovare al più presto una sistemazione decente, ma non sapevo da dove iniziare. Ad un certo punto mi ha raggiunto mio padre, lui mi ha sempre appoggiato e aiutato. La stanza a casa di Elisa siamo andati a vederla insieme. Per me lei è stata una salvezza, come un perenne carnevale di parole dopo una vita passata a nascondermi nel silenzio… forse faceva pratica, comunque mi ha aiutato ad accettarmi, e farmi sentire in qualche modo normale. Sebastiano ha avuto un ruolo complementare. Lui ha amplificato e nutrito le mie stranezze perché sostiene che siano una delle fonti della mia bellezza. Ha sempre pensato che non dovevo aspirare alla normalità, ma a qualcosa di speciale in cui realizzare le mie caratteristiche. La normalità è deprimente, diceva, la norma non esiste, è solo una regoletta noiosa… Insomma, dopo qualche mese mi ha chiamato definendosi il tipo del CD non stupido. Sono stato travolto da un’emozione forte, penso simile a quella di un adolescente che riceve l’invito a una festa che aveva catalogato come troppo figa per essere invitato. Mi aspettava fuori dal bar dei Belli, e mi ha invitato a fare una passeggiata al Verano, che non avevo ancora visitato. Quel giorno non avevo le paturnie ed è stato bellissimo, abbiamo parlato ininterrottamente scoprendo e definendo le affinità che ci univano. Per me era come seguire un personaggio fantastico, uscito da un romanzo russo. Ogni tanto iniziava a correre e arrampicarsi, scavalcando qualsiasi ostacolo gli si parasse davanti. Credimi, era incredibile vederlo muoversi così veloce, vestito in quel modo. Io lo seguivo ridendo, scegliendo traiettorie più facili… non riuscivo a capacitarmi di come fosse completamente indifferente alle poche persone che incontravamo. Non riuscivo a capacitarmi di lui. Di fronte a tombe di persone morte da più di un secolo mi ha regalato la definizione guardare la vita che scorre come dietro a un vetro, trasparente e impenetrabile. Mi ha raccontato di aver avuto una vita sessuale sfrenata fin da giovanissimo, per una serie di coincidenze non sempre fortunate. Era andato avanti così fino a che ha perso una persona che gli era particolarmente cara… Adriano, il suo primo fratello. Sieropositivo, morto dopo mesi tremendi in cui gli era stato vicino tutto il tempo. Questo aveva segnato per lui un cambiamento radicale. Dopo aver finito gli esami, come aveva promesso al suo amico, si è trasferito a Parigi e ha iniziato a lavorare. Ha smesso di bere, fumare, drogarsi e fare sesso. Era completamente solo prima di adottarmi, e poi è arrivata anche Aline, ma il loro rapporto non l’ho mai capito. Come hai visto gni tanto si concede delle eccezioni sul bere e fumare, ma sono piuttosto rare. Ha una sua filosofia amorale incredibilmente affascinante e coerente. Amorale nel senso che viene prima della morale comune. Si fa guidare da un senso etico personale, costruito in piena autonomia nella sua infanzia selvaggia. Sono sicuro che non abbia mai fatto male a nessuno, così come ho la certezza che sia stato ferito più volte… per questo credo che il suo vetro sia anche una protezione. Incontrarlo per me è stata una delle esperienze fondamentali che mi hanno reso quello che sono, forse per questo ho iniziato da lui. Senza Sebastiano probabilmente sarei finito a limare le mie spigolosità, ad attenuare le mie stranezze. Condividere con lui in piena libertà i miei pensieri in disordine spesso mi ha salvato, perché mi ha sempre dato l’impressione di provare a ricavargli uno spazio, accettando il caos… Elisa ha sempre avuto il sogno di salvarmi, lui ha sempre voluto veder realizzata la mia natura… Lù, dormi?”
Ludger sollevò la testa per baciargli la pelle tesa sulle costole, e si lasciò ricadere. “No, pensavo che ho un debito di riconoscenza mostruoso con lui.”
Amedeo rise. “Posso immaginare facilmente come risponderebbe Sebastiano, direbbe che non lo ha fatto sicuramente per te… mi sembra di sentire la sua vociona.” Continuò a ridere, immaginando la venatura sottile di ironia che avrebbe utilizzato.
Ludger sollevò la testa per osservarlo sorridendo; aspettò che finisse per chiedergli di raccontare il ricordo più bello di Sebastiano.
“Una volta mi ha chiesto di scendere con vestiti comodi, e di portare la reflex che mi aveva regalato da poco… lui non ha nessun interesse per le automobili, ha una vecchia cinquecento che sembra uscita da un cartone animato di Lupin terzo, guida così piano che io al confronto sono spericolato… insomma, sembrava che non si arrivasse mai. Era un posto boscoso da qualche parte in Toscana, bellissimo, che lui conosce bene perché suo padre vive ancora lì. Si è spogliato completamente, togliendo anche le scarpe, e ha lasciato tutto nella macchina con le chiavi attaccate. Poi ha iniziato a correre tra gli alberi come un pazzo. Ci siamo arrampicati su un albero magnifico, lo facciamo ancora. Lì sopra ha raccontato la storia del primo Luca, il suo amico d’infanzia dagli occhi blu, la persona che ha sentito più vicina in tutta la sua vita. Avevano costruito un mondo lontano da qualsiasi forma di condizionamento. Poi Luca è stato normalizzato dai suoi genitori, e Sebastiano è stato cacciato dal paradiso. Gli è rimasta la convinzione incrollabile che tutto dovrebbe nascere dalla libertà. Alla fine di quel pomeriggio si è sdraiato su un prato e ha pianto rivolto verso il cielo. Io avrei potuto guardarlo per ore… quella che lui definisce lacrimazione incontinente mi ha sempre colpito. Ho iniziato ad accarezzargli la fronte e lui mi ha chiesto un bacio sulle labbra. Quello è stato il primo, poi ce ne siamo dati diversi. Quella volta ha detto che ho il potere di calmarlo, anche quando non ci sono. Mi ha anche sussurrato che ha tanta paura di morire da solo. Io credo non abbia mai superato la morte di Adriano. Quella volta l’ho abbracciato e lasciato piangere per tutto il tempo che ha voluto. Quando si è alzato ha ripreso a correre ridendo, era quasi buio. Ricordo benissimo la sua figura bianca tra gli alberi. Gridava e rideva, era incredibile. Perché ridi?”
Ludger pensava all’aspetto che aveva Amedeo quando si erano conosciuti, e alla sua natura nascosta al punto che non avrebbe mai creduto potesse vivere giornate simili. Ricordava bene anche il suo rifiuto di giudicare gli altri, e la naturalezza con cui aveva accettato le sue stranezze.
“Nei primi tempi non ti avrei mai immaginato a correre nudo di notte nei boschi gridando con un tuo amico… però sai, devo aver capito piuttosto in fretta che hai un animo libero. E sì, quello nudo che gridava non eri tu, ma il fatto che sia un ricordo importante per te non rende la differenza così significativa. Avresti potuto essere tu, perché Sebastiano ti ha fatto capire cosa potevi accogliere e assimilare, per questo lo trovavi così straordinario. Dài, un altro ricordo e poi farei una nuotata prima di pensare al pranzo, se sei d’accordo. Altrimenti possiamo restare sdraiati qui fino a scioglierci, anche quello non mi dispiacerebbe.”
Amedeo cambiò posizione per baciargli le labbra prima di tornare a sdraiarsi. Il momento che stava vivendo era esattamente quello di cui aveva bisogno: sentire il corpo di Ludger che scorreva tra le sue gambe, guardare con lui il mare e parlare senza paura di farsi male.
“Credo che tu gli sia piaciuto molto. Voglio sperare che prima o poi sarà lui a raccontarti la sua storia, come ha fatto con me. Secondo e ultimo ricordo della mattina… un mio compleanno. Odio i compleanni e detesto gli auguri al telefono, quella volta ho capito che mi piace passarli a fare cose straordinarie con le mie persone. Non ricordo perché la sera prima si era storto, forse qualcosa legato ad Elisa. Quella mattina mi è arrivato un mazzo enorme di rose bianche con un biglietto insulso. Poi si è presentato con l’ultima rosa piena di spine in mano dicendo che l’avrei potuta inserire in un orifizio a mia scelta, se pensavo fosse necessario per pareggiare i conti. Ovviamente era uno scherzo, ma recitato con una serietà disarmante. Ha attaccato la rosa alla parete, quello che ne resta è ancora lì. Con il tempo tutto in lui si è mitigato. Mi ha elencato il programma che aveva organizzato per me, un viaggio a Vienna per visitare il museo che ha la collezione più vasta delle opere di Schiele e un concerto del Requiem di Mozart. Ho provato a protestare, ma quando ho visto che stava strappando i biglietti ho ceduto. Prima di partire siamo passati dalla sua casa di Roma per prendere dei vestiti per me, lui è sempre elegantissimo ma quel giorno era davvero un’esagerazione. Comunque, mentre mi cambiavo ha tirato fuori da un armadio un cofanetto pieno di trucchi, chiedendomi se poteva fare un gioco. Si è messo un rossetto scuro e io ho aperto e chiuso le porte al suo passaggio. Chiunque ha avuto a che fare con noi lo ha trattato come se fosse stata la mia ragazza. Mi sembra ancora fantastico che possa scivolare da un genere all’altro con tanta facilità. Soprattutto se penso alle persone che vivono i territori di confine con dolore, o in guerra. Guardavo le sue labbra da bambola sorridere con divertimento, con l’impressione di essere fuori dal mondo che conoscevo. Siamo usciti dal concerto in uno stato di esaltazione simile a una bella sbronza. Le strade erano vuote, bagnate di pioggia, e lui correva e gridava allargando le braccia. È velocissimo, e ad un certo punto non ce l’ho fatta più. L’ho chiamato e mi sono fermato con il cuore che stava per scoppiare. Lui è tornato indietro, si è fermato ad un passo da me e ha rivolto il viso al cielo mantenendo le braccia a croce. Era bellissimo, pensavo che non avrei mai dimenticato quel momento, e avevo ragione. Quando ha iniziato a parlare sembrava stesse recitando un rito pagano. Ha detto che era una notte particolare e mi chiesto se riuscissi a sentirla… anche se non era interessato alla mia risposta, e io ero completamente imbambolato… avrebbe voluto correre fino a farsi scoppiare i polmoni, gridare, arrampicarsi su un palazzo, stuprare qualcuno, vivere o morire. Piangeva come fa lui, senza suoni, come se il pianto fosse scollegato anche da lui. Ha ammesso di avere le paturnie, di non riuscire a sopportare che la vita fosse oltre quel vetro, e che in momenti come quello la frustrazione lo faceva impazzire. Sono passati tre anni, e non so da quanto tempo non incontro più quella bestia in gabbia ma credimi, mi stava per scoppiare il cuore. Poi mi ha chiesto se poteva baciarmi, specificando che non avrei dovuto muovere un singolo muscolo. Mi ha baciato le labbra, ha morso e succhiato quello inferiore prima di allontanarsi, sorridendo della mia totale astrazione che ai suoi occhi mi rendeva perfetto. Quella notte nella camera d’albergo l’ho visto in piedi sul davanzale della finestra, completamente nudo, versarsi in bocca un intero calice di rosso senza ingoiarne neanche una goccia… se l’è fatto scivolare addosso, sembrava un vampiro. È rimasto appoggiato allo stipite a fumarsi una sigaretta, chiedendomi se potevo chiamare mio figlio, se mai ne avessi avuto uno, con il suo nome. Temo di averglielo promesso, spero ti piaccia.”
Risero a lungo e si abbracciarono; Ludger continuava a trovava strano che quei due non fossero mai stati insieme. Era profondamente ammirato dalla ricchezza del loro legame, perchè per lui un rapporto così coinvolgente corrispondeva ad essere innamorato.
“Sebastiano ti ha mai fatto provare delle droghe?”
“Una volta abbiamo fatto una chiusa a casa sua, tanto tempo fa. Solo erba e dolci, ne sono uscito uno straccio. Abbiamo visto tantissimi cartoni animati giapponesi, alcuni davvero storti. Li aveva presi in uno dei suoi viaggi di lavoro in Giappone… inventandoci le storie perché non c’erano i sottotitoli, un delirio. E poi nient’altro. Ma lui so che ha preso di tutto, anche per un giochino per cui vorrebbe provare qualsiasi cosa almeno una volta nella vita. Ha avuto una brutta storia con l’eroina, per via di un tizio che ce lo annegava per tenerlo con sé. Mi ha raccontato che ha rischiato di morire, e di essere riuscito a sopravvivere solo per l’aiuto di Adriano. Tu l’hai usata?”
Ludger lo teneva ancora tra le braccia, erano sudati e iniziava a desiderare di essere in acqua, di baciarlo ancora nel sale. “Per il mio turno di confessioni aspettiamo il pomeriggio… comunque no, preferivo lo speedball… poi ti spiego cos’è. O direttamente la cocaina, non riuscivo neanche a immaginarmi immobile. Piuttosto paradossale considerando come mi hai conosciuto.”
Andarono a pranzo in un paese vicino; la stagione turistica era finita, e gli piaceva essere tra i pochi stranieri, perché aumentava il senso di distacco che avevano cercato. Dopo un lungo silenzio Ludger chiese ad Amedeo se voleva portare qualcosa nella casa di Monteverde, in modo da avere un cambio quando si sarebbe fermato da lui.
“Oppure ti potrei prendere io almeno dei vestiti, mi piacerebbe comprarteli, ma dici sempre di averne troppi. Vorrei che tu considerassi quella casa come tua, che iniziassi ad usare le chiavi… per me ti ci potresti anche trasferire, ma non voglio forzare niente.”
Amedeo era colpito da quell’offerta. Nei pochi giorni passati insieme a Roma avevano vissuto come in fuga; il suo ritorno lo aveva travolto al punto da sospendere ogni pensiero pratico, anche per evitare di alimentare gli sbalzi di umore che lo avevano tormentato. “Non ci avevo pensato. Mi sembra una buona idea… anche se, comunque andrà, non vorrei lasciare la stanza da Elisa, con tutto quello che ci gira intorno.” Si fermò per bere un sorso di vino, mentre le sopracciglia si corrugavano leggermente. “Non voglio tornare nel circuito delle paturnie, non ne posso più, e ancora non capisco come tu abbia fatto a sopportarmi… ma ho paura. Anzi, sono veramente terrorizzato all’idea di perdermi completamente in te.”
La sua espressione si sciolse vedendo lo stupore sul viso di Ludger, che gli prese una mano.
“Amedeo, io non vorrei mai una cosa del genere.” Abbassò la testa, scuotendola leggermente. “Non riesco a trovare il modo di farti capire che io vorrei che tu fossi libero. L’idea di costruire il nostro rapporto come qualcosa che ti trattenga, una gabbia, mi fa raccapriccio.”
Avevano sempre evitato qualsiasi contatto in pubblico, ma il ristorante era completamente vuoto.
Amedeo strinse la mano che ancora aveva nella sua. “Hai ragione, me lo hai detto tante volte, in tutti i modi. Forse è un blocco mio, in parte alimentato dal fascino, dal senso di possibilità sfrenata che associo a questo momento di passaggio. Ho paura che una volta che ci saremo definiti, qualcosa andrà perso… se perderemo qualcosa significherà che non ci apparteneva del tutto… ma è difficile abbandonare questa condizione che mi dà un senso di possibilità vertiginoso. Mi diverte scoprire che hai più senso pratico di me, perché quando mi hai conosciuto ero un piccolo robot. Mi hai cambiato tanto.”
Ludger strinse la sua mano, restando in silenzio. Amedeo aveva iniziato a fumare, il pasto era finito da tempo.
“Non sono io che ti ho cambiato, sei tu che hai trovato il modo di venire fuori. Gli incontri sono importanti perché è attraverso certi contatti che possiamo dare forma a ciò che siamo. E sai, invertendo il punto di vista, potrei dire che sono stato il primo a stupirsi per quello che sei riuscito a tirar fuori da me. Tornando a questioni pratiche… vorrei prendere un divano letto di una misura che non mi distrugga la schiena da mettere in camera tua, perché vorrei fossimo liberi di muoverci tra i nostri posti, senza impedimenti insignificanti. Ti sembra troppo invadente?”
Amedeo sorrise dichiarandosi felice del fatto che volesse dormire nella grotta. “Anche perché non mi piace usare il salottino di Elisa, ma vorrei comprare io il divano.”
Ludger sospirò, immaginando sarebbe iniziata la solita faticosa trattativa che intraprendevano che precedeva ogni acquisto: per quel viaggio aveva impiegato molte ore per convincere Amedeo ad accettare che fosse lui a pagare la casa. Ludger si era rifiutato di andare in campeggio o di trovarsi in una situazione limitante, e solo per questo non aveva ceduto. Alla fine Amedeo era stato felicissimo della loro piccola baia, che gli consentiva di vestirsi soltanto per uscire. Ludger decise di rimandare quella questione noiosa gustandosi il momento, e prese dalle dita di Amedeo la sigaretta per dargli alcuni tiri prima di restituirla. Notò che la sua pelle stava cambiando colore malgrado usasse sempre la protezione solare.
“Ti stai abbronzando.”
Amedeo rise. “Da giovane potevo diventare scurissimo. Anche se ho sempre trovato l’abbronzatura cafona.”
Era divertito. “Se non ti piaceva perché non la evitavi, come ora che sei anziano?”
La voce di Amedeo perse allegria. “Ho vissuto a lungo facendo quello che piaceva agli altri, quello che piaceva a me non aveva poi tanta importanza… questo ristorante non è il luogo delle confessioni, pretendo almeno l’amaca, e poi non è il mio turno.” Concluse sorridendogli, mentre Ludger iniziava ad alzarsi.
“Sai? Credo che tu non possa avere idea di quanto io sia felice di questo viaggio. Andiamo.”
Amedeo stava guardando le rocce che delimitavano la baia: gli sembrava incredibile sperimentare tanta libertà. Ludger ascoltava la musica sdraiato all’ombra, poco distante, guardandolo mentre stava in piedi di spalle, rivolto verso una delle pareti di scogli irregolari che delimitavano il loro spazio. Amedeo aveva le braccia abbandonate lungo il corpo, e la testa era rivolta verso l’alto con i capelli bagnati che gli arrivavano alle scapole; lo trovò bellissimo, così magro e scolpito dal continuo allenamento degli ultimi mesi. Amedeo passò repentinamente all’azione, afferrando le sporgenze che doveva aver individuato in precedenza: i muscoli delle braccia sottili e della schiena lavoravano insieme, come una macchina perfetta. Ludger si sollevò sui gomiti togliendo gli auricolari, valutando se fosse il caso preoccuparsi e, nel tempo che impiegò ad alzarsi, Amedeo era già salito di diversi metri. Prese una stampella e si avvicinò alle rocce, spaventato e affascinato da quella visione; Amedeo stava camminando su un ripiano per raggiungere una sporgenza rivolta verso l’acqua. Ludger era sconcertato: in seguito Amedeo gli riferì di aver studiato il fondale in precedenza ma, in quel momento, lui ancora non lo sapeva. Amedeo avanzava con sicurezza, dritto, attento a dove poggiare i piedi prima di ogni passo; era abituato fin da bambino ad arrampicarsi sugli scogli scalzo, anche se non lo aveva mai fatto completamente nudo. Quando si girò verso Ludger sorrise fino a fargli distinguere il bianco dei denti tra le labbra rosse: era felice e bellissimo. Ludger dovette poggiare le spalle alle rocce per continuare a guardarlo, e non fece nulla per comunicargli la paura che gli stava rendendo instabili le gambe. Rispose al sorriso e lo vide girarsi per guardare l’orizzonte, un’immagine che si impresse nella memoria di Ludger in modo indelebile. Amedeo alzò le braccia per unirle in alto sopra la testa, e dopo alcuni secondi diede la spinta che lo allontanò dagli scogli. L’immagine del suo corpo sospeso sull’acqua fermò il cuore di Ludger, che tornò a respirare quando lo vide riemergere.
Amedeo si liberò il viso dai capelli con entrambe le mani, per poi nuotare verso di lui con le palpebre inferiori leggermente sollevate per il divertimento e le iridi grandi più chiare nel riflettere il colore del mare. “Ludger! Hai una faccia allucinata, stai bene?”
Lui lasciò la stampella per abbracciarlo, rabbrividendo al contatto della pelle fredda per la nuotata. Amedeo si stupì nel sentirlo ridere piano.
“Ho pensato di morire, ma adesso sto bene. Credo che gli dei abbiano abbandonato l’isola, altrimenti ti avrebbero sicuramente portato via con loro.”
“Ludger, non volevo spaventarti… mi dispiace.”
“A me no, non dispiace per niente. Eri magnifico là sopra, ne è valsa la pena.”
Amedeo iniziò a baciargli il collo con le labbra fredde. “Ti va di farti una nuotata o ti mangio subito? È bellissimo sentire la tua pelle calda.”
Stavano guardando i colori del mare cambiare per il tramonto, condividendo gli auricolari di Ludger pur di non alzarsi; finivano sempre a sdraiarsi sull’unica amaca sospesa in veranda, ignorando i tanti lettini. Ludger gli carezzava i capelli profumati di shampoo, baciandoli ogni tanto.
Amedeo aveva la spalla sotto il braccio di Ludger e appoggiava la fronte sul suo collo, una delle sue posizioni preferite. “Ogni volta che mi fermo a pensare mi sembra tutto irreale. Sto così bene che non riesce a sembrarmi del tutto vero quello che stiamo vivendo… Lù, perché ridi?”
“Mi hai letto nel pensiero. Hai avuto davvero una buona idea con questo viaggio, pensando a come stavamo fino a poco tempo fa è pazzesco… certo, resta da vedere se tra le continue nuotate e scopate riusciremo poi ad avere abbastanza forza per tornare indietro. Ma per ora non mi preoccupa. Dovrei andare spesso in piscina, tra le varie cose, e pensavo di organizzarmi per farlo con Elisa.”
Amedeo stava facendo scorrere i polpastrelli sulla pelle della mano di Ludger appoggiata accanto al suo viso, assaporando il contatto con quella pelle liscissima e bianca. “È una buona idea, lei si trova benissimo lì… sono contento che il nuoto sia tra le cose da fare, ma rispetto a questo mare pensare anche alla piscina più bella mi fa l’effetto di una pozzanghera… pensi che una volta tornati potremo continuare a scopare così spesso come adesso? Sai che io sono piuttosto determinato a perdere la verginità qui? Pensi di potermi aiutare?”
Ludger lo baciò sulla fronte, prima di rispondergli con una nota di divertimento. “Non capisco perché hai tutta questa fretta, però sì, proverò ad aiutarti. Sembra che parli al tuo dentista di una carie che ti dà fastidio. Per quanto riguarda i ritmi non so, non ho mai scopato tanto in vita mia, non so se si possano sostenere a lungo. Forse dovrò fare una cura di ferro.”
Amedeo sussultò per la sua risata. Poi si tirò sul gomito per guardarlo. “Davvero?”
“Certo, considerando che non mangio carne, ogni tanto devo prendere il ferro… e poi sì. Non fare quella faccia, mai fatto così tanto sesso in vita mia, ma la tua frenesia mi piace da pazzi, finché reggo. Nobuko era piuttosto delicata, oltre che giovane… forse per una ragazza sarebbe difficile reggere anche fisicamente. Poi, dopo, sai mi piaceva anche drogarmi. Potevano capitare serate più movimentate, ma non tutte di seguito.”
Amedeo si alzò chiedendogli se volesse qualcosa, e dopo avergli baciato le labbra si allontanò. Dopo alcuni minuti tornò con prosecco e tabacco, poi sedette sull’amaca portando le gambe di Ludger sulle sue, perchè voleva stargli di fronte per osservare il suo viso. Non appena trovò una posizione comoda gli chiese di parlargli di lei.
“Le nostre confessioni potrebbero essere come racconti. Per me è stato importante iniziare con il fratello. Non conosco molto del tuo passato, però lei per me è importantissima. Penso sia l’incipit migliore per arrivare a te. La ragazza. La tua ragazza. Vorrei che provassi a portarmi nell’età dell’oro che hai vissuto con lei.”
Ludger gli tolse la sigaretta dalle labbra dicendogli che se la sarebbe fumata tutta, e gli sorrise. “Non mi va di parlare di lei, non so perché. In questi mesi di terapie mi hanno spremuto ogni ricordo, sono stanco di descrivere le cose con le parole, però non c’è altro modo. Con te poi è diverso, ti porterei ovunque.”
Amedeo gli riprese la sigaretta che aspirò profondamente, con le sopracciglia corrugate. “Fumiamola a mezzi, poi ne faccio un’altra. Hai iniziato a parlare con i medici?”
Ludger gli rivolse un sorriso dolce e triste, annuendo. “Mi sono consegnato senza riserve ma, come dicevo anche ad Andrea pochi giorni fa, non ho mai spento il mio senso critico e non sempre mi sono trovato d’accordo con il loro modo di strumentalizzare i miei racconti. Però non gli ho mai tirato dietro niente, e a un certo punto dallo psichiatra sono passato allo psicologo. Avrei preferito passare più tempo a lavorare con le gambe, ma non ero io a scegliere. Mi sono impegnato tantissimo per non sbroccare e uscirne senza impazzire. Sciogli immediatamente quel nodo tra le sopracciglia.”
Amedeo guardava il mare. Aveva preso l’espressione corrucciata dei primi giorni passati insieme dopo il ritorno di Ludger. Cercò di capire cosa fosse a infastidirlo; glielo disse subito, fissandolo negli occhi e parlando con voce dura. “Mi devi promettere che non prenderai mai più una decisione che riguarda anche la mia vita senza neanche consultarmi. Io ancora non mi capacito che sei stato cinque mesi da solo, rinchiuso a curarti, mentre io facevo i capricci, ballavo e mi ubriacavo… credimi, non ci posso pensare. Mi fa impazzire.”
Ludger si sollevò a sedere, e gli baciò le labbra riprendendosi la sigaretta quasi finita. “Certo, anche se non c’è bisogno, adesso siamo pari. Prepara un’altra sigaretta e non fare quella faccetta stupita. Te l’ho detto diverse volte, anche prima di partire. Io ero mezzo rotto, pronto a morire di overdose in un giorno qualsiasi. Ero molto combattuto, ma non riuscivo a coinvolgerti nella decisione di partire perché ero io su una sedia rotelle, con una dipendenza da superare. Odio i sensi di colpa, non ne ho mai avuti perché non mi sono mai messo in condizione di averne. Ero pronto ad andarmene, non a innamorarmi. E non potevo tollerare di farti scontare una pena non tua, faccio fatica a perdonarmi di averti fatto aspettare tutti quei mesi, ma non ho avuto scelta. Sono molto determinato a non ridurmi mai più così. A questo punto non ho più nessuna promessa in sospeso, e da adesso il nostro è un rapporto tra pari. Non dobbiamo risparmiarci più nulla perché adesso partiamo insieme, in piedi, con almeno una stampella… che spesso guardi male.”
Amedeo respirò profondamente, ricordando con quanta frustrazione Ludger avesse vissuto la sua condizione di infermità. Gli aveva anche detto che riusciva a sopportarla solo grazie ai sedativi; sapeva tutto quello che gli serviva per sciogliere quel nodo, ma non riusciva ancora a superare il senso di abbandono. Pensò che avrebbe dovuto impegnarsi per sciogliere quel rancore. “Perché il nastro scorre in una sola direzione, il tempo si accavalla nelle volute del labirinto ma non è che una sovrapposizione, una dispercezione. Il percorso è uno. E il tempo, come il nastro, scorre in una sola direzione.”
Ludger rise. “Mio bellissimo poeta visionario, avrei dovuto comprare un souvenir del toro all’Heraklion, mi consolo pensando al cranio di toro che ci aspetta sul tuo lettino. Potrai mai perdonarmi per averti abbandonato sulle spiagge di Dia?”
“Ci lavorerò, tu però non chiamarmi Arianna, per favore. Quando torniamo ti andrebbe di provare a sostituire la stampella con un bastone? Penso mi piacerebbe di più. Sarebbe più… sexy.” Scoppiò a ridere in una nuvola di fumo. “Come se ne avessi bisogno.”
Si ritrovarono a giocare lottando fiaccamente, lasciandosi poi oscillare per la spinta che Ludger stava dando all’amaca con la gamba rimasta a terra. Restarono a lungo in silenzio, guardando la sera scendere.
Ludger tornò a bere dal suo calice e esordì senza preamboli. “Nobuko. Era bellissima, di quella bellezza che non risparmia nulla. Io ho un debole per le bocche, e amavo in particolare il suo sorriso. Dolce, morbido, bianco e rosso. Mi stupisce che tu ti sia sentito sovrapposto a lei, siete molto diversi. Lei era molto fragile, in tutto. E quindi molto mite, tranquilla. Non sarebbe stata in grado di arrampicarsi su quella parete, neanche con un mitra puntato contro. Piuttosto avrebbe fatto un inchino e si sarebbe scusata, lo faceva sempre. Si scusava anche quando non ne aveva motivo. Puoi immaginare quanto mi abbia colpito la tua dichiarazione che ha abolito le scuse tra noi. Ora sono d’accordo con te, in certi contesti rovinano qualcosa, per lei però era un modo per esprimere la sua gentilezza. In una cosa siete simili, un senso di purezza che sembra miracolosamente sopravvissuto dall’infanzia… lei però era anche ottimista. Parlava con tutti, faceva assurdi balletti da cartone animato quando le piaceva qualcosa, ovunque. Era straordinariamente bella e vitale.”
Ludger si portò le mani al viso per massaggiarsi le tempie; aveva parlato con una voce neutra, guardando Amedeo negli occhi. Pensò che doveva riprendere a raccontare, malgrado l’espressione triste che gli stava rivolgendo perché dovevano fare quel percorso insieme.
“Eravamo molto dipendenti l’uno dall’altro, in modo così spontaneo che neanche ce ne rendevamo conto. Adesso non potrei più desiderare un rapporto così, adesso non mi sembrerebbe giusto cercare di fare sempre tutto insieme alla persona che amo… come sai. Sono contento che tu sia un individuo ben distinto da me, con la sua vita e le sue cose, non vorrei mai che tu rinunciassi a qualcosa per me o ti sentissi obbligato a condividere tutto con me. Al contrario, vorrei che ogni contatto restasse un dono, e addirittura amo come tu riesca a contraddirmi anche senza rendertene conto. Adesso mi sento forte e mi piace pensare che continuerai a farmi affrontare mostri che da solo non avrei mai incontrato. Con lei non era così, e ora so che quella dipendenza nasceva dall’insicurezza, come la gelosia. Non mi guardare così… sì, ero geloso. Nobuko mi portava a ripetere gli stessi percorsi che lei faceva con me, penso sia normale… e penso anche di avertelo detto. Lei poi… poteva avere delle crisi pazzesche per le ragazze che mi guardavano. Con Nora soffriva moltissimo, e poi si sentiva in colpa perché sapeva che la sua amica non l’avrebbe mai ferita. E sai, quello che è successo dopo secondo me lo conferma, perché era passato talmente tanto tempo che è stato come se Nora fosse andata con un altro. Anche per me è così… torniamo a lei e a quella che definisci ‘età dell’oro’. Voglio provare a mostrartela come non ho mai fatto con nessuno, non mi interessa dartene una visione idealizzata perché non sarebbe autentica. Eravamo due ragazzi innamorati, molto fortunati ma comunque normali, vivi. Impastati di contraddizioni come tutti. Io voglio conservare nel ricordo la sua umanità, per questo non ti ometto quelli che, isolati, potrebbero essere difetti. Anche se si manifestavano davvero raramente. Nobuko era dolcissima, sempre, con tutti, solo io potevo vedere le sue debolezze. Le sue crisi di nervi. Era molto orgogliosa… Non abbiamo litigato mai, non litigava con nessuno. Però era una persona, e come tutti aveva i suoi punti deboli, la fragilità, l’insicurezza e l’orgoglio. Aspirava alla perfezione e, a uno sguardo superficiale, sembrava l’avesse raggiunta. Ma io la vedevo come nessun altro perchè non aveva amicizie profonde come le tue, solo io vedevo il suo mondo senza censure. Se dovessi definirla in una sola parola direi che era soprattutto buona. Io sono convinto che l’amerò per tutta la vita, e ho dovuto lavorare tanto su questo sentimento. Adesso ho imparato a gestirlo perché voglio mi faccia solo bene, come dicevi tu. E ti sono riconoscente anche per questo. E non dire che non hai fatto niente, perché non è vero.” Si fermò e restò in silenzio per alcuni minuti, gustandosi il momento. Guardava il mare e il viso di Amedeo che aspettava il seguito senza fretta: tutto quello che lo circondava gli appariva perfetto. “Aveva un bel corpo molto proporzionato, modellato nella porcellana. I colori te li puoi immaginare, ma sembrava davvero delicatissima. Disegnava e dipingeva molto bene. Amava l’espressionismo tedesco, ma proprio non riusciva a essere così brutale. Le sue cose assomigliavano più a manga allucinati, di quelli violenti che leggo io e che lei evitava di proposito. Sarebbe voluta andare a vivere a Berlino finiti gli studi. Le mancava molto il Giappone e cercava di tornarci almeno una volta ogni anno. Abbiamo viaggiato molto, questo è il primo viaggio che faccio dopo la sua morte. Voleva dei figli a cui dare nomi giapponesi e tedeschi, ne voleva parecchi. Sosteneva che comunque si fossero mescolati i nostri geni sarebbero stati meravigliosi. Aveva anche iniziato a scrivere e illustrare dei libretti per loro. Tesoro, perché piangi? Io sono sicuro che ti amerebbe come amava me… se qualcosa sopravvivesse alla morte. Ma sono sopravvissuto solo io, in questa strana versione che forse neanche riconoscerebbe del tutto. Dai, basta.”
Si sollevò per abbracciarlo, ma Amedeo non riusciva a calmarsi.
“Mi sento uno scemo a piangere io, quella cosa dei libretti è straziante. Me li sono immaginati nel rogo dove hai bruciato tutte le sue cose. È tremendo.”
Ludger lo strinse, ma Amedeo continuò a piangere; provava un dolore acuto al pensiero che non avrebbe mai conosciuto Nobuko malgrado sentisse un legame così forte con lei, e trovava terribile il pensiero che fosse andato tutto perduto.
“Mi sento uno scemo, ma non riesco a smettere. Non mi scuso solo per rispettare la nostra antica tradizione.”
“Mi fai impazzire di tenerezza, piangi quanto vuoi. Sai, ho ripensato tanto a delle cose che mi hai detto quella sera… anche io sono convinto che quello che sono è anche ciò che è sopravvissuto dei due ragazzi che siamo stati io e lei. Siamo cresciuti insieme, abbiamo costruito le nostre idee insieme, e ciò che resta di quel mondo è qui, per te. Forse è per questo che piangi.”
Amedeo rise tra i singhiozzi. “Lù, così mi uccidi!”
Ludger iniziò a baciargli il viso bagnato, continuando fino a che non si calmò del tutto. “Per oggi le confessioni sono finite, torniamo in vacanza.”
Amedeo si svegliò alle prime luci dell’alba e Ludger dormiva ancora profondamente. Restò incantato dalla sua bellezza, come ogni volta che lo osservava abbandonato nel sonno. Seduto sul letto carezzava delicatamente i capelli, spostandoli dal viso: quelli che incorniciavano la fronte ampia si stavano schiarendo per il sole fino a diventare bianchi, come la pelle nella poca luce. Le labbra, i capezzoli, il sesso e le unghie erano un rosa pallido, che prendeva leggere tonalità viola quando la sua pelle era fredda. Non portavano mai il costume ma la sua pelle non aveva cambiato tonalità, e Amedeo sperava che restasse sempre così chiara. Gli piaceva conservare l’impressione che gli aveva dato guardarlo immobile fin dai primi giorni: immaginare che fosse una statua.
Amedeo lasciò il letto per raggiungere il mare gelido, e tornò ad arrampicarsi per iniziare la nuotata con un tuffo. Il contatto con l’acqua ghiacciata gli fece percepire ogni parte del suo corpo in modo netto, doloroso. Riemerse per iniziare a nuotare verso il largo con bracciate energiche pensando a Ludger, tiepido e profumato di fiori tra le lenzuola bianche. Amedeo aveva sempre immaginato di trascorrere la vita da solo, e non aveva mai smesso di farlo durante la separazione; quell’abitudine lo aveva aiutato a sopportare l’incertezza di quei mesi. Mentre si allontanava dalla riva pensava di dover accettare l’evidenza che Ludger stava scolpendo nella sua testa il concetto di futuro; per quanto continuasse a ribadire che era e doveva restare libero, per Amedeo il tempo che sarebbe venuto era già riempito dal desiderio di tornare da Ludger. Si fermò per girarsi a guardare il loro rifugio protetto dall’abbraccio delle rocce. Provava nostalgia di quel posto che ancora non aveva lasciato, così come aveva fame di Ludger anche mentre sentiva la sua pelle sotto i denti. La sensazione di freddo data dall’acqua si era attenuata nuotando, e il sole iniziava ad alzarsi. Si fermò ancora a guardare la scogliera e pensare agli dei che secondo Ludger avevano abbandonato l’isola. Amedeo credeva che per loro fosse più divertente giocare con lui piuttosto che portarlo via, come gli antichi cacciatori dell’isola che non uccideva le prede, ma le tenevano in vita per poi dilaniarle durante il rito.
“Zagreus!”
Ludger aprì gli occhi: la casa era immersa nella luce grigia dell’alba; la porta del bagno era aperta, e sentiva soltanto il suono delle onde sugli scogli. Capì immediatamente di essere solo. Sorrise mentre si spostava nel lato del letto di Amedeo, ancora tiepido, per riaddormentarsi.
“Inizio con una premessa. Quello che ti sto per raccontare per me è normale. Come per tutti i bambini quello che mi circondava era l’unico mondo possibile. Io non ne soffrivo perché non pensavo potesse esistere qualcosa di diverso, c’era quello o la solitudine. Come sai ho scelto l’isolamento ogni volta che ho potuto, ma quando si è molto piccoli non è neanche immaginabile. Ti ho fatto questa premessa perché Elisa e Sebastiano, gli unici con cui ho parlato di queste storie, ci sono stati molto male. Credimi, non serve. Non vivo più in quel mondo e non è morto nessuno.”
Erano sdraiati sull’amaca, uno di fronte all’altro per potersi vedere, e il sorriso di Ludger era dolce mentre aspettava che Amedeo riprendesse a parlare.
“Questo capitolo potremmo chiamarlo i mostri, però ero io a sentirmi un mostro, quindi prenderò in prestito una definizione di mio fratello e lo chiamerò i cattivi. Il primo personaggio negativo è mia madre. Non importa quale paesino del nord ha lasciato per seguire mio padre, ha rotto con tutti, e per noi quel posto non è esistito mai. Mia madre è completamente incapace di provare affetto, non so perché, non capisco neanche perché abbia seguito mio padre, non ha mai mostrato niente di positivo neanche nei suoi confronti. È molto bella e probabilmente ha qualcosa di radicalmente rotto. Lui se ne è innamorato e pensava di riuscire a cambiarla. Non ricordo una singola carezza o un sorriso per me, non ha mai avvicinato il suo viso al mio. Quando è stata costretta mi ha maneggiato come uno dei suoi elettrodomestici… poi mia sorella, diamole un nome. Irene. Lei ha pochi difetti, molto significativi. È sadica, ninfomane, radicalmente cattiva. Cinque anni più di me, che sono stati un inferno per lei, da sola a casa con mia madre. Lo so per certo perché me l’ha detto tante volte che con me è stata più buona. Irene ha iniziato ad occuparsi di me molto presto, probabilmente spinta dai nonni paterni e da mio padre che sperava potessimo sostenerci a vicenda. Ho sempre avuto le sue mani addosso, per me era normale, così come pensavo lo fossero i suoi giochetti e i suoi ricatti. Io veramente non capivo e mi sono abituato a pensare che fosse normale anche questo…. perché ero più piccolo e mi definivano spesso stupido. Non fare quella faccia triste. La mia unica via di fuga era l’isolamento, appena potevo mi immergevo in universi paralleli con i dinosauri, i miei cartoni e poi la musica. Ma non era facile e quando stavo ore a fare qualcosa che per me era bellissimo, Irene mi definiva allegramente scemo. Dividevamo la stessa stanza, e fino a che non mi hanno permesso di uscire da solo ero prigioniero. Senti, cerco di essere breve perché hai una faccia davvero troppo triste. Mia sorella non mi ha mai tolto le mani di dosso fino a che non ha avuto un ragazzo, a sedici anni. A un certo punto il mio corpo ha iniziato a reagire. Per me è stato orribile, per lei uno spasso. I suoi ricatti erano banali, ad esempio se non mi fossi prestato ai suoi giochini lo avrebbe detto a mio padre. Era sempre stata lei a occuparsi di me, le riusciva facile farmi credere che ero io che stavo diventando diverso. Credevo a tutto quello che mi diceva e pensavo davvero di essere responsabile quanto lei, anzi, a volte pensavo che fosse soprattutto colpa mia perché mi piaceva, e mi sentivo malissimo. Quando questo strazio è finito io avevo ormai dodici anni, stavo sempre solo, è stata una liberazione. Poi al liceo ho iniziato a parlare un po’ con i coetanei, e ho avuto un’amica con cui mi trovavo abbastanza bene, che poi è diventata la mia ragazza. Dopo che ci siamo lasciati ho iniziato a programmare la fuga, mio padre mi ha aiutato ma ho dovuto finire prima il liceo e prendere la patente. Poi sono arrivati Sebastiano ed Elisa, il mio mondo ricostruito che tu hai fatto esplodere.”
L’aspetto di Ludger riportava Amedeo indietro nel tempo: aveva i lineamenti induriti e anche le spalle sembravano irrigidite.
“Cosa provi per loro adesso?”
“Era tanto che non ti sentivo parlare con questa voce meccanica, e non mi stupisce. Cerca di stare tranquillo, per favore. Mi piacerebbe poter dire che ormai non provo niente per loro, ma non sarebbe vero. Le odio, e penso che le odierò per sempre. Mio padre è una persona buona, ma non riesco a perdonargli del tutto di non aver visto l’inferno in cui vivevo. O forse era oltre la sua immaginazione, perché lui stava poco a casa ed è sempre innamorato di mia madre. Almeno mi ha permesso di fuggire. Quando sono tornato a casa ad Agosto mia madre ha provato a litigare con me in ogni occasione, alla fine mi ha tirato in faccia le stoviglie che aveva in mano. È stato meglio così, perché ora davvero non ho più nessuna intenzione di tornare lì. Ho chiamato e salutato mio padre alla stazione, e lui è rimasto molto colpito da un graffio che avevo sul viso per non so quale attrezzo. Per me è stata una liberazione, gli ho detto che per vedermi dovrà venire lui a Roma.” Si sollevò per accarezzargli il viso. “Invece nuotando stamattina all’alba, ho capito… non è corretto, mi sono finalmente permesso di vedere che io sono innamorato di te… in modo così totalizzante che mi sembra di non averne mai abbastanza di te, che non potrà mai essere abbastanza.”
Ludger si sollevò per abbracciarlo con un gesto veloce, quasi violento; lo strinse a lungo, perché non riusciva a sciogliere propria la rabbia. Era perfettamente consapevole di non poter fare nulla per alleviare quel dolore lontano, e la sua frustrazione era come una bestia imbizzarrita che riusciva a contenere a fatica. Non allentò la presa fino a quando Amedeo gli chiese dolcemente di calmarsi, perché le braccia che gli stava tenendo bloccate contro il torace iniziavano a fargli male. Ludger lo lasciò alzandosi di scatto, allontanandosi di pochi passi senza prendere la stampella. Amedeo vide chiaramente la tensione tendergli i muscoli mentre stringeva i pugni. Lo raggiunse cingendogli la vita e appoggiando la testa sulla sua spalla.
“Ludger, amore mio, calmati…”
Amedeo saltò per il grido che arrivò al suo orecchio come un boato nei polmoni e un’eco sulle rocce che li circondavano. Strinse più forte e iniziò a piangere. La potenza di quell’urlo lo aveva scosso. Tremava e pensava che fosse giusto finalmente piangere, perché lui invece non aveva mai versato una lacrima per il bambino che era stato.
Ludger si girò per abbracciarlo, ma a quel punto la rabbia era stata sopraffatta dalla tenerezza: si asciugò il viso e iniziò a carezzargli e baciargli la testa. “Sai che hai ragione, per quanto potrò amarti, baciarti, coccolarti… non sarà mai abbastanza.”
Quel pomeriggio presero la macchina per tornare al museo e poi raccolsero informazioni per raggiungere il giorno dopo l’isola di Dia, o Nasso. Guidarono a lungo senza una meta: Amedeo scattava fotografie dalle scogliere; Ludger manteneva qualcosa di rigido nell’espressione e nei movimenti, sorridendogli in continuazione. Tornarono a casa dopo cena, entrambi ubriachi, ridendo per ogni sciocchezza. Continuarono a scherzare anche facendo l’amore, colpendosi le spalle e spintonandosi sul letto. Amedeo provò a convincere Ludger a fare un tentativo più serio perché era stanco di essere penetrato soltanto dalle sue dita. iniziarono con molta cautela, e Amedeo chiese a Ludger di restare fermo, mentre indietreggiava fino a sentire la sua pelle sui glutei.
“Pensavo facesse molto più male. Ludger… sono felice.”
Ludger si mosse con delicatezza, masturbandolo e baciandogli il collo. Avrebbe voluto arrivarci in modo più graduale ma aveva accettato la sua decisione, ed era sollevato perché Amedeo sembrava reagire bene. Soltanto quando gli disse che avrebbe voluto sentirlo nel sangue e nelle ossa riuscì a lasciarsi andare completamente.
Dopo festeggiarono con un bagno, anche si erano ripromessi di non farne mai da ubriachi, restando nella baia illuminata dalla luce della veranda. Ludger uscì dall’acqua per prendere calici e sigarette, che consumarono seduti sugli scogli.
“Sicuro di stare bene?”
“Sì Lù, mi sento solo un po’… disordinato. Ma sono felice che sia successo, finalmente.”
“La gita a Dia la rimandiamo a dopodomani, domani è meglio se riposiamo… sai che mi hai stupito? È come se avessi vissuto in modo attivo il ruolo passivo. Io avrei aspettato, ma è giusto che sia stato tu a scegliere.”
“Lo so che avresti aspettato, ma io non ne potevo più, voglio fare qualsiasi cosa con te. La storia dei ruoli non la capisco bene, anche tu ogni tanto mi dici cosa fare… e a me piace tanto. Dei ruoli come definizioni non mi importa molto. Anzi, non mi piace proprio niente che possa provare a definirci.”
Ludger alzò il calice con un sorriso, pensando che Amedeo fosse una creatura straordinaria e felice che quella giornata finisse così, con quella vena di euforia.
La mattina dormirono fino a tardi e Amedeo si svegliò indolenzito, così preferì restare a ondeggiare su un materassino rinunciando al bagno, ma si sentiva profondamente sereno.
Ludger tornando dalla prima nuotata, si fermò di fianco al galleggiante. “Ti comunico che stai prendendo colore, le tue creature della notte non credo che apprezzerebbero.”
“Tu apprezzi?”
“Mi piaci da impazzire, puoi anche diventare l’eroe di un vaso a figure nere.”
Amedeo si portò le mani alla testa ridendo. “Mi porti la protezione, per favore?”
“Meglio che usciamo, oggi concediamoci un po’ di riposo.”
Si sdraiarono di nuovo in veranda, e dondolavano leggermente quando Ludger iniziò a parlare.
“Spero che al nostro ritorno ci resteranno solo le questioni pratiche, tipo capire dove e come dormire, quanti vestiti portare, dove e perché. Ma adesso non mi va di avviare una trattativa per permettermi di comprare un divano letto per dormire decentemente da te. Però dei vestiti li apprezzerei, non mi piace l’idea di incontrare Lorenzo o Giulia in corridoio con addosso i tuoi boxer.”
Amedeo rise immaginando quello scenario. “Alle brutte puoi sempre difenderti con la stampella… o con il bastone. Lù, puoi comprare il divano che preferisci e ci divideremo il mio armadio, anche perché porterò parecchie cose da te. Non so che fare per i libri e il computer, ma non mi importa. Va bene tutto, per questo giro cedo su tutta la linea. Mi racconti? Sai che non so neanche quanti anni hai di preciso?”
“Ventisei a gennaio, per il mio compleanno organizziamo una festa? O mi permetti di regalarci un viaggio a farti conoscere un po’ di miei parenti sparpagliati per l’Europa?”
“Entrambe le cose. In questo momento potresti chiedermi di tutto, sii buono e non approfittarne. Dai, racconta. Dove stanno i tuoi parenti? Quanto sei nordico? Ormai a forza di prendere il sole ti stanno diventando i capelli bianchi… e sì, mi piacciono da impazzire.”
Ludger si alzò per raggiungergli le labbra e baciarle sorridendo, poi tornò a poggiare la schiena alla rete dell’amaca. “Mio padre era, o forse è ancora, molto nordico, hai presente i vichinghi? Dal medioevo però è passato parecchio tempo. Adesso ho pezzi di famiglia in Norvegia, a Dublino, Amsterdam e Berlino. Lui e Anastasia erano gemelli e si sono spinti a sud, in Italia, per questioni di salute. Era un tipo piuttosto strambo, e la sorella fino a un certo punto lo ha accompagnato nelle sue migrazioni. Quando avevo due o tre anni è rimasto in India e mi ha lasciato Ravi, che penso abbia con lui un debito inestinguibile… e lo sta scontando occupandosi di me come se fossi suo figlio. Ma lui è una sfinge, anche con me parla pochissimo e probabilmente lo tollero soprattutto per questo… insomma, non ne so molto. Si era appassionato di meditazione e io me lo immagino sotto un albero nella posizione del loto da allora. All’inizio mi mancava tanto, ricordo ancora che giocare con lui era la mia gioia più grande. Piangevo molto per la sua scomparsa. Invece mio fratello si incazzava, alla fine penso si incazzasse soprattutto perché piangevo.” Parlava con voce monotona, come se non provasse più le emozioni che stava descrivendo. “Passiamo a mia madre, è di Berlino, ma suo padre era francese, da qui il nome Louis. Helga si era trasferita per seguire mio padre, ma non ha mai manifestato nessun desiderio di lasciare Roma. Ha avuto due brutte perdite che le hanno incupito il carattere… la scomparsa del compagno e la morte di mio fratello Jan, che era il suo pupillo, due anni dopo. È morto per un tumore. Io non c’ero, sono stato portato via da Anastasia prima che iniziasse il crollo fisico, quindi me lo ricordo perfetto. Aveva undici anni e per me era una specie di divinità. Ci somigliavamo molto ma di carattere lui era della linea dura, quella di mia madre, io un piagnone sognatore, come mio padre. Lo annoiavo anche con la mia ammirazione, ma mi difendeva sempre e cercava di farmi capire che dovevo diventare forte. Penso me lo abbia ripetuto fino a che ha potuto. La sua morte mi ha molto cambiato, anche perché mia madre si è arroccata nel suo dolore muto… è come se fosse diventata una macchina, prima non era così, era molto affettuosa. Anastasia è stata fondamentale per me e ho passato tantissimo tempo con lei da piccolo. Non so neanche io cosa dirti di lui, è passato troppo tempo. Però credo di aver iniziato ad assomigliargli anche nel carattere… ad esempio la mia determinazione potrebbe essere una sua eredità. Stavolta non c’è niente per cui angosciarsi, davvero, è passato così tanto tempo.”
Amedeo era rivolto verso il mare. “Pensavo al fatto che hai dovuto affrontare così tante perdite e sei così sereno. Sebastiano ha perso diverse persone, una sola morte ma diversi lutti, e in lui c’è una nota di base cupa, come se la morte gli fosse rimasta addosso. Tu sembra che riesci a convivere con questi vuoti in modo davvero diverso.”
Ludger rise. “Lascia questo momento, torna indietro a quando ci siamo conosciuti.”
Amedeo sorrise, chiudendo gli occhi. “Sorridevi con dolcezza alle tue allucinazioni, parlavi di Nobuko come se fosse ancora viva. Te ne stavi andando, ma non ce l’avevi con nessuno. Sebastiano invece mi trasmette un senso di guerra in corso. Come se fosse perennemente in trincea con la morte, te lo dicevo, ne è ossessionato.”
“Io voglio essere felice, voglio vivere per provare ad essere felice. Proprio perché tutto si perde… la bellezza di ogni singolo momento che vivo, adesso, mi stordisce e io me ne nutro costantemente. Il suo valore è inestimabile anche perché è transitoria, voglio che questa consapevolezza sia una ricchezza per me. Potrei non essere qui, anzi, non sarei dovuto essere qui. Pensarci mi ubriaca di gioia… anche soltanto perché posso vederti, lì vicino ai miei piedi, che mi rivolgi quel sorriso che è una delle cose più belle che abbia visto.”
Amedeo scosse la testa. “Pensavo anche a tua madre, ha avuto davvero molta sfortuna…”
“Già, ricordo che quando c’era mio padre e noi eravamo piccoli era diversa. Non ha mai smesso di volermi bene, però è come se con la perdita di Jan si fosse svuotata. Adesso mia madre sta cambiando di nuovo, il fatto che io sia tornato a vivere l’ha destabilizzata in positivo. Sorride, programma viaggi, vuole conoscerti, conoscerti di nuovo.”
Amedeo rise imbarazzato. “Che vergogna, penserà che ti voglio sposare per interesse.”
Ludger ridendo gli mise un piede in faccia, completando per gioco la sua frase. “E che ti picchio.”
Amedeo prese il piede con le mani e lo spostò tenendolo davanti al viso, facendo scorrere la lingua nella curva dell’arco.
“Lù, sei tu quello con i segni.”
“Meglio, mi sfrutti e mi picchi… se fai così però sragiono.”
“Bellissimo, non vedo l’ora, dammi anche l’altro piede.”
“Ma non eri convalescente?”
“Abbiamo così tante altre cose.”
L’ultimo giorno visitarono l’isola vicina. Amedeo era malinconico perché pensava fossero stati i giorni più belli della sua vita e quella parentesi si stava chiudendo. Sulla spiaggia parlarono delle varie versioni del mito di Arianna, senza riuscire a sceglierne una che mantenesse il fascino della sovrapposizione delle differenze che gli davano spessore, come fosse il carattere di una persona difficile da decifrare. Restarono vestiti, seduti sulla sabbia.
Durante quella vacanza Amedeo aveva fumato molto meno, ma quel giorno era tornato a farlo più spesso. “Mi viene già una nostalgia straziante se penso a questi giorni. Sono stato così bene che mi sembra siano passati troppo in fretta. Non mi va per niente di tornare.”
Ludger fu felice di sentirglielo dire. “Faremo altri viaggi, abbiamo appena iniziato. È la prima cosa fatta insieme, non l’ultima.”
“Non mi lasci qui?”
“Non ti lascerei mai da nessuna parte, mai più. Rassegnati.”
Amedeo si sentì oppresso al pensiero del tempo che sarebbe passato, allontanandolo sempre di più da quel momento. “Torneremo qui? Se ci saremo ancora… tra vent’anni, sarebbe stupendo. Tornare e amarsi ancora su quelle rocce. Tu sarai sempre bellissimo, anche da anziano. Ne sono convinto.”