– Dove sei. –
Amedeo provò la solita ondata di entusiasmo nel ricevere la telefonata di Sebastiano. – A casa di Ludger, dove ci siamo visti l’ultima volta. –
– Sono deragliato. Non ce la faccio a raggiungerti lì. –
Nella voce Amedeo aveva riconosciuto una nota dura che lasciava trasparire lo sforzo di parlare, mettendolo in allerta. – Se vuoi vengo a San Lorenzo… –
– No. Non sono in condizioni di stare in strada. Fra Elisa e Ludger preferisco Ludger. Non ci metterò molto. –
Quelle poche battute avevano fatto capire ad Amedeo che suo fratello era molto più storto del solito. Nelle poche settimane trascorse dal loro ritorno, aveva spostato a casa di Ludger il necessario per potersi fermare, mantenendo come studio la stanza a casa di Elisa; stava iniziando a costruire una nuova routine nella quale non riusciva ancora a muoversi con disinvoltura, anche se si stava impegnando con tutte le sue forze. Teneva sempre in tasca un sasso bianco raccolto con Ludger nella piccola baia che non avrebbe voluto lasciare; spesso lo prendeva tra le dita per sentirne la consistenza liscia sotto i polpastrelli: lo definiva la sua àncora, e aveva il potere di calmarlo.
Raggiunse Ludger in cucina lasciando il telefono sul ripiano, al quale appoggiò il bacino per guardarlo accigliato.
“Chi era al telefono? Sembri turbato.”
Stavano riordinando dopo il pranzo; Ludger aveva iniziato a muoversi senza bastone nello spazio limitato tra la penisola e la cucina.
“Sebastiano. Sta venendo qui. Credo stia male per qualcosa, si è definito ‘deragliato’… sono preoccupato.”
Ludger abbandonò le stoviglie nel lavabo e lo raggiunse. “Mi fermerò per poco, sarei dovuto andare da Andrea più tardi, ma anticiperò l’appuntamento. Mi preparo ed esco, così potrete parlare più liberamente. Mandami un messaggio poi, d’accordo?”
Amedeo annuì e, pur essendo evidentemente scosso, gli sorrise ringraziandolo.
Sebastiano varcò la porta come se fosse in fuga, avvolgendo Amedeo tra le braccia troppo forte, restarono diversi minuti fermi davanti all’uscio aperto. Quando Sebastiano vide Ludger di fronte al tavolo a penisola, la sua figura sottile gli apparve bruciata dal sole per la sua posizione controluce rispetto al nastro di finestre.
Si stropicciò energicamente gli occhi stanchi mentre lo raggiungeva, porgendogli la mano. “Ciao Ludger. Sembri un angelo che ha dimenticato le ali in balcone.”
“Ciao Sebastiano, sembri appena risalito dall’inferno, vuoi un caffè?”
“Meglio un tè. Grazie.” Si sedette sul divano senza guardarsi intorno, e si curvò per mettere i gomiti sulle ginocchia rivolgendosi verso gli alberi lontani.
Amedeo notò che il suo viso era stanco. “Fratello, vuoi darmi almeno la giacca?”
Restò immobile senza voltarsi. “No. Non riesco a smettere di sentire freddo.”
Amedeo gli restò di fronte, vide l’alone bluastro sotto gli occhi lucidi e i capelli divisi in ciocche opache che non dovevano essere stati pettinati da giorni. Non lo aveva mai visto così. “Da quanto non dormi?”
“Non lo so. Puoi spostarti un po’, per favore? Mi fai male agli occhi, mi devo abituare.”
Amedeo si impose di mantenere un atteggiamento neutro e prese posto al suo fianco sul divano, poggiandogli due dita sulla fronte: era molto calda.
Sebastiano scosse la testa, allontanando la mano. “Non toccarmi, sono sporco di morte.”
Amedeo ricordò che si erano appena abbracciati, e restò in silenzio. Conosceva la sua ossessione per la cura personale e pensò di provare un approccio diverso. “Vuoi fare una doccia?”
Sebastiano girò la testa di scatto, e dovette fare uno sforzo per capire il senso delle sue parole. “È vero. È ancora possibile fare una doccia.”
Quando Amedeo aggiunse che gli avrebbe prestato dei vestiti si alzò, e iniziò a spogliarsi con gesti nervosi ammucchiando i suoi abiti eleganti a terra, compattandoli con i piedi al lato del divano come fossero vecchi stracci. Dopo essersi incamminato verso il corridoio, si fermò di scatto all’altezza del tavolo a penisola. “Grazie Ludger, per il tè e la doccia.”
“Questa è anche casa di Amedeo, non devi ringraziarmi di nulla.”
Ludger gli si era rivolto sorridendo e Sebastiano gli rispose con un ghigno tirato riprendendo a camminare verso il bagno.
Amedeo aveva il viso molto preoccupato, e cercò di trovare una sistemazione per gli abiti abbandonati in terra; Ludger era semisdraiato sul divano a sfogliare una rivista musicale che abbandonò non appena lo vide avvicinarsi.
“Mi sembra decisamente carico, capisco perché eri preoccupato.”
“Sì, deve essere successo qualcosa, me ne parlerà appena gli riesce. Sta stortissimo, è evidente. Meno male che sei mezzo matto pure tu… è un sollievo che mio fratello possa girare completamente nudo a casa tua come se per te fosse la cosa più banale.”
Ludger sorrise. “È anche casa tua, e le persone che hanno un rapporto disinvolto con il loro corpo mi piacciono molto. Sebastiano poi è talmente bello. Io posso andare via anche subito.”
Amedeo gli rivolse uno sguardo inquieto. “Preferirei che restassi ancora un po’. Se non ti dispiace… ”
Ludger sorrise con dolcezza; felice del fatto che la sua presenza potesse aiutarlo. “Sai, c’è una cosa che voglio dirti, potrebbe non servire ma voglio dirtela lo stesso. Puoi restare con lui fino a che si ferma a Roma, come avete sempre fatto. Se preferisci puoi farlo stare qui, o potete andare a San Lorenzo. Insomma, non devi pensare di dovertene separare se sta male. Per me andrebbe bene anche se volessi farlo restare qui con noi, finché non si riprende.”
Amedeo lo guardò con gli occhi lucidi. “Tu sei fantastico, davvero. Lui però ha tempi di reazione lunghissimi… e stavolta mi sembra davvero a pezzi.”
“Tesoro, sai che non ti dico mai niente che non sia vero. Per me va bene tutto, davvero. Se serve posso dirlo anche a lui.”
“Vediamo come va.”
Sebastiano tornò in soggiorno dopo pochi minuti, scalzo e con i capelli bagnati, per iniziare a bere il suo tè.
Amedeo gli mise di nuovo una mano sulla fronte, che trovò ancora calda. “Hai la febbre, forse alta. Devi coprirti e asciugarti.”
“Non penso di poter fare molto di più.”
Ludger, poco distante, continuò a leggere la sua rivista fingendo di non notare il nervosismo con cui Amedeo si era alzato di scatto; lo vide tornare poco dopo e iniziare ad asciugare i capelli di Sebastiano dopo avergli messo una felpa sulle spalle. Lui restò impassibile sotto il getto d’aria calda, riprendendo a parlare appena il suono dell’apparecchio si spense.
“Stare qui mi sembra un’allucinazione. Ludger, tu hai ancora i tranquillanti che prendevi? Se non dormo anche stanotte impazzisco. E non sono in condizioni di andare a fare shopping. Amedeo? Hai la pelle colorata?”
Amedeo sorrise malgrado la preoccupazione, lasciò il phon e rispose sedendo di fronte a lui. “Siamo scappati da tutto per una settimana, soprattutto dalle mie paturnie. Siamo stati a Creta. È stato bellissimo.” Per la prima volta trovò sinistra l’immobilità del viso di Sebastiano.
“Avrai il corpo deturpato dal segno del costume.”
Amedeo scosse la testa, e Sebastiano tornò a rivolgersi a Ludger.
“Dove lo hai portato.”
“Creta, una piccola baia in cui potevamo entrare solo noi, che Amedeo ha scalato diverse volte per tuffarsi dalla scogliera in onore a Zagreus… A Dioniso, il toro eccetera. Penso li abbiamo onorati degnamente tutti, soprattutto Dioniso. E sì, ho ancora i pilloloni. Stavo uscendo per andare da un amico. Quando torno potrei passare da mia madre a prenderli. Però tu ti fermi qui a cena.”
Sebastiano contrasse gli occhi stanchi. “Che c’entra la cena. Non ho fame.”
Ludger iniziò le sue manovre senza prestargli attenzione, e una volta in piedi gli si rivolse con un sorriso sereno. “Ne riparliamo al mio ritorno, ora vado.”
“Ludger mi piace, tanto. Avete avuto un culo pazzesco a trovarvi. Sono felice che tu non sia più solo, che assurdità. Sono esausto, posso sdraiarmi?”
“Certo, dove vuoi.”
Sebastiano lasciò la tazza sul tavolo, e con un unico movimento sollevò le gambe per sdraiarsi sul divano, continuando a guardare fuori.
Amedeo si sentiva angosciato: l’idea di lasciarlo da solo in quelle condizioni gli era intollerabile ed era riconoscente nei confronti di Ludger. Avrebbe voluto accarezzare la testa di Sebastiano, ma temeva un altro scatto nervoso. “Sono preoccupato per te, hai la febbre e sei dimagrito.”
“Anche tu sei dimagrito. Non c’è niente di preoccupante nella nostra magrezza, te lo assicuro. In questa casa c’è un’aria talmente buona che mi sembra di stare meglio. Viene da te. Sei felice. Io non so quanto mi fermerò a Roma stavolta. Non so niente di niente. Vorrei dormire per una settimana di seguito, forse anche di più. Forse dovrò tornare a Parigi a sistemare cose, ma non ce la posso fare. Verresti con me?”
Amedeo colse diverse incongruenze e si preoccupò ancora di più. Nei loro ultimi incontri Sebastiano aveva ripetuto spesso di non potersi allontanare a lungo da Parigi per occuparsi di Aline. “Mi parli di Aline?”
“Non ora. Non ce la faccio. Fammi riposare almeno un po’. Poi sì, sono venuto apposta. Potrebbe essere l’ultima volta che ci vediamo, te l’ho detto chissà quante volte. Però stavolta è vero. Non so se reggeremo anche a questo. Vorrei guardarti senza parlare. Posso avere una coperta.”
Amedeo scelse un CD, lo coprì con un plaid e fumò diverse sigarette di seguito. Era sempre stato felice dei loro lunghi silenzi che gli permettevano di perdersi nei propri pensieri. Quel pomeriggio il tempo gli sembrò immobile, come gli occhi di Sebastiano, che sembrava vulnerabile rannicchiato sul divano. Ogni dettaglio alimentava un’inquietudine opprimente; lo allarmava il suo contraddirsi nel chiedergli di accompagnarlo a Parigi, per poi affermare che quello avrebbe potuto essere il loro ultimo incontro.
“Luca. Non serve a niente, come il resto. Però voglio farti una premessa. Io sono pigro e odio i cambiamenti. Lo sai. Ascolto poche voci, oltre la mia. E sono molto distratto. Tu buchi tutto questo. Non so neanche io perché, e neanche mi interessa. La tua presenza ha mantenuto vive, attive, parti di me che altrimenti sarebbero avvizzite. Le ultime volte che ti ho visto, mentre eri travolto dal tuo cambiamento, mi hai fatto capire che anch’io potevo cambiare. Mi sono riscoperto ancora capace di fare per te, e per quei poveretti che riescono a finire nell’asfittico raggio della mia attenzione, quello che per me non farei mai. Ricordo una frase che ha corroso la mia coscienza. Quando apparentemente non ci sono possibilità d’azione, e le trame scorrono, possiamo prendere in considerazione l’impossibile. Tu hai detto di non capire. Forse adesso capirai. Non è una giustificazione, sono solo chiavi di lettura. I simboli e le metafore perdono significato se non si àncorano alle miserie in cui siamo costretti a immergerci, se non li alimentiamo con il nostro essere. Fine della premessa. Aline soffriva di depressione maggiore. In modo clinico. Quelle derive che non puoi analizzare e affrontare con un approccio psicanalitico, roba da chimica sbagliata. È un processo meccanico. Non aveva voglia di vivere, da sempre. Era drogata e anoressica. Fino a qui è tutto noto. A volte aveva delle crisi di euforia e sembrava come posseduta. In quei casi era stupenda, completamente fuori da ogni definizione. Con il tempo sono diventate sempre più rare. Somigliava a Luca, il suo completo distacco nei confronti di tutti i teatrini, la sua bellezza. Qualcosa che mi incantava in quel palese errore. Sono questi i motivi per cui le sono stato accanto in questi anni. Lei era innamorata di me. Mi ha sempre detto che ero la cosa più importante che le fosse capitata. Con il tempo sono diventato l’unico motivo, la macchina che la teneva in vita. Era un processo inarrestabile, si consumava inesorabilmente. Lei avrebbe voluto fare l’amore con me fin dall’inizio. Non le ho mai detto che sarebbe accaduto. In qualche modo, dai miei deliri, ha ricavato una versione che per lei era diventata vera. Amore e morte. Tu sai come mi piaccia giocare con le idee fuori dai confini della morale. Le idee dovrebbero poter essere sempre libere. Amarmi e morire per lei sono diventate una cosa sola, una meta. Il suo desiderio più grande. Forse l’unico. Io so che questa cosa potrebbe essere troppo per te. Posso scomparire in un attimo dal tuo paradiso.”
Amedeo lo ascoltò in silenzio, sentendo che nella sua testa si stava creando lo spazio per contenere qualcosa fino ad allora inaccettabile. “Fratello, lo sai che sono d’accordo con te, e penso che le idee dovrebbero sempre essere libere, come le persone… continua, ce la farò.”
“Non lavorava più da mesi, non era in condizioni di fare più nulla, neanche una passeggiata. La portavo sempre dai suoi medici. I suoi parenti adesso potrebbero accusarmi di cose non vere. Io ho fatto di tutto per tenerla in vita, fino a che ci sono riuscito. Non lo dico per giustificarmi, non lo farei mai. Lo dico perché è vero. Lei aspettava senza lamentarsi. La sua situazione era ormai irreversibile. Io non sopportavo più di vederla consumarsi senza scampo. Ho già visto quanto un corpo può scarnificarsi prima di spegnersi, so che è un dolore atroce, che grida in modo insopportabile. Soprattutto perché è inutile. È insuperabile. Letteralmente. Non c’è niente dopo. E nel suo caso era ancora più evidente, perchè stava realizzando quello che aveva sempre voluto. Le ho concesso di prepararsi da sola un miscuglio che l’avrebbe uccisa, l’ho solo aiutata a tenere le mani ferme. Poi l’abbiamo fatto. Lei è stata felice, non so fino a quando c’è stata, ma è stata felice. Ancora devo capire come sono stato io e forse non voglio. Ma rifarei tutto da capo. Non sono una vittima, io ho scelto. Posso restare ancora su questo divano?”
Amedeo si alzò e gli carezzò la testa. “Vorrei che restassi lì fino a che non torno da te, me lo prometti?”
“Chiudimi dentro. Chiudi tutto e vai.”
Amedeo scosse la testa, e guardò i suoi occhi che restavano fissi in avanti, anche se da quella posizione non poteva più vedere gli alberi oltre le finestre.
“Pensavo di andare soltanto sul terrazzo.”
“Fratello, sei l’unico posto dove posso tornare. Fino a che sei nei paraggi resto qui a fare la pozzanghera.”
“Posso parlarne a Ludger?”
“Puoi fare quello che vuoi, puoi anche decidere al posto mio. Non ho più direzione.”
Amedeo aveva iniziato ad esplorare la discografia di Ludger; preparava blocchi di vinili seguendo i suoi consigli, e lo stereo non restava quasi mai spento quando era in casa. Quel pomeriggio, rientrando, Ludger pensò non fossero in casa per via del silenzio che lo accolse; dopo essersi liberato delle scarpe andò in salotto, e vide Sebastiano sdraiato immobile sul divano. Sembrava addormentato: i suoi capelli neri cadevano dal cuscino della seduta, e lui sorrise ricordando le sovrapposizioni temporali che ossessionavano Amedeo. Quella visione lo riportava prepotentemente a Nobuko, ma non trovò spiacevole quel senso di straniamento. Alzando lo sguardo notò il piatto girare a vuoto sull’ultimo solco, e questo dettaglio lo mise in allarme perché Amedeo maneggiava le sue cose con una cura estrema. Spento lo stereo si diresse verso lo studio, dove lasciò diverse scatole di tranquillanti in fondo a uno dei propri cassetti, nascoste sotto il caos di oggetti che conteneva. Quel pomeriggio l’incontro con Helga non era stato facile. Le aveva raccontato del breve incontro con Sebastiano senza dare molti dettagli ma evitando di censurarsi, come era abituato a fare con lei. Helga aveva reagito in modo inaspettato perché non riusciva a credere del tutto alla sua versione, e temeva che i farmaci che era passato a prendere non fossero per un amico di Amedeo in difficoltà ma per il figlio. Ludger si massaggiò le tempie tenendo gli occhi chiusi. Non riusciva a capacitarsi del comportamento irragionevole della madre, perché non le avrebbe detto nulla se davvero ci fosse stata una ricaduta. Pensò che fosse arrivato il momento in cui lo stress della madre, accumulato negli ultimi anni, si era potuto permettere di affiorare: gli aveva gridato che soltanto vedendo di persona la casa e Amedeo avrebbe smesso di preoccuparsi. Ludger non l’aveva mai vista in quello stato e si era stupito, rendendosi conto che fino ad allora la madre non aveva mai chiesto un contatto diretto con la vita che si stava ricostruendo, facendosi bastare i suoi racconti. Prima di salutarla le promise di organizzare un incontro appena possibile. Si era fatto abbracciare baciandole la fronte, ricordando quando gli capitava di vedere quella scena da bambino, ogni volta che suo padre andava via. Tornò a massaggiarsi la tempia, pensando alle parole di Amedeo sulle difficoltà che quella donna aveva affrontato, e sperò di riuscire a farli incontrare presto. Ebbe la certezza che le confessioni che si erano scambiati sull’isola fossero fondamentali per il loro rapporto.
Si mosse nelle stanze in penombra cercando Amedeo, e in soggiorno lo accolse la voce di Sebastiano.
“Luca è fuori, in terrazzo. Dopo, mi puoi buttare fuori a calci, ma basta una parola e scompaio definitivamente. E voi sicuramente avete ragione. Solo, ti prego. Non ti conosco, ma se ti venisse la tentazione di infliggermi una predica sappi che non potrei reggere. Non sarebbe bello perdere il controllo qui.”
Ludger lo guardò restare immobile sotto il plaid, che lasciava scoperti soltanto gli occhi stanchi. “Non capisco quello che dici, ma cercherò di ricordarlo.”
Raggiunse Amedeo che stava fumando con i gomiti appoggiati alla ringhiera in fondo alla terrazza, e gli si affiancò. In ogni dettaglio del suo corpo riconosceva una tensione estrema, e gli chiese se poteva raccontargli cosa fosse successo.
“Ho sempre saputo che Sebastiano ha qualcosa di spezzato, di rotto. Lo sai che io non giudico mai, e penso che anche tu sia così. Questa cosa è molto difficile da digerire ma ce la devo fare, io ce la devo fare, ha solo me. Ma non ti chiedo niente, non sai quanto sono sollevato, perché so che fai solo quello che vuoi fare. Sarebbe un bel problema adesso gestire anche la paura di metterti in condizioni di fare o dire cose che non vorresti…” Spense la sigaretta e iniziò a raccontare tutto quello che gli aveva detto Sebastiano, senza omettere nulla.
L’espressione di Ludger non cambiò, e finito il racconto rimase in silenzio.
Amedeo non riusciva ad immaginare come avrebbe elaborato quelle informazioni. Erano ancora fuori al buio mentre la temperatura scendeva. “Ludger, a cosa stai pensando?”
“Potrebbe essere complicato.”
“Ludger, non capisco… a cosa ti riferisci?”
“Devo capire anch’io alcuni dettagli, andiamo a chiederglieli.”
Amedeo accese alcune luci basse, e andò a prendere una bottiglia d’acqua fresca in frigo. Ludger prese posto sul divano di fronte a Sebastiano, che si alzò a sedere restando rigido in attesa.
“Sebastiano, ascolta, immagino che non sia piacevole per te parlare di queste cose, ma sappi che voglio solo aiutarti. Non me lo ha chiesto Amedeo, non ce n’è stato bisogno. Posso farti delle domande?”
“Perché vuoi aiutarmi?”
“Perché sei importante per lui, e questo mi basta. Non faccio mai niente se non mi va di farlo. Possiamo chiudere qui i preamboli? Sono preoccupato.”
Sebastiano aveva la febbre alta e si sentiva debole, al punto da dover appoggiare la schiena alla spalliera del divano. La completa inespressività di Ludger gli permise di percepirsi in un territorio neutro, ma non poteva lasciarsi andare del tutto perchè non capiva cosa stesse succedendo. “Cos’è che ti preoccupa?”
“Due dettagli. Hai parlato di possibili interpretazioni dei fatti da parte dei parenti di Aline, e hai chiesto ad Amedeo di accompagnarti a Parigi. Devo capire per pensare a come muovermi. Posso provare ad aiutarti?”
Sebastiano trovava l’espressione di suo fratello insopportabile; sapeva di essere responsabile di un turbamento profondo che non poteva ignorare. Pensò che fosse stato un errore avvicinarlo così tanto a sé in quegli anni, ma ormai lo considerava una condizione inalterabile. Ludger invece gli sembrava imperturbabile. Riprese a parlare dopo che Amedeo si fu seduto al suo fianco. “Va bene. Ludger. Cosa vuoi sapere.”
“Cosa hai fatto immediatamente dopo?”
Rivolse lo sguardo spento oltre le finestre. “Mi sono vestito e ho chiamato la polizia.”
“Hai toccato gli oggetti che lei ha usato per quell’ultima dose?”
“No, li ha maneggiati solo lei.”
“Cosa ha fatto la polizia?”
“Hanno chiamato un’ambulanza, ci hanno portati in ospedale. Mi hanno visitato e dichiarato sotto shock. Mi hanno fatto molte domande, ho omesso diversi dettagli. Mi hanno dimesso e sono andato direttamente all’aeroporto.”
“Cosa hai omesso, esattamente?”
“Tutto quello che non avrebbero capito. Ho detto che per me doveva essere una sera come tutte le altre.”
“Hai fatto bene. Di chi è la casa in cui stavate?”
“Era sua.”
“Immagino che tutte le tue cose siano lì. Hai un avvocato? Posso occuparmene io?”
“Tutte le mie cose sono lì. Non ho un avvocato, non sarei neanche potuto partire, credo. Perché vuoi occupartene tu?”
Ludger finalmente accennò un sorriso. “L’ho detto all’inizio. Sebastiano, io non ti conosco ma sei suo fratello, giusto? Penso ci siano delle cose da fare, e credo che potrei farle meglio di voi. Domani devo far venire qui Helga, mia madre, e vi chiedo di essere urbani. Se ti trova catatonico va benissimo, ma devo farla assolutamente venire qui. Adesso devi mangiare qualcosa con noi e poi ti prendi un sonnifero, se non mangi non lo avrai. Poi dormirai qui, e penso che resterai con noi per un bel po’. Poi studieremo meglio come sistemarti, non sarà difficile, per ora ci adatteremo. Mi dispiace doverti dare delle condizioni, lo faccio soltanto perché è indispensabile. Se le condizioni non ti piacciono puoi andartene, ma una volta che metto in moto la macchina non si scende più. Riesci a fidarti di me?”
Sebastiano era talmente stupìto da non riuscire a interpretare la situazione in cui si trovava. Amedeo non avrebbe mai immaginato quella reazione da parte di Ludger; era sollevato, e sperava che Sebastiano gli permettesse di aiutarlo. Gli strinse una mano calda con la propria, sforzandosi di trattenere le lacrime.
Sebastiano abbassò la testa a guardare quelle due mani unite, pensando fosse molto strano che una fosse la sua. “Voi due siete un’allucinazione. Tu, Luca, che faresti.”
“Ti prego, resta con noi e fatti aiutare. Non sopporterei di vederti andare via adesso.”
Ludger si alzò per occuparsi della cena; voleva lasciarli soli e si allontanò dirigendosi verso il bagno.
Amedeo prese le spalle di Sebastiano e lo fece ruotare per abbracciarlo.
“Luca, se ti vedo piangere attacco anch’io. Potrei non finire più.”
Amedeo continuò a stringerlo, malgrado lui non reagisse. “Dimmi che resterai, piangi quanto ti pare, abbracciami.”
Sebastiano mandò gli occhi al soffitto, non riuscendo a capacitarsi di quell’abbraccio. “Non ti fa schifo toccarmi?”
Amedeo sentì un dolore sordo implodergli nel torace, e singhiozzò stringendolo più forte. “Tu non mi fai mai schifo. Tu sei una delle persone più buone che ho conosciuto.”
Sebastiano pensò che tutto in quel momento fosse sbagliato, strizzò gli occhi e si sentì fischiare le orecchie. “Luca, tu sei pazzo.”
La testa di Amedeo, a fianco alla sua, ruotò leggermente per un fiacco no. Quel movimento gli sembrò infantile, e sentì come se qualcosa in lui avesse ceduto; iniziò a piangere rispondendo all’abbraccio.
Ludger preparò la cena, mise della musica e apparecchiò la tavola restando in silenzio. Sebastiano teneva la testa sulla spalla di Amedeo e si lasciava accarezzare i capelli; i suoi occhi erano tanto immobili che sembrava non battesse neanche le palpebre. Ludger continuò ad osservarli da lontano: Amedeo era più sereno e questo gli bastava. Si alzarono insieme, e lo raggiunsero tenendosi per mano.
Sebastiano restò a testa china sul piatto fumante. “Non ho per niente fame.”
Ludger aveva già portato la forchetta alle labbra. “Se non mangi non avrai niente da me, pensavo volessi dormire stanotte. Sai che potrebbe diventare davvero difficile nei prossimi giorni? Non ho intenzione di muovermi se non decidi di essere collaborativo.”
Sebastiano annuì, iniziando a mangiare con gesti meccanici dopo aver mandato i capelli indietro. Ludger chiese ad Amedeo quali fossero i suoi impegni nei giorni seguenti, per poi ascoltarlo attentamente prima di riprendere a parlare.
“Domani mattina parlerò con un avvocato e cercherò di capire che tempi abbiamo, ma penso che dovremo andare presto a Parigi. Ho chiamato Helga, mi ha già fatto avere il numero. Sebastiano devi tenere acceso il telefonino, se ti chiamano da lì posso parlarci io, ma non devi dare l’impressione di essere scomparso.”
Sebastiano pensò che scomparso fosse una definizione adatta per descrivere lo stato in cui si percepiva. Si alzò, tornando subito dopo con la tracolla che aveva lasciato vicino alla porta, e ne estrasse il telefono. Ogni movimento gli costava una fatica enorme. “In questa casa c’è un’aria talmente buona che potrei avere una crisi allergica… se fossi in grado di pensare potrei pensare che siete più pazzi di me.”
Ludger rispose con una nota di ironia nella voce. “Sono felice di sapere che ti senti a tuo agio e in buona compagnia. Amedeo, anche tu cerca di nutrirti.”
Lo aveva esortato a mangiare perché Amedeo continuava a vuotare il calice, incantandosi e ignorando il suo piatto. Alla fine della cena portò a Sebastiano due piccoli frammenti delle proprie pillole che lui mandò giù con un sorso di vino.
“Grazie Ludger. Adesso dovrei andare a casa, in albergo.”
“Amedeo portalo sul divano, o direttamente a letto. Dal tuo lato, grazie.”
La reazione di Sebastiano non lo stupì.
“Scherzi?”
Ludger stirò il collo verso il soffitto rivolgendo la testa verso l’alto, e Amedeo si alzò velocemente per evitare possibili repliche. Sebastiano si lasciò prendere per mano, e lo seguì senza protestare; Ludger, guardandoli andare verso il corridoio, iniziò a trovare in quella situazione un aspetto comico che non avrebbe sospettato. Quando li raggiunse Sebastiano era già sotto le coperte, e Amedeo gli stava accarezzando la fronte calda tenendogli ancora la mano.
Restò in piedi lì vicino a guardarli. “Come ti senti?”
Sebastiano gli rispose a voce bassa. “Strano, mi sembra di non essere in me. Sembra che non ci sia niente che non si possa risolvere. Sto delirando. Mi sembra di sperimentare una condizione in cui non sono mai stato… quella dei bambini che sanno che c’è qualcuno che decide tutto per loro. E tu non devi fare neanche lo sforzo di dargli fiducia, perché è naturale… senza dover pensare a nulla. Quella condizione in cui puoi aver fiducia di tutto quello che ti viene detto. Perché qualcun altro fa la fatica di tenere tutto sotto controllo, una fatica sicuramente destinata a fallire ma nella quale si può ancora credere… vorrei rimbecillire del tutto, spegnere tutto e perdermi del tutto. Come dovrebbero poter fare i bambini, vestiti di bianco, persi in un tempo tutto loro. Tutto quello che fanno è pulito, perchè non hanno ancora fatto correre la testa. Perché il tempo è solo una parola che non possono capire. Una parola che non può ferirli… che cazzo mi hai dato?”
Ludger avvertiva per primo un forte senso di irrealtà: gli sembrò un caso che fosse lui quello in piedi, senza neanche abbastanza vino in corpo. “Una delle mie combinazioni preferite. Chiudi gli occhi e lasciati andare. Volevi dormire, adesso dovrebbe essere facile. Non preoccuparti di niente.”
Amedeo sentì la mano di Sebastiano stringere un po’ più forte; poco dopo lo vide finalmente chiudere gli occhi e addormentarsi.
Amedeo restó ancora un po’ di tempo con Sebastiano, mentre Ludger sistemava la cucina. Amedeo lo trovò in soggiorno, seduto sul divano con un libro in mano; si fermò ad osservarlo: aveva la testa leggermente chinata verso il libro, le ciocche chiare ricadevano sul viso spigoloso e in qualche modo dolce, un contrasto che lo affascinava da sempre. Il divano appariva insolitamente piccolo per via della sua altezza, come se quel corpo fosse stato concepito in una scala diversa, ma così esile nelle proporzioni da far sembrare ciò che lo circondava di una misura sbagliata. Ludger era in grado di provocare una dispercezione estetica, così come il suo modo di pensare scardinava le dinamiche convenzionali. Provò un amore feroce per il mondo incredibile che girava in quella testa che avrebbe dovuto essere danneggiata e che invece poteva funzionava meglio delle altre. Pensò che molti dei suoi problemi derivassero da un’intelligenza e sensibilità fuori misura, come il resto. Prese due calici, il tabacco e lo raggiunse.
“Ancora non hai fumato oggi, vuoi una sigaretta?”
Lasciò il libro per alzare il viso e sorridergli. “Volentieri.”
“Come puoi sorridere con quella serenità… continui ad essere un mistero per me, come quando rischiavo di sclerare e scappare in qualsiasi momento… e lo vedevo benissimo che facevi fatica a non sorridere tutto il tempo.”
Prese la sigaretta appena accesa dalla sue labbra, e Amedeo iniziò a prepararne un’altra. Ormai era diventata una consuetudine.
“Ti irrita come allora la mia ieraticità… o forse era il sorriso arcaico, non ricordo più bene.”
“No, non c’è niente che mi irrita in te. Sono solo felice di te e quando mi irrito, o mi irritavo, è perché sono umano. Tu a volte non lo sembri, ma è un complimento. Ti sono così riconoscente per quello che hai fatto con Sebastiano, sarei impazzito di dolore se fosse andato via. Lo fai solo per me o perché pensi sia giusto?”
“Non riesco a distinguere le due possibilità. Lo faccio per il rapporto che avete, che è straordinario, e perché penso sia giusto. Io mi fido di te, e credo che lui con te sia completamente nudo. Non è in grado di superare questa cosa da solo, e noi lo aiuteremo. Poi, certo, non possiamo sapere come andrà a finire. Ma almeno ci proviamo. Ti chiedo solo una cosa. Non mi contraddire davanti a lui, se non sei d’accordo su qualcosa parliamone da soli. Si potrebbe fare parecchia confusione. So di essere presuntuoso, ma a te ho sempre dato ascolto. Tu hai conosciuto Aline?”
Ludger provò una tenerezza travolgente per l’espressione triste di Amedeo; era la prima volta dal suo ritorno che vedeva quegli occhi, di un blu cupo per la poca luce, così inquieti per qualcosa di diverso dai suoi turbamenti.
“No, non sono mai stato da loro. Sebastiano diceva che lo avrei potuto raggiungere lì in qualsiasi momento. Ma non ci sono mai stato, e adesso mi dispiace. Non so come sarebbe andata e non lo posso più sapere. Avevano un rapporto che non ho mai capito, e questo mi spaventava… poi avevo paura che potesse essere gelosa, una volta mi aveva detto che era molto gelosa… adesso penso che a modo suo anche Sebastiano ne fosse innamorato. Altrimenti non si sarebbe accanito a tenerla in vita per tutto quel tempo, lui è pigro e indifferente a tutto. Qualcosa in lei lo deve aver colpito in profondità, lui dice il palese errore ma non credo sia tutto lì. Si può perdere completamente la speranza e sperare di vivere? Io non capisco. Io sono nato senza speranza. Non capisco. In questo tu eri coerente. Lui ha costruito solo mondi che poi ha visto crollare e non si è risparmiato mai niente. Sono sicuro che ancora non ha superato la perdita di Adriano, quella di Luca… mi chiamerà Luca per tutta la vita…”
“Vieni qui.”
Ludger lo avvolse tra le braccia, e lo lasciò piangere ancora.
Amedeo aprì gli occhi nella stanza inondata di sole, aveva appena sognato di restare sepolto sotto la sabbia calda e sorrise abbassando lo sguardo. Sebastiano dormiva di fianco a lui, abbracciandolo dal lato sinistro. Il corpo di Ludger scorreva attaccato al suo dal lato destro e una delle sue gambe era tra le proprie, leggermente divaricate. Il ricordo della giornata precedente lo raggiunse raggelandolo, e pensò di poterlo sostenere soltanto grazie a quel contatto. Baciò la testa di Ludger appoggiata sul suo torace, grato per come avesse accettato quella situazione che lui stesso trovava assurda e stranamente familiare. Adorava la sua voce rauca al risveglio.
“Buongiorno tesoro.” Ludger sollevò il viso per baciargli le labbra.
Sebastiano nel frattempo aveva aperto gli occhi. “C’è stato un errore. Mi hanno mandato in paradiso.”
Amedeo gli sorrise dolcemente. “No fratello, sei ancora vivo.”
“Peccato. Me lo immagino esattamente così.”
Sebastiano si alzò con un unico movimento elastico, e raggiunse in pochi passi i vestiti che Amedeo gli aveva prestato il giorno precedente.
“Fratello, prendo il tuo telefonino. Chiamami tu quando pensi che debba tornare. Vado a camminare nella villa qui sotto. Fallo, altrimenti divento un barbone. Al ritorno prendo i cornetti.”
Poco dopo sentirono la porta sbattere.
Ludger rise. “Lo so che la situazione non è leggera. Ma i suoi modi mi divertono.” Amedeo aveva gli occhi gonfi, e lui gli baciò le palpebre. “Credi che riuscirai a non pensare a tuo fratello per un po’?”
“Lù, se mi baci io perdo completamente la capacità di pensare.”
– Che ne dici di tornare? –
Sentire la voce di Amedeo strappò Sebastiano dalle sue riflessioni: anche attraverso il telefono era vicina, viva. – Dieci minuti. –
– Daccordo, ma non di più che Ludger deve uscire. –
– Fratello, sei felice? –
– Si, lo sono. –
– Anch’io, per te. Arrivo. –
Sebastiano aveva camminato a lungo tra gli alberi, come cercava di fare ogni mattina; in quelle passeggiate cercava di stabilire un contatto con una parte della sua infanzia senza regole. Nei suoi ricordi quel periodo era stato felice, sfrenato e crudele senza averne coscienza, quindi puro. Cercava di recuperare quella condizione che associava al risveglio della sua coscienza, per compensare l’idea della fine, che lo avrebbe accompagnato fino al sonno. Accarezzava i tronchi, guardava le foglie e gli insetti, convinto che almeno loro stessero continuando a vivere quella condizione per lui perduta. Si sentiva sempre accolto da quel mondo privo di consapevolezza e continuava a cercarlo in ogni luogo in cui si trovava, sempre lontano da casa.
Quella mattina non era riuscito a stabilire quella connessione perché si sentiva la morte addosso, ancora sulla pelle come il tocco di un amante. Non era pentito di aver realizzato il desiderio di Aline, ed era confortato dal pensiero di averla resa felice assecondandola. L’unico dettaglio che non riusciva a perdonarsi era il non averla allontanata prima e l’aver alimentato i suoi deliri con la sua presenza. Non lo consolava il pensiero che fosse condannata dall’impossibilità di accettare e vivere nella realtà, perché era certo che l’epilogo sarebbe stato diverso con qualcun altro vicino. Continuava a sembrargli un’atrocità del destino il fatto che avesse scelto proprio lui.
Gli alberi continuavano la loro vita aliena, e lui non riusciva più ad avere l’impressione di entrarci in simbiosi. Nel letto in cui aveva dormito c’era il calore, il tempo che continuava a scorrere senza lacerare la coscienza: la fine e l’inizio erano bilanciati in un equilibrio perfetto. Lui ne era fuori e sentiva freddo.
“Che programmi avevi per stamattina?”
Ludger aveva l’impressione di fare colazione con delle creature inanimate; la musica riempiva la stanza, suggerendo un movimento contraddetto dalla loro stasi. Sebastiano continuava a guardare avanti a sé, con un atteggiamento assente che restituiva ad Amedeo un’espressione turbata.
“Amedeo? Che programmi avevi per stamattina?”
Prima di rispondere scosse la testa, come per scacciare i pensieri. “Sì, scusa. Dovrei andare a lezione e poi a San Lorenzo, ma non ho da fare niente di importante. Perché?”
“Bene, io e Sebastiano dovremo fare dei giri noiosetti ma indispensabili.”
Sebastiano fece uno sforzo per tornare presente. “Ludger caro, credo di non essere abbastanza in me per poter aspirare a fare niente di niente.”
Ludger sorrise, pensando che avere a che fare con lui potesse essere una specie di espiazione per i propri comportamenti passati. In quest’ottica le reazioni di Sebastiano gli apparivano fin troppo civili, perché al suo posto avrebbe iniziato a scaraventare gli oggetti che aveva di fronte.
“Proviamo a valutare la cosa da un altro punto di vista. Quello che sto cercando di risparmiarti e di risparmiarci è fare un viaggio a Parigi, non per far vedere ad Amedeo quella bellissima città, ma per star dietro a seccature burocratiche, che io odio. Se a te piacciono possiamo parlarne.”
Sebastiano si massaggiò il viso, pensando che doveva interpretare quelle parole traducendole nella necessità di proteggere Amedeo. Riprese a parlare, rivolto a Ludger. “Quale sarebbe il piano?”
“Mia madre mi troverà un avvocato cazzutissimo, ne sono sicuro. Però ci serve un documento che attesti la tua incapacità di seguire le pratiche personalmente. Ho una serie di specialisti che ci possono aiutare, ma dobbiamo andarci. Poi al resto posso pensarci io. Dovremmo anche passare a casa tua a prendere dei vestiti. Amedeo non porta più quella taglia, non credo tu voglia inciampare nelle mie tute.”
Sebastiano avrebbe voluto scomparire in silenzio, senza lasciare traccia. “Mi chiedo. Non capisco cosa ci sto a fare io qui. Cosa c’entro, io, con la vostra fiabetta felice.”
La mano di Amedeo si appoggiò sulla sua.
“Impazzirei a saperti da solo. Non c’è niente da capire, ci sei e basta.”
“Non devi dirmi niente. Posso solo sperare che non sia niente di grave.” L’espressione di Davide cambiò nel mettere a fuoco Amedeo che stava in disparte, aspettando l’inizio della lezione. Gli si era affiancato evitando di toccarlo, trattenendosi con fatica dal chiedergli dettagli, sperando che non fosse così torvo per qualcosa collegato a Ludger.
Amedeo sorrise, con un’espressione che somigliava a una smorfia. “Un tempo nessuno capiva cosa mi passava per la testa. In momenti come questo rimpiango la corazza… ma non tutto il resto. Davide, non fare quella faccia! Già ti stai facendo chissà che film drammatico sentimentale. Devo deluderti.”
Davide finse di togliersi il sudore dalla fronte, mimando un sollievo esagerato. “Meno male. Ho avuto paura che Ludger se ne fosse andato di nuovo. Che sollievo.”
“Se Ludger se ne andasse un’altra volta non starei certo qui. È il mio amico matto a preoccuparmi, il fratello che non vedo mai. Gli è successa… ha fatto una cosa… lasciamo perdere. Non sono in grado di parlarne. Ludger è fantastico, non so cosa avrei fatto senza di lui. Andiamo a lezione, dai.”
Davide lo conosceva abbastanza da sapere quando non era il caso di insistere. Lo convinse a pranzare insieme e si impegnò per distrarlo, portandolo a parlare dei suoi studi. Amedeo lo apprezzò molto; non riusciva a smettere di pensare a Ludger e Sebastiano, ma si era imposto di non chiamarli e di evitare perfino i messaggi. Quando finalmente riuscì a chiudersi nella propria stanza a San Lorenzo, si concesse uno sfogo che ancora non aveva trovato spazio. Nella sua grotta era finalmente libero di piangere senza freni, lasciandosi andare alla disperazione che lo scuoteva.
Dopo aver pianto a lungo si allenò fino a sfinirsi; restò troppo tempo sotto la doccia ed era ancora in bagno quando sentì rientrare Elisa, che lo salutò affacciandosi per un istante. In quel momento Amedeo capì che era necessario costruire una versione accettabile di quello che era successo a Sebastiano. La raggiunse in cucina, mantenendo la testa bassa di fronte alla propria tazza di tè.
“Ludger non è venuto in piscina stamattina, sta bene?… tesoro cos’è quella faccia?”
Le raccontò che la ragazza di Sebastiano era morta da pochi giorni; la sua voce era senza colore e continuava a passare i polpastrelli sul bordo della tazza, evitando di guardarla. Tornò più partecipe soltanto parlando di Ludger, e di come aveva preso in mano la situazione.
Elisa impallidì, e restando a lungo in silenzio. “Mi dispiace tantissimo. Cazzo. Deve essere tremendo. Lo sai che non ero una grande fan di Sebastiano, però ho cambiato idea. Per come è riuscito a starti vicino negli ultimi tempi. Adesso mi devo arrendere all’evidenza che non lo capisco. E va bene. Però mi sembra strano che in questo momento quei due stiano insieme tutta la giornata mentre tu te ne stai qui da solo, come se non fosse successo nulla. Ho capito che dici che si sono piaciuti, ma insomma, è strano. Sei sicuro che sia una buona idea?”
Amedeo posò la tazza e sorrise con tristezza, tornando a guardare il tavolo. “Più sto con Ludger e più non finisce di stupirmi. Andrea me lo aveva detto, che è come se nella sua testa ci fossero più persone. Credimi, mi sembra che sia l’unico ad essere riuscito a reagire con razionalità, mi ha dato l’impressione di poterlo aiutare molto più di me. Mi fido di lui. E poi penso che quei due abbiano molte più cose in comune di quanto sembrerebbe.”
Elisa non era soddisfatta, si passava la mano tra i capelli scomponendo le geometrie del suo taglio curatissimo e il suo sguardo inquieto cambiava spesso direzione. “Sei preoccupato per lui, lo capisco. Ma non credi sia un po’ troppo adottarlo? Arrivare a una convivenza così serrata… non ti sei ancora abituato neanche a convivere con Ludger e… oddio, insomma, mi sembra una pazzia.”
Amedeo parlando con lei stava recuperando serenità. “Ludger a un certo punto mi ha detto che lo preferisce comunque a una suocera brontolona in pantofole… quanto lo adoro.” Si alzò con gesti fluidi per prendere il tabacco, e passandole vicino le scompigliò i capelli che lei ricompose con gesti collaudati in pochi secondi. “Non essere gelosa… non saprei neanche di chi.”
Rise per primo dell’assurdità di quella situazione, e lei si lasciò sfuggire un sorriso.
“Lisa, lo so che sembra una pazzia ma davvero, credimi, penso che sia la soluzione migliore, forse l’unica. E mi aiuta la certezza che Ludger non è un ipocrita, sono sicuro che se dovesse seccarsi me lo direbbe. Io impazzirei a sapere Sebastiano da solo. Non l’ho mai visto così, conoscendo le soluzioni radicali che può adottare quando sta male starei in paranoia tutto il tempo. D’altra parte non potrei mai trasferirmi con lui nella sua casa di Roma, io voglio stare con Ludger. Per ora non vedo cos’altro potremmo fare. Alle brutte posso sempre scappare qui.”
Elisa si stupì della sua tranquillità: si erano visti poco da quando era tornato dalla Grecia, ma osservava le sue trasformazioni con ammirazione. Scosse la testa e sorrise. “Quale dei due ti porteresti dietro? Così, solo per essere preparata a trovarmelo di notte in corridoio, e magari preparare anche il mio uomo, poveraccio.”
Amedeo diventò serio, temendo di non essere stato capito. “Veramente era un giochino stupido in cui immaginavo di scappare da solo.”
Elisa guardò fuori dalla finestra pensando che Ludger e Sebastiano, senza Amedeo, non sarebbero stati in grado di andare lontano. Soltanto un anno prima avrebbe creduto impensabile un’ipotesi del genere. Pensò di portare avanti il suo gioco ancora un po’. “Chi credi che se la caverebbe meglio?”
Alzò lo sguardo su di lei, divertito: i suoi occhi brillavano nella luce forte del pomeriggio, e la pelle più scura gli dava un aspetto diverso, sottolineando l’ennesimo cambiamento.
“Tra loro sicuramente Ludger, perché lui era pronto a morire e questo lo ha reso forte. Sebastiano malgrado tutto vuole vivere, anche quando la vita si accanisce contro di lui. Non sai che sollievo che io e lui non ci siamo persi per Ludger. Mi aspettavo che non sarebbe riuscito ad accettarlo, e invece come sai è stato eccezionale. Mi ha aiutato tantissimo. Adesso voglio stargli vicino io, non mi importa per quanto tempo e come. Sono tanto riconoscente a Ludger perché lo rende possibile, e anzi fa più di quanto si potrebbe immaginare.”
Elisa era tanto felice da decidere di forzare ancora un po’ il gioco. “E tu? Senza di loro?”
Una risata e un’alzata di spalle. “È strano… mi sono talmente allenato alla disperazione e alla perdita negli ultimi mesi, che mi viene da pensare che sarei quello che se la caverebbe meglio. Ma diventerei un mostro, uno di quelli brutti. Tu sei quella che ha visto più da vicino quel mostro.”
Sebastiano dopo aver mandato giù i frammenti di pillole seguì Ludger senza fare domande, sollevato di potersi affidare a una persona che gli dava l’impressione di saper gestire la situazione.
“Guidi sempre così male o hai deciso di morire con me.”
Ludger abbassò il volume dello stereo, e tornò a pensare che Sebastiano lo divertiva suo malgrado. “Guidare bene a Roma è noioso e, se decidessi di nuovo di morire, sicuramente vorrei farlo da solo. O almeno non con te. Se vuoi vado più piano. Già che stiamo parlando permettimi di annoiarti un po’. Cercherò di gestire tutte le chiacchiere, riproponendo la stessa versione che hai dato a Parigi. Vuoi cambiare qualche dettaglio? In caso sarebbe meglio che me lo dicessi ora senza contraddirmi poi. Se ti dovessero fare delle domande prova a rispondere, ok?”
“Sì, Ludger. Risponderò. Tu guida come ti pare, non mi interessa. Finché parli di morte non sei noioso. E sono d’accordo. Anch’io non vorrei morire con me. Per il resto va bene, o male, tutto. Cerco di ripetermi in testa la stessa frase. All’infinito. L’infinito annulla il tempo. Per non pensare.”
“Quale?”
“L’epitaffio del cervello che amo di più. D’ailleurs, c’est toujours les autres qui meurent. Serve la traduzione.”
Ludger frenò così bruscamente a un semaforo da far fischiare i freni. “No, non serve. Ricordi? Ho il tuo telefono e non penso potrei rispondere in tedesco. La frase non è del tutto vera, mi viene in mente almeno un’eccezione. Di chi è?”
Sebastiano parlava con un tono monotono, come se le stesse parole lo annoiassero. “A Luca non servirebbe una risposta. Duchamp. Aline aveva delle cose interessanti. Si definiva un ready-made. Però poteva essere gelosa anche di Marcel Duchamp. Una delle poche passioni che avevamo in comune. Tu potresti essere geloso di un cervello?”
“Non potrei essere geloso di niente, chi è geloso invece può esserlo di qualsiasi cosa. Siamo quasi arrivati, fai il bravo.”
Sebastiano portò la testa indietro fino ad appoggiarla al sedile, sbadigliando senza coprirsi la bocca. “Fare il bravo è terribilmente noioso. Sono allenatissimo, non preoccuparti. Mi piacciono le molecole di pillole che mi dai.”
Ludger sorrideva divertito. “Bene, così ci guadagneremo anche qualche ricetta. Oltre alla possibilità di tenerti lontano da situazioni spiacevoli. Riprendi pure il tuo mantra.”
Sebastiano mantenne un atteggiamento così passivo che quella mattina Ludger avrebbe potuto dimenticare di non essere solo; quando scese dalla macchina per telefonare all’avvocato che Helga gli aveva consigliato, Sebastiano restò seduto con lo sguardo basso, completamente indifferente a quanto stava avvenendo.
Quando entrarono nello studio Ludger pensò a quanto fosse singolare rapportarsi con uno degli specialisti che aveva tollerato i suoi silenzi per anni; il medico lo ascoltava con attenzione, congratulandosi più volte per i suoi progressi sorprendenti. Sebastiano sembrava disattivato, rivolto verso un ficus a ridosso di una finestra, e quando gli chiese a cosa stesse pensando non distolse lo sguardo dalla pianta.
“Alla morte. Penso solo alla morte. Invidio quel benjamin.”
Ludger aveva presentato la sua situazione ripetendo la versione che Sebastiano aveva dato in Francia, e ottenne da quella visita ciò che aveva sperato. Mentre tornavano verso la macchina rispose al telefono di Sebastiano e disse che non era in grado di sostenere una conversazione. In seguito comunicò quel numero all’avvocato, insieme a un certificato medico che spedì via fax. In tabaccheria restò affascinato dall’espositore delle sigarette, e decise di comprarne uno. Non sapeva quale scegliere, perchè quelle che aveva fumato in passato sarebbero state troppo forti.
“Sebastiano, che sigarette preferisci?”
Lo vide battere le palpebre diverse volte prima di rispondere.
“Ludger, ti comporti come se questa fosse una situazione normale. Adesso sembri assurdamente di buon umore. Ha ragione Luca. Sei un alieno.”
Rise brevemente e scelse la marca che aveva fumato Amedeo prima di passare al tabacco. Gli parlò di nuovo soltanto quando erano sul marciapiede di fronte al negozio, mentre si gustava i primi tiri.
“Sai quanto tempo è passato dall’ultima volta che ho comprato un pacchetto di sigarette da solo? Neanche io, anni. Poi avere a che fare con te, in questo momento, mi sembra parte di un percorso mio. Ti assicuro che non sto facendo niente che non mi vada di fare. Se dovessi scocciarmi non mi farei nessun problema a dirlo. Non mi sono mai fatto condizionare da nessuno, e non ho intenzione di iniziare ora.”
Sebastiano lo guardava stancamente, trovando assurde la sua bellezza fuori misura e quella calma che sembravano essere di un altro mondo. “Tu sei andato al funerale della tua donna?”
“No, non era cattolica e non mi avevano invitato. Avranno portato le sue ceneri in Giappone senza tante cerimonie. I suoi mi hanno fatto fuori subito, e non mi è mai dispiaciuto.”
Quel discorso risvegliò l’attenzione di Sebastiano. “Com’è morta.”
“Incidente stradale, forse non ha avuto neanche il tempo di spaventarsi. Io lo spero.”
“Hai iniziato subito a vederla. Le allucinazioni, intendo.”
Ludger sorrise guardandosi intorno: le persone percorrevano velocemente la via, il traffico e il caos della città in moto. Gli piaceva come quel dialogo avesse collegamenti con quello che li circondava. “No, dopo il mio incidente sono stato in coma per alcune settimane, credo… non ho idea del tempo che ho passato così. Ho avuto un brutto risveglio, all’inizio riuscivo a muovere solo la testa e odiavo tutto. Vederla è stata la mia unica consolazione, mi riusciva soltanto ad alcune condizioni, così ho imparato a giocare con le pillole colorate. Adesso non ho più allucinazioni… se non ti metto bene a fuoco, tu potresti esserlo. Hai una corporatura simile alla sua, gli occhi, i capelli neri e pari come la pelle bianca. È raro vedere una pelle così. Anche io che sono quasi albino non ho la pelle così, la vostra è proprio bianca.”
Sebastiano restò immobile e inespressivo, leggermente contrariato. “Ludger, niente è proprio bianco, io meno di tutto. Luca, forse lui, per altri versi. Ma non so se quella sfera riuscirà a sopravvivere a te. E non voglio essere inutilmente polemico. Ti dà fastidio parlare?”
“No, per niente. Però non sempre riesco a seguire le vostre metafore… ci spostiamo da qualche parte? Vorrei anche mangiare.”
“Io no. Però sei tu il capo.”
Mentre camminavano per raggiungere un ristorante lì vicino Sebastiano attraversò senza guardare, e Ludger dovette trattenerlo per un braccio; ripresero a muoversi e per quel breve tratto il bastone di Ludger restò sollevato dall’asfalto.
“Luca sa che cammini senza sostegno se tocchi qualcuno.”
“Forse, non ne abbiamo parlato. Non voglio mi prenda per mano per sostituire il bastone. Non voglio condizionamenti nei nostri gesti. Con te ne parlo più disinvoltamente perché non ti ci vedo a farmi da infermiere.”
Raggiunto il marciapiede opposto Sebastiano si fermò a guardarlo. “Stavi meglio con i capelli lunghi. Ho un’ottima immaginazione, e lui mi ha detto che non li hai tagliati per anni.”
“Dovrei farli tagliare, ma non ho mai frequentato il barbiere, l’ultima volta li ho tagliati da solo e ho fatto un disastro.”
“Posso farlo io, se vuoi. Vederti con Luca mi fa uno strano effetto. Bello e strano. Sembra che stiate insieme da tanto tempo. Bizzarro, quasi incredibile conoscendolo. Anche con la tua ragazza stavi così?”
Sebastiano rimase piantato al centro della via, e i passanti lo schivavano incuriositi. Portava un paio di enormi occhiali da sole molto scuri che rendevano impossibile vederne gli occhi, lucidi come le due tende compatte dei capelli. Anche con i vecchi vestiti di Amedeo aveva un aspetto elegante, e a Ludger faceva soprattutto tenerezza. Malgrado gli occhi coperti e il profilo decisamente occidentale di Sebastiano attenuassero la somiglianza con Nobuko, sentirgliela nominare fece cogliere a Ludger le somiglianze in modo più forte. Non capiva perché in quel momento gliela ricordasse più del solito ma non lo infastidiva.
“Sì.”
“Deve essere stato un inferno. Hai avuto un culo notevole ad uscirne.”
“Esattamente.”
“Come convivi con l’idea che potresti perdere anche Luca?”
Ludger rise, seguendo con lo sguardo un autobus che stava sfrecciando a pochi metri da loro.
“Complimenti per la leggerezza… Gusto il presente. Se ci divideremo farò di tutto per costruire un nuovo rapporto, qualcosa di simile a un’amicizia, adesso vorrei tanto poter avere un rapporto di semplice amicizia con Nobuko. Parlare con lei come parlo con te.”
La voce di Sebastiano rifletteva la sua curiosità, e parlava senza censurarsi. “Come potresti riuscirci? Già non capisco come tu possa parlare con me.”
“Posso essere forte e testardo, molto. Poi quando amo lo faccio senza riserve, per me volere innanzitutto il bene dell’altro non è soltanto un modo di dire.”
“Sei stucchevole. E se morisse.”
Ludger apprezzava sempre di più i suoi modi. “Mi diverte parlare con te, non prenderla come un’offesa. Mi hai già chiesto qualcosa di simile, ricordi? Avevo detto che non ti riguarda, ma ti conoscevo di meno e mi stavi facendo il terzo grado. Non lo so e forse neanche voglio saperlo.”
“Non riesci a pensarti da solo?”
Ludger continuò a puntare il riflesso del suo viso sulle lenti completamente coprenti. “Con estrema facilità, anzi, ancora non mi capacito di non essere più solo. Amedeo mi rende felice ma in parte mi preoccupa, per i miei nervi elettrici, solo per quello. Non posso più sbroccare liberamente e sono costretto a crescere di nuovo. Una volta penso di averglielo anche detto… che non riuscivo a immaginare di poter fare tutta questa fatica che all’epoca mi sembrava del tutto inutile.”
“Com’è il sesso con lui? Gli hai fatto vivere un cambiamento assoluto. La prima volta che vi ho visto era stravolto. Esplosivo e sofferente. Com’è adesso?”
“Magnifico. Per i dettagli chiedi a lui.”
“Ti rompo?”
“Per niente, ma vorrei spostarmi da qui. Magari sedermi, avere un paio di pareti intorno.”
“Non voglio mangiare. Ho la gola serrata.”
Erano finalmente seduti in un ristorante, e Ludger si limitò ad annuire continuando a leggere il menu.
“Ludger, non sono sicuro. Pensavo a quello che hai detto. Forse non voglio superare questa cosa.”
In risposta Ludger gli posò una mano sull’avambraccio, e strinse delicatamente. Richiamò l’attenzione del cameriere chiedendogli di portare subito due bicchieri di amaro prima di ordinare lo stesso piatto per entrambi. Sebastiano era rimasto in silenzio, e il fatto che il ragazzo che li serviva lo avesse definito signora sfumò inosservato.
“Ho due risposte. Hai cercato Amedeo, probabilmente senza neanche pensare, ed è stato un bene. Ora, mi sembra del tutto normale che tu non abbia grandi slanci. Sarà il passare del tempo che ti trascinerà lontano da questo momento, senza che tu possa o debba fare molto. Potresti costringerti a restare qui, in questa terra di nessuno, ma alla lunga sarebbe una recita. Non ho intenzione di drogarti abbastanza o di fracassarti il cranio per mandare in corto circuito la tua percezione del tempo come è successo a me. Posso farti io delle domande?”
Sebastiano tolse gli occhiali per massaggiarsi il viso: aveva ancora un alone violaceo sotto gli occhi che non sembravano mettere a fuoco nulla. A Ludger non piaceva parlare con chi evitava il suo sguardo. Pensò di essere costretto a sperimentare quello che aveva inflitto a chiunque fosse venuto a contatto con lui dopo l’incidente; le poche persone che non aveva potuto allontanare e soprattutto Amedeo, che si era avvicinato malgrado le barriere respingenti.
“Certo che puoi. Siamo due sconosciuti condannati a parlare. Se lo facciamo senza freni può essere più divertente. Non vuoi sentire Luca. Potrebbe essere storto e non lo senti da stamattina.”
Ludger estrasse i telefonini dalla tracolla, e controllò velocemente il proprio prima di rimetterlo nella borsa, per poi porgergli il suo. Sebastiano restò in silenzio, guardandolo con un’espressione interrogativa.
Ludger riprese subito a parlare. “Chiamalo o scrivigli tu un messaggio, io non voglio. Lo so che adesso sarà storto, ma lui sa che può chiamarmi quando vuole. È stato così per mesi. Non voglio fargli da baby sitter, voglio che si senta libero anche di stare male senza che io lo controlli. Mi darebbe la nausea avere un ruolo così. Lui sa che può chiedermi aiuto in qualsiasi momento, a volte lo ha fatto.”
Il cameriere portò gli amari e Sebastiano sorrise stancamente. Ricordò le dinamiche che facevano impazzire Amedeo i primi giorni, facendogli desiderare di sentire Ludger ‘sparare una cazzata ogni tanto’. Afferrò il suo bicchierino e lo mandò giù tutto in un fiato. Nel posarlo portò la mano libera aperta sul petto, strizzando gli occhi: non era più abituato, e gli sembrò di aver ingoiato qualcosa di corrosivo e bruciante. Ludger gli avvicinò anche il proprio bicchiere, senza fare commenti. Sebastiano lo guardò per alcuni secondi prima di tornare a sorridere con una sfumatura diversa, con una lieve nota di divertimento sbieco, come fosse parte di un gioco che si stava svolgendo altrove. Ludger non faceva fatica a immaginare un passato ricco di espressioni e provocazioni, con persone che dovevano aver perso la testa per lui fino ad arrivare agli eccessi raccontati da Amedeo.
Sebastiano, ad occhi chiusi, respirò profondamente come al termine di una lunga apnea, prima di riaprirli per guardarlo con attenzione. “Le domande.”
“Posso davvero, senza censure?”
“Devi, altrimenti dove sarebbe il divertimento.”
“Com’è stato con Aline?”
Sebastiano non distolse lo guardo, pensando che con quella domanda stava dimostrando di non essere ipocrita. “Bello. Aveva ragione lei. Avremmo dovuto farlo anche prima. Non voglio dare spazi al dubbio, non avrebbe senso. Forse prima non sarebbe potuto essere così bello. Anzi. Sicuramente. Non ci sto pensando. È stato qualcosa di potente e completamente fuori. Dalla vita e forse anche dalla morte. Ancora devo capire. Forse l’unico errore è che io sia qui a parlarne. Lo rifarei da capo. Ma solo con lei, quindi non lo rifarò mai. Ora non vorrei assolutamente nient’altro. Per una vita o anche più. Ti basta.”
“Certo. Tu eri completamente sobrio?”
“Completamente. Questa cosa ti fa raccapriccio.”
“No, se poi era una domanda. Non come potrebbe. Lei lo voleva e tu lo hai scelto, come hai ribadito anche ad Amedeo. Poi sai, io ho amato per anni un’allucinazione, e in qualche modo resterò innamorato sempre di Nobuko. Quanto tempo è che non stai con qualcuno?”
“Con qualcuno di vivo cinque anni. Dammi una sigaretta, per favore. Buono lo Jäger. Amedeo lo sa che intendi coltivare a oltranza il tuo amore per la ragazza morta.”
Ludger gli passò una sigaretta e l’accendino più brutto che aveva trovato in tabaccheria. “Certo, ci siamo regalati un viaggio anche per parlare dei nostri mostri nell’armadio. Penso abbia vinto lui. Ricordo bene l’amebite e le paturnie… tu come ti ci trovi?”
“Abbastanza uno schifo, sono diventato bravo a compensare. Ci sono sempre state due condizioni distinte. Il sesso, il sentimento. Ho scopato con tanta di quella gente che potrei riempire un elenco del telefono se solo ne ricordassi i nomi. Ho amato poche persone, sempre quelle sbagliate.”
“E con queste poche persone mai nulla?”
Sebastiano lasciò uscire una nuvola di fumo nella sua direzione. “Sono casi isolati, molto diversi fra loro. Vuoi tutta la storia della mia vita.”
Ludger sorrise, ringraziando il cameriere che stava appoggiando i piatti sul tavolo. “Mi piacerebbe, credo potrebbe essere un racconto interessante… ma non lo vorrei sentire mangiando. Intanto cerca di capire se ti va di parlarne. Buon appetito.”
Dopo aver bevuto due bicchieri di Jägermeister l’idea di mangiare qualcosa non sembrò più così assurda a Sebastiano; si ritrovò a farlo con gusto, chiedendosi stancamente perché riuscisse a trovarsi così bene con Ludger. Non credeva fosse solo per il legame che li univa ad Amedeo: non sentiva il bisogno di proteggerlo e il suo aspetto, ancora nuovo per lui e contemporaneamente già familiare, era un insieme di elementi che gli erano piaciuti da sempre. Riconobbe che il dettaglio più importante consisteva nel fatto che Ludger non si appoggiava a una morale preconfezionata per filtrare quello con cui veniva a contatto. Fu nuovamente sfiorato dal pensiero di come sarebbe potuta andare tra loro se si fossero incontrati prima, in quei tempi di libertà sfrenata che entrambi avevano vissuto in anni differenti. Aveva sempre amato lasciar liberi i pensieri di correre fuori da ogni recinto, ma si rifiutava di giocare con quell’ipotesi anche per pochi secondi. Sorrise pensando che era una delle pochissime volte in cui si fermava su un limite, un confine interno. Lo accettava anche se non gli piaceva.
“Perché sorridi? Non credo sia soddisfazione per il cibo. Anche se sono contento di vederti mangiare.”
“Mi piaci Ludger, e mi irriti. Sorrido per questo.”
“Mi ricordi tuo fratello. Lui però quando era preso dal dubbio aveva un’altra espressione, sembrava volesse uccidermi. Per certi versi era divertente. Comunque puoi fare quello che ti pare, anche restare in silenzio per ore.”
“Il ‘mi piaci’ riassume il fallimentare tentativo di capire perché mi va di parlare con te. Poi certo, sei molto bello. Per Luca l’aspetto estetico doveva avere un altro peso, decisivo direi.”
Ludger appariva completamente insensibile ai commenti sul proprio aspetto, e in questo lo percepiva affine.
“Luca ha un senso estetico invalidante. Non è superficiale. È un elemento determinante anche per il suo umore. In questo ci somigliamo, davvero. Dopo vorrei sdraiarmi su un prato, prima di andare al cimitero a prendere le mie cose.”
A Villa Celimontana l’attenzione di Sebastiano si focalizzò sugli alberi; ogni tanto posava la mano bianca e delicata sulle cortecce che accarezzava con delicatezza.
“Ti piace arrampicarti sugli alberi. Ti piaceva quando potevi.”
Ludger lo seguiva con difficoltà sul terreno irregolare. “Ho smesso da bambino. Vedendo Amedeo arrampicarsi sulle rocce ho pensato di non esserne mai stato capace.”
“Non l’ho mai visto. Immagino sia bravo. Ti sei spaventato.”
Ludger ricordò la sensazione del cuore che si fermava. “Molto, ma non ho detto nulla. L’ho guardato in silenzio pensando di morire. E ho fatto bene. È un ricordo bellissimo.” Non gli piaceva parlare con qualcuno che non poteva guardare negli occhi, ma decise di non dargli peso.
“Ti piacciono di più gli uomini o le donne.”
“Non ho preferenze di genere. Solo due persone mi sono piaciute in modo straordinario, che siano di sesso diverso non mi sembra così significativo.”
Sebastiano si sdraiò vicino all’ultimo tronco che aveva osservato, e Ludger si mise a sedere lì vicino. C’erano pochissime persone che passeggiavano nella villa; l’aria era ancora dolce, il cielo chiaro con poche nuvole definite, e i rumori della città non li raggiungevano. Sebastiano decise di parlare senza un percorso prestabilito; Ludger si era disteso sull’erba immaginando sarebbero rimasti in silenzio, e quando stava per addormentarsi sentì la sua voce.
“Non sono un bravo narratore perché non racconto mai niente a nessuno, però posso fare un tentativo. Sono cresciuto in campagna, nella tenuta di mio padre, un mezzo barbone alcolizzato. Ricco sfondato. Nella nostra casa non c’erano donne, feste o una qualsiasi educazione da apprendere. Si limitava a darmi il minimo indispensabile in tutto. A lasciarmi libero come un animale selvatico. Avevo un compagno di giochi, l’unico coetaneo con cui avessi un contatto fuori dalla scuola, e anche a scuola non è che ci andassi molto. Abitava ad alcuni chilometri da me, la casa più vicina. Ci siamo trovati da soli, da bambini. In campagna i bambini si lasciano girare da soli. Siamo cresciuti insieme, liberi, completamente. Nei boschi e nei prati non c’era nessuno, e nessuna morale ci pesava addosso. Probabilmente è la persona che ho amato di più.”
Ludger ascoltava puntando le lenti scure: non si sarebbe aspettato un ricordo tanto lontano. “Che fine ha fatto?”
Il viso di Sebastiano prese un’espressione triste, evidente malgrado lo schermo. “Perso. Avevamo tredici, quattordici anni, quando i suoi ci beccarono durante uno dei nostri giochi preferiti. Lo spedirono in un collegio rigidissimo. Ci siano rivisti dopo tre o quattro mesi. È stato atroce. Nella testa non aveva quasi più nulla di suo, voleva salvarmi, il pazzo. L’ho allontanato disgustato dalla sua nuova visione delle cose, che non era altro che condizionamento. Che lo spingeva a sporcare tutto quello che era avvenuto prima che imparasse così tante confortanti categorie vuote. Orribile proiettare il peccato su qualcosa che era nato da solo, prima che questa bella parola fosse stata scoperta. Contaminare con le chiusure degli altri, del poi, quella che era stata una conseguenza della libertà nata naturalmente come una pianta del sottobosco. Gli dissi che avrei amato il ragazzo che era stato per tutta la vita, ma non volevo assolutamente vederlo più. Non gli avrei mai permesso di salvarmi con la sua dannazione da massaia.”
Ludger non lo aveva mai visto esprimersi con tanta passione. “Ne parli come se fosse accaduto ieri.”
“Lo so, sono così. Se provo un sentimento forte non mi lascia più. Lui è stato il primo, siamo nati insieme. Inseguirò sempre l’idea di quel ragazzo che si faceva trascinare soltanto da se stesso, senza preoccuparsi di cosa fosse giusto o sbagliato. Per gli altri. In modo inconsapevole, puro. Tutto con una sensibilità esasperata che, in alcuni momenti, arrivavo a trovare nauseante. Se gli avessero consentito di crescere seguendo la sua natura chissà dove sarebbe arrivato. Penso sia stato uno degli sprechi più imperdonabili che abbia vissuto direttamente.”
Ludger sorrise al pensiero che Anastasia avesse fatto di tutto per garantire a lui questa possibilità. Pensò che l’aver avuto un rapporto così forte quando era ancora così giovane fosse stata un’esperienza straordinaria. Tornò a rivolgersi a lui mantenendo un tono neutro. “Come si chiamava?”
“Domanda inutile.”
“Puoi non rispondere.”
Sebastiano rispose sorridendo, con quella sfumatura di dolcezza che riservava solo al fratello.
“Amedeo conosce questa storia?”
“Ovvio, e credo che ormai sia fuori pericolo. Ha superato gli ostacoli maggiori continuando a usare solo la sua testa. Per poterlo fare ha lasciato quel covo di bigotti ipocriti che è la sua famiglia, tutto quello che conosceva. Non si è lasciato impolverare. Ancora non capisco come abbia fatto a resistere per tutti quegli anni.”
Anche Ludger era convinto che Amedeo avesse rivelato un temperamento straordinario nel riuscire a restare impermeabile alla propria famiglia.
Sebastiano restò immobile, sdraiato a seguire le nuvole che gli si riflettevano sulle lenti.
Ludger gli rivolse l’ennesima domanda. “Quali altri fantasmi ti si aggirano in testa?”
“Sembra una seduta psicanalitica.”
“Allora fermati.”
“Se mi avesse dato fastidio non avrei iniziato. Dunque, verso i quindici conobbi una donna in biblioteca, Nina, bellissima e con dieci anni abbondanti più di me. Siamo stati insieme per quasi due anni e mi ha insegnato un sacco di cose. Da tutti i punti di vista. Ho ancora la roba che mi regalava: libri, dischi e vestiti. È stata lei a farmi scoprire anche quelli. Prima portavo le poche cose che mi comprava mio padre, non so dove. La adoravo, le sono stato completamente fedele per tutto il tempo. Se non mi avesse allontanato probabilmente sarei ancora con lei. E il resto.”
Ludger non smetteva di stupirsi nel sentirlo raccontare eventi legati a un passato tanto remoto. “Il resto?”
“Già, è una storia difficile. A un certo punto ha deciso di volere un figlio, senza avvertirmi. Quando è rimasta incinta mi ha mollato. Avevo diciassette anni e sono impazzito. Non ne voleva sapere. Voleva costruire la sua vita senza impormela. Convinta, senza possibilità di recupero, che fossi troppo giovane per quello che sarebbe venuto. Mi ha fatto scegliere il nome, sempre lo stesso nome. Luca. Ha gli occhi di mia madre, però del colore della sua. Se volessi vederlo potrei ricomparire in veste di zio, perché per lui suo padre è morto. Non me la sono mai sentita. Ogni tanto mi chiama e mi racconta qualcosa. Se lo vedessi probabilmente non riuscirei ad accettare di essere condannato a perderlo. Adesso ha dieci anni. Un padre adottivo. È asociale, ama disegnare e litiga con tutti. Mi somiglia.”
“Amedeo lo sa?”
“No, questo no. Gli avrebbe fatto troppo male. Se invecchiando vi venisse voglia di occuparvi di un nipotino avreste questa possibilità. Io non ce la farei mai ad averlo come nipote. Vado avanti, o sei già nauseato?”
Ludger si sollevò a sedere, non aveva ancora avuto contatti con nessuno della sua generazione con un figlio e gli sembrava inverosimile. “Se vuoi continua, io posso ascoltare per ore.”
“Ottima qualità, anche perché è uno show piuttosto raro e dubito ci siano in programma repliche. Dopo Nina è iniziato il baccanale. Potrebbe sembrare una specie di vendetta infantile, ma così non era. Mi piaceva e ho continuato per anni. Come con Luca nel bosco, seguivo una curiosità e un istinto potente, senza nemmeno un motivo valido per contenermi. Ho smesso con le droghe pesanti perché sono finito nella trappola di uno schifoso pervertito. Quello stronzo per tenermi con sé mi faceva così tanto che per poco non ci sono rimasto. Un pomeriggio l’ho capito, ho capito che potevo morire senza neanche accorgermene. Mi sono trascinato in un taxi fino a casa, e ci ho dato un taglio netto. Mi ha aiutato Adriano. Non era paura della morte, era il rifiuto di quella situazione vuota e morbosa. Morire per uno stupido mi sembrava insultante. E non volevo più correre rischi di cadere in reti di quel tipo. Ci sono ancora alcuni capitoli. Una ragazza con un ritardo mentale grave di cui mi sono innamorato, senza scampo. Figlia di una mia professoressa, bianca come una statua in marmo di Carrara. La madre ogni tanto se la portava dietro perché era molto mite. L’ho potuta frequentare poco, e la sua assoluta purezza mi commuove ancora. Una persona completamente incapace di contenere il male. L’ho disegnata fino a consumarne l’immagine. Bianca, lei era proprio bianca. Invece. Mia madre. Sono andato in quel paese del cazzo solo per conoscerla. Lei non ha mai saputo che che ero il fagotto abbandonato in Italia. Una sola volta, e sono scappato anche da lì. Poi il mio ultimo capitolo, il primo fratello. L’unico amico che ho avuto, in anni in cui tutto poteva avvenire con chiunque. Avevamo un legame profondo e per molte cose eravamo simili. Ho sempre invidiato la sua ironia. Il suo affetto mi ha salvato. A parte questo, anche in casi di pericoli concreti eravamo l’unico appoggio l’uno per l’altro. Non siamo mai stati insieme. Secondo me eravamo semplicemente troppo simili e non era il momento. Forse ci saremmo potuti incontrare, a un certo punto delle nostre strade parallele. Dammi un’altra sigaretta.”
Il flusso di immagini evocate da quei ricordi scorrevano come un sogno, e Ludger si stropicciò gli occhi, come per svegliarsi. “Hai deciso di riprendere a fumare?”
“Non sono in condizioni di decidere nulla. Dimostrazione palese ne è il fatto che ti stia raccontando ‘sta roba destinata a finire con me nella tomba. E lo so che posso fermarmi, ma tanto ho finito. È venuto da solo, sarà colpa del parco coalizzato alle pillole. Ludger, tu in quei due anni di baccanali sei stato attento?”
Pensò che fosse preoccupato per Amedeo, e poteva capirlo. “Non ne avevo motivo. Non baciavo per principio, non facevo sesso orale per motivi simili. Se ero di umore,, o un surrogato di umore giusto,, i preliminari erano di pura masturbazione. Per il resto neanche avevo bisogno di pensarci. Perché ci pensavano per me. Non avevo un aspetto rassicurante, erano gli altri a voler prendere precauzioni. Ultimamente mi hanno analizzato anche le unghie, e a parte la testa sono a posto. Perché me lo domandi ora?”
Sebastiano fece un blando tentativo per sviare il discorso. “Luca è un ragazzo fortunato.”
Amedeo gli aveva raccontato l’epilogo di quella storia a Creta, e Ludger capiva l’associazione di idee che aveva portato Sebastiano a fargli quelle domande. Non voleva forzarlo. “Amedeo non mi stancherei mai di baciarlo e tutto il resto, è una condizione completamente diversa, e penso sia chiaro. Se non ti va più di parlare possiamo anche restare un po’ in silenzio prima di muoverci.”
Sebastiano non voleva fermarsi, continuare era doloroso, ma restare in silenzio lo avrebbe condannato a ricadere nei propri pensieri ossessivi. “A un certo punto Adriano è diventato sieropositivo. Sono rimasto al suo fianco fino alla fine. A mio padre girava storto, anzi, gli stava pesantemente sul cazzo. Quando ha iniziato a stare male i suoi non sono venuti a trovarlo neanche una volta. Siamo rimasti completamente soli, io e lui. Eravamo senza una lira, in un cesso di ospedale pubblico. Nessuno, in nessun caso, credo possa meritarsi qualcosa del genere. Tutto il contrario di ogni cosa piacevole. Se davanti ai miei occhi avessero distrutto a martellate l’intera storia di Roma mi sarebbe stato più sopportabile. Niente, non si poteva fare niente contro quella violenza, contro quel dolore insopportabile che poteva solo crescere fino a portarlo via. Sporcato in tutti i modi. È stata la cosa peggiore che abbia vissuto, e sai il paradosso? Fino a che gli è riuscito faceva di tutto per alleggerire la situazione. Io mi limitavo a tenerlo pulito, ad accudirlo. Era lui a prendersi cura di me, a preoccuparsi perché iniziavo a sembrare malato. E soprattutto per la solitudine che mi aspettava. Quando ha smesso di parlare è stato come se il tempo avesse smesso di scorrere. Dopo è cambiato tutto, ho iniziato a lavorare e ho lasciato questa città. Ho fatto tabula rasa. Non avrei potuto continuare comunque. Non avrei più potuto sopportare nient’altro. Sono rimasto completamente isolato per molto tempo. In un posto che non conosci, dove non sai neanche la lingua, è facile. Ho iniziato a lavorare come modello subito. Tutto quello che ha a che fare con il mio lavoro è stato un teatrino insulso e vuoto. Sono rimasto bardato dietro il vetro da solo fino a che non ho conosciuto Luca. Non avevo neanche deciso di provare ad avere un amico, gli ho solo chiesto di consigliarmi dei dischi in un negozio. La sua non-reazione mi ha incuriosito, non ha neanche alzato gli occhi dagli espositori. Ho comprato quello che mi aveva passato, e gli ho detto che mi andavo a prendere un tè. Era in piene paturnie. Faccia statica e quegli occhi pazzeschi. Mi ha seguito senza dire una parola per tutto il tempo. Prima di andarmene gli ho chiesto il suo numero. Quando sono tornato a Roma l’ho chiamato, fortunatamente era senza paturnie e abbiamo iniziato a parlare. Mi sembrava un’allucinazione che esistesse un ragazzo così. Incontaminato, puro come un bambino. Lui e Aline, in modo diverso, mi hanno aiutato a trovare un equilibrio nei miei deliri. Non so cosa sarebbe stato di me se non li avessi incontrati. Poi mi racconterai anche qualcosa di te. Se vuoi. Mi sembri così assurdo. Non adesso, sono troppo stanco.”
Restarono in silenzio per diversi minuti. Sebastiano era completamente abbandonato sull’erba ad occhi chiusi, e i suoi pensieri ripresero a scorrere in quei sentieri circolari che lo facevano sprofondare nell’angoscia. Ludger stava ancora confrontando i suoi racconti con quelli di Amedeo quando lo sentì parlare di nuovo.
“Non sto bene. Non posso lasciare la testa a girare a vuoto. Devo iniziare a portarmi dietro un libro. Entrare nella trama di qualcun altro. La mia mi schiaccia.”
Ludger controllò l’ora sul telefono. “Dovrei far venire Helga da me nel pomeriggio, non abbiamo molto tempo. Prima di muoverci vorrei farti un’ultima domanda. Perché mi stai raccontando così tanto?”
Sebastiano sorrise, con una sfumatura di cattiveria. “Non lo so esattamente. Sono perso. E tu hai preso una posizione mostruosamente invadente, sproporzionata, nel mio deserto. Tu, Ludger, sei una figura strana. Forse voglio darti tutti gli strumenti per distruggermi. Senza neanche chiedermi che te ne farai. Perché hai deciso di provare a ripescarmi dall’abisso. Una compensazione. Non ti capisco e neanche ho la forza per farlo. Forse non mi interessa. Come tutto il resto.”
Ludger dovette trattenersi dal ridere per quelle che gli apparivano complicazioni inutili, e pensò che per lui potesse essere una distrazione. “Sei abbastanza uno spasso, sai?”
“Sei abbastanza uno stronzo, sai?”
Si alzò con un gesto elastico tendendogli la mano, che Ludger afferrò sorridendo. Sebastiano continuò a tenerla, e quel contatto facilitò il tragitto per tornare all’entrata. Ludger mandò un messaggio alla madre e ad Amedeo prima di mettere in moto la macchina; si era tenuto largo con i tempi perché detestava l’idea di muoversi dovendo guardare l’ora.
Durante il tragitto rimasero in silenzio: Ludger stava assimilando i racconti che si erano scambiati quella mattina, mentre Sebastiano si sentiva stanco e non aveva la forza di cercare distrazioni. Il cimitero era un appartamento enorme, che faceva mantenere costantemente pulito durante le sue lunghe assenze. Appena entrati si fermarono in un salone spazioso, dove Sebastiano si mise ad ascoltare i messaggi registrati nella segreteria telefonica. Ludger guardò quell’ambiente privo di mobili: lungo il perimetro correva allineata una quantità impressionante di vinili; sotto un nastro di finestre un materasso matrimoniale poggiava direttamente in terra, davanti a un televisore gigantesco e allo stereo. Le pareti e i soffitti blu di prussia rendevano l’ambiente singolarmente cupo.
Ludger ambientò con facilità i racconti di Amedeo in quello scenario. Si chinò a sfogliare una colonna di vinili. “Hai molti dischi interessanti.”
Sebastiano interruppe l’ascolto dei messaggi di condoglianze. “Anche tu ti difendi bene.”
“Sì, ma questi sono uno sproposito.”
“Molti sono regali o eredità.” Riprese ad ascoltare la segreteria telefonica cercando di distinguere un messaggio di Nina o suo padre. “Te li lascerò tutti. I CD no, perché sono arrivati dopo e ho rovinato tutte le copertine. Inizia a prendere quelli che vuoi.”
“Perché dovrei?”
Sebastiano alzò la mano per interromperlo. Il padre gli lasciava sempre lo stesso invito, chiedendo di passarlo a trovare quando gli sarebbe stato possibile. In quel momento non era in grado di affrontare un incontro così impegnativo. Tornò ad abbassare il volume. “Perché io non li ascolto e se dovessi rivolerne qualcuno saprei dove venirti a cercare. Non ho nessuna intenzione di scopare con te quindi potrò rivederti fino alla fine.”
Ludger stava sfilando una copertina alla volta, esaminandola e riponendola. “Mi ci vorrebbe troppo tempo, magari un’altra volta.” Gli porse una mano e si alzò senza sforzo, aiutato da Sebastiano; lo seguì in un lungo corridoio, fino a quando si fermò davanti a uno degli armadi che ne ricoprivano un lato.
“Hai vissuto per lunghi periodi in questo posto?”
“Sì, mio padre mi ha dato questa casa, la sua macchina più vecchia e un conto in banca di dimensioni modestissime. Assomiglio troppo a mia madre e voleva togliermisi dalle palle. Credo. Ho vissuto qui fino che c’è stato Adriano. Che tipo di vestiti può essere utile al vostro gatto?”
Ludger lo seguì mentre apriva ante, fino ad arrivare in una stanza foderata interamente di armadi. “Quello che ti pare.” Lo affascinava la varietà di abiti più ancora che la quantità: molti dei capi non dovevano essere destinati al guardaroba di un uomo.
Sebastiano non riusciva a concentrarsi, e restò fermo davanti a uno degli ultimi sportelli aperti. “Sarebbe più facile con quelli che ho a Parigi. Non so che prendere.”
Ludger si fece scorrere fra le dita un boa di struzzo nero. “Con questo ci uscivi?”
Sebastiano gli rivolse uno sguardo spento, rispondendo con un tono annoiato. “Certo, ci andavo anche a lezione. Di mattina. Sotto i miei capelli non risalta poi tanto. Ma quando lo notavano era una vera calamita. Ho anche pezzi decisamente più stravaganti. Mi sono divertito parecchio da giovane, e con tutto questo spazio non mi sono dovuto sbarazzare di nulla.”
Ludger percorse il corridoio, fermandosi davanti all’unica porta chiusa. “Lo splendore della nostra oscenità fulminerà coloro che oseranno abbattere la porta di questo reliquiario.” Aveva letto ad alta voce una scritta a caratteri romani tracciata con molta precisione sul legno, al punto da farla sembrare una targa commemorativa.
“Dovresti fare il doppiatore con quella vociona. Quella era la stanza di Adriano. La usava soprattutto quando veniva qui in compagnia. Quella frase l’ha scritta un tizio che si era preso una bella tranvata per lui. Poveretto, era anche carino. L’ha presa da un libro che gli aveva regalato e ho letto anche io. Adriano era molto ironico, te l’ho detto, l’ha lasciata lì anche dopo che il tizio era tramontato. Quella stanza ora è completamente vuota. Puoi entrarci tranquillamente, senza che niente ti fulmini. Purtroppo.”
Ludger proseguì dritto per il corridoio sorridendo, fino all’ultima stanza senza porta. Parlò a voce alta per farsi sentire da lontano. “E questa?”
Sebastiano lo raggiunse velocemente, fermandosi davanti all’ennesimo armadio in corridoio. “Quella stanza puzzerà di sesso fino a che non demoliranno il palazzo.”
Ludger dovette schivare vari oggetti per aprire un avvolgibile. “Amedeo come l’ha interpretata?”
“Forse come un’installazione dadaista. Con me Luca non si è mai fatto troppe domande. Sa che era la mia stanza, ma dormivamo sempre di là. Ha usato il trapezio come altalena diverse volte. Molto poetico.” Lo aveva raggiunto e si era fermato vicino a un materasso in terra. “Io mi sdraiavo qui e lo guardavo oscillare. Una volta da ubriaco si è infilato le cose più strambe che ha trovato. Poi è andato sull’altalena, talmente forte che stava per vomitare. Ha riso tanto perchè lo avevo chiamato la sposa del vento, sapendo che sicuramente avrebbe colto il richiamo a Kokoschka. Tu non hai il suo potere, con te questo posto continua a darmi fastidio.”
Ludger, cercando di immaginare quella scena, catalogò quel dipinto come l’ennesimo simbolo da approfondire in seguito. Era sempre colpito dai messaggi nascosti che Amedeo gli trasmetteva parlando d’altro; sapeva che insieme a Sebastiano era uno dei pochi in grado di decodificare quel linguaggio, interpretando correttamente le sue allegorie. Con Davide non aveva un rapporto abbastanza profondo, e quegli strumenti perdevano efficacia. “Ti scoccia se rimango qui?”
“Per niente, intendevo un’altra cosa.”
Ludger colse il vuoto nel suo sguardo, ed ebbe l’impressione che la sua presenza fosse del tutto insignificante. Valutò questa indifferenza come un segnale positivo, al pari dei suoi giochi verbali ambigui. “Ho capito, ma potrei anche starmene in silenzio, senza curiosare.”
“Ludger, per favore. Sarebbe ridicolo dirti che qui puoi fare quello che ti pare.”
Sfiorò un ramo che restava sospeso, attraversando la stanza. “Certe volte cerco di comportarmi in modo educato.”
Sebastiano si era spostato in corridoio. “Con me evita, perderesti punti. Ti renderebbe noioso. Mi piace che sembri un alieno. Me lo diceva anche Luca.”
“Sono d’accordo, annullerebbe gran parte del divertimento. L’albero come lo hai portato?”
Il tronco era fissato alla parete con diversi sostegni, arrivando quasi al soffitto per poi piegarsi e abbracciare la stanza dall’alto; in quell’ennesimo ambiente blu cupo sembrava uno scheletro bianco, che proiettava ombre surreali in un interno.
“L’ho trovato una notte, ero con due ragazzi. Mi piaceva e loro mi hanno aiutato. È stato un lavoraccio ma non me ne sono mai pentito.”
Ludger si spostò vicino a un cancello di ferro con i perni conficcati nel muro, e iniziò ad accarezzare lo smalto nero e lucido. Non ebbe il tempo di fargli domande.
“Anche quello l’ho trovato così. Stavo con una ragazza e me lo sono dovuto portare da solo. Pesa uno sproposito, ma l’ho usato molto.”
“Fino a che punto hai raccontato ad Amedeo queste storie?”
“Sa che ero promiscuo. Io non ne parlo volentieri, e scendere in particolari sarebbe stato inutile. Vuoi vedere le pochissime foto che ho di lui?”
“Sì, ma inizia a mettere qualcosa in una borsa o dovremo cambiare programma.”
Gli lasciò in mano le stampe prima di tornare davanti a un armadio. “Luca odia essere fotografato. Ho insistito molto per quegli scatti, e ne ha stampata una sola copia per me. Sarà il caso che rimedi un surrogato di pigiama?”
Ludger stava guardando una foto in cui Amedeo dormiva sul materasso in soggiorno, circondato da incarti di dolci e illuminato dalla luce di un televisore. “Non essere ridicolo.” Nella seconda stampa Amedeo aveva il viso seminascosto dietro le ginocchia, e rideva in una stanza d’albergo. Seguiva un autoscatto con Sebastiano che lo abbracciava da dietro cercando di farlo stare fermo, mentre Amedeo guardava in basso con aria scocciata. Nell’ultima immagine era all’aperto con alberi sfocati sullo sfondo, incantato; conosceva quell’espressione con gli occhi bloccati e le labbra socchiuse. Gli sembrò giovanissimo e fragile.
Sebastiano gli parlò dal corridoio. “Quella nel prato risale a quando ci siamo conosciuti, neanche diciannove anni, in piene paturnie. Bel bambino vero?”
Ludger sorrise. “Che fai, prendi in giro?”
Sebastiano lo raggiunse. “No. È cambiato moltissimo e sicuramente in meglio, ma la versione isolazionista con paturnie per me è semplicemente sublime. Potrei non perdonarti mai per averlo scaraventato fuori da quella condizione. Per avermelo portato via. Sei geloso?”
“No.”
Sebastiano annuì e sorrise. “Fai bene. Sei intelligente. Luca prima di conoscerti non aveva mai reagito a niente. E a volte si impegnava tanto, ma non è mai servito a niente. Poteva essere straziante. Per questo siamo diventati fratelli. Ho finito, possiamo andare.”
Sebastiano ripose le stampe in un armadio insieme a molte altre. All’interno di una delle ante Ludger notò un poster del Cristo di Velázquez. “Non finisci mai di stupirmi.”
“Non è lì per motivi devozionali, non sono credente. Non credo in niente oltre alla bruttezza. È il mio sex symbol preferito, il più potente fra le varie figure consolatorie inventate dal genere umano. Peccato per la barbetta deprimente. In compenso credo nell’inferno. Una versione dell’inferno che in parte coincide con una frase del tipo che ha partorito quella sulla porta di Adriano. Sempre affascinanti le coincidenze. L’inferno per me è la morte della bellezza, e non ha mai fine.”
Amedeo era tornato a casa da poco, e quando li sentì rientrare corse in corridoio senza pensare. Il suo umore si era incupito con il passare delle ore, fino a portarlo ad innervosirsi anche per questioni irrilevanti. Pensava di dover evitare una ricaduta nelle paturnie, e mantenersi stabile per sostenere Sebastiano. Aveva sentito la voce di Ludger chiamare il suo nome proprio mentre si stava dando dell’idiota per il velo negativo che oscurava i suoi pensieri: quel suono lo aveva spinto a correre azzerando il circuito mentale che aveva rischiato di sopraffarlo.
Sebastiano si era trattenuto dal ripetere a Ludger che guidava male, non voleva lo credesse spaventato; trovava il proprio orgoglio infantile, e cercò di non dargli peso. Lo aveva seguito trascinando pigramente le sue valigie stracolme di abiti, senza capire perché avesse tanta fretta. Erano rimasti in silenzio per tutto il viaggio, e quando Ludger chiamò ad alta voce Amedeo, Sebastiano sussultò violentemente. Quando vide il viso felice di suo fratello che li stava raggiungendo quasi correndo, sorrise.
Amedeo, avvolto dalle braccia di Ludger, notò un’espressione dolce sul viso di Sebastiano, rimasto indietro. Pensò che ogni ombra fosse momentaneamente dissolta. “Vi preparo un té?”
“Fratello, sai che non lo rifiuto mai.”
Amedeo armeggiò ai pensili, mentre alle sue spalle gli altri due sedevano senza parlare; nella stanza si stavano diffondendo le note di un disco dei Matmos che Ludger gli aveva consigliato. Si sentiva molto meglio ora che erano tornati. “Lù, in segreteria c’è un messaggio di Anastasia, non l’ho sentito tutto, scherzava sull’appuntamento con tua madre.”
Sebastiano intervenne senza intonazioni. “Lù, chi è Anastasia?”
“Mia zia, più un’amica che una zia. Potrebbe toccarti di incontrare anche lei prima o poi, contento?”
“Entusiasta.”
Ludger stava osservando Amedeo disporre sul tavolo l’occorrente per il tè, gli piaceva sempre vederlo muoversi. Sebastiano era a piedi scalzi, aveva lasciato le scarpe in corridoio: lo faceva esclusivamente negli ambienti in cui si sentiva a proprio agio. Amedeo gli sorrise, ma Sebastiano lo guardò increspando le sopracciglia.
“Luca. Perché hai gli occhi rossi.”
iniziò a prepararsi una sigaretta, evitando il suo sguardo. “Forse il computer.”
“Tu non sei programmato per dire bugie. Quando lo fai è come se rompessi qualcosa.”
“Sono stato angosciato per un po’, ora è passata.”
Le mani di Sebastiano strinsero il bordo della penisola, malgrado avesse recuperato la sua espressione neutra. “Devo lottare contro me stesso per rimanere qui. Aggrappandomi a piccole cose e costringendomi a ignorarne di enormi. Per me è importante saperlo, guardami e rispondi. Sei sicuro che per te è la cosa migliore?”
“Sicurissimo, volete che cambio CD? Questo ti ammorba?”
Ludger amava molto quel disco, e gli rispose che poteva lasciarlo.
Sebastiano si stava sfilando la camicia dai pantaloni e si fermò dopo aver aperto alcuni bottoni, quasi censurandosi. “Questo disco rasenta l’inascoltabile, ma tanto non lo ascolto. Invece. Perché, malgrado l’esterno, qui c’è questo caldo.”
Ludger rispose senza distogliere lo sguardo da Amedeo. “Sono abituato così, ho sempre vissuto in case caldissime.”
Sebastiano, come ogni volta che iniziava a tempestare qualcuno di domande, si animò. “Perché.”
“Mio padre si trasferì a Roma per problemi di salute, che lo avevano costretto a vivere con un clima più caldo, mia madre poi ha sempre esagerato. Non potrei mai vivere in una casa fredda.”
Amedeo tornò a sedersi, divertito dalla curiosità di Sebastiano che continuava l’interrogatorio atono.
“Da dove veniva.”
“Germania.”
“Ecco perché il nome tedesco, sei tedesco.”
“Non è così semplice.”
Sebastiano insistette. “E quindi.”
Ludger si voltò finalmente verso di lui, iniziando a ripercorrere la storia della propria famiglia come aveva fatto con Amedeo, fornendogli una panoramica veloce senza omettere la scomparsa del padre e la perdita del fratello. Amedeo non immaginava che potessero parlare tra loro in modo così disinvolto, e ne era colpito.
“Luca, cos’è quella faccia. ‘Sta roba per te è inedita.”
“No, conosco la sua storia. Sono solo stupito, per come parlate.”
“Fratello, è stata una giornata lunghissima, il tuo alieno è un’ottima compagnia per un alienato. Abbiamo parlato anche troppo. Ne sono stupito io per primo.”
Helga al suo arrivo lì trovò seduti davanti a una tazza di tè; quando Ludger le aveva aperto si era fatto abbracciare, e le aveva baciato la fronte. Lei si dichiarò emozionata perché non vedeva quella casa da tanti anni.
Amedeo aveva riconosciuto la sua voce: il suo accento era marcato malgrado il timbro delicato e basso fosse quasi coperto dal volume della musica. Sentì la tensione irrigidirgli i muscoli mentre si alzava di scatto per poi tornare immobile, senza allontanarsi dalla tavola.
Sebastiano continuò a sorseggiare il suo tè, ricordando di essere stato autorizzato a restare in disparte; pensò al racconto di Ludger, immaginando la gioia di quella donna per lo straordinario recupero del figlio.
Appena Ludger tornò in cucina con la madre cinse le spalle di Amedeo, sentendolo rigido per la tensione malgrado il suo sorriso.
Helga lo guardò sorpresa, e quando le porse la mano la strinse tra le sue, sorridendogli con dolcezza. “Sono tanto felice di rivederti, sai? Non ti ricordavo così bello, ero piuttosto distratta ma sei cambiato tanto. Louis parla sempre di te, e mi ha detto cose bellissime. Anche questa casa sembra un altro posto, sei stato molto molto bravo a seguire i lavori. Ho portato una cosa di Steinar, se vi piace da tenere qui.”
Ludger prese la busta che la madre aveva appoggiato in terra per abbracciarlo. “Mi sembra giusto che uno dei suoi feticci sia qui, come mi sta?” Sollevò la maschera rituale fino a sovrapporla al suo viso.
Amedeo era troppo teso per reagire al gioco; ricordò le sculture e le maschere primitive del salotto in cui Helga lo aveva ricevuto, e collegò quegli oggetti al padre di Ludger soltanto in quel momento.
Lei fece un gesto con una mano, come per cancellare un’immagine spiacevole. “Ti prego levala, mi sembri già troppo simile a lui senza che ripeti i suoi scherzi.” Continuò a parlare rivolgendosi ad Amedeo. “Steinar le riportava dai suoi viaggi, e mi raccontava la storia, ho dimenticato. Ci faceva anche giocare i bambini, alcune le hanno rotte così e non è bello, perché sono antiche e certe hanno un significato. Questa gli piaceva tanto, per il suo significato. Se non ti piace non preoccuparti, la porto via. Posso vedere la casa?”
Ludger diede la maschera ad Amedeo che continuava a restare bloccato in corridoio; la prese seguendoli verso il soggiorno. Era consapevole di non aver detto una parola, e cercò di rimediare offrendole una tazza di tè, Helga accettò con una nota di allegria nella voce. Lei era felice della nuova veste di quell’ambiente: una trasformazione che le appariva straordinaria, come quella del figlio. Elogiò ogni dettaglio fino a che la vista di Sebastiano, seduto alla penisola con la schiena perfettamente dritta, la bloccò. La colpirono in modo particolare le mani delicate e bianche, la posa, gli occhi e i capelli. Restò sbalordita della somiglianza con Nobuko, che non le sarebbe apparsa più così evidente dopo quel primo incontro.
Ludger le mise una mano sulla spalla. “Non è un fantasma, è l’amico di Amedeo di cui ti ho parlato.”
Sebastiano alzò lo sguardo verso di lei, alimentando il suo sconcerto; la trovava piacevole ed elegante, al punto di dispiacersi di essere vestito in modo approssimativo rispetto ai suoi canoni. Le andò incontro sorridendo e porgendole la mano, immaginando che per quella donna la somiglianza con Nobuko fosse una coincidenza spiacevole. Si presentò scusandosi per le proprie condizioni, perché pensava di avere un aspetto trasandato. Helga gli sorrise, rassicurandolo, prima di farsi accompagnare da Ludger a vedere il resto della casa. Sebastiano tolse il CD scelto da Amedeo per metterne uno ambient. Non aveva avuto difficoltà a trovare quello che stava cercando grazie all’ordine alfabetico con cui era organizzata la collezione di Ludger. Prese una sigaretta dalla tasca della sua giacca mentre Amedeo seguiva i suoi movimenti in silenzio, sorpreso per la naturalezza con cui maneggiava gli oggetti di Ludger. Sebastiano uscì in terrazzo per sedersi a terra a fumare, era stanco e non riusciva a separarsi dai pensieri ossessivi che lo riportavano ad Aline. Ludger stava raccontando a sua madre di come Amedeo riuscisse ad essere molto coraggioso in alcune circostanze, come invece poteva bloccarsi completamente in altre. Era divertito per la reazione che aveva mostrato poco prima, e le disse di non averlo mai visto così in difficoltà.
Helga era contenta di aver constatato quanto le sue paure fossero infondate. “Credo che tema il mio giudizio e mi dispiace… è una prova che tiene molto a te. Come se la mia opinione potesse influenzarti. Mi sembra ancora più giovane, Louis, non è troppo giovane, vero?”
La risata di Ludger la tranquillizzò.
“Abbiamo solo tre anni di differenza, ma per certi versi lui sta ancora vivendo l’adolescenza… penso sia anche per questo che ci siamo trovati. Sai, ha una famiglia orribile, la madre deve essere davvero terribile, e anche questo non aiuta. Ma non preoccuparti, penso abbia solo bisogno di più tempo per abituarsi alle cose, e non sa essere ipocrita, che per me è una grandissima qualità. Puoi capirlo, no?”
Helga gli chiese se avesse vissuto con i suoi prima di trasferirsi in quell’appartamento, e restò ammirata dal fatto che Amedeo si fosse trasferito a Roma da solo, lavorando per rendersi indipendente, malgrado gli studi; la divertì molto sapere che stava lavorando con Andrea. Helga trovò la camera da letto bellissima, e molto differente da quando era stata il rifugio di Steinar: le stuoie in terra, i teli appesi alle pareti, il perenne odore di incenso e le tonalità calde erano scomparsi.
“Eravamo felici qui, a volte lasciavo Jan con Ravi e mi fermavo con lui in questa casa. Adesso mi sembra strano tutto… è una bella sensazione. Mi sembra giusto che ora sia casa tua. Di nuovo casa tua. Gli somigli tanto, è una fortuna che tu non sia così… pazzo.”
Sorrise, mentre Ludger le stringeva le spalle con affetto.
“Helga, credo che dovresti smettere di pensare a lui, e anche di preoccuparti per me.”
“Probabilmente hai ragione, è un’abitudine. Non saprei cosa altro fare.”
“Prima che venga il freddo torna a trovare gli amici e parenti con cui passi ore al telefono, invitali da te, esci più spesso. Possiamo anche farlo insieme adesso anzi, dobbiamo.”
Lei annuì ringraziandolo. Notò le mensole aeree che separavano l’ambiente, ricavando la cabina armadio.
“Credo sia stata un’idea di Amedeo. Chiediamo a lui.”
Quando Amedeo li raggiunse erano ancora vicini, ed Helga gli sembrò ancora più minuta accanto a Ludger: provò molta tenerezza guardandoli. Parlò con facilità di come aveva progettato quella struttura, superando l’imbarazzo iniziale. Lei lo ascoltò con attenzione, e gli chiese i contatti di Lorenzo. Tornati in soggiorno si accorsero che Sebastiano era rimasto fuori, seduto in terra, e Amedeo lo raggiunse per convincerlo a rientrare.
“Sono stanco. La madre di Ludger mi piace. Non riesco a smettere di piangere, mi dispiace fratello.”
“Vieni dentro, sdraiati, magari riesci a dormire un po’… vorresti uscire stasera?”
“Decidete voi. Io posso disattivarmi e stare così all’infinito. Potete anche ignorarmi. Nel fare cose riesco a contenermi meglio. Quando mi fermo è un disastro. Però sono stanco.”
Amedeo lo riportò all’interno, tenendolo per mano. Sebastiano si rivolse a Helga definendosi mortificato per il proprio stato; la sua voce ferma e bassa non risentiva delle lacrime che gli bagnavano il viso. Ludger gli ordinò di andarsi a riposare e Amedeo lo accompagnò in camera e lo fece sdraiare. Sebastiano si rannicchiò con le braccia aggrappate al torace e il viso completamente inanimato, a parte le lacrime che continuavano a scendere.
Amedeo dopo avergli asciugato il viso gli accarezzò i capelli; era addolorato nel vederlo in quello stato e si sentì del tutto inutile. “Cosa posso fare per te?”
“Non puoi fare niente di più. Fai, fate, già anche troppo. Mi sento un parassita. Aggrappato alla tua vita mentre la mia crolla. Se non ci fosse stata questa assurda isola sarei annegato. E ancora devo capire fino a che punto voglio sopravvivere. Inizio ad essere davvero stanco. Ludger è… come aveva detto Elisa? Non lo ricordo, però aveva ragione. Lo è, anche senza scoparci. Non sai quanto sia sollevato di saperti con lui, anche per questo potrei mollare.”
Amedeo pianse in silenzio e lasciò i capelli per poggiargli due dita sulle labbra, perché non voleva sentirlo dar forma a quei pensieri. Tornò ad accarezzargli la testa, chiedendogli di chiudere gli occhi e di provare a dormire. In poco tempo l’espressione del viso di Sebastiano si distese, le labbra si socchiusero e la tensione gli abbandonò anche le braccia, che si allentarono. Amedeo non riusciva a perdersi nella contemplazione della bellezza di Sebastiano perché si sentiva lacerato dal dolore. In bagno lasciò a lungo il viso sotto il getto d’acqua fredda, riemergendone con i capelli parzialmente bagnati, che mandò indietro sul viso teso. Aveva gli occhi rossi e gonfi, ma non poteva fare niente di meglio. Raggiunse Ludger e sua madre nel salotto, accendendosi una sigaretta.
“Resta con Sebastiano, mi sembra stia male.”
Ringraziò Ludger, rispondendogli di averlo lasciato addormentato e si sedette di fronte a loro.
Si scusò con Helga. “Stiamo passando un momento molto difficile.”
Le sembrò straordinariamente bello con il viso completamente libero dai capelli, che continuavano a sgocciolare sulla camicia. Trovava la sua magrezza preoccupante ma immaginò fossero i vestiti scuri e aderenti ad accentuarla e a farlo apparire più giovane della sua età. Mostrava una tensione evidente, e lei sperò che non fosse la sua presenza ad alimentarla, se non in minima parte. Ludger invece era rilassato come non le capitava di vederlo da anni, e per lei e era palese che fosse la semplice presenza di Amedeo a renderlo felice. Helga avrebbe voluto manifestargli la gratitudine che provava per averle restituito un figlio che pensava definitivamente perso, ma non credeva fosse possibile. Gli sorrise.
“Non devi preoccuparti, considerando quello che è successo mi sembra ci sia un clima molto sereno. Louis mi ha detto che Sebastiano è come se avesse soltanto te ora, sono sicura che gli sei di grande aiuto.”
Amedeo scosse la testa sorridendo e si sollevò per buttare la cenere restando proteso in avanti. Tenne lo sguardo fisso sul tavolo basso che li divideva con i gomiti sulle ginocchia, e rispose con voce spenta. “Veramente credo che sia soprattutto Ludger ad aiutarlo, io… di fronte a un dolore così grande ho come l’impressione di non poter trovare le parole. Di avere a disposizione solo strumenti vuoti… che potrebbero suonare inadatti, e finisco quasi sempre a restare in silenzio. Non sono in grado di fare molto.”
Helga rimase colpita dalle sue parole, e si stupì nel vedere Ludger alzarsi con agilità senza il bastone. Le si avvicinò con un pacchetto di sigarette, che le porse sorridendo; fino a quel momento Helga aveva evitato di fumare temendo potesse dar fastidio.
Diede una boccata prima di riprendere a parlare. “Louis è così perché ci sei tu.”
Avrebbe aggiunto qualcosa, ma lo sguardo che Amedeo alzò su di lei la confuse.
Ludger rise. “Non mi traumatizzare la genitrice, abbassa i laser per favore. Tu riesci a unire gli opposti, sai essere di una modestia che diventa anche aggressiva. Helga ha ragione e tu lo sai, lei mi conosce bene, credo che certe cose riesca a capirle con facilità.”
Amedeo assunse quell’espressione che piaceva tanto a Ludger e che anche Helga trovò adorabile.
Sebastiano si svegliò gridando così forte che Ludger e Amedeo saltarono sul divano, dove erano rimasti da quando Helga se ne era andata. Amedeo lo trovò in piedi sul letto, immobile con il viso stravolto. Sebastiano tornò inespressivo dopo averlo visto così angosciato; scese per abbracciarlo, stringendo forte e singhiozzando. Ludger restò sulla porta della camera per alcuni secondi prima di lasciarli soli. Sebastiano non raccontò cosa aveva sognato e accettò passivamente la doccia calda che gli impose Amedeo, come il programma che gli sottopose. Era stato Amedeo a chiamare Andrea, chiedendogli se potesse portare Sebastiano con loro, aggiungendo i pochi elementi per preparare i suoi amici a quella presenza.
Quando arrivarono sotto casa di Andrea, Amedeo li lasciò salire per primi; mentre cercava parcheggio pensò che anche ai loro amici Sebastiano avrebbe ricordato Nobuko.
Quando Andrea rispose al citofono Ludger si dichiarò accompagnato dal fantasma.
Sebastiano parlò dopo un lungo silenzio. “Sei anche sadico? Non hai bisogno di corteggiarmi, sono già alla tua mercé.”
“Sono felice di risentire la tua voce. Andrea è il mio più caro amico… tanto vale sdrammatizzare.”
“Tanto vale nutrirsi delle vite degli altri, la mia è esaurita. Se tu fossi esteticamente meno convincente non credo sarei riuscito a entrare in una casa di amici. Mi sento una papera con l’imprinting. E poi ridi sempre. Il fatto che tu riesca a farlo anche con me conferma che sei davvero un alieno.”
Entrando lasciarono accostata la porta per Amedeo.
Andrea dopo averli guardati per pochi secondi, si lasciò cadere su una sedia borbottando. “Certo con voi non ci si annoia proprio mai. Che cazzo.”
Nora lasciò cadere l’ennesimo piatto, che andò in frantumi. Sospirò rumorosamente, tendendo la mano per presentarsi.
Sebastiano la strinse, restando impassibile. “Parlando rovino l’effetto. Bei capelli, sono naturali? Hai anche una scopa di saggina che pulisce il pavimento da sola?”
Nora sorrise, con uno sguardo triste. “Ludger, mi devi un servizio di piatti. E sì, i miei capelli sono naturali, anche i tuoi immagino. È rara una tonalità di nero così profondo.”
“Però li avevi già visti sulla sacra icona. Che magari era anche amica tua. Ludger, pensi che dovrei cambiare sesso, o è sufficiente mettermi in drag?”
Ludger era sollevato nel vederlo relazionarsi con ciò che lo circondava. “Con loro due abbiamo finito le possibili vittime… oddio resta Anastasia, ci penseremo, ma con i tacchi diventeresti troppo alto per me.”
Nora iniziò a raccogliere i cocci ridendo, mentre Andrea si rialzava per presentarsi prima di aprire una delle bottiglie che avevano portato.
“Fatemi spicciare, che se sale il ragazzo altrimenti la apre a morsi. Già stasera salterà la sua dose di brontosauro, meglio non innervosirlo.”
Amedeo li trovò seduti di fronte ai calici.
Nora lo abbracciò domandandogli se intendeva lavorare con loro nel weekend successivo. “O dobbiamo prepararci al lutto dei tuoi fans?”
Amedeo le scompigliò la montagna di capelli rame prima di sedersi e bere, rispondendole che non ci aveva ancora pensato.
Andrea rimarcò con ironia. “Faccelo sapere, che senza il divo la serata prende tutta un’altra piega.”
Amedeo lo invitò a tacere, sorridendo storto.
Sebastiano, nel vederlo rapportarsi a quegli sconosciuti, sentì le lacrime salirgli agli occhi e capì di doversi scuotere. “Certo sei decisamente strano. Lavori e studi come se nulla fosse. Come se servisse a qualcosa, che perdita di tempo. Mi domando perché non studi quello che ti piace invece di frequentare quella gabbia muffita della Sapienza. E perché non smetti di lavorare ora che non ne hai più bisogno. Per il poco che ti serve ora, potrei mantenerti senza neanche accorgermene.”
Ludger cominciò a ridere il più silenziosamente possibile, tenendo le lunghe dita davanti alla bocca. Amedeo finì il primo calice in un unico sorso, mentre Sebastiano riprendeva a parlare in voce incolore.
“Non ci vedrei niente di sconveniente. Sono il fratello maggiore ricco. E non bere così. Il vino decente andrebbe gustato. Se lo mandi giù in quel modo tanto vale che ti attacchi all’alcol etilico.”
Ormai Ludger non poteva far a meno di ridere apertamente.
Amedeo era divertito. “Bentornato fratello, ti serve aiuto in cucina, Nora?”
Lei gli versò altro vino, ringraziandolo. “Abbiamo già preparato tutto. Certo, voi tre insieme siete davvero un’allucinazione.”
Andrea e Nora erano molto felici di vedere Ludger ridere in quel modo; lo conoscevano abbastanza da riconoscere quanto fosse rilassato. Per entrambi la loro situazione era difficile da inquadrare, ma la gioia di Ludger li alleggeriva da un enorme peso.
“E quindi, esattamente, che lavoro fa per voi mio fratello? Balla su un cubo?”
Il primo a ridere fu Andrea, che la riteneva una buona idea, e in seguito descrisse i suoi incarichi. “Certo però fa lavorare anche me come guardia del corpo. Ma insomma, quello che fa per lavoro sono cose assolutamente dignitose. Come si intrattiene nelle pause però è un’altra storia. Non lo pagherei mai per quello, piuttosto lo piglierei a ceffoni.”
“Luca, che fai nelle pause?”
Andrea si voltò di scatto verso Amedeo ripetendo quel nome con una forte nota interrogativa, che gli rispose alzando appena le spalle.
“Sì, mi ha sempre chiamato così. Tu del resto chiami Ludger Louis.”
“Guarda che l’hanno chiamato Louis i suoi genitori, non ce lo chiamo io.”
Sebastiano scandì lentamente: Luca e Louis. “Da archiviare come stucchevoli insieme. Andrea. Sei un culturista dei muscoli facciali. Fratello. Che fai dunque durante le pause.”
Andrea si passò la mano sulla testa rasata, non sapendo come interpretare quell’affermazione.
Amedeo sorrise versandosi altro vino. “Ballo, secondo il capo troieggio. Ma penso che anche tu definiresti quell’attività come me. John.”
Sebastiano terminò la citazione senza apparente partecipazione. “I’m only dancing. Orrendo quel pezzo. E tu Lù, lo hai mai visto ballare?”
Ludger annuì, lasciando la risposta in sospeso mentre sorseggiava il nebbiolo: lo divertiva l’apprensione di Andrea e notò che Amedeo condivideva quell’allegria.
Sebastiano riprese a parlare con ironia. “Ludger? Questi due già mi ignorano. Andrea? Nora? Voi due da quanto siete sposati? Loro mi hanno adottato da un giorno e già mi ignorano. Devo rivolgermi a una qualche lega di gattare per i diritti dei felini domestici. Fortuna che il vino che spacciano è buono.”
Nora gli rispose dicendo un numero di anni. Sebastiano notò che coincideva con quelli trascorsi dall’incidente di Ludger, e rimase in silenzio mentre lui riprendeva a parlare.
“Sì che l’ho visto ballare, però io sono meno geloso di Andrea. Forse dovremmo fare una terapia di gruppo… che orrore pensare che mi priverebbe di tutto il divertimento. A me piace vederlo ballare, molto dionisiaco. Non so se tu apprezzeresti, forse sei troppo vecchio.”
Sebastiano alzò leggermente un sopracciglio ripetendo ‘troppo vecchio’, per poi sorridere. “Che liberazione.”
Sebastiano si stava gustando la sua nuova vita da parassita; riusciva a mantenere i suoi pensieri sulla superficie del suo abisso concentrandosi sulle persone che lo circondavano. Andrea e Amedeo riordinarono la cucina mentre Nora si preparava per uscire. Ludger era rimasto seduto vicino a Sebastiano, e controllò il suo telefonino dopo avergli chiesto se voleva occuparsene lui.
“C’è una chiamata persa da un’agenzia. Pensi che debba chiamare anche loro?”
“No, Ludger. Credo di non aver più bisogno di lavorare. Aline deve avermi lasciato tutto quello che aveva.”
Ludger continuò a scorrere l’elenco senza distogliere lo sguardo dallo schermo. “Dovremo dirlo all’avvocato, lo chiamo domani.”
Sebastiano sbadigliò versandosi altro caffè. “Inizio a pensare che tutto quello che mi riguarda sia di una noia sconfortante. Non so come tu possa sopportarmi. Forse è un modo tutto tuo per espiare qualcosa. Comunque grazie, il mio agente mi ha dato da vivere per anni. Se fossi appena più umano lo chiamerei. Un avvocato è comunque meglio dell’eclisse.”
Nora tornò e posò sul tavolo uno smalto nero che Sebastiano si offrì di metterle. Restò ferma per lo stupore alcuni secondi, prima di accettare.
Sebastiano scosse il flaconcino energicamente e iniziò a stenderlo con precisione. “Non ti trucchi mai? Hai dei colori fantastici. Sarebbe uno spasso truccarti.”
Nora si alzò invitandolo a seguirla.
Appena restarono soli Andrea si rivolse a Ludger. “Certo, ho capito che siete tutti molto evoluti, eccetera eccetera. Però, io che sono un bifolco, devo essere geloso?”
“Ciccio, mi sembra altamente improbabile che tu possa averne modo.”
“Certo, detto da te poi posso stare proprio sereno.”
Amedeo rise. “Quanto sei noiosetto, tu!” Raggiunse Ludger abbracciandolo da dietro per sussurrargli da vicino. “Sono così sollevato. Sebastiano da quando stiamo qui è tornato reattivo, e tu sei un eroe.”
Ludger gli accarezzò un avambraccio, voltandosi per baciargli lo zigomo. “Tuo fratello mi diverte, anche solo per il suo modo di parlare. Non sto facendo niente di eroico, te lo assicuro.”
Andrea, finito di riordinare, li guardò: ogni volta che li vedeva vicini si sentiva felice; l’espressione dolce sul viso di Ludger lo colpiva profondamente perchè l’aveva creduta a lungo irrecuperabile.
Nessuno si era più offerto di truccarla da molto tempo, e Nora lo ricordava come un gioco da adolescenti. Era divertita oltre che imbarazzata per quel contatto inaspettato. Dopo aver preso l’occorrente si era seduta sul divano, appoggiando la testa alla spalliera con gli occhi chiusi. Anche se il contesto le sembrava strano, trovò rilassante il tocco morbido del pennello sulle palpebre. Quel momento di intimità era stato possibile soltanto perché Sebastiano era il migliore amico di Amedeo e, superato il primo impatto, anche la somiglianza con Nobuko le sembrava più sfumata.
“Nora. Quanto posso esagerare?”
“Quanto ti pare, andiamo al cinema. Una volta magari potresti truccarmi di brutto per una serata… per una serata potresti trasformarmi anche in uno dei Kiss.”
Sebastiano restò momentaneamente bloccato. “Che volgarità.”
Lei rise, specificando che si trattava di uno scherzo.
“Ovviamente, scherzavo anch’io. Devo prendere tutto come se fosse un gioco, altrimenti non reggerei. Del resto l’unica alternativa sarebbe schiantarmi con l’eroina.”
Nora restò immobile, valutando come interpretare quell’ultima frase; era affascinata dal suo modo di parlare, e non riusciva a credere che dicesse sul serio.
“Non lo dici per scherzo?”
“No. Faccio un grande sforzo per arginarmi con Amedeo, ma non mi riesce di censurarmi con i suoi amici. Sarò stronzo. Anzi. Lo sono di sicuro. Il mio mondo è vuoto. Crollato. Con Ludger oggi ho tirato fuori uno sproposito. Lui è imperturbabile come una divinità. Sarà l’influenza del padre. Del resto è il mio spacciatore e il sovrano del mondo in cui sto facendo il parassita.”
Nora si lasciò sfuggire un sorriso. Trovava inverosimile che Sebastiano potesse parlarne in quel modo. “Tu non hai idea di quanto può essere perturbabile e perturbante Ludger. Gli piaci, è evidente. Io però ancora faccio fatica a riconoscerlo in questa nuova veste. Forse ti accetta comunque perché ti associa ad Amedeo. È pazzesco quanto è cambiato.”
Sebastiano si stava divertendo a stratificare colori sulle sue tonalità rame, riflettendo su alcuni dettagli come avrebbe fatto con un racconto di vite inesistenti. “Ci hai scopato.”
Nora corrugò le sopracciglia prima di rispondere troppo velocemente. “Un paio di vite fa, non è una cosa a cui ripenso volentieri.”
Sebastiano, come sempre, era del tutto insensibile al disagio che le sue curiosità potevano causare. “Quando c’era Nobuko?”
“Ma no! Impensabile, dopo.”
“Non preoccuparti, un paio di vite fa ci avrei scopato anch’io. Nella stessa misura in cui adesso è impensabile. È il termine corretto. Conoscevi la ragazza.”
Nora provò un vago senso di vertigine. “Non capisco se mi hai fatto una domanda o era un’affermazione. Nobuko era la mia migliore amica.”
“Nobuko aveva delle amiche. Brava. Avrei finito. Forse tornerò davvero a truccarti, mi piace.”
Nora riaprì gli occhi verdi, integrandoli alla palette di colori degli ombretti. “Davvero ti faresti di eroina?”
“Sarebbe il modo più facile per stare bene e smettere di pensare. Ma ho Luca. Mi accontento di quello che mi passa Ludger, e di fare il parassita. Sei bella.”
“Sei assurdo.”
“Grazie.”
Andrea e Nora andavano spesso al cinema insieme, e quella sera avevano in programma di vedere Essere John Malkovich, un film che suscitò diverse riflessioni. All’uscita si divisero pigramente in due gruppi: Amedeo e Sebastiano camminavano alcuni passi avanti tenendosi per mano, mentre gli altri tre li seguivano chiacchierando. L’aria della notte era piacevole, nessuno aveva fretta di rientrare e dopo un lungo tragitto si fermarono in un giardino. Nora si divertì ad andare tanto in alto sull’altalena da far ondeggiare le catene, e Amedeo si avvicinò a Ludger per dirgli che avrebbe voluto arrampicarsi su un albero con Sebastiano.
“Solo se non ti dispiace.”
Il giardino era deserto e Ludger lo guardò sorridendo; era ancora una conquista entusiasmante essere fuori di notte. Trovava il viso di Amedeo incantevole mentre chiedeva cose che per lui non avevano senso.
“Puoi fare quello che ti pare, come sempre. Posso avere un bacio d’addio?”
Amedeo rise, e lo baciò velocemente prima di correre verso Sebastiano che lo aspettava, appoggiato al tronco di un grande acero nodoso. Nora li guardò ondeggiando, non aveva sentito lo scambio di battute; quella sera era felice, e sperava sarebbe stato il primo di molti incontri con la stessa compagnia.
Andrea era seduto vicino a Ludger, fumando con aria indifferente. “Dobbiamo prepararci a chiamare l’ambulanza?”
“Quando mi chiede se può fare qualcosa mi stupisce sempre. Per quanto non faccia che ribadire che può fare quello che gli pare… comunque no, Amedeo si arrampica come Spiderman e credo che il fratello non sia da meno. Però, se hai il cuore debole, ti consiglio di non guardare.”
Andrea sospirò rumorosamente. “Ciccio, io proprio non ti capisco. Sarò rincoglionito ma mi sembra di non averti mai visto così… così contento.”
“È vero, sto benissimo e mi diverto. Prima non credo di esserne mai stato capace del tutto. Stavo pensando di tornare a studiare con te, così forse riesci a finire anche l’università.”
“Ma davvero! Sarebbe una figata spaziale.”
Ludger sorrise ricordando la definizione di Sebastiano, ‘culturista dei muscoli facciali’. “Sono d’accordo, ora però fammi gustare lo spettacolo.”
Sebastiano si tolse le scarpe per prepararsi a salire. Amedeo preferì tenerle, perché gli anfibi avevano una buona aderenza sulla corteccia; si sfilò il giacchetto di pelle che avrebbe limitato i suoi movimenti, e indicò il cielo come a dargli la precendenza.
Con un salto Sebastiano afferrò un ramo basso e si lasciò oscillare, tenendosi con una sola mano. “Luca, ci vediamo su. Porta il tabacco.” Subito dopo partì con un’agilità che lasciò i loro amici a bocca aperta.
Nora fermò di botto l’altalena, restando in piedi a guardarlo. “Quell’uomo è un demonio.”
Ludger rise. “Poi diglielo, credo che gli farebbe piacere.”
Andrea sbuffò rumorosamente senza distogliere lo sguardo dall’albero. “Ragazzi, vi ricordo che io sono un buzzurro, e sono pure geloso, anche se non va più di moda.”
Appena Amedeo valutò di non essere più nel raggio delle evoluzioni di Sebastiano lo seguì; saliva aggrappandosi saldamente, con una tecnica simile a quella usata sugli scogli. Sebastiano era abituato da sempre ad arrampicarsi sugli alberi, e si dava slancio ondeggiando da un ramo all’altro, con gesti spericolati e precisi che non mancavano mai la presa. Quando i rami iniziarono a piegarsi sotto il loro peso si fermarono. Amedeo agitò la mano per salutare Ludger che gli rispose con un gesto.
Sebastiano distolse lo sguardo dal gruppo illuminato dai lampioni per rivolgerlo verso il cielo. “Sono carini gli amici di Ludger. Anche se lui sembra un picchiatore mi sembra un buono. Lei è deliziosa. Ma il tuo uomo si è scopato tutte le amiche che avete?”
Amedeo era divertito. “È tornato da poco e non abbiamo ancora molti amici in comune, le uniche due ragazze che frequentiamo adesso, sì. Però negli ultimi anni aveva fatto fuori tutto e tutti, te l’ho detto. Vedremo come andrà con il resto del mondo… certo lo hai visto, non passa per niente inosservato… è così bello.”
“Adoro il vostro non essere per niente gelosi. Ludger mi piace molto, mi chiedo come potesse essere prima.”
Amedeo gli passò una sigaretta accesa prima di iniziare a prepararne una per sé. “Non lo sapremo mai. Io ho visto soltanto le ultime due versioni, e pensando a come era quando ci siamo conosciuti mi rendo conto che nessun racconto, adesso, potrebbe descriverlo davvero. Una volta mi ha detto che le storie si perdono mentre si consumano, o qualcosa del genere. Penso sia una frase che lo rappresenti bene, ma in qualche modo è tutto lì dentro.”
Sebastiano aspirò profondamente una boccata, per poi guardare la nuvola di fumo che si allontanava. “Le storie consumate non si possono ricostruire, se non con le allegorie, o con i simboli. Non ho abbastanza memoria per citarti in modo preciso. ‘Ieraticità nell’arte bizantina, il simbolo e la trascendenza’. Questo però lo ricordo bene, sarebbe un bel titolo. Tra quelli che mi hai sottoposto è sicuramente il migliore. Anche se hai ragione, è un po’ prolisso.”
Un’altra risata. “Fratello, mi dai i brividi.”
“Anche tu, a volte. Sono belle quelle cose che hai scritto. Sembra passato un secolo dai primi giorni. Sei stato bravo. Sei sempre bravo. È stata la fuga a Creta.”
Erano seduti su due rami vicini; Amedeo sentiva freddo senza giacchetto, ma ogni volta era incantato dall’atmosfera che si creava in quei loro mondi sospesi, lontani dal suolo. In quelle occasioni si chiedeva quanto avrebbe perso di Sebastiano se non fosse stato in grado di arrampicarsi. Gli piaceva ripensare al pasto degli dei guardando Ludger seduto lì sotto, con i capelli diventati così chiari da sembrare bianchi riflettendo la luce del lampione.
“Sì, ne avevamo bisogno. Non potevamo dopo tutto quello che c’era stato, prendere e iniziare a stare insieme come se nulla fosse. Almeno a me non riusciva. Già prima ci conoscevamo poco, dopo quei mesi divisi era come se dovessimo iniziare da capo. E io non potevo stargli vicino senza volergli saltare al collo, era difficile anche parlare. Dopo una settimana passata a scopare e parlare parecchie cose hanno trovato il loro posto, adesso sono solo felice di lui.”
Sebastiano non poteva restare a lungo in silenzio, perché i suoi pensieri erano condannati a precipitare se non li proiettava all’esterno. “Anche a me piace molto, Ludger. Abbiamo parlato uno sproposito oggi. E non credo sia solo per l’effetto delle cose che mi spaccia. E non credo sia solo perchè è il tuo uomo. E non è neanche la nostra sindrome di Thomas Mann. Penso che la cosa che mi piace più di lui sia il suo essere spontaneamente amorale. Tu sai cosa intendo. È una qualità preziosa e rara.”
Amedeo sorrise ricordando la ‘sindrome’ di cui avevano parlato a lungo in passato, un’inclinazione per i biondi che Sebastiano aveva associato a Mann per via di uno specifico passaggio del racconto Tonio Kröger, che citò come una preghiera.
Ma il mio amore più profondo e più segreto è per i biondi, per quelli dagli occhi azzurri, per i felici puri, per i fortunati, per gli amabili e i mediocri. Questo amore è fatto di desiderio, di invidia malinconica, d’un poco di disprezzo e di una grande, casta, beatitudine.
Amedeo sapeva a cosa si riferiva Sebastiano parlando di amoralità; anche per Ludger quella necessità di muoversi in uno spazio altro era così importante da spingerlo a superare il silenzio nel loro primo incontro. Un tratto che gli aveva sempre trovato in comune. “A cosa pensi, fratello?”
Sebastiano riemerse ancora una volta dalla voragine che inghiottiva ogni spazio vuoto. Scosse la testa, dando un tiro alla sigaretta. “Non è importante. Non è importante dirlo. I miei pensieri precipitano in un secondo. Ma tu sei molto meglio del tartaro che mi inghiotte. Io non vorrei essere quell’attore sfigato. Se potessi fare il gioco scemo del film che abbiamo visto vorrei essere voi. Ma sono felice che stia succedendo a te. Se mi avessero fatto scegliere lo avrei scelto per te. E mi sarei lasciato a precipitare, senza un secondo di esitazione.”
Amedeo si sentì salire le lacrime agli occhi. “Lo so. Lo hai sempre fatto, con tutte le persone a cui hai voluto bene.”
Andrea e Ludger videro Amedeo eseguire una manovra complicata per raggiungere Sebastiano e abbracciarlo; i loro arti intrecciati erano ancorati al ramo che li sosteneva, per mantenere l’equilibrio. Ludger immaginò un’ennesima crisi di pianto di Sebastiano, e non cambiò espressione continuando a sorridere.
Andrea era terribilmente in imbarazzo. “Se uno di quei due resta incinta come lo chiamate?”
“Non fare il bifolco. Si sono salvati a vicenda non so neanche io quante volte. Il fatto che non si censurino perché li stiamo guardando non fa che confermarmi che non c’è proprio niente che potrebbe darmi fastidio. Hanno un rapporto magnifico, e lo hanno da diversi anni. Non solo non mi toglie niente, ma so con certezza che mi ha fatto parecchi regali. La ragazza di Sebastiano gli è morta addosso da pochi giorni. Io ho avuto almeno la grazia di non vedere Nobuko morta. Tu c’eri e sai che niente poteva aiutarmi, e comunque la tua presenza è stata importantissima per me. Prova a vederla da questo punto di vista.”
Andrea si lasciò sfuggire un sospiro forte mentre Nora lo abbracciava. “Louis, per quanto tempo posso passare con te, e spero che ce ne sia ancora molto, non smetterò mai di ammirarti. C’è una cosa che ti voglio dire. Anche se è difficile voglio dirtela già da tempo ma non stai fermo un attimo. Quando eri rinchiuso a casa di tua madre la chiamavo per avere notizie. E sono stato io a mettere quegli annunci all’università per farti portare fuori da qualcuno. Non mi sarei mai immaginato che sarebbe andata così, anche se adesso è ovvio che sono contento.”
Ludger rise con disinvoltura. Andrea trattenne il respiro: aveva immaginato una reazione molto diversa da parte del suo amico; temeva in modo particolare che potesse interpretare il proprio comportamento come un tentativo di aggirare il suo isolamento.
Nora, sentendo il suo compagno rigido fra le braccia, parlò con dolcezza. “Perché ridi, Ludger?”
“Perché me lo ero immaginato, e ti ringrazio.”
La risata aveva raggiunto i due sull’albero, che sciolsero l’abbraccio.
“Luca. Ludger è sempre così contento che a volte avrei voglia di spaccargli la faccia.”
Anche Amedeo rise. “Anche io ci sono passato, immagino si sappia difendere. Anche se è una scena che davvero non vorrei vedere.”
Amedeo si svegliò tra le braccia di Ludger. Sentiva il calore del suo corpo e restò immobile, ad occhi chiusi, a gustarsi quella sensazione di benessere. Spalancò gli occhi mentre il cuore accelerava, pensando a Sebastiano: il suo lato del letto era vuoto e vide un foglio sul cuscino.
Buongiorno fratello. Prendo il tuo telefono.
Scendo a barboneggiare fra gli alberi.
Chiamami. Per la colazione.
Se non chiami non torno.
Vedervi dormire mi stucca.
Mi incanta.
Devo iniziare a distruggere un altro giorno.
Un altro giorno deve iniziare a distruggermi.
Vado.
Ludger emise un lamento basso prima di chiedergli se fosse mattina, senza cambiare posizione.
Amedeo gli baciò una delle braccia che lo cingevano. “Sì, ma deve essere presto. Torna a dormire.”
La voce di Ludger era un sussurro rauco. “Ho sentito Sebastiano uscire… parecchio tempo fa, preferisco stare un po’ con te… se resti sveglio.”
Amedeo si girò, infilando il viso sul suo collo come in cerca di riparo. “Lu, sono angosciatissimo per lui. E sono così felice di te, non trovo le parole per dirti quanto ammiro tutto quello che fai.”
Ludger gli spostò delicatamente i capelli, e notò che gli occhi Amedeo erano leggermente gonfi per il pianto.
“Non preoccuparti, non mi devi dire niente. Sono felice di aiutarlo, con tutto quello che ha fatto per te… poi lui mi piace. Suo malgrado. Addirittura mi diverte, e penso stia reagendo bene. Ci sta permettendo di aiutarlo, soprattutto ti sta permettendo di restargli vicino. Io, lo sai, non sono stato altrettanto bravo.”
Ad Amedeo quel paragone sembrò strano. “Perché dici così?”
Ludger riprese, dopo un breve silenzio. “Hai ragione. Io non so e non voglio avere la presunzione di immaginare cosa lo legasse a quella ragazza, forse non lo sa bene neanche lui. Però so che la morte di una persona così vicina, presente, importante… trova la definizione che ti piace di più, è una bestia immonda da digerire. Io sono sopravvissuto diventando per primo una bestia. Volevo solo annientare tutto quello che mi era rimasto, avevo una fame di distruzione sorda. Ricordo di avertelo anche detto una volta, non ti avrei mai permesso di avvicinarti, non avrei permesso a nessuno di abbracciarmi davvero, o di completare una di quelle frasi che mi dicevi all’inizio. Sai, ho pensato a lungo al vostro legame e credo che potrebbe essere un riflesso, distorto e inevitabilmente diverso, di quello che aveva con Aline. Una testimonianza di un tipo di legame che, nel mio linguaggio e con i miei strumenti, rientra comunque nell’ampio recinto dell’innamoramento. Poi ognuno di noi è diverso, ne sono consapevole, non voglio giudicare né etichettare. Ma sono sicuro che per lui voi siate importanti in un modo che va oltre i confini, per quanto possano essere pensati ampi ed elastici, del codice associato all’amicizia.”
Amedeo continuò a respirare il suo odore dolce, sentendosi sempre fortunato di averlo vicino. “Forse hai ragione. Io ho un forte pregiudizio per il codice amore e innamoramento. Tu hai travolto tutto un mondo ricostruito con mattoni miei. Poi, dopo l’uragano, ho raccolto le parole più brillanti e forse quelle che per me erano le più proibite, quelle che pensavo di tenere nascoste per sempre, per definirti. Perché non c’è niente che somigli a te. E qualsiasi simbolo mi sembra inefficace. Ma io sono strano. Elisa mi ha detto di essere innamorata e l’ho registrato senza grandi sorprese. Sebastiano fino a poco tempo fa non aveva mai usato questi termini, e a me non sarebbe mai venuto in mente. Però non credo che avere una definizione cambi la situazione.”
Ludger lo strinse a sé, gli baciò le labbra confermandogli che non cambiava nulla.
Amedeo avrebbe voluto parlare ancora, ma la luce iniziava ad essere più forte e preferì baciarlo. Con il pensiero tornò ai giorni sull’isola, il loro paradiso senza tempo da cui non sarebbe voluto mai andare via. Gli raggiunse un orecchio per parlare piano. “Ci sono questi due ragazzi su un ponte, che si tengono per mano guardando l’acqua… sorridono. Stanno lì in piedi anche quando non sapevano ancora camminare insieme. Per me resteranno sempre lì…. come gli Dei che non hanno abbandonato l’isola, e noi siamo il loro pasto…. Zagreus cacciava le sue prede lasciandole vive per poterle uccidere nei riti, così gli dei li hanno lasciati a compiere i loro. In un tempo senza tempo, che non sarà mai abbastanza.”
Ludger gli baciò gli occhi. “Mangiami, mio cacciatore, prima che il sole diventi alto.”
“Secondo me dovresti andare a lavorare con Andrea e Claudio questo weekend.”
Erano sotto la doccia, e Ludger tornò a parlare di Sebastiano senza preamboli.
“Non lo so. Mi angoscia l’idea di lasciarlo da solo perché quando non lo trasciniamo nelle nostre cose lui precipita subito in pensieri neri. Io non capisco come fai a stare così tranquillo, a me sembra tutto mostruosamente complicato.”
Ludger sorrise girando il getto della doccia per fargliela arrivare sul viso, uno scherzo con cui cancellò momentaneamente l’espressione cupa di Amedeo.
“Tesoro, sto cercando di fare tutto il possibile, ho messo in moto anche Helga perché lei è uno schiacciasassi con queste cose. La situazione è difficile, certo. Noi ci stiamo muovendo bene per gli aspetti che mi preoccupano di più, quelli per cui ogni mossa è come in una partita di scacchi. Mi irrita solo un dettaglio che resta in sospeso per un mio vuoto di memoria, ma di questo non devi preoccuparti perché anche per quello ho un piano di riserva. Alle brutte butterò giù una porta. Non scendo in particolari perché i miei vuoti di memoria sono una partita tutta mia, e spero non dovremo approfondire adesso altrimenti per me diventerebbe pesante. Riesci a lasciarmi la libertà di gestire questi buchi che ho nella testa? Per me è importante e, ti assicuro, a te non tolgo nulla.” Si fermò il tempo di vederlo annuire con un’espressione triste. “Grazie. Per quanto riguarda Sebastiano sono d’accordo con te. Lo vedo anch’io che quando è a contatto con altre persone si distrae e sta meglio. Nelle serate in cui lavorerai posso stare io con lui. Sono però convinto che non dobbiamo modificare le nostre abitudini, per ora possiamo portarcelo dietro come si fa con un bambino piccolo. Se dovessimo cambiare i nostri comportamenti e rinunciare alle nostre attività sono convinto che non potrebbe funzionare a lungo. Per noi e soprattutto per lui.”
Amedeo teneva il viso rivolto verso il getto d’acqua con gli occhi chiusi, e Ludger lo chiamò pensando si fosse incantato.
Liberò il viso dai capelli e gli sorrise. “Hai ragione, come sempre. Mi chiedo come ti trovi con lui. Ho capito che ti diverte, come tutto… e che fai continue riflessioni misurando la sua storia con la tua. Ma mi stupisce che tu sembri l’unico completamente insensibile al suo aspetto. Tua madre e gli amici lo guardano come un fantasma, tu dici solo di trovarlo molto bello, ma in modo quasi astratto. Non è gelosia, lo sai, non potrei mai essere geloso di lui.”
Ludger gli baciò la fronte per poi spostarsi sotto l’acqua, iniziando a togliersi lo shampoo dalla testa. “Non ci ho pensato, provo a farlo adesso… È vero, verso il resto del mondo sono astratto e lui non fa eccezione. La sua bellezza mi dà un grande appagamento estetico, come direste voi, ma non mi fa per niente sesso. Sebastiano è bellissimo in ogni dettaglio e in ogni gesto, ma non mi fa sesso. Anche le sue provocazioni non le trovo provocanti. Mi piace averlo vicino ma è un piacere che gira in un altro circuito, posso citarti e dirti che è come contemplare un oggetto d’arte al di là del vetro.”
Amedeo uscì per primo dalla doccia e gli porse la mano. Era divertito, e gli dispiaceva che avessero esaurito quella parentesi. Gli piaceva ascoltare Ludger pensare ad alta voce per definire a parole qualcosa di nuovo per lui. “E io, quando ho iniziato a farti sesso?”
Ludger si avvolse nel suo asciugamano grigio. “Non ricordo con esattezza, però presto. Molto prima di quando avrei voluto. Ricordo che volevo essere come uno dei tuoi amici, che già quello mi sembrava una grandissima complicazione. Tu eri completamente astratto, e sembravi un bambino. Le tue labbra mi attiravano come una calamita. Era molto complicato per me. Anche per te, immagino.”
Si spostarono nel guardaroba per iniziare a vestirsi; Amedeo aveva notato che Ludger continuava a fare una doccia ogni mattina, anche prima di andare in piscina. Pensò fosse un suo rituale, perché lo aveva sempre visto con i capelli pulitissimi, anche quando era stato male. Si era sempre fatto la doccia ogni mattina, con una sola eccezione ben impressa nella sua memoria.
“Mi ricordo una volta, me la ricordo bene perché ci ho pensato tanto, avevamo dormito insieme di pomeriggio. È stato uno dei giorni più importanti della mia vita. Quando Ravi mi ha fatto entrare dopo che mi avevi buttato fuori. Ti eri svegliato, nel sonno eri ruotato sul dorso e portavi solo una camicia nera che si era spostata scoprendoti una spalla. Io non capivo cosa mi stava succedendo ed ero terribilmente agitato, non riuscivo neanche a guardarti. E tu te ne stavi lì a parlarmi mentre io ero completamente perso. Dovresti portare sempre e solo camicie nere.”
Ludger, seduto sullo sgabello che usava per vestirsi, si era fermato per seguirlo con attenzione. “Ricordo benissimo quel pomeriggio, anche per me è stato importante, ma questo aspetto non lo avevo proprio colto. Cosa avresti voluto fare?”
“Io? Io non ero in grado di fare niente. Ero completamente bruciato… adesso ci rido ma è stato un momento di caos totale. Posso dirti l’unica cosa che riuscivo a mettere a fuoco, l’unica in tutto l’universo intero. Volevo che tu restassi vivo. Ero completamente bloccato e avevo paura che riprendessi a lanciarmi dietro tutto, perché ti avevo fermato una gamba. È stato un momento molto molto forte. Ho avuto davvero paura che tu saresti potuto morire, poche ore prima. Credo sia la paura più grande che abbia affrontato. Non ero mai stato così male per qualcuno. E poi è scattato questo interruttore. Ti avevo sempre visto bellissimo ma, da quel momento, è stato tutto diverso. Poi te l’ho anche detto, ricordi?”
Ludger lo guardava dal basso, preso dai suoi pensieri e vagamente assente. “Ho dei vuoti di memoria, a volte mi mancano dei dettagli, a volte è come se i ricordi fossero lì ma non riuscissi a raggiungerli del tutto. Te lo dicevo poco fa. Ma quel momento lo ricordo bene. Riesco a vederti seduto sul bordo del letto che ti guardavi le mani a testa bassa. Descrivevi quello che provavi ‘diverso’ e io ‘simile’… adesso non sono neanche d’accordo, adesso direi ‘diverso’ anch’io. Lo vedevo chiaramente che eri imbarazzato, e mi piacevi da impazzire. Se penso a come eravamo allora annego nella tenerezza, sembra passata una vita.”
Sebastiano camminò per ore nel parco, e quando gli proposero di scegliere tra accompagnare Ludger in piscina e seguire Amedeo all’università avrebbe voluto solo dormire ancora. La prospettiva di svegliarsi di nuovo da solo senza possibilità di fuga dai suoi pensieri, lo indusse a scegliere l’alternativa meno faticosa.
Amedeo gli parlò della lezione a cui avrebbero assistito mentre lo portava per mano assecondando la sua andatura, sperando di risvegliare in lui un minimo di interesse. Davide ebbe l’impressione che fossero usciti da un altro mondo vedendoli avvicinare.
L’espressione del suo amico divertì Amedeo. “Ciao, scusa se sono… siamo arrivati all’ultimo momento. Lui è mio fratello, l’amico di cui ti ho parlato tanto.”
Sebastiano alzò la mano scuotendola un paio di volte, imitando un saluto infantile che non aveva riscontro nel viso inanimato sotto gli enormi occhiali scuri. A Davide sembrò di guardare una maschera così bella da rasentare il kitsch, e rispose alzando anche lui la mano usando lo stesso registro. Sul viso di Sebastiano apparve un sorriso che non cancellò in Davide la prima impressione di immobilità.
Durante la lezione Sebastiano provò a concentrarsi sul suo libro: aveva deciso di rileggere tutto Dostoevskij iniziando da I Demoni. Gli occhi gli bruciavano, e dopo poche pagine incrociò le braccia sul banco addormentandosi con facilità. Davide era eccitato per quel cambiamento, e seguì la lezione con difficoltà. Amedeo sperò che non si sarebbe svegliato gridando; si era voluto sedere piuttosto appartato, continuando a prendere appunti come faceva sempre. Pensava che Ludger avesse ragione: dovevano portare avanti le loro attività quotidiane, altrimenti Sebastiano non avrebbe accettato a lungo il loro aiuto. Finita la lezione continuò a dormire malgrado il rumore crescente, e Amedeo gli carezzò i capelli lucidi che scivolavano sul banco, sussurrando con dolcezza il suo nome vicino all’orecchio. Sul viso di Sebastiano si aprì un sorriso.
Si sollevò stirandosi con noncuranza, per poi abbracciarlo. “Tienimi così. Solo il tempo di abituarmi al girone infernale dove mi hai trascinato.”
Davide notò che quel contatto aveva definitivamente scoraggiato alcune ragazze che si erano messe in attesa nei paraggi, quelle che lui soprannominava ‘le galline’; tornò ad agitare la mano verso gli occhiali scuri e riflettenti che si affacciavano tra i capelli di Amedeo.
“Fanciulli cari, mi portate al più presto in un bar. Temo mi sia indispensabile per sopravvivere ancora qualche ora.”
Amedeo si staccò ridendo. “Mio fratello, il melodrammatico. Davide, vuoi venire anche tu a prendere un caffè con noi?”
Uscirono dalla facoltà tenendosi per mano, mentre Davide camminava al loro fianco. Amedeo immaginava con facilità il motivo per cui il suo amico appariva tanto divertito; anche lui era costantemente esaltato dalla vicinanza del fratello.
Al bar Sebastiano li stupì, tornando a parlare con il suo tono indifferente. “Per me anche uno Jägermeister. Me lo ha prescritto il mio sciamano quando non riesco più a deglutire.”
Lo mandò giù in un sorso e contrasse il viso per alcuni secondi, prima di riprendere a parlare sorseggiando il caffè. “Quell’alieno biondo alto due metri appena atterrato. O forse riemerso. Da algidi abissi. Lo conoscete meglio di me. E dunque tu sei l’amichetto di scuola di mio fratello. Sei carino, sei gay? Credo che dovrei iniziare a pensarmi come un gay non praticante. E non come un generico non-praticante. Il cervello umano necessita di schieramenti. È pigro, come me. E le donne mi uccidono. L’anatomia maschile è più divertente. Cazzi, devo pensare ai cazzi.”
Amedeo mandò gli occhi al cielo. “Penso sia meglio uscire dal bar… Davide! Non ti sganasciare così! Dai, usciamo.”
Davide non riusciva a smettere di ridere, trovava strepitosa la completa indifferenza di Sebastiano a tutto quello che lo circondava. “Di recente sei stato con una donna?”
Sebastiano rispose senza partecipazione. “È così. Lei non è sopravvissuta, e io ancora non si capisce. Mio fratello e il suo alieno si stanno impegnando molto. Io per ora faccio il parassita.”
Davide ne era affascinato e non voleva separarsene, così li invitò a pranzo; la casa del suo compagno era vicino all’università, e la raggiunsero con una breve passeggiata. Durante il tragitto Sebastiano lo tempestò di domande decisamente intime, e Davide non si tirava indietro. Pensava che il suo modo di parlare fosse una posa studiata, e non intendeva riflettere sulle affermazioni con cui aveva esordito, convinto che fosse parte di un gioco inoffensivo. Gli sembrava inverosimile che Amedeo fosse tanto legato a un personaggio così diverso da lui, e lo divertiva anche vederlo imperturbabile a quel turbinio di parole.
“Sono stato in questa casa, in un altro tempo. Lontano. Una cena con molto vino e parecchi uomini. Quella parete era rossa. Come questo divano. E io ero fatto come un cesso.” Appena entrati nel soggiorno Sebastiano si era seduto con la sua tipica disinvoltura, senza manifestare interesse per il resto dell’appartamento.
Davide era stupito.“Io vivo qui da alcuni anni, ed sempre stata bianca. Mio marito però ha sempre organizzato cene con gli amici, anche prima di conoscermi. Gli ‘uomini’ e il vino non mancano… ma vengono anche amici in generale, come Amedeo e Elisa ad esempio. La conosci Elisa, no? O è uno dei tuoi giochetti?”
Aveva rivolto le ultime domande ad Amedeo, come alla ricerca di conferme, ma il viso serio del suo amico lo costrinse dare maggiore peso alle parole di Sebastiano.
“Non mi ricordo di chi era la casa. Mio fratello non parteciperebbe mai a un festino del genere. Per Elisa non posso garantire, non la conosco abbastanza. Non c’erano donne. Donne senza cazzo, almeno. Non so se ho scopato con tuo marito. E cosa può aver visto. Questa potrebbe essere una seccatura. Enorme. Però la parete era rossa, riconosco questo spazio e alcuni oggetti che ancora sono qui. Ero fatto, mi dispiace. Forse dovrei dedicarmi solo alla lettura. Mi trasformerò in un acaro dei divani.” Troncò di netto la conversazione estraendo il libro dalla tracolla.
Davide era palesemente turbato, e Amedeo lo portò in cucina per iniziare a preparare il pranzo.
“Il tuo amico mi manda ai matti. Una specie di carnevale di stimoli. Non pensavo che parlasse sul serio per tutto il tempo. Questa storia dei festini la dovrò approfondire… Sebastiano è bellissimo, ma non toglie mai gli occhiali? E davvero la sua ragazza è morta? Adesso sta da voi, giusto?”
Amedeo si ritrovò di nuovo in quella cucina a cercare di descrivere a parole la complessità di un presente che non aveva del tutto elaborato. Iniziò a raccontargli degli ultimi giorni in modo telegrafico, interrompendosi per rispondere a una telefonata di Ludger.
– Dovremo andare a Parigi, ma non vorrei portarti con noi. Perché ci aspettano solo cose noiose o brutte e non voglio rovinarti la scoperta di quella città così. Però pensaci, e se per te è importante esserci verrai con noi. Se puoi passami Sebastiano, per favore. –
Sebastiano ascoltò in silenzio limitandosi a dichiararsi d’accordo, e appena attaccato si rivolse ad Amedeo. “Tu quindi potresti non venire con noi.”
Avevano apparecchiato in terrazzo, e tutti sembravano persi nei loro pensieri.
“Ci sto pensando, fratello. Ludger dice che proverà a incastrare le cose per farvi stare un solo giorno. Ovviamente se mi vuoi con te, io vengo. Altrimenti non so. Lui ci tiene tanto a farmi fare un viaggio a Parigi in altre circostanze. Sai, i musei, la torre e tutto il romanticismo.”
Sebastiano tolse gli occhiali per massaggiarsi il viso. “Ha ragione, come sempre. Quell’uomo è insopportabile. Ha sempre ragione.”
Davide sospirò profondamente dopo aver osservato con attenzione il suo viso senza gli occhiali: gli sembrava irreale pensare a Ludger e Sebastiano insieme. Saltò leggermente sulla sedia quando Sebastiano tornò a parlare, rivolgendosi direttamente a lui.
“Posso farti una domanda facile-facile? Tu hai conosciuto Ludger?”
Davide fece uno sforzo per tornare presente, rispondendo di averlo incontrato un paio di volte e che gli piaceva molto.
“Certo, Ludger non può non piacere. Quanto è intimo il rapporto che hai con mio fratello, grazioso giovine?”
Davide rise. “Mi stai mettendo in difficoltà perché quando si parla di Amedeo anche le definizioni più banali devono essere ricalibrate.”
Amedeo pregò Sebastiano di non torturarlo, e ripresero a mangiare in silenzio per alcuni minuti.
“Abbiamo un programma nauseante. Avvocato e notaio. Andare con qualcuno in quella che era casa mia per farla svuotare. Forse ci accompagnerà Helga, che si fermerebbe lì da suoi parenti a Parigi e forse seguirà l’inscatolamento. Se dovesse servire. Quella famiglia deve praticare la gentilezza gratuita come sport di squadra. Ludger è una macchina. Tu lo hai mai visto sbroccare, come dice lui o incazzarsi, come dico io.”
Amedeo non aveva ancora finito di mangiare e già fumava. “Certo.” Diede un tiro guardando il tavolo e riprese a parlare, dopo un breve silenzio. “Sono sicuro che si trattiene con me, non solo per proteggermi ma anche per avere un motivo per controllarsi. Può scatenare l’apocalisse quando sbrocca.” Raccontò della volta che gli aveva visto lanciare di tutto. “Ha perso il controllo mentre era in viaggio, e credo abbia demolito una stanza, rompendo i vetri delle finestre con le mani.” Rialzò gli occhi sulle lenti di Sebastiano, prima di concludere. “Ludger quella volta aveva ragione, mi ero comportato come un perfetto coglione per due volte di seguito. Ho rischiato di perderlo, e ho capito che anch’io mi stavo perdendo anche se in quel momento non me ne rendevo conto. Però se penso a quanto deve essersi fatto male mi si accartoccia ancora lo stomaco.”
Poco prima di salutarsi Davide chiese a Sebastiano se potevano scambiarsi i contatti. Amedeo restò in attesa, e non si stupì della sua risposta.
“Posso farti scrivere il tuo numero sull’unica cosa che mi porto dietro. Sarebbe inutile darti il mio. Il mio telefono lo sta gestendo Ludger. Come il resto della mia vita. Non ho nessuna voglia di leggere mail, e non ho neppure un computer.” Gli porse il libro aperto alla prima pagina libera, mantenendo un tono di voce incolore. “Non so dirti se lo userò.”
Davide prese una stilografica prestigiosa, e aggiunse il suo nome sotto il titolo I Demoni, sorridendo per quel modo di lasciare un contatto. “Quando ti verrà restituita una vita e un telefono, magari cambierai idea. Mi farebbe piacere.” Non disse che sperava di poterlo rivedere presto, e si maledì di aver già preso un appuntamento quel pomeriggio.
In motorino Sebastiano si aggrappò ad Amedeo, con una forza non giustificata dalla velocità. Si sentiva esausto, e appena entrarono nella sua stanza a San Lorenzo si sdraiò sul divano senza fare commenti. Tolse gli occhiali per massaggiare gli occhi.
“Se vuoi apro le persiane per far entrare un po’ di luce.”
“No. Grazie, Luca. Se ti va sdraiati vicino a me.”
Sebastiano poggiò la testa sul suo torace, chiedendogli se poteva dormire. Mentre iniziava ad accarezzargli i capelli Amedeo pensò a una frase detta da Ludger: sono le persone che si incontrano a permettere ad alcuni aspetti latenti della personalità di emergere. Si chiese quali sarebbero stati gli effetti che suo fratello avrebbe provocato negli amici con cui stava venendo a contatto. I capelli di Sebastiano era molto diversi da quelli di Ludger, e ricadevano pesanti nella penombra senza riflettere la luce.
Elisa, rientrando, notò la porta della camera di Amedeo aperta e si affacciò silenziosamente, per poi restare appoggiata sullo stipite a guardarli dormire. Sorrise dei suoi limiti, perché era arrivata pensare che negli ultimi mesi aveva avuto più difficoltà di Amedeo ad accettare i cambiamenti. Quel pensiero la rese felice. Elisa guardò a lungo Sebastiano dormire sul divano di Ludger abbracciato ad Amedeo, stupendosi per come la sua presenza le risultasse del tutto naturale. Al ritorno da Creta Amedeo le aveva chiesto se poteva lasciare una copia delle chiavi di casa sua a Ludger, e lei si era trovata d’accordo. Sentì la porta d’ingresso aprirsi alle sue spalle, e voltandosi si ritrovò a ricambiare il sorriso che le stava rivolgendo Ludger. Lo raggiunse, offrendogli un tè quasi bisbigliando.
“Volentieri, perché usi questo tono da cospiratore?”
“Sono così belli che non ho nessuna voglia di svegliarli.” Elisa indicò la porta ancora aperta.
Ludger si affacciò per pochi istanti prima di seguirla e appoggiare il bastone al muro, sedendosi nel posto che occupava ogni volta. Era contento che Amedeo avesse voluto mantenere la sua stanza, e in particolare non avrebbe voluto rinunciare alle parentesi che si aprivano in cucina a qualsiasi ora del giorno. “Mi chiedevo se la nostra presenza, così incostante e imprevedibile, possa essere un intralcio alla tua intimità.”
Lei rise di gusto. “Ma no! Anche io e Lorenzo ormai passiamo quasi tutte le notti insieme, spostandoci tra una casa e l’altra. Questa lo voglio tenere così com’è il più a lungo possibile. Mi piace avere un posto tutto mio, e continuo a tornarci ogni giorno. Come Amedeo.”
“Sai, anche io sono molto affezionato a questo posto, se dovessi decidere di lasciarla potresti dirmelo? Credo che la prenderei, non soltanto per Amedeo, ma anche perché mi è sempre piaciuto stare qui.”
“Per ora non c’è pericolo. Ti va di darmi la tua versione dell’ultima fetta della storia?”
Ludger ricompose gli eventi di quelle ultime giornate, parlando con una serenità che le sembrò sorprendente. Integrò gli elementi che le forniva con la versione avuta da Amedeo, senza trovare incongruenze. Le raccontò anche del lavoro che stava facendo per gestire le varie criticità lasciate in sospeso da Sebastiano a Parigi, rendendo evidente quanto ritenesse quel lavoro necessario.
Elisa amava giocare con le idee, ed era deliziata dal modo di parlare di Ludger. “Scusa se non mi faccio i cazzi miei, ma non ti è capitato di prendere in considerazione il fatto che questo lavoro sporco non sarebbe dovuto toccare a te? Così, giusto per capire.”
“Fai bene a chiedere tutto quello che ti passa per la testa. Per me capire, o almeno provare a capire, è divertentissimo. Mi piace da impazzire tutto quello che mi mette alla prova e mi permette di conoscermi. Amedeo ha inaugurato questo… senso di scoperta in modo esplosivo. Nel caso specifico la risposta è facile. Penso che ognuno di noi abbia qualità e risorse diverse, e ci sono delle circostanze in cui non avrebbe senso non usarle. Vorrei aspirare a fare sempre il meglio… nei limiti delle mie possibilità. In questo caso io ero l’unico tra i tre ad avere i mezzi per occuparmi del lavoro sporco, e quindi lo sto facendo. Sono convinto che sia un gioco alla pari. Anche solo per il fatto che Sebastiano è stato fondamentale nel sostenere Amedeo in momenti davvero critici. Lui ne sta attraversando uno molto molto difficile, su più livelli, e io sto cercando di fare il possibile nei campi in cui posso.”
Amedeo li raggiunse in cucina, e Ludger non cambiò discorso. Si interruppe soltanto per salutarlo con un bacio sulle labbra.
“Voglio portare anche mia madre con noi perché è bravissima a gestire questo genere di cose. Per lei potrebbe essere un’occasione per tornare a muoversi da Roma. Prima del mio incidente viaggiava molto, e adesso ha perso l’abitudine a farlo. Spero che farlo per una necessità le restituisca anche il senso di possibilità. Abbiamo dei parenti a Parigi che non vede da troppo tempo, e ormai non ha più motivo di restare ferma a Roma.”
Amedeo restò in silenzio, poi sorrise e prese la parola per dar voce ai suoi pensieri. “Per me è tanto strano immaginarvi a Parigi… con tua madre lo è ancora di più. Però mi fido completamente di te e capisco che vorresti visitarla con me in circostanze più felici. Ho deciso di restare qui, ma soltanto se anche a Sebastiano andrà bene.”
Ludger gli prese la mano che giaceva abbandonata sulla tavola. “Certo, mi sembra giusto.”
Sebastiano si era svegliato poco dopo Amedeo ma non lo aveva seguito. Continuava a guardare il teschio di toro sentendosi esausto, ogni pensiero lo opprimeva. Era dispiaciuto di non riuscire a distinguere il senso delle parole che gli arrivavano dalla cucina, si sarebbe aggrappato a quei dialoghi per canalizzare le proprie riflessioni in altre direzioni. Avrebbe voluto dormire per mesi, ma era consapevole che ogni risveglio non poteva che riconsegnargli un presente immutato durante la fuga nel sonno. Doveva tornare a inserirsi nel flusso temporale delle persone a cui si era affidato. Sapeva che Ludger aveva ragione e il semplice scorrere del tempo lo avrebbe portato in una condizione diversa, nella quale avrebbe recuperato abbastanza forza da potersi gestire da solo. Una parte di lui non si voleva allontanare da quel dolore, perché trovava ingiusto sopravvivere anche a quella frattura. Gli sembrava un caso sfortunato che di tutta la sua vita, un passato troppo pesante per i suoi anni e un futuro privo di qualsiasi attrattiva, fosse costretto a vivere esattamente quel momento. Percepiva il presente come una gabbia soffocante. Provò qualcosa che somigliava all’invidia per il toro, per la sua inconsapevolezza e perché il suo tempo era finito. Il suono di una risata gli ricordò che era troppo tardi: aveva già superato quel bivio andando all’aeroporto la notte in cui Aline era morta, per raggiungere Amedeo. Si sollevò a fatica per spostarsi in cucina, e l’espressione sul viso di Elisa nel vederlo gli confermò l’infelicità di quel momento.
“Sì, sorellastra, sto un cesso. Ma adesso mi dimentico di me, e sicuramente inizierà ad andare meglio. Soprattutto se Ludger ha portato uno dei suoi vini. Credo di aver dormito abbastanza per aspirare a saltare la tua bevanda calda, per una volta.”
Ludger lo salutò con un buongiorno velato di ironia, mentre Elisa gli andò incontro ripetendo la formula che lui le aveva riservato al loro ultimo incontro.
“Ciao fratellastro, vengo in pace. Mi dispiace per quello che stai passando, se posso esserti d’aiuto non farti problemi a chiedere.”
Amedeo propose di spostarsi nel salotto, e mentre lei faceva strada prese un vassoio con i bicchieri.
Sebastiano la ringraziò, riprendendo a parlare. “Ho scoperto che mi distraggo bombardando qualcuno con domande moleste. Posso usarti per distrarmi?”
Lei accettò, ma a patto di non coinvolgere innocenti e Amedeo chiese se potevano assistere senza partecipare stappando una bottiglia di vino.
Ludger si lasciò cadere sul divano, restando proteso in avanti con le mani appoggiate sul bastone. “Io, invece, preferisco essere trascinato nella mischia. La logorrea molesta di Sebastiano mi diverte parecchio, e si tratta solo di parlare, no?”
Versando il vino nei calici Amedeo sorrise. “Vedervi tutti riuniti mi sembra un’epifania… penso che voi tre siete la mia versione di famiglia e non era ancora capitato un incontro così. Brindiamo?”
Sebastiano alzò il calice senza cambiare espressione. “Bene. Le riunioni di famiglia promettono svaghi interessanti.”
Quando Amedeo tornò con delle ciotole di patatine, l’interrogatorio era già iniziato. Non aveva sentito la domanda ma dalla risposta non gli fu difficile ricostruirla.
Elisa continuava a parlare. “Sono sicura che se avessi avuto delle attitudini simili sarebbero venute fuori. Ho una cara amica lesbica, non bisessuale, proprio lesbica terminale. Di quelle con un odio atavico verso il genere maschile che è diventato uno dei pilastri della sua persona. Lei è innamorata di me, e questo mi lusinga molto perché è di una bellezza strepitosa e mi piace tantissimo anche come persona. Da parte mia però non è scattato nulla… e se non è scattato con lei posso essere sicura che neanche Venere in persona potrebbe attivare la mia natura bisessuale.”
Ludger si era appoggiato alla spalliera, seguendo con interesse. “Giulia?”
Elisa confermò senza esitazioni. “Giulia, sì, lei. Ultimamente il nostro rapporto è un po’ compromesso. Lo dicevo anche a Ludger. È felice che io abbia Lorenzo, ne sono sicura perché è una persona profondamente altruista, però lo evita. Come tutti gli uomini, a parte Amedeo e pochi suoi amici per niente virili. Oltre a Lorenzo ho la sensazione che ci sia qualcos’altro. Cosa però non riesco a capirlo.”
Sebastiano sorseggiò il suo vino prima di rivolgersi ad Amedeo. “Luca, questa tizia, è davvero così bella.”
Amedeo sapeva che il proprio giudizio estetico poteva essere determinante per lui. “Bellissima, malgrado faccia di tutto per non esserlo… quindi è proprio qualcosa di molto forte. Anzi, a volte ho la sensazione che il suo insaccarsi renda la sua bellezza anche più spietata.”
La curiosità di Sebastiano si focalizzò su Lorenzo. Elisa era felice di parlarne e si definì divertita della sua cotta iniziale per Amedeo, che li aveva portati a conoscersi.
Sebastiano si mantenne completamente concentrato sul presente. “Mi piace che in questo mondo immaginario non esista la gelosia. Vi risparmiate una montagna di schifo. Anche io non sarei geloso, ma non fa differenza. E se dovesse mancargli un uomo. Se il tuo attempato principe azzurro sentisse il bisogno di farsi un ragazzo?”
Elisa rise, mantenendo toni scherzosi. “È tendenzialmente monogamo, poi certo, non si può mai sapere. Io compenso come posso e se non dovesse bastare, considerando i suoi gusti, posso solo sperare che mi inviti a partecipare. Io lo inviterei.”
“Brava.” Sebastiano non voleva lasciare spazio al silenzio. “Ce lo faresti un figlio? Questa cosa dei figli è molto interessante. Perché è una cosa che puoi decidere solo tu. Gli uomini possono solo immaginare di decidere. Spesso penso che gli uomini-uomini siano stati spinti a inventarsi una possibilità creativa, un mondo di creazioni mentali, per compensare questa radicale impossibilità. E forse per lo stesso motivo hanno reso questo mondo per lungo tempo inaccessibile alle donne-donne. Perché solo una donna può generare la creazione più sconvolgente e irreversibile. Insomma. Sorellastra, lo faresti un figlio con il suo DNA?”
Seguì uno spazio vuoto. Elisa alzò leggermente la mano, come per chiedere del tempo. Prese una sigaretta ammettendo di non sentirsi ancora pronta. “Però, se dovessi stare così bene con lui quando sarò più grande, è probabile che potrei pensare di farci un figlio. Forse anche due. Lorenzo ha delle qualità rare e a me piacerebbe avere dei bambini. In un futuro ancora lontano, però.”
“E tu Luca, a prescindere dal notevole livello di irrealizzabilità della cosa. Lo faresti un figlio con Ludger in un futuro non meglio specificato.”
Amedeo fu l’unico a ridere. “Fratello, io con Ludger farei qualsiasi cosa, anche quelle irrealizzabili!”
Sebastiano sorrise e decise che gli avrebbe raccontato di avere un figlio, quando si sarebbero ritrovati da soli, in un contesto adatto. Lasciò i pensieri liberi di vagare senza controllo. Immaginò che gli sarebbe piaciuto farli incontrare, ignorando il fatto che la realizzazione di questo desiderio avrebbe richiesto un cambiamento radicale, innanzitutto da parte sua.
Ludger era l’unico in grado di immaginare il sottotesto di quella conversazione, e tornò a parlare per primo. “Già finito? Mi deludi.”
Sebastiano non distolse lo sguardo dai riflessi sul suo calice. “Pensavo ai figli. Al modo viscerale in cui solo il pensiero ti attacca alla vita in modo diverso.”
La direzione che stava prendendo quella chiacchierata disorientò Amedeo ed Elisa, mentre Ludger riprese senza esitazioni.
“Hai ragione, io posso misurare quello che dici su Helga. La sua vita è stata scolpita dalle vicende dei figli più che dalle sue. E lei è una persona forte, ha sempre cercato di nascondermi il suo dolore, di non darmene il peso. Sono contento che verrà a Parigi con noi. La sua presenza ci aiuterà molto, e sono sicuro che questo viaggio le farà bene.”
Amedeo aveva gli occhi stanchi, e si sentiva senza forze. Aveva perso interesse nella conversazione, concentrandosi sul viaggio a Parigi nominato da Ludger. Era consapevole che per Sebastiano fosse indispensabile andarci, e che Ludger aveva fatto il possibile per evitarglielo. “Fratello, se a te non dispiace pensavo di restare a Roma. Le prossime sere dovrei anche lavorare, ma posso mollare senza problemi se per te è importante la mia presenza. Vorrei che fossi tu a dirmi cosa preferisci. Io, davvero, sono molto confuso.”
“Non preferisco niente. Anzi. Preferisco che tu non veda quel posto, adesso. Avrei voluto averti lì in un momento diverso, che ormai non ci sarà più. Aline era terrorizzata anche solo all’idea di conoscerti. Per come sono andate le cose non sarebbe servito spingerla a superare questa paura inutile. Come tutte le altre che aveva. Resta qui. Vai a lavorare, io continuerò a leggere il mio libro dove mi parcheggerete.”
A Elisa colpì la tranquillità con cui i suoi amici reagivano all’atteggiamento di Sebastiano, che lei trovava sconcertante. Pensò che quello strano triangolo avrebbe potuto funzionare. “Purtroppo devo iniziarmi a preparare per uscire, e sottolineo il purtroppo perché mi dispiace davvero separarmi da voi. Uffa. Lorenzo mi passerà a prendere tra una mezz’ora ed è sempre puntualissimo. Per di più usciamo con dei suoi amici con cui non mi posso presentare come una sciattona, considerando che mi hanno già perdonato di non essere un uomo.” Si alzò svogliatamente prima di concludere. “Insomma, mi tocca andarmi a mettere in tiro.”
Sebastiano le rivolse uno sguardo attento. “Sorellastra. Posso aiutarti nella vestizione?”
Spalancò gli occhi, incredula. “Dici davvero?”
“Solo se non ti scoccia. In una vita precedente potrei essere stato il paggetto eunuco di una qualche dama. Mi piace aiutare le donne belle a prepararsi, anche se non escono con me.”
“Cercherò di non imbarazzarmi troppo, e magari la prossima volta esco con te, o con voi. Spero che il mio guardaroba ti dia soddisfazione.”
Ludger aveva messo il CD The Black Light dei Calexico ad un volume abbastanza alto da essere sentito in tutto l’appartamento; Amedeo dopo aver riordinato il salotto lo raggiunse in camera.
“Lù, ho bisogno di un bagno di coccole.”
Ludger lo fece sdraiare sul divano abbracciandolo. “Hai una faccetta che non mi piace per niente. Sono sicuro che Sebastiano si riprenderà, perché mi sembra che stia cercando di reagire. Vedrai che sarà più facile quando avremo chiuso tutta una serie di questioni che ancora sono in sospeso. Altrimenti non starebbe qui con noi, e sono sicuro che stiamo facendo tutto il possibile.”
Amedeo si lasciò accarezzare la testa, affondando il viso nel suo collo. “Spero che sia così. Dobbiamo tenerlo occupato… che facciamo stasera?”
“Usciamo a ubriacarci. Credo ci farà bene… per te ci vorrà un barile. TI piace questo disco? Da me abbiamo il vinile.”
“È buffo. Possiamo stare senza parlare? Sono tanto, tanto stanco.”
Sebastiano restò fermo per alcuni minuti in camera di Elisa a guardarsi intorno, e lei si trattenne dal giustificarsi per il disordine; per superare l’imbarazzo causato dalla sua immobilità iniziò a spalancare le ante degli armadi che, al contrario, rivelarono un interno perfettamente organizzato.
“Cosa studi, sorellastra?”
“Psicologia.”
Lui sorrise avvicinandosi agli abiti, e fece scorrere la mano sui tessuti appesi. “In linea con la tua schizofrenia. Brava. Che tipo di incontro devi affrontare?”
Elisa sorrise, sedendosi sul letto disfatto. “Una cena con un paio di coppie gay. Potrei presentarmi come andava in giro Jane Birkin da giovane, senza scandalizzare nessuno.”
Sebastiano le rivolse un sorriso triste, e lei sospirò prima ancora che riprendesse a parlare, sperando di abituarsi al più presto alla sua presenza.
“È vero. Avete una corporatura simile, tu sei più scolpita. La tua amica deve apprezzare molto la tua definizione anatomica.”
Decise di restare seduta, limitando gesti ed espressioni con l’intento di lasciarlo libero di muoversi. Parlò con la voce più neutra che le riusciva. “Anche il mio uomo.”
“Bravo anche lui.”
Sebastiano iniziò a valutare diversi abiti; li estraeva tenendoli sollevati e accostandoli, e scelse una gonna che Elisa non avrebbe mai associato alla camicia che gli aveva abbinato. Quando passò alle scarpe sembrò molto soddisfatto nel trovare degli stivali di un viola simile a quello della camicia. Le propose di provare l’insieme, e lei non esitò a cambiarsi davanti ai suoi occhi indifferenti.
“Elisa, io toglierei il reggiseno. Rovina l’effetto della seta. Da quello che dici, stasera non dovresti averne bisogno.”
Lei sorrise, sbottonando la camicia appena chiusa, per poi tornare a infilarla direttamente sulla pelle. “Lo indosso non solo per pudore, ma anche per guadagnare pochi millimetri in più. Senza non arrivo neanche alla seconda.”
Sebastiano seguì i suoi movimenti, restando completamente inespressivo. “Sei molto bella.”
“Lo dici come se fossi un vaso decò.”
“Esattamente, sei un po’ decò.”
“Lo prendo come un complimento?”
“Ovvio. Fanciulla, dovresti cambiare colore di tinta. Questa è troppo artificiale.”
Gli passò vicino per raggiungere il cassetto dei calzini. “Lo so, ma mi piacciono tanto i capelli neri… Come sto?”
L’effetto complessivo gli diede molta soddisfazione, e le chiese di poter scegliere anche gli accessori offrendosi anche di truccarla e pettinarla.
Elisa preparò il suo beauty, e si sdraiò sul letto. “Non avrei mai immaginato una scena come questa. Eppure mi piace tanto.”
Sebastiano la seguì volentieri in riflessioni che lo tenevano distante dal propri pensieri. “Eravamo gelosi. Ora che c’è Ludger è passato di moda, e sarebbe ridicolo. Anzi, era ridicolo anche prima. Sono sempre stato contento che avesse te qui. Anche se eri un po’ troppo nervosetta per i miei gusti.”
Elisa sospirò vistosamente. Era d’accordo con lui e si sentiva in difetto. “Hai ragione, spero di aver modo di rimediare.”
“Non ci pensare. Ora non ho un telefono, se vuoi puoi scrivermi il tuo numero sul libro che mi porto dietro. Quando sarò in grado di staccarmi da loro potremmo anche provare a vederci.”
Elisa lo lasciò fare, senza rivolgergli domande né suggerire limiti. I suoi capelli stavano cambiando forma sotto le mani di Sebastiano, anche se da anni non aveva cambiato mai pettinatura e taglio. Provava sempre meno imbarazzo, guardandolo mentre era completamente concentrato su di lei.
“Perché sorridi, fanciulla?”
“Perché mi diverte che mi stai cambiando pettinatura, non lo faccio mai.”
Guardandosi nello specchio si trovò trasfigurata: ogni dettaglio la valorizzava, con uno stile dal carattere forte. Era stupita e ammirata. “Hai un dono.”
“Abbastanza inutile, come tutto il resto. Però mi diverte.”
“Allora proviamo a rifarlo.”
“Elisa era bellissima stasera, mi ha appena mandato un messaggio in cui dice che Lorenzo ha perso la parola per alcuni minuti quando l’ha vista… credimi, conoscendolo so che è un risultato straordinario.” Amedeo tornò a giocare con il cibo nel piatto.
La cena giapponese che aveva proposto Ludger era stata accettata dagli altri senza entusiasmo.
Sebastiano seguiva un filo di pensieri che non volle condividere: Nora ed Elisa; Ludger, prima e dopo l’incidente; l’amica della ragazza morta e l’amica di quello che sarebbe diventato il suo ragazzo. Arrivò alla conclusione che queste coincidenze rimarcavano una chiusura e un’apertura. “Escludendo le persone di cui ti sei innamorato. Per gli altri. Non avevi davvero preferenze fra uomini e donne?”
Ludger posò le bacchette che stava per portare alla bocca, e usò un tono sarcastico malgrado fosse contento di sentirlo parlare. “Non riesci proprio a darti pace?”
“Se mi do pace mi deprimo. E arredo male.” Sebastiano non aveva ancora iniziato a mangiare e ignorava anche il vino. Da quando avevano lasciato la casa di Elisa era apatico, nonostante avesse accettato l’idea di uscire a cena definendo la bevuta auspicabile.
Amedeo stava bevendo molto e gli rivolgeva sguardi inquieti colti soltanto da Ludger, che continuava a essere sereno.
“Posso riprendere le nostre chiacchiere solo se inizi a mangiare. Ecco, bravo. Sono partito con le ragazze perché già alle medie erano loro a partire per me. Poi Nobuko ha cancellato il resto del mondo. Dopo preferivo i ragazzi. Forse mi riusciva meglio non pensare a lei, perché con le ragazze mi succedeva quasi sempre. Poi è arrivato Amedeo e ha cancellato il resto del mondo. E tu?”
Sebastiano aveva iniziato fiaccamente a portarsi il cibo alla bocca, continuando a fissare il vino. “Com’è?”
“Decente, perché non lo assaggi?”
Tenne il calice per il gambo, facendo oscillare il contenuto per guardarne il colore in trasparenza, prima di dare pochi sorsi. “Quasi indecente, ma si può fare. Mi piacciono di più i ragazzi. Più difficile trovarne uno bello secondo i miei canoni. Ma quando lo trovo, esteticamente eclissa gli oceani di donne più che belle che puoi vedere in ogni luogo. Però le donne hanno qualcosa che trapassa tutta una serie di barriere. Forse perché sono cresciuto in un mondo senza donne. Mi sono travestito diverse volte da donna. Solo per gioco, non mi ci identificavo. La bellezza delle donne poi può essere una truffa. Un artificio che per primo trovo divertente. Come avete visto. La bellezza dei ragazzi invece è un’altra cosa. C’è o non c’è. E quando c’è, è sublime.”
Ludger aveva ripreso a mangiare. “Hai ragione. Com’è un uomo bello, secondo i tuoi canoni?”
“Io e il fratello abbiamo la sindrome di Thomas Mann, ‘il mio amore è per i biondi’. I miei canoni non sono però così rigidi su forme o colori. La bellezza è un’armonia generale, che bilancia ogni singolo elemento. Penso a Leonardo Da Vinci. In un contesto di base armonico possono spiccare particolari sublimi che ne bilanciano altri normali. O può essere un insieme di componenti attraversati dalla stessa melodia, in cui nulla risalta ma tutto partecipa nella stessa misura.”
Ludger pensò che gli piaceva moltissimo parlare con lui. “Sono d’accordo, fai degli esempi.”
Sebastiano sorrise, con una sfumatura di tristezza. “Io sono bello. Tu, Ludger, sei bellissimo malgrado la tua altezza. La tua bellezza si regge su contrasti affascinanti. Amedeo una volta mi ha detto che cambiando espressione, sembra che cambi età. Per me è come se delle note prendessero momentaneamente il sopravvento su delle altre, che quando sei inespressivo restano latenti. La tua bellezza è come un tappeto sonoro particolare e costante, fatto di dissonanze melodiose. Dolce e forte, caldo e freddo, delicato e tagliente, ingovernabile e saggio. Aspetta che bevo un altro po’ e continuo la sviolinata.”
Amedeo gli versò altro vino, colpito dalla lucidità con cui riusciva a definire un insieme di contrasti che lui poteva cogliere, ma non era in grado di riordinare in modo così puntuale. Ludger trovava sinistro il suo modo di descriverlo, così distaccato da fargli dimenticare di essere il soggetto di quelle riflessioni. Ricordò il vetro che lo separava dagli altri: Sebastiano era dall’altra parte, ormai da solo, e ne immaginò il freddo e lo spessore impenetrabile, come lui stesso lo definiva.
“Se vuoi puoi fermarla, mi sembra sufficiente.”
Finalmente Sebastiano gli rivolse uno sguardo più presente. “Caro alieno, io non parlo mai. E quando inizio è difficile fermarmi. Te la sei voluta e ora ascolti. Forse ti avvicini alla perfezione per chi ha la sindrome di cui sopra. A parte la tua testa, che ancora devo capire cos’ha che non funziona. Anche se so che dovrei sperare di non vederti mai incazzato. Anche se non mi riesce. Perché sinceramente non vedo l’ora. Sto facendo confusione. La tua testa, comunque, contribuisce alla tua bellezza. Gli dà spessore, profondità e movimento. In particolare apprezzo il tuo essere così alieno di fronte a tutto, io direi amorale. Il poeta al mio fianco parla di ie-ra-ti-ci-tà. Restiamo però sulla superficie, perché di quello credo si parlasse. I tuoi frammenti sublimi sono gli sguardi, quelli che rivolgi a Luca ogni tanto. E una voce che tiri fuori poco, forse con lui più spesso. I tuoi colori e le proporzioni che generano movimenti lievemente alterati. Come se dovessi muoverti ridisegnando gli spazi nella tua scala.”
Ludger lo guardò impassibile, leggermente divertito. “Vuoi farmi arrossire?”
“No. rovineresti la palette. Ho finito con te. Luca.”
“Ti prego no, io arrossisco subito se parli così.”
“Passa il vino e taci. Poi il rosso richiama le tue labbra, te lo puoi permettere. Luca è un po’ troppo magro, ma non c’è un secondo in cui non lo veda bellissimo. I suoi occhi sono fra le cose più spettacolari che abbia visto, parlano e chiedono anche quando vorrebbe star zitto. Urlano e ridono. Come se ci fosse un altro mondo lì dietro, molto meglio di questo. Ogni tanto lo ferma nelle foto, così come riesce a dargli voce parlando d’altro, di oggetti inanimati che lui fa diventare vivi. Ogni tanto quel mondo esce a invadere l’aria che gli sta intorno che diventa pulita, profumata di casa anche per me che non ne ho mai avuta una. La sua voce quando canta viene da lì. Per quanto mi riguarda non esiste posto migliore di quello che ha costruito il suo cervello. Reagendo, provando a sopravvivere alle miserie su cui si è affacciato. Se mi dessero il potere di far ridisegnare l’universo, di nominare il nuovo creatore perché il vecchio ha fallito, vorrei lo facesse lui. Senza neanche pensarci, così come fa tutto il resto, continuando ad essere semplicemente quello che è. Ora basta, che hai gli occhi lucidi e se attacchi allaghi il locale.”
Amedeo gli prese una mano, e la strinse chiudendo gli occhi, mandando indietro le lacrime.
“E hai delle mani stupende, se te le rovini con gli allenamenti ti diseredo. Penso che mi voglio ubriacare. Babbo, mi autorizzi?”
Ludger tornò a riempire i calici. “Basta che non vomiti in macchina. E magari che eviti di chiamarmi ‘babbo’… E tu? Non ci hai illustrato il tuo tipo di bellezza, sono curioso.”
“Io ho tutti i componenti che partecipano con lo stesso volume nel formare la medesima armonia. Per disgrazia di tutti spiccano un po’ gli occhi, mia innanzitutto. Al contrario di voi sono una sinfonia sinistra. E penso che i miei occhi lo esprimano chiaramente.”
Ludger notò che Sebastiano perdeva slancio quando i discorsi lo riguardavano direttamente. “Secondo la tua teoria noi tre siamo un’incongruenza. Dici che è difficile trovare un uomo davvero bello e che noi lo siamo. Com’è possibile che tre bestie così rare siano sedute allo stesso tavolo?”
Sebastiano mantenne la sua espressione assente. “Non è un caso. Luca è un collezionista. E io condivido a pieno il suo senso estetico. Per persone normali io potrei essere una specie di freak. L’androginia non è universalmente apprezzata, come sai. Per chiunque apprezzi un certo tipo di virilità, in misura diversa, noi tre siamo tutt’altro che belli. Io credo che Luca abbia una corazza che lo separa ermeticamente dalle brutture del mondo. Fino a un certo punto è stata la sua salvezza. E con un altro percorso sarebbe potuta diventare la sua maledizione. La maggior parte di ciò che riesce a bucare la sua barriera, a raggiungerlo in profondità, passa da un canale estetico. Credo che ci abbia salvati la sua autentica bontà. Perché sarebbe potuto diventare un serial killer in modo assolutamente naturale. Non mi stupiva minimamente quando minacciava di ucciderti perché lo facevi sclerare. Mi stupisce di più la sua passione per i Dinosauri, se non inquadrata come amore per la violenza incontrollabile della natura. Che Dioniso lo perdoni.”
Amedeo era turbato, e soltanto la risata di Ludger riuscì a farlo sorridere.
“Fratello… pensi davvero questo di me?”
Sebastiano sospirò. “Non so cosa penso. Esattamente. Con niente. Sicuramente mi piace drammatizzare. Però sì, credo che la bellezza sia uno dei pochi canali che possono raggiungerti davvero. Ce ne sono sicuramente altri che non vedo. In questo però ti riconosco come fratello. Il resto posso averlo detto anche solo per burloneria.”
Ludger si divertiva, e il fatto che Amedeo sembrava essersi rilassato lo indusse a riprendere. “Però non hai risposto del tutto. Tu chi preferivi? I ragazzi o le ragazze?”
“Mi piacciono di più i ragazzi, però tutte le volte che mi sono perso completamente erano donne. Di Adriano non ero innamorato, era una cosa diversa e forse ci saremmo arrivati. Non lo so. Come con te Luca, sono circostanze a parte. Sicuramente non posso definirle solo amicizie. Non vedo i confini e non mi interessano. Ma sono state le donne a farmi superare davvero i miei limiti. Con gli uomini non ho mai dovuto fare nulla che mi facesse deragliare. Mi rifarei tutti gli ultimi mesi di Adriano anche adesso, ma è comunque diverso. Era il caos della vita che ci ha travolto e portato altrove, entrambi. Poi perché sia sempre io a uscirne inizia a sembrare anche a me inspiegabile. Comunque la galleria di figure femminili che mi ronza in testa mi è rimasta dentro con una forza incredibile. Forse però ha ragione Luca, la vera bellezza trascende i nostri patetici tentativi di tradurla in concetti afferrabili. Dovresti leggere quello che scrive. Penso che ordinerò un vino decente, e se non mi permettete di offrirvi questa cena potrei fare una piazzata memorabile.”
Amedeo gli impose alcune condizioni, ridendo. “Tu devi mangiare e noi tutti dobbiamo cambiare il tono delle nostre confessioni… vorrei sentire racconti diversi, proviamo a raccontarci a turno ricordi che ci hanno reso felici? O almeno emozionato, restando su un binario se non felice almeno neutro?”
Sebastiano alzò le spalle iniziando a mangiare con più convinzione, e Ludger aggiunse una regola: i ricordi non dovevano includere i loro ultimi mesi e le persone presenti.
Amedeo sollevò la testa al soffitto, come contemplando uno dei bellissimi lampadari che arredavano la sala con una luce tenue. “Questo rende tutto più difficile, ma forse anche più divertente… chi inizia?”
Ludger versò il poco vino rimasto in tavola nel suo calice. “Inizia tu, è stata una tua idea e intanto tuo fratello si nutre. Non pensare a niente di importante, vai con la prima cosa che ti viene in mente.”
Lo sguardo di Sebastiano era più presente, mentre si portava il cibo alla bocca in modo meccanico.
Amedeo restò per alcuni secondi in silenzio, facendo scorrere un polpastrello sul margine del tavolo liscio. “Ok, ci sono. Avevo appena compiuto quattordici anni e non avevo voluto festeggiare, come al solito. Mio padre mi ha fatto una sorpresa fantastica. È tornato a casa il pomeriggio, non succedeva mai, e mi ha invitato ad uscire con lui. Sotto casa ho trovato il mio primo motorino, non potevo crederci, ero così felice che mi sono bloccato… il poveretto non riusciva neanche a capire se fosse stato un errore. Avevo una bici e spesso mi allontanavo parecchio, ma il motorino mi sembrava aprire possibilità fantascientifiche. Quando sono riuscito a ringraziarlo mi ha lasciato le chiavi ed è tornato al lavoro, l’ho provato subito… non mi sembrava vero potermi muovere così… sono arrivato fino al mare, ci ho messo una vita ma è stato bellissimo. Forse è stata la scoperta dell’opportunità fisica, reale, di poter fuggire.”
Ludger decise di mantenersi sul solco tracciato da Amedeo. “Il tuo racconto mi ha fatto venire in mente la prima volta che sono uscito senza adulti di notte. Avevo tredici anni ed ero a Venezia, non ricordo la stagione ma era deserta. Nobuko aveva alcuni anni più di me e Anastasia è sempre stata piuttosto rilassata su queste cose. Abbiamo camminato per ore nelle calli vuote e mi sembrava che fosse tutto possibile. Da allora ho associato l’essere in giro di notte a uno sfrenato senso di possibilità, anche se non l’ho più provato così forte.”
Amedeo ricordò un discorso sullo stesso tema fatto da Ludger con Elisa, la prima volta che avevano passato una serata insieme. Ludger gli confermò che quella era stata la sua prima uscita con il buio dopo l’incidente. La bottiglia ordinata da Sebastiano era arrivata, e lui iniziò il suo racconto sorseggiando il primo bicchiere. Dopo la rottura con il suo amico d’infanzia aveva iniziato una vita che ora gli appariva impossibile, come una parentesi staccata da tutte le altre fasi della sua vita. Si era imposto un regime rigidissimo che portava avanti in completa solitudine, fino a diventare un adolescente solitario e molto concentrato sui libri e sugli studi. Passava i pomeriggi in biblioteca, dove aveva conosciuto Nina; iniziarono a incontrarsi tutti i giorni lì, e poi anche altrove. Quando lei scoprì che non aveva mai visto il mare decise di portarlo a Sperlonga, che definiva un posto bellissimo. “E ora, finalmente, arriviamo al mio ricordo. Che vuole sempre inserirsi sul generico tracciato della libertà. La prima volta che ho visto il mare dalla città alta mi sono commosso. Per quella distesa enorme. Non credevo fosse possibile avere una sensazione di vastità infinita da qualcosa che non fosse cielo. Che si potesse toccare. Mi sono sentito un figlio dei boschi fuggito dalla mia caverna. Una volta ho chiesto a Luca perché ama tanto il mare. E tu mi hai risposto perché è spietato. Hai ragione, è forse la radice più affascinante della sua bellezza.”
Restarono seduti al ristorante ben oltre il tempo della cena, a bere e parlare di musica, arrivando a finire anche la seconda bottiglia ordinata da Sebastiano. Quando si alzarono Amedeo era l’unico a non sentirsi completamente ubriaco: Ludger trovava insufficiente il sostegno del bastone e Sebastiano gli prese il braccio. In pochi minuti si trovarono di fronte al Pantheon, e sedettero su uno dei muretti ai lati del Pronao. Amedeo condivise con loro le sue idee su quel monumento che amava in modo particolare, senza trascurare i dettagli tecnici della costruzione, le leggende medievali e i modelli matematici che ne avevano ispirato le proporzioni. Aveva finito da poco di parlare di come il cerchio e il quadrato possono evocare un senso di equilibrio vicino alla perfezione, quando Sebastiano si alzò parandoglisi di fronte, chinato leggermente in avanti con un sorriso teatrale.
“Luca, ti-prego-dimmi che non vuoi già tornare. Stasera stai facendo ballare il cervello. Come puoi lasciare queste strade buie così decadenti. Una passeggiata nei vicoli, magari una vineria. Potremmo delirare agevolmente fino all’alba, non è poetico?”
Sebastiano rise e Ludger con lui. Quasi nessuno tra i passanti riusciva a evitare di guardarli, più o meno furtivamente.
Amedeo pensava fosse meglio far smaltire a Ludger l’ubriachezza prima di metterlo alla guida. “Per me non c’è problema. Lo sai che serate come questa vorrei che non finissero mai. Però Ludger, credo dovresti fermarti con il vino, che devi guidare… e tu, fratello, non hai il solito terrore di incontrare qualcuno che ti conosce?”
Sebastiano gli passò un braccio sulle spalle mettendosi tra lui e Ludger, incamminandosi.
“Fratellino caro. Il tuo Ludger secondo me guida talmente male in partenza, che se sta un po’ rallentato magari rasenta la decenza. Poi ci segui in motorino e gli fai da grillo parlante. Di mio sto talmente meglio rispetto al solito, che non me ne frega un cazzo di incontrare anche Gesùcristo. Anzi potrebbe pure divertirmi se posso usarvi come spalla. Poi è talmente tanto che non mi faccio una camminata qui, in buona compagnia, che non sarà certo qualche inutile a farmi passare la voglia. Vi difendo anche da eventuali molestatori, sono bravissimo.”
Amedeo annuì, sorridendo. “Ci dici chi sono i buoni e chi i cattivi e gli inutili? Io mi sono fatto un’idea, ma vorrei sentirtene parlare.”
Sebastiano prese anche il braccio di Amedeo, e iniziarono a camminare in vicoli meno frequentati.
“Dunque, noi siamo i buoni, ebbene sì. Anche io. Perché siamo dotati di un sistema nervoso centrale funzionante. Ci facciamo i cazzi nostri, cerchiamo di farceli nel modo che ci è più congeniale e non rompiamo le palle a nessuno. Questa è una componente fondamentale per essere buoni. Gli inutili sono i tanti spettri che attraversano il nostro campo visivo senza apportare significato. Le persone poco scaltre possono arrivare a consumare la loro intera esistenza stando appresso agli inutili. I cattivi sono gli stupidi, quelli che si avvelenano la vita seguendo le stronzate. Sono talmente presi dalla loro demenza che arrivano a fracassare anche l’esistenza altrui. Per questo sono cattivi. Sono pericolosissimi perché neanche si rendono conto di quanto siano dannosi. Mi seguite? Esempio di cattivi. La famiglia di Luca, la parte più devastante. Fortunatamente per tutti presenti tu eri talmente predisposto ad essere altro, talmente forte, che li hai neutralizzati completamente. Tutto chiaro? Ludger, tutto chiaro?”
Ludger sarebbe stato in grado di camminare anche da solo; rideva, tenendo il bastone nella mano libera sollevato da terra. “Chiarissimo, e sono d’accordo.”
“Bene. Luca?”
Amedeo si voltava spesso verso di loro, perché lo rendeva felice anche solo guardarli, e quell’allegria gli appariva come un dono divino. “Sì fratello, credo di sì.”
Sebastiano alzò un solo sopracciglio. “Credi?”
Amedeo era deliziato di quel gioco, come dalla vista dei loro visi tanto diversi. “Sì, senza il credo.”
“Bravo. Perché non sembri ubriaco come noi?”
La risposta arrivò da Ludger. “Perché Amedeo ultimamente si è dato all’alcolismo, ed è più allenato di noi.”
“Bravo Luca. Perché.”
Amedeo scoppiò di nuovo a ridere. “Come perché? Ero depresso, non ricordi?”
“No. Non ricordo e non voglio ricordare nulla. Come se il mondo fosse stato inventato stanotte, e domani mattina sparirà. Riconsegnandosi alle abituali miserie. Comunque. Hai scelto una motivazione così poco originale. Tu ti puoi permettere di assumere comportamenti banali senza essere sporcato dalla mediocrità. Adesso dovrebbe essere passata. Ora che hai ultimato i tuoi riti cretesi. Dovresti alcolizzarti quando ti andrà di passare una serata simpatica in compagnia di amici. Senza doverti scolare un barile prima di avere un qualche effetto. Vuoi altro vino? Preferisci superalcolici?”
Continuarono a girovagare a lungo prima di di fermarsi in un pub.
Ludger era stanco, ma anche molto divertito. “Sono troppo sobrio, mi prenderò una media.”
Si erano appena seduti e Sebastiano gli strappò il menu dalle mani senza provocare reazioni.
“Ludger! Mi inciampi sulla birra dopo il vino! Devi avere nel tuo codice genetico la cervogia, il tuo barbaro vino d’orzo, ma non esageriamo. Dovresti essere civilizzato ormai. Luca, non ti allarmare, ma temo che questo non sia l’uomo giusto per te. D’accordo che è ricco, è alto uno e novanta… Perché ridete già se neanche ho finito?”
Amedeo restò il più lucido, felice per quella delirata fra amici: l’apatia di Sebastiano era scomparsa, e il fatto che Ludger fosse con loro gli fece sembrare quel momento davvero importante.
Quando degli sconosciuti provavano a rivolgere loro la parola, Sebastiano riusciva ad allontanarli senza sforzo. “No, è sbagliato! Tu non puoi parlare con noi, non dovresti neanche vederci.”
Diverse volte qualcuno lo chiamò per nome, e in quei casi continuava a rivolgersi a loro, trasformandosi in una maschera di cera solo il tempo necessario a congedarli.
“Non vedi che sono occupato? Puoi essere così cortese da tramontare in fretta?”
Ludger dovette cedere. “Se mi fate camminare per altri dieci minuti dovrò chiamare casa e farmi riportare la sedia a rotelle.”
La sua guida da ubriaco si rivelò più morbida; si sentiva stordito e mantenne un’andatura che gli permetteva di mantenere il controllo. Amedeo li seguiva in motorino, e ogni volta che poteva si affiancava alla macchina per scambiare frasi o sorrisi.
Erano fermi a un semaforo quando Sebastiano chiese un’ultima tappa a piazza S.Pietro. “Non so neanche io quanto tempo è che non ci vado. È il posto adatto per chiudere questa notte. L’ultima immagine prima di tornare a dormire. Un altro sogno materializzato, che il sogno non sia il nostro non è importante. È di pietra, visibile, e più solido di noi.”
Ludger ed Amedeo si appoggiarono ai sostegni di ferro intorno al perno di quella trottola colossale, storditi, gustandosi in silenzio la maestosità di quello spazio vuoto.
Sebastiano si concesse l’ennesima sigaretta, consumata camminando in un ampio cerchio che toccava i punti in cui tutte le colonne di un lato convergevano in un unico sguardo. Aveva sempre amato vedere il gioco prospettico delle colonne moltiplicarsi a ogni passo. In quel momento pensava alla grande consolazione che poteva dare il dio degli altri in cambio di un impegno ridicolo. Le prigioni di idee a cui era sfuggito lo facevano sempre sentire fortunato, anche quando avrebbe preferito non arrivare all’alba del giorno dopo. Deviò dai suoi giri ellittici per raggiungerli in poche falcate. “Adesso, voi, vi baciate.”
Ludger rise con la testa chinata, tenendo una mano sul viso. Amedeo gli aveva raccontato poco prima la leggenda secondo la quale il Pantheon era sprofondato perché un diavolo ci aveva girato intorno in cerchio; quella storia si sovrapponeva perfettamente alla visione di Sebastiano: sagoma sottile e nera che combaciava ritmicamente con le colonne.
Amedeo si era incantato, e alzò gli occhi con un sorriso divertito. “Fratello, perché sei così pazzo?”
Sebastiano restò inespressivo. “Non vi siete mai baciati fuori da quel microonde? Non potreste fare un piccolo sforzo? Il vostro paradiso andrà perduto nel tempo. Come tutti quelli autentici che si materializzano perché in contrapposizione alla morte. Mentre questo che abbiamo intorno, maestoso e vuoto. Quasi eterno perché quasi morto. Sopravviverà chissà fino a quando. Nutrito da una bugia. Siate generosi, illuminatelo con la vostra vita per un secondo, dategli un senso che non sia falso.”
La mano di Ludger sfiorò il viso di Amedeo, e le sue labbra scandirono una breve dichiarazione senza suono prima di unirsi alle sue, un contributo alla scenografia grandiosa che avevano usurpato. La sua mano tornò sul ferro su cui stavano seduti mentre le bocche restarono unite, unico contatto tra loro nel silenzio interrotto dalle macchine che sfrecciavano lontano, oltre il buio dei loro occhi chiusi.
Sebastiano fissò quella piccola epifania invocata con successo, e le lacrime gli scorrevano sul viso. Non gli dispiaceva la loro discrezione, anche se pensava fosse eccessiva: non li aveva visti baciarsi dal primo incontro avuto con Ludger a settembre, in un contesto completamente diverso.
Si baciarono con dolcezza, come un rito celebrato da un sacerdote ubriaco. Quando si divisero Sebastiano si voltò di scatto asciugandosi il viso, iniziando a camminare verso la macchina. Ludger tornò a carezzare quello di Amedeo con le dita fredde, guardandolo da vicino con un’espressione dolce.
Sebastiano li osservò avvicinarsi sorridendo, con uno di quei sorrisi che sembravano rendere il vetro sottile come carta velina. “Grazie. Siete bellissimi. Sono un parassita fortunato.”
Dopo aver parcheggiato scherzarono sul modo di guidare di Ludger, e continuando fino a quando si sdraiarono sul letto; ci si erano lasciati cadere esausti, come fosse stato un traguardo. Iniziarono dei giochi linguistici nel tentativo di stabilire chi sarebbe stato il primo ad andare in bagno. Nessuno era in condizioni di vincere, e non riuscirono a smettere di ridere fino a quando Ludger li lasciò a disputarsi il bagno che usava abitualmente Sebastiano. Si sollevò dal letto, raggiungendo la porta vicino alle finestre con una scioltezza di movimenti che fece sorridere Amedeo.
“Cammina così perché è ubriaco e non ci pensa, quando si dimentica che deve pensarci cammina meglio di me… credo sia un blocco psicologico, lo sa anche lui e prima o poi passerà. Da quando è tornato sta migliorando tantissimo.” Amedeo aveva parlato a voce bassissima, e si voltò verso Sebastiano per sfiorargli il viso liscio e inespressivo. “Sono così felice, stasera sei stato grande. Vorrei che tu rimanessi con noi per sempre.”
Sebastiano pensò alla profonda connessione che quei due avevano conquistato in così poco tempo. Sospirò prima di rispondergli, cercando di riprendere un tono giocoso. “Altamente impossibile.”
“Se prendessimo una gattina per farti compagnia?”
“No.”
“Un gattino?”
“Improbabile.”
“Un gattone?”
“Un’intera cucciolata?”
Ridevano ancora quando Ludger tornò nella stanza, con Amedeo che elencava nomi di dinosauri in latino. Si fermò ai piedi del letto per afferrargli le caviglie, e tirarlo verso di sé.
Sebastiano diventò immediatamente serio. “No vi prego, no. Vi avevo chiesto un bacio, risparmiatemi l’accoppiamento.”
Amedeo non riusciva a smettere di ridere, e Ludger lo sollevò di peso senza difficoltà.
“Ora tu vai in bagno, poi dovrò trascinarci anche ciò che resta di tuo fratello.”
Sebastiano si alzò con dei gesti fluidi, come se non fosse ubriaco. “Ho smesso con queste cose, lo sai. Grazie per la generosa offerta.” Una volta in piedi si sentì instabile, e dovette appoggiarsi alle pareti del corridoio per riuscire a raggiungere il bagno. Quello stato gli diede un piacevole senso di leggerezza. Avrebbe voluto parlare con il toro nella stanza di Amedeo, ma trovò un degno sostituto nella maschera portata da Helga, appesa in corridoio.
“Attraversiamo gli spazi bianchi, lontano dal naturale scorrere delle nostre vite. Pensando ad altro. Non pensando a niente. Torniamo a definirci. Ci condanniamo a diventare ciò che eravamo destinati ad essere. Forse. Siamo noiosi in modo sublime, non trovi?”
La voce di Ludger lo raggiunse dal guardaroba, dove stava infilandosi un pantalone della tuta.
Il tono era ironico e divertito. “Datti pace! Non provocare ciò che non conosci.”
Sebastiano pensò che sarebbe stato magnifico essere portato altrove da quell’oggetto esotico. Scosse la testa, ricordando che in quella casa doveva già essere accaduto. “Quanti anni aveva tuo padre quando è partito. Definitivamente.”
“Intorno ai trenta. Hai tempo. Vai in bagno da solo o ti devo buttare sotto l’acqua di peso?”
“La prossima volta. Non mi dispiacerebbe avere un pretesto per malmenarti. Ma sono troppo stanco.”
Ludger si affacciò in corridoio mantenendosi al centro della porta; Sebastiano lo vide controluce, incorniciato nel rettangolo di quell’apertura come un alieno appena sbarcato, e immaginò di essere già stato portato altrove.
“Vai in bagno, rimandiamo alla prossima volta che mi strappi un menu dalle mani.”
Sebastiano cercò di ridurre al minimo il tempo che avrebbe passato da solo, per non uscire dallo stato di grazia che continuava ad avvolgerlo come una nuvola soffice. Tornando in camera trovò Amedeo seduto sul letto, con l’ennesima sigaretta tra le labbra.
“Fratello, in un altro momento dovrei dirti che devi fumare di meno. O almeno non condannarci a dormire immersi nel fumo passivo. Ma se sorridi così puoi rilasciare anche gas nervino.”
Amedeo rise sollevando nella sua direzione un calice; Ludger ne aveva portati tre su un vassoio prima di sdraiarsi al suo fianco. La luce dell’alba iniziava a rischiarare la stanza, e Sebastiano si appoggiò alla parete che immetteva nella stanza, cercando di fissare quell’immagine nella memoria. Era grato del calice preparato per lui e per lo spazio che gli avevano ricavato; contemporaneamente lo sollevava il pensiero di non poterli raggiungere del tutto, e contaminarli.
Ludger gli rivolse un sorriso, divertito per il suo modo di incantarsi che somigliava a quello di Amedeo. “Stavolta niente sonnifero, ma se fossi in te non mi lamenterei.”
Sebastiano si sdraiò sul proprio lato, reggendosi sul gomito per sollevare il calice. Diede un solo sorso. “Volete sposarmi?”
Amedeo rise in una nuvola di fumo. “È così buono?”
Al risveglio Sebastiano raggiunse la cucina camminando come un sonnambulo; l’orologio del forno gli confermò che era quasi ora di pranzo, e il caldo della casa rese il suo stordimento ancora più insistente. Ludger era seduto alla penisola con una generosa tazza di caffè tra i gomiti, e la testa fra le mani: si premeva le tempie ad occhi chiusi, alle prese con i postumi della bevuta.
“Ludger. Come stai?”
Rispose senza aprire gli occhi. “Sto cercando di ripigliarmi un minimo. Ho mal di testa. voglio andare in piscina, preferisco andare a nuotare… se non faccio qualcosa potrei passare tutto il giorno così… e non mi va. Tu?”
Sebastiano si era versato il poco caffè rimasto, e iniziò a prepararsi un tè. “La solita merda. Grazie. Quando pensavi di partire?”
Ludger aprì gli occhi, gli piaceva vedere lo scorcio del soggiorno da quella posizione; in ogni angolo riconosceva l’impronta di Amedeo, sentendo ormai quel posto di nuovo suo. Immaginandolo dipingere le pareti, un’attività che all’inizio aveva completamente disapprovato, lo rendeva felice. Provò a riordinare i pensieri, diede alcune sorsate di caffè e riprese a massaggiarsi la tempia vicino alla cicatrice. “Lunedì. C’è una cosa che ti devo chiedere, e la risposta purtroppo deve essere definitiva. Aline sarà cremata, niente cerimonie, non le ha volute. Se vuoi possiamo andare lunedì mattina, svegliandoci presto. L’incontro con il notaio è fissato per il pomeriggio, e nelle ore che restano potremmo andare a casa tua per capire cosa fare delle tue cose, per poi lasciare la gestione dei traslocatori a mia madre. Lei lo farebbe volentieri, so che sembra strano, ma Helga ama essere utile e ha preso molto a cuore la tua vicenda. Però devi essere tu a fare una selezione e anche a scegliere cosa non farle, o non farci, vedere… scusa se faccio confusione, ho la testa che esplode.”
Sebastiano portò avanti la preparazione della sua colazione in modo meccanico. “Le sto a cuore perché le ricordo la tua donna, o te?”
Ludger sospirò. “Nessuno dei due. Helga non è così superficiale, il percorso è un altro. È rimasta colpita dal fatto che non hai genitori a sostenerti, e sono sicuro che anche a lei farebbe bene avere un motivo per riprendere a muoversi. Se ti infastidisce possiamo andare da soli. Penso sia giusto che sia tu a scegliere.”
Sebastiano si fermò a guardare Ludger appoggiato sul ripiano del tavolo a penisola; con i soliti pantaloni della tuta sformati e i capelli che sembravano strappati, gli sembrava un naufrago. “Per me è del tutto indifferente. Facciamola venire. Mi è piaciuta, considerando le possibilità del mio cuore asfittico.” Sebastiano pensò ad Aline, e lo colpì il fatto che fossero passati soltanto pochi giorni; i suoi resti dovevano ancora essere cremati, e lui percepiva tutte le stranezze di Ludger già familiari. Fermò i capelli con le mani per mettere il viso sotto il getto d’acqua fredda del lavello; voleva allontanare il caldo insopportabile e lo stordimento dei postumi della bevuta. Pensò alla fine della condizione fisica di Aline, come un corpo svuotato, abbandonato alla polizia; dal momento in cui l’aveva lasciata era sicuramente stata trattata come carne morta, un oggetto senza collegamento con la persona che lo aveva abitato. Iniziò a piangere sotto l’acqua fredda che gli torturava la pelle del viso, e fu Ludger a toglierlo dal lavandino con un gesto deciso. Lo fece appoggiare al piano, e prese un panno pulito da un cassetto per asciugarlo con delicatezza. Sebastiano sembrava inanimato, e lo lasciò fare restando completamente passivo; quando lo mise a sedere su uno sgabello alzò verso di lui uno sguardo vuoto, restando in silenzio.
“Mi dispiace dovertene parlare così, ma non volevo farlo con Amedeo presente e dovrei muovermi per i biglietti. Sono sempre convinto che chiunque, in qualsiasi circostanza, dovrebbe avere la possibilità di scegliere.”
Sebastiano annuì mentre le lacrime riprendevano a scendergli sul viso. “Parli come me. Sei impossibile.” Si asciugò gli occhi con le dita, impegnandosi per tornare più presente.
Ludger gli versò del tè prima di tornare a sedersi. “Immagino che tu non voglia venire con me in piscina.”
“Perché fai questo. Tutto questo? Ludger. Non lo capisco e non ti capisco.”
“Perché voglio farlo. Facciamocelo bastare. Stasera Amedeo lavorerà con Andrea, probabilmente ci vedremo da loro verso sera. Dovresti lasciarmi un tuo documento per i biglietti. Uscirò appena mi sarò ripreso, tu nel frattempo pensa a cosa vuoi fare. Se vuoi andare alla cremazione di Aline prenderò dei biglietti per partire la mattina presto.”
Finalmente Sebastiano si girò per metterlo a fuoco e provò a bere il té, che era ancora troppo caldo. “Andiamo. Potrei piangere come una fontana. Cercherò di non comportarmi. Decidi tu come dovrò comportarmi. Cercherò di fare sempre quello che mi dirai, andiamo. Mi chiedo come fai. Io posso smettere con qualsiasi cosa, ma tutto quello che vivo mi resta addosso in modo indelebile. Se penso che sto in questa città, e potrei incontrare qualcuno che mi ha conosciuto, mi viene una crisi isterica. Tu frequenti le ragazze con cui sei stato come se non fosse mai accaduto nulla. Vivi in questa casa e parli di tutto, come se fosse capitato a un altro. Forse ti invidio. Come diavolo fai.”
Ludger lo guardava inespressivo mangiando dei biscotti; pensava alla distanza che li separava, una misura probabilmente simile a quella che Sebastiano avrebbe voluto con il suo passato.
“Non confondere le cose. Ho passato non so quanto tempo qui dentro, da solo, a distruggere tutto dopo la morte di Nobuko. Sicuramente parecchi giorni. Ero come un animale. Pensavo… no, non pensavo, sentivo che quel tempo sarebbe durato per sempre, come una bestia ferita che vive e concepisce soltanto il presente. Adesso per te sarebbe comunque troppo presto per fare bilanci. Non voglio neanche provare a consolarti, sarebbe insultante. Poi sai, siamo diversi. Può anche darsi che in fondo io sia mezzo scemo. Ho deciso di tornare a vivere, questa decisione è la mia unica guida. Sono innamorato e vorrei che Amedeo fosse felice. Questa determinazione mi dà molta forza, anche per far girare come voglio il mio cervello mezzo rotto. Tu sei profondamente legato a lui e questo legame è stato il movente iniziale, ma ora ti aiuterei comunque perchè voglio farlo e penso sia giusto. Mi piace stare con te, e sono felice di poterti aiutare. Adesso mangia, così prima di uscire ti spaccio qualcosa.”
Ludger si alzò dal tavolo continuando a massaggiarsi la tempia, era vicino al corridoio quando Sebastiano lo chiamò.
“Due cose. Posso, potrei fare delle aggiunte al terrazzo?”
Quella domanda lo stupì. “Certo. Questo appartamento è stato montato da persone con più senso estetico di me, non vedo perché non continuare. Pensavi di prendere dei putti di gesso?”
Sebastiano ignorò lo scherzo. “Sai se ci sono un metro e della carta.”
“Cerca nel ripostiglio, neanche io so con esattezza cosa c’è qui. Poi?”
“Posso vedere le tue mani. E i polsi.”
Ludger tornò al tavolo e appoggiò i palmi sul ripiano. Sebastiano ruotò le sue mani con delicatezza tenendole per le dita, trovando subito quello che cercava. “Una volta hai detto che la tua pelle mantiene memoria di qualsiasi cosa. Queste linee sono tutte dello sbrocco per Amedeo, o risalgono a quei primi giorni dopo la morte della tua donna?”
Ludger aveva mostrato di sua volontà l’interno delle braccia soltanto ad Amedeo. Il primo istinto gli suggerì di ritirare le braccia ma resistette, perché era convinto che il loro dovesse essere uno scambio alla pari. La luce entrava dalle finestre, radente sulle linee sottili e bianche che sporgevano appena sui suoi palmi e sugli avambracci.
Sebastiano continuò a osservare quei segni a lungo, in silenzio e completamente inespressivo. “Sei ambidestro.”
“Sono ambidestro. I primi vetri rotti risalgono alla morte di Nobuko. Gli ultimi a quando ero in clinica, e credevo che con Amedeo non ce l’avremmo fatta. In mezzo non so bene cosa ci sia stato. Sicuramente ci sono stati altri vetri, e altri errori che non ricordo più. Anche dell’incidente non ricordo molto, e penso sia meglio così. Spesso non ricordo cose, mi sto abituando a pensare che quello che perdo doveva essere poco significativo in partenza. Posso andare, ora?”
Le dita di Sebastiano si spostarono appena, anche se non lo stavano trattenendo.
“Certo che puoi andare. Puoi fare quello che vuoi. Ludger, perché dobbiamo attraversare tutto questo dolore. Non ne posso più.”
Immaginò che non si aspettasse una vera risposta; posò una mano sulla sua spalla stringendola, cercando le parole. “Non credo ci sia un perché, siamo in balia del caos e la vita è profondamente ingiusta. Se penso a cosa possa essere servito, a me, posso solo consolarmi immaginando che mi ha portato qui ora, così come sono. E cerco di pensare che questo mio esserci possa essere significativo per le persone a cui voglio bene. Quello che abbiamo vissuto ci rende quello che siamo, e ci permette di fare quello che facciamo. Il resto sta a noi, e questo resto può essere molto vasto. Non riesco a trovare altre spiegazioni. Mangia un po’ di biscotti e avrai una generosa dose di oblio.”
Sebastiano lo aveva ascoltato con attenzione. Era ammirato, ma quelle riflessioni restavano distanti da lui, come qualcosa che non avrebbe mai potuto toccarlo da vicino. Era abituato a sentire questa distanza, al punto di non associarla al momento che stava vivendo, perché si era sempre percepito profondamente diverso da tutte le persone con cui era veniva a contatto. “Voglio sistemarti i capelli.”
“Magari mentre sei sobrio.”
Sebastiano stava disegnando sul tavolo da pranzo che non era mai stato usato per mangiare. I capelli erano arrotolati in una cipolla approssimativa fermata con una matita, e ne teneva un’altra tra le labbra come una sigaretta. In piedi con un ginocchio su una sedia, contemplava una distesa di fogli. Ascoltava per la terza volta il brano I see a darkness: aveva mandato in repeat l’intero CD ed era soddisfatto di quell’attività, perché lo stava assorbendo al punto da allontanare ogni pensiero. Erano le prime ore del pomeriggio, Amedeo si era svegliato da poco ed era rimasto a poltrire ascoltando la musica che gli arrivava dal soggiorno. Non conosceva quella canzone, e cercò di distinguere le parole del testo; ricordò sorridendo la notte precedente, e strinse il cuscino di Ludger affondandoci il viso per cercare il suo profumo. Pensava che non sarebbe mai riuscito ad arginare il dolore che aveva travolto Sebastiano senza di lui. In alcuni contesti suo fratello rivelava un’energia scomparsa da anni, e che Amedeo sapeva essere un dinamismo alimentato dalla disperazione. Cercò di consolarsi pensando fosse comunque una maniera di restare ancorato alla vita.
Quel pomeriggio trovò Sebastiano ancora con i boxer e maglietta che aveva usato per dormire, con le mani appoggiate tra i fogli sparpagliati con un piede nudo a terra: non lo aveva sentito entrare, e sembrava molto concentrato. Amedeo restò a lungo ad osservarlo: quell’acconciatura lo rendeva ancora più femminile. Restò in silenzio fino alla fine del brano che dava il titolo all’album, ascoltando il testo che trovò bello quanto triste.
“Buongiorno fratello, cosa fai?”
Sebastiano non alzò lo sguardo. “Assaporo l’effetto del miscuglio chimico offerto da Ludger. Delirando a matita. Stamattina è stato particolarmente generoso. Gli ho spuntato i capelli.”
Amedeo gli si avvicinò, restando sbalordito da quei disegni; non ne aveva mai visti di suoi e non immaginava fosse tanto bravo. L’insieme gli era incomprensibile: divani, panchine e piante tracciati per ricostruire ambienti diversi, erano stratificati insieme a frammenti anatomici molto dettagliati. L’insieme risultava caotico malgrado i singoli particolari, isolati, fossero molto accurati. I fogli A4 della stampante erano affiancati come in un mosaico, dove ogni frammento si posizionava ignorandone i confini. Amedeo notò che le parti figurative erano rappresentate in una scala maggiore, quasi scarabocchiate malgrado l’accuratezza descrittiva, mentre gli oggetti nitidi ricostruivano gli ambienti in modo asettico, come nei progetti di Lorenzo.
“Sei molto bravo a disegnare. Me lo avevi detto, ma sono stupito… vederlo è un’altra cosa. Dà le vertigini e non capisco cosa rappresentano. Poi me lo racconti? Mi preparo qualcosa da mangiare, mi tieni compagnia? Questo CD è tuo?”
Sebastiano lo guardò, e Amedeo vide nei suoi occhi una pesantezza e una difficoltà nel metterlo a fuoco che ricordò con dolore.
“Troppe domande. No, non mangio, per ora. Il CD si è materializzato nello scaffale della musica da mettere a posto, ieri non c’era. Lo sto ascoltando da ore. Mi piace.”
Amedeo gli sorrise, con una sfumatura di tristezza. “Ludger li ordina e Ravi, un tipo che si occupa delle sue cose, li porta qui quando non ci siamo. È una specie di folletto che si occupa della casa e di Ludger, e non si fa mai vedere da me. All’inizio scleravo perché mi stira anche i calzini… adesso cerco di non farci più caso.”
Rispose alle domande di Sebastiano su Ravi fumando una sigaretta, per poi illustrargli i suoi programmi per la giornata. Sebastiano lo ascoltò annuendo, mentre definiva un dettaglio del disegno che rappresentava alcuni denti. Amedeo non riusciva ad allontanarsi e, malgrado la sete, continuò a stargli a fianco seguendo con ammirazione i tratti tracciati sui fogli. “Potrei incantarmi qui fino a morire disidratato… mi sembra che la mina di quella matita sia magica… e poi questo tavolo, sai che non lo aveva mai usato nessuno?”
“Eppure avete degli amici. Perché non li invitate a cena. Magari non hanno neanche visto la casa.”
Amedeo si allontanò per prendere il proprio telefonino. “Hai ragione. Adesso che lo dici mi sembra strano che non ci sia venuto in mente prima. A forza di frequentare Andrea sto diventando neandertaliano… ma povero, lui invece è super ospitale.”
Appena connesso il telefono suonò per un messaggio di Ludger. “A proposito di cene. Chiamo Ludger per capire che farete stasera, quando io andrò a lavorare. Mi ha scritto di aver ricevuto un invito da Tommy, e vuole sapere se ti va di andare con lui.”
Sebastiano parlò senza manifestare interesse. “Chi sarebbe questo Tommy?”
“L’ho visto una sola volta, in un ristorante frequentato da gay. Non si vedevano con Ludger da prima dell’incidente… era piuttosto emozionato, ha anche pianto e non ha praticamente parlato con me… poi sono uscito con te quella notte, ricordi? Vi eravate appena conosciuti. Non mi ha fatto una brutta impressione, potrebbe essere una persona carina.”
Sebastiano corrugò le sopracciglia, sollevando la matita dai fogli. “Hanno scopato. Lui e Ludger.”
Amedeo sorrise, divertito dalla sua ossessione per le attività sessuali di tutte le persone con cui veniva a contatto. “Con lui no. Mi ha raccontato di aver fatto qualcosa con alcuni dei suoi amici, anche se non si ricorda.”
“Almeno siamo arrivati a un grado di separazione.”
La musica arrivava fino al pianerottolo ed Elisa, appena entrata, vide la porta di Amedeo chiusa e proseguì fino alla propria stanza senza far rumore. Si stava ancora sfilando il cappotto quando notò Sebastiano sdraiato sul divano in salotto con un libro tra le mani, e si affacciò sulla porta per salutarlo.
“Ciao sorellastra. Amedeo sta fotografando una tipa. Spero non ti disturbi il mio bivacco. Sono disossato, se non ti dà fastidio vorrei continuare a vegetare sul tuo divano.”
“Puoi vegetare tutto il tempo che vuoi, arredi così bene. Vuoi una tazza di tè?”
Sebastiano voltò leggermente la testa verso un fagotto abbandonato sul pavimento poco distante. “Singolare sentirtelo dire. Sembro un disadattato. Amo togliermi le scarpe quando possibile. E mi sono tolto anche la maglietta che Amedeo mi aveva prestato per dormire. Stamattina ho dimenticato di cambiarla. E altre cose. Gliene chiederò poi una.”
Elisa sorrise, trovando paradossale il suo modo di definirsi perché a lei sembrava di guardare la materializzazione di una foto, presa da una rivista di moda. “Quel grazioso cardigan minimal goth indossato a pelle ti sta uno schianto. Hai fatto bene a non mettere il reggiseno.”
Le rivolse un sorriso. “Elisa cara, a tratti mi trovo a pensare che potresti essere davvero adorabile.”
“Benvenuto nel club.”
Elisa tornò con una tazza fumante e dei biscotti brillanti di zucchero, che posò sul tavolo basso; Sebastiano si sollevò a sedere iniziando a sgranocchiarli mentre continuava a leggere.
Lei pensò che i piedi nudi di Sebastiano sul marmo fossero solo uno dei dettagli che ribadivano la sua completa indifferenza a quello che lo circondava. “Tra non molto dovrebbe arrivare Lorenzo, e io mi devo fare una doccia. Posso chiudere la porta, se preferisci startene per i fatti tuoi.”
“Se il tuo uomo non è una comare impicciona potrei riuscire a salutarlo. Chiudi, e salvami se pensi voglia fare conversazione con l’ameba colata sul tuo divano.”
Non le riuscì di immaginare Lorenzo come una ‘comare impicciona’. Gli portò altri biscotti e si chiuse in bagno, lasciando la porta del salotto aperta.
Lorenzo era entrato con le proprie chiavi; la musica gli aveva fatto capire che Amedeo si trovava in casa, e le porte chiuse erano un segnale che conosceva. Togliendo la giacca con i suoi tipici gesti disinvolti, si fermò a metà del movimento vedendo Sebastiano in salotto: teneva i piedi nudi incrociati su un bracciolo, e poggiava la testa con i capelli che scivolavano come una colata di inchiostro nero su quello opposto. Il suo viso, illuminato dalla lampada da lettura, gli diede un forte senso di déjà vu. Sfilò del tutto la giacca continuando a guardarlo, trovandolo familiare e straniante in quello specifico contesto. Gli tornarono immagini di ricordi lontani, legati a persone e luoghi che non appartenevano più al suo presente. Lo chiamò dal corridoio, con voce abbastanza alta da allarmare Elisa, che decise di raggiungerli in fretta. Sebastiano girò soltanto gli occhi senza cambiare espressione, restando fermo come un animale in trappola.
“Quanto tempo! Accidenti. Sembra non sia passato per te… come stai?”
La mancanza di reazione di Sebastiano era coerente con il ricordo che ne aveva Lorenzo; sedette in una delle poltrone vicino al divano, sorridendo e continuando a parlargli con estrema naturalezza.
“A ripensarci adesso ci siamo frequentati in situazioni inverosimili. In particolare la villa di quella vecchia pervertita… ancora adesso reputo sconcertante come organizzasse quei festini. Per non citare il fatto che riuscivamo a parlare di storia dell’arte perfino in quel contesto. In effetti ero solo io a parlarne… del resto era l’unico argomento che riuscisse a suscitarti un minimo interesse, per via dell’esame che dovevi dare. Poi Adriano. Provo un certo smarrimento nel ritrovarti qui.”
Sebastiano si mise a sedere guardando a terra. Era certo delle buone intenzioni di Lorenzo, così come non avesse gli strumenti per interpretare il suo mutismo. Cercò fiaccamente possibili vie di fuga senza risultato, perché la sua borsa si torvava in camera di Amedeo. Si alzò, e si diresse senza pensare verso la cucina, seguito da Lorenzo che continuava a parlare senza accorgersi del suo disagio.
“Adriano come sta? Immagino siate ancora amici.”
Sebastiano guardò gli uccelli fuori dalla finestra, cercando di pensare soltanto ai piccioni, cornacchie e gabbiani, che volavano nell’ampio cortile. Spalancò la finestra cercando di distinguere anche i suoni che venivano dall’esterno, dando le spalle al suo inseguitore. Lorenzo trovò quel comportamento insolito e pronunciò il suo nome con voce incerta e una nota interrogativa. In quel momento Elisa entrò in cucina avvolta nell’accappatoio, con i capelli bagnati malgrado l’aria che entrava dalla finestra aperta la facesse rabbrividire. Anche Amedeo si precipitò nella stanza, perché aveva sentito la voce di Lorenzo pronunciare il nome di Adriano; la modella lo aveva seguito senza neanche rivestirsi, talmente sorpresa per quella fuga repentina da non coprire il corsetto indossato per gli scatti.
Sebastiano continuava a restare immobile: sagoma nera contro uno sfondo di nuvole sullo scorcio del Verano. Non aveva sentito entrare gli altri nella stanza, per lui l’ultima richiesta di Lorenzo era rimasta in sospeso. Si chiese come potesse rispondere a qualcuno che usava il suo nome come una domanda, senza trovare una risposta. “No.” Decise di elencare le uniche creature che stavano riempendo il suo campo visivo, per le quali provava un’invidia limpida. “Piccioni, cornacchie, forse gabbiani.”
Amedeo lo raggiunse superando gli altri, posizionandosi tra lui e la finestra. Lo abbracciò prima di rivolgerglisi con dolcezza. “Fratello, stai bene?”
“No.”
Lorenzo aprì la bocca, come colpito dallo sguardo che Amedeo gli stava rivolgendo, e la voce di Elisa assunse una durezza che era rara in lei.
“Lorenzo, che cazzo fai?”
Lorenzo cercò di articolare una risposta, stupito e preoccupato; era dispiaciuto, anche se non capiva del tutto cosa stava accadendo. Si guardò intorno come per cercare aiuto, e la sua confusione aumentò nell’osservare la ragazza in corsetto di cuoio arrossire. “Elisa, io e Sebastiano ci conosciamo… non volevo essere inopportuno… lo stavo solo salutando… lui è… era un…” Cercò un sinonimo di esibizionista ma in quel momento, dopo aver fatto vagare lo sguardo tra i presenti, non ne trovò neanche uno.
Elisa concluse quella scena in fretta. “Dacci un taglio. Seguimi in camera mia. Mi sto ghiacciando.”
La modella reagì a quel segnale come se fosse diretto a lei, e tornò davanti alla camera di Amedeo ad aspettarlo.
Sebastiano continuava a lasciarsi stringere da suo fratello restando ad occhi chiusi; pensò che l’estate rievocata dalle parole di Lorenzo ormai era lontana, e non poteva più raggiungerlo. Lui non era più lì e Adriano non era da nessuna parte. Il presente era il calore di Amedeo che lo avvolgeva, era lui la sua fuga. Lo allontanò dolcemente, chiuse la lampo fino al collo e raggiunse Lorenzo che stava seguendo Elisa. “Scusami, Lorenzo. Mi ricordo perfettamente di te e il resto. Ultimamente soffro di depressione. Assumo delle sostanze che mi fanno avere reazioni anomale. Adriano è morto da diversi anni. E io non sono in condizioni di parlarne. Sorellastra, puoi ritrarre le unghie, Lorenzo non lo sapeva. Adesso vi lascerei alle vostre cose, voglio solo leggere. Scusatemi per l’evitabilissima scena drammatica.” Concluse chiudendo silenziosamente la porta del salotto alle sue spalle.
Amedeo prese per un braccio la ragazza, e una volta arrivati in camera dovette subire con rassegnazione le tante domande che gli fece. Non le rispondeva concentrandosi sul proprio lavoro, sollevato al pensiero di aver quasi finito perchè voleva raggiungere Sebastiano. Anche Elisa e Lorenzo si chiusero in camera; Lorenzo le ripetè per due volte le poche cose dette a Sebastiano senza provare a giustificarsi, e soltanto quando Elisa gli sedette a fianco si rese conto che era sconvolto. Si alzò per prendere le sigarette, cercando di recuperare la calma, e tornò a parlare con un tono dolce.
“Lorenzo, scusa se ho sclerato. Cerchiamo di parlare in modo più civile. Perché anche tu sei così turbato?”
Lui sorrise. “Mi consenti di rievocare i miei ricordi senza darmi della comare?”
Elisa non era abituata a vederlo così triste; immaginando avesse avuto una storia importante con Sebastiano, iniziò a preoccuparsi. “Mi sono già scusata. Raccontami senza censure, come abbiamo sempre fatto con le nostre cose. Siete stati insieme?”
“No, non ci siamo neanche toccati, mai. Non perché non lo volessi, al contrario. Il massimo di considerazione che mi ha riservato, da quel punto di vista, è stata la coppa di champagne che mi ha versato sul viso quando ero in fase di preliminari con Adriano. Non lo ha fatto per me, era un gesto per far sorridere il suo amico mentre era occupato a fare altro.”
Elisa non si aspettava una risposta tanto contorta. Di fronte alla sua espressione stupita, Lorenzo si massaggiò energicamente il viso, confessando di non sapere da dove iniziare. Erano seduti sul suo letto, circondati dal disordine familiare che come sempre invadeva ogni superficie della stanza.
“Non capisco il contesto e non ti voglio mettere in difficoltà. Ad esempio, chi è Adriano? Se vuoi continua senza aver paura di scandalizzarmi, che sono corazzata, lo sai.”
“Adriano era un ragazzo di cui sono stato innamorato, molto, e anche il più caro amico di Sebastiano. Per il resto non so da dove partire. Dall’inizio, forse è più semplice. Conoscevo indirettamente un’anziana aristocratica che organizzava, definiamole così, delle feste nelle quali poteva capitare realmente di tutto. Erano frequentate da scambisti e persone notevolmente disinvolte. Non ci era dato di sapere come venissero selezionati gli invitati. Un’estate la signora decise di organizzare una piccola vacanza di tre giorni, ed è stato allora che li ho conosciuti. Non intendo ripeterti come veniva definito Sebastiano in quelle occasioni, ma era grazie alle sue conoscenze che avevano avuto accesso. Lui frequentava l’Accademia di Belle Arti, mentre l’unica attività a cui si dedicava occasionalmente Adriano, erano le marchette. Erano incredibili, inseparabili. Il loro rapporto era privo di qualsiasi pudore, anche se tra loro non facevano mai sesso, e neanche scambiavano i propri partner. All’inizio di quella chiusa mi capitó di intrattenere Sebastiano per ore durante il giorno, parlando degli argomenti che stava preparando per degli esami. Al principio pensavo non mi ascoltasse, invece mi sbagliavo… con il tempo ha iniziato a pormi alcune domande. Era rarissimo sentire la sua voce, e anche per questo poco fa ho continuato a parlare da solo. A quel tempo era Adriano ad esprimersi al suo posto verbalmente, specialmente in ambiti che Sebastiano trovava poco significativi. È stato da lui, in seguito, che ho saputo l’esito positivo del suo esame… Sebastiano non era mai… del tutto…”
Lorenzo sospirò rumorosamente ed Elisa lo invitò a continuare senza censurarsi.
“Si drogava pesantemente, e trascorreva ore sdraiato a leggere e coccolare il suo amico, come fosse stato il suo animaletto domestico. Adriano non condivideva la sua completa indifferenza… mi sorrideva con le mani di Sebastiano tra i capelli, mi parlava, mi portava da bere. Per Sebastiano Adriano era l’unica vestigia della propria umanità. La notte in quel luogo succedeva di tutto, ovunque e senza ritegno. La presenza di un pubblico non costituiva certo un agente frenante, anzi. Adesso mi sembra inconcepibile proiettare questi ricordi su un amico di Amedeo. Tu hai ragione, non sono affari che mi riguardano, e non mi permetterei mai di giudicarlo. Sarebbe grottesco, specie considerando che frequentavamo lo stesso circolo. La mia presenza però restava in sordina, mentre la sua era determinante. Lo hai visto, non ti descriverò quello che faceva, ma credo non occorra per farsi un’idea dell’attenzione che suscitava. Io guardavo Sebastiano come molti, come tutti, e lui non guardava nessuno. Sono stato avvicinato da Adriano una sera, mentre il suo amico era occupato. Anche Adriano era molto bello, e abbiamo assecondato i nostri istinti ovunque, come gli altri. Per il resto di quella vacanza non ci siamo più staccati… quel ragazzo mi piaceva tantissimo. Sebastiano mi ha tollerato con indifferenza, la stessa che manifestava per qualsiasi cosa lo circondava, escludendo Adriano, la droga o il sesso. Forse persino con simpatia, considerando che non mi ha allontanato, arrivando anche a farmi degli scherzi come quello del calice. Ero innamorato di Adriano e l’ho frequentato per diverso tempo, anche se non è stato affatto facile. Più volte mi ha anche portato nell’appartamento nel quale viveva insieme a Sebastiano. In seguito ci siamo incontrati meno frequentemente, e dopo due o tre mesi non mi ha più chiamato, né risposto ai miei tentativi di contattarlo. È capitato di incontrarci a casa della stravagante signora, e ogni volta sembrava non fosse passato un giorno, si è trattato però di casi isolati. Sono passati sette, otto anni… dio mio, non riesco a credere che sia morto. Deve essere stato un colpo tremendo per Sebastiano, teneva ad Adriano più che a se stesso… gli offriva tutto quello che possedeva, a costo di privarsene. Lo so per certo, l’ho visto. Si chiamavano reciprocamente fratelli.”
Elisa si alzò di scatto per poi restare in piedi vicino al letto. “Ti prego stop! Hai scoperchiato un vaso di Pandora che non riesco ad affrontare tutto insieme.”
Vedendola così scossa Lorenzo cercò di rassicurarla sul fatto che, anche con Adriano, aveva preso le solite precauzioni; gli era già capitato di parlare delle loro abitudini sessuali con i precedenti partner e combaciavano. Lei annuì, pregandolo di restare in silenzio per alcuni minuti mentre lo abbracciava.
“Torneremo a parlarne, ma adesso devo assorbire l’urto. Sebastiano per me era uno spettro negativo. Avrei chiamato anche un esorcista per sradicarlo dalla vita di Amedeo. Adesso continuo a darmi della cretina per quanto sono stata superficiale nel giudicarlo… le sue storie mi colpiscono come pugni allo stomaco, e sono esausta. Mi fido di te, non preoccuparti. Penso sia meglio prepararsi in fretta e uscire. Andiamoci a ubriacare come se non ci fosse un domani.”
Quando terminò il lavoro con la modella Amedeo capì che Elisa e Lorenzo erano usciti, e raggiunse Sebastiano. Si annunciò prima di aprire la porta ed aspettò un suo invito per varcarla e lasciarla aperta, specificando che erano in casa da soli. Sebastiano annuì appena mantenendo lo sguardo sul suo libro, e Amedeo sedette sul divano di fronte a lui osservandolo in silenzio. Era molto preoccupato perché non sapeva di cosa gli avesse parlato Lorenzo: anche lui come Elisa temeva che tra loro ci fosse stato del sesso, e conosceva bene la repulsione che Sebastiano provava all’idea di incontrare qualcuno collegato al suo passato.
Sebastiano pensò si fosse incantato, come tutte le volte che restava fermo a guardarlo, e solo dall’espressione dei suoi occhi capì che non era così. Chiuse il libro, invitandolo a sedersi vicino a lui. “Luca, non devi angosciarti. E io devo imparare a gestire queste cose. Non posso aspirare all’astrazione di Ludger, per me lui è un alieno. Ma vorrei evitare queste scene tragiche. Ci proverò.” Gli raccontò di come aveva conosciuto Lorenzo. “Bivaccatavamo come carne da sesso nella villa di un’amica del tipo che frequentavo. Per quell’uomo ero una specie di animale di razza. Mi portava in questi posti come se fossero incontri di combattimenti fra cani. Sicuro che lo avrei fatto vincere. Lorenzo è sempre stato molto gentile. Era piaciuto ad Adriano, per questo lo avevo ignorato, anche se faceva in modo di starmi sempre vicino. Mi sentivo i suoi occhi addosso costantemente. Purtroppo mi ha visto fare di tutto. Che palle. Lo ha approcciato Adriano, e Lorenzo ci è cascato di bruttissimo. Sono stati insieme per un po’, poi tornavano a saltarsi addosso ogni volta che si incontravano casualmente. Stavano bene insieme. Adriano però non era tipo da fidanzato e lo ha allontanato. Lorenzo avrebbe voluto una storia stabile. Era monogamo, Adriano una puttana nata. E odiava gli psicodrammi. Gli voleva bene, e sono convinto che lo abbia allontanato per non trascianarlo ancora nella nostra merda. Adriano era molto generoso. Che fatica, cazzo.”
Amedeo era sempre colpito dai ricordi di quel periodo lontano che Sebastiano condivideva con lui. Gli aveva raccontato che in quegli anni era incazzato con la vita, e che gli era piaciuto bruciarsi negli eccessi. Ogni volta che lo sentiva parlarne gli dava un’idea dell’impatto che la perdita del suo amico aveva avuto nella sua vita.
Sebastiano decise di cambiare registro. “Fratello, puoi raccontarmi com’è arrivato a diventare l’uomo della sorellastra. Non mi spiego che contatto possa aver avuto lei con quel giro.”
Sebastiano lo ascoltò senza commentare. Il fatto che Amedeo lo avesse conosciuto a casa di Davide, che lui stesso aveva frequentato in situazioni promiscue, chiariva completamente le dinamiche. “Bene, torna tutto. Non mi stupisce che ti si sia accozzato. Del resto con i ragazzi, da quello che vedo, è sempre sfigato. Però non è un cattivo e sono felice che stiano bene insieme. Per entrambi. Sono condannato ad essergli cognato.”
Amedeo sorrise con tristezza, e dopo una breve pausa chiese se si sentiva di raccontargli come aveva conosciuto Adriano.
Sebastiano si strinse le ginocchia al petto, aspettando alcuni minuti prima di iniziare. “Quel giorno era successa una cosa particolarmente tosta, con Nina. Una cosa di cui voglio parlarti appena recupero un po’ di forza. Avevo il mensile che mi lasciava il mio vecchio, ancora intatto. Non volevo stare da solo ma non avevo voglia di fare teatrini, così mi sono messo in macchina con l’idea di caricarmi qualcuno. L’ho notato per i capelli, aveva dei capelli bellissimi, lunghi e biondi. Sotto quel lampione sembrava un angelo. Lui era sospettoso, mi aveva scambiato per una donna e temeva che fossi una specie di esca. Insomma, non gli sembravo un possibile cliente, ma poi è salito e me lo sono portato a casa. L’ho invitato a fare quello che voleva, e lui non ha fatto niente. Ci siamo fatti qualche canna, mi ha abbracciato e abbiamo dormito così. Il giorno dopo girava per il cimitero in mutande, come se fosse stato sempre lì. Quel posto era un porcaio. Mi ha aiutato a mettere a posto una quantità di roba che avevo dovuto portare via da casa di Nina, e stava ancora nelle scatole. Non mi ha lasciato per giorni, perché pensava che non potessi stare da solo. Così triste. Abbiamo iniziato a parlare e non abbiamo smesso più. Mai fatto sesso, ancora adesso non mi spiego come sia potuto accadere. Ci abbiamo provato qualche volta ma proprio non girava. Il nostro rapporto era un’altra cosa, così importante quando non c’era niente, nient’altro, che fosse un rifugio per entrambi. Ci siamo dati tutto quello che avevamo, e ho fatto di tutto per non farlo tornare sulla strada. Senza riuscirci. Quello era uno spazio suo a cui a volte non riusciva a rinunciare. Così come io tendevo ad schiantarmi con la droga, malgrado lui mi ripetesse fino allo sfinimento di non esagerare. Poi lo sai, è l’unico che mi abbia aiutato quando ho rischiato di restarci. Come è morto lo sai.”
Amedeo continuava a guardare il suo profilo delicato incorniciato nel nero dei capelli. “Sei stanco di parlare, fratello?”
Sebastiano alzandosi distese le braccia verso il soffitto, per stirare la schiena. “No. Non sono per niente stanco. La roba che mi spaccia Ludger farebbe parlare anche un sasso, credo. Mi chiedo come abbia fatto lui a non farlo per tutto quel tempo. Forse sommava i colori in modo diverso. Sono stupito. Un tempo non facevi domande. Vorrei farmi una doccia, mi presteresti un’altra maglietta?”
Amedeo aspettò che fosse sotto l’acqua calda prima di chiedergli di Nina. “In particolare mi stupisce che siate ancora in contatto.”
“È stata lei a lasciarmi. Io me la sarei anche sposata. Ma non mi ha permesso di scegliere. Perché secondo lei ero troppo giovane.”
Amedeo non capiva. “Però… perché soltanto a un certo punto sei diventato troppo giovane per continuare a stare con lei? E perché continua a chiamarti, e tu non l’hai mai lasciata andare del tutto? È strano.”
“Io non lascio andare ‘del tutto’ niente. C’è chi impazzisce e diventa un’altra persona e c’è chi muore. Sono felicissimo che lei non appartenga a queste due categorie. In un altro momento te ne parlerò meglio.”
Amedeo stava fumando seduto sullo sgabello vicino alla vasca; era evidente che Sebastiano non voleva parlargliene. Guardò la sua sagoma attraverso la tenda, senza riuscire ad accettare che dovesse subire quello strazio. In passato gli aveva detto che le telefonate di Nina erano fortemente destabilizzanti per lui, anche se era sempre felice di sentirla. Gli tornò in mente una frase detta da Ludger: poteva aiutarlo soltanto nella misura in cui glielo avrebbe consentito, ma provava una frustrazione nuova. Sebastiano aveva ragione: era insolito il suo fargli domande. Amedeo stava superando quella condizione che lo aveva portato ad accettare passivamente il dolore con cui veniva a contatto. Fu strappato dalle sue riflessioni da Sebastiano, che uscendo dalla doccia gli chiese quale fosse il suo accappatoio; si era legato con una crocchia scomposta i capelli alla sommità della testa per non bagnarli. Ad Amedeo piaceva stargli vicino nei momenti più banali e intimi, non destinati a essere condivisi con gli amici. Guardava il suo collo lungo e sottile, l’attaccatura dei capelli che sulla nuca disegnava due punte laterali nette: come tante altre volte pensava che quella bellezza eccessiva fosse una maledizione. Sebastiano si voltò verso di lui lentamente, e gli chiese sorridendo a cosa stesse pensando.
“Hai un collo bellissimo, stai bene con i capelli legati.”
“Grazie, non lo frequento molto. Ho pensato che per ora posso riassumerti le cose in questo modo. Nina e mio padre sono per me quello che per le persone normali è la famiglia. Il fatto che io abbia scelto di starci un secolo fa, e che poi lei mi abbia lasciato, ormai è ininfluente. Non voglio perderli del tutto. Nel caso di Nina come sai è sempre stata lei a guidare il gioco, e quello che voglio io ha ben poco valore. Ormai mi ci sono abituato.”
Nora li aspettava sulla porta d’ingresso con un ampio sorriso. Indossava un vestitino con una stampa floreale minuta su base nera, calze nere molto coprenti e gli immancabili anfibi; i capelli appena lavati erano divisi in boccoli rame molto luminosi.
Amedeo non era abituato ad essere accolto sull’uscio. La trovò straordinariamente graziosa e glielo disse. “Ma terrai questo vestito anche per lavorare?”
Lei piroettò con grazia iniziando a fargli strada verso la cucina. “Certo! Perché no? Sono così contenta stasera.”
Sebastiano entrò come un’ombra alle spalle di Amedeo, restando in silenzio fino a quando raggiunsero la cucina, dove gli altri erano seduti di fronte a dei calici vuoti. Prese dal tavolo la bottiglia già stappata per leggere l’etichetta, un vino che doveva aver portato Ludger. Lo versò iniziando dal calice di Andrea, parlando con una cadenza impostata. “È sempre una gioia incontrarti, Ludger, incontrare te e gli assortiti carburanti di oblio che spacci.” Gli sedette vicino senza togliere la giacca, che si limitò a sbottonare. “Dove mi porti stasera?”
“Ciao Sebastiano, ti vedo in forma. Ce la spasseremo, andiamo a cena a casa di un mio amico, dovremo fermarci per comprare altre bottiglie.”
“Agli ordini. Capo. Poi dai un bacio alla bella addormentata, così potremo finalmente bere.”
Amedeo si era fermato sulla porta, guardando i capelli appena tagliati e lucidi di Ludger, che si poggiavano sulle spalle: la scalatura pulita creava una geometria nitida che non gli aveva mai visto. Si avvicinò per sfiorarli con le dita, e notò che senza le punte sfilacciate i capelli avevano un’altra consistenza. Lo vide girarsi con un sorriso dolce, le ciocche più lunghe sul viso arrivavano alle labbra. Ludger continuava a sorridere per quell’espressione stupita che gli piaceva tanto: Amedeo si era incantato, lasciando la mano sospesa.
“Devo interpretare lo scalpo che mi ha fatto tuo fratello come un subdolo tentativo per allontanarti da me?”
Nel frattempo Sebastiano salutava in tono annoiato Andrea e Nora, senza rivolgersi direttamente a loro. Sollevò gli occhiali scoprendo il viso, lasciandoli alla sommità della testa e si rivolse verso Amedeo, ignorando i saluti e la nota ironica nella voce di Andrea.
“Luca? O torni fra noi o me ne vado anch’io. Non gli ho fatto ‘lo scalpo’ e ho seguito le sue indicazioni. Sembrava un disperato con quelle ragnatele in testa. Luca! Dì qualcosa, Cristo. Così diventa uno strazio.”
Ludger gli prese la mano ancora sospesa sopra la sua spalla, e la strinse invitandolo a sedersi.
“Scusate, mi ero incantato… stai bene, solo non mi aspettavo fossero così corti.”
Tolse il giacchetto e raggiunse finalmente la sedia vicino a Sebastiano, che sospirò sollevando le spalle.
“Che poi, Luca caro, anche tu dovresti spuntarli a un certo punto. Ora possiamo finalmente assaggiare questo vino?”
Andrea alzò il calice, e parlò con sarcasmo. “La prossima tutti col mio taglio!”
Amedeo lo guardò passare la mano sulla rasatura di pochi millimetri, sorridendo e sollevando il calice per brindare alla sua chioma fluente.
Ludger diede pochi sorsi prima di riprendere a parlare. “Non ci possiamo fermare a lungo. Amedeo, ricordati di mandarmi un messaggio quando hai finito.”
Gli piacevano i loro incontri notturni, e voleva essere sveglio mentre Amedeo guidava tornando a casa a fine serata. Entrambi pregustarono un incontro in cui sarebbero stati soli perché soffrivano per la radicale riduzione dei loro spazi esclusivi, anche se erano certi si trattasse di una condizione transitoria.
Nora iniziò a parlare con allegria. “Ludger stai benissimo! Sembri appena uscito dal parrucchiere. È raro vederti così pettinato, vedrai Amedeo, gli si impicceranno subito. Sebastiano, ti va di truccarmi stasera? Per lavorare posso sbizzarrirmi.”
Sebastiano mantenne lo sguardo assente sul suo calice. “Sono piuttosto stanco.”
Tornò ad alzare gli occhi dalla tavola soltanto quando lei lasciò la stanza, e chiese a Ludger se gli rimaneva tempo per un secondo giro. Andrea gli versò il vino nel calice prima di riempire quello degli altri.
“La ragazza è agitata, certe volte penso che avete ragione voi, quando le donne fanno i capricci non riesco a stargli dietro. Mi sembra tanto più semplice quando si parla in modo diretto.”
Ludger gli rivolse un sorriso storto. “Noi chi?”
“Voi-tu, per quanto parli contorto e fai il matto ti capisco sempre e hai sempre le idee chiare, e poi lasciami fare il bifolco ogni tanto, che mi diverto.”
Sebastiano alzò il calice e brindò ai bifolchi. “Fino a che non ci inseguono con i forconi.”
Andrea diede alcuni sorsi e sorrise. “In quel caso neanche a dirlo, starei dalla vostra parte. Sono sempre stato dalla parte del nostro amico lì, anche quando non ha voglia di darmi spiegazioni. Guarda, se non ci fossero un paio di dettagli insignificanti, me lo sposerei pure.”
Amedeo li accompagnò fino alla macchina, raccontando a Ludger dell’idea di organizzare una cena a casa sua anche per mostrarla agli amici, e a lui sembrò un’ottima proposta. Si fermarono uno di fronte all’altro davanti alla macchina. Amedeo restava fermo con un’espressione triste, e Sebastiano lo abbracciò per poi entrare in macchina e accendere lo stereo a un volume insolitamente alto.
Ludger si rivolse ad Amedeo con dolcezza. “Quanto vi siete fustigati oggi? Sebastiano è storto da stamattina. Ricordati sempre che mi puoi chiamare in qualsiasi momento, sai che ti raggiungerei appena possibile, sempre.”
Amedeo lo abbracciò, e Ludger lo avvolse tra le braccia restando in attesa.
“Solo una coincidenza sfortunata. Lorenzo è stato con Adriano. È venuto fuori mentre io scattavo foto a una tipa e Elisa stava sotto la doccia… quindi non lo abbiamo potuto arginare… ha reagito abbastanza bene, ma non è stato un momento facile. Spero non incontri nessun altro collegato al suo passato, almeno non stasera. Lui si impegna tanto, ma è davvero uno strazio.”
Ludger strinse più forte. “Non preoccuparti, Tommy è una persona straordinariamente comprensiva, possiamo anche andarcene subito se le cose girano storte. Mi dispiace che non sarai con noi, però sono sollevato al pensiero che Andrea ti avrà vicino… non li vedo bene quei due e mi dispiace. Penso che Nora si stia prendendo una sbandata per Sebastiano. Non possiamo farci nulla, ma almeno stasera si distrarranno con il lavoro e con te. Domani lo chiamo e cercherò di passarci un po’ di tempo insieme. Vorrei stare anche con te, ma dobbiamo aspettare e sono convinto che presto inizierà ad andare meglio. Credo che dopo questo viaggio Sebastiano potrà separarsi davvero da Aline, non sarà un processo breve ma almeno potrà iniziare. Non mi fare quella faccetta triste, avremo tanto tempo, ne sono convinto.”
Amedeo si separò da lui sorridendo, perché stesse parlando di un suo amico e non di suo fratello. Prima di allontanarsi gli chiese di mandargli dei messaggi quella sera, anche soltanto per fargli sapere come procedeva. “E salutami Tommy, a questo punto spero di conoscerlo, davvero, presto.”
La macchina sfrecciava infilandosi negli spazi lasciati liberi dalle altre. Sebastiano si tenne alla maniglia restando indifferente, e Ludger gli parlò senza modificare la velocità.
“Tommy è stato uno dei pochi amici che sono riuscito ad avere negli anni prima dell’incidente. È una persona molto gentile, e mi ha aiutato in parecchie occasioni… mi sono risvegliato a casa sua un sacco di volte senza sapere neanche dove fossi collassato. È una persona molto buona e piena di interessi, spero non ci siano altre sorprese per te stasera. Ci dovrebbe essere anche un suo amico, con il quale probabilmente ho fatto qualcosa, anche se non ricordo. Possiamo andarcene senza troppe spiegazioni, lui non si offenderebbe e del suo amico non mi importa molto.”
Sebastiano non reagì neanche agli scossoni della guida, concentrato per trovare le parole giuste. “Devo imparare da te, tu vuoi superare le cose. Che palle che Lorenzo sia quel Lorenzo. La devo digerire. Fa parte della famiglia allargata in cui sto facendo il parassita. E non mi piace creare problemi. Sono contento che la sorellastra si sia trovata un uomo decente. Detesto fracassare gli equilibri degli altri. A casa di Andrea c’era un altro clima stasera.”
Ludger frenò bruscamente evitando un impatto per pochi millimetri; la schiena di Sebastiano si staccò dal sedile per tornarci con un movimento violento.
“Cristo! Possibile che non riesci a guidare meglio? Sicuro di non farlo apposta?”
“No. Non mi piace questa macchina e forse voglio distruggerla. La settimana prossima me ne compro una nuova e questa la rottamo, o la lascio ad Amedeo. Non preoccuparti. Nora ha questi picchi d’entusiasmo in continuazione, fa tutto da sola, anche normalizzarsi. Se poi non si riprende significa che qualcosa era destinato a cambiare, a prescindere dagli stimoli esterni. La conosco da tanti anni, è sempre stata così. Hai fatto bene a evitare la seduta di trucco, Andrea è geloso ma non stupido… anche se si diverte a fare il cretino. Quindi Lorenzo è un uomo ‘decente’ secondo te?”
Ludger cercò di guidare meglio; Sebastiano guardava la strada e le luci che riuscivano a filtrare oltre le lenti scure, che si muovevano troppo veloci.
Non aveva una risposta. “Non so perché l’ho definito così. Non penso a lui da anni, e quando me lo ritrovavo fra i piedi ero su un altro pianeta. Però è sempre stato gentile, malgrado io fossi una bestia. Non con lui, in generale. Con le persone che non mi interessavano. Lui non mi interessava perchè era piaciuto ad Adriano. Gli ho inflitto diverse burlonate quando stava con il mio amico, e non se l’è mai presa. Ci accettava con tutte le nostre spigolosità, non erano in molti a riuscirci a lungo. Con Adriano è sempre stato fin troppo gentile, è stato mollato proprio per questo. È già la seconda volta che lo dico oggi e non è un giudizio, è una semplice constatazione. Adriano era una puttana. Con molta vocazione. E ne andava fiero. Lorenzo era un bravo ragazzo. Anche a quegli incontri dove ci siamo conosciuti non l’ho mai visto partecipare ai baccanali. Guardava e basta. Poi si è attaccato ad Adriano e non se ne è staccato più. Abbiamo smesso di andarci proprio perchè non voleva incontrarlo, non voleva torturarlo. Ma tu, con questo Tommy, come mai non ci hai mai scopato. È racchio.”
Ludger si aspettava quella domanda, rise di gusto. “No, non è ‘racchio’. Si chiama Tommaso, ma si è sempre fatto chiamare così. Lui ha una storia importante con un tipo che ha una moglie e una famiglia, ne è innamorato e non lo tradisce. Stanno così da anni, e lui è contento. Non ho mai voluto distruggere le vite degli altri, mi bastava la mia.”
“Ed eri sempre così buono con tutti?”
“Assolutamente no, potevo essere un grandissimo stronzo. Ero uno stronzo selettivo. Sulle storie importanti non ho mai fatto eccezioni.”
Tommaso li accolse con una musica bassa e piacevole. L’appartamento era piccolo e le pareti erano rivestite di librerie fino al soffitto molto alto, anche quelle non occupate dagli elettrodomestici in cucina. Prima abbracciò Ludger a lungo dichiarandosi felice di riaverlo nella sua casa, e poi tese la mano a Sebastiano.
“Posso chiamarti Tommaso?”
Rispose divertito. “Certo, è il mio nome. Posso chiederti perché?”
Sebastiano si era spostato a guardare le coste dei libri che salivano per quattro metri abbondanti. “Hai troppi libri per un diminutivo che finisce con Ypsilon, non hai tredici anni e non sei neanche racchio.”
“Motivazioni condivisibili, dimmi se trovi qualche titolo che ti interessa, te lo presterei volentieri.”
Sebastiano lo ringraziò, e restò a guardare i libri inclinando la testa; gli altri raggiunsero la seconda stanza, dove Francesco si alzò per salutare Ludger con entusiasmo. Sebastiano dal corridoio lo vide tendergli la mano, senza accennare a superare il tavolino che li separava per farsi abbracciare. Tornò a concentrarsi sulle coste, ed estrasse dallo scaffale un libro che parecchi anni prima aveva letto con gusto; sorrise pensando di non aver mai visto Ludger salutare qualcuno in modo così formale. Li raggiunse con Notre Dame des Fleurs in mano, e tese la mano per presentarsi a Francesco che lo guardava incantato. Prese posto su una poltroncina, mandò indietro i capelli sollevando gli occhiali e iniziò a leggere con indifferenza. Ludger usò un’altra poltrona lasciando il posto sul divano al loro ospite. Tommaso aprì uno dei vini che aveva portato, e avviò la conversazione chiedendogli di Amedeo.
Ludger si accese una sigaretta con gesti lenti, iniziando a raccontare dopo aver gustato il primo tiro. “Stasera lavora, ti saluta. Dobbiamo organizzare un incontro durante la settimana perchè vorrei tanto fartelo conoscere. Io sono molto, molto felice per come stanno andando le cose tra noi.”
Francesco era attento. “Amedeo è il tuo ragazzo? Da quanto state insieme?”
“Sì, però non saprei definire con esattezza da quanto tempo stiamo insieme. Abbiamo avuto un inizio poco lineare.”
Sebastiano prese la parola senza alzare gli occhi dal libro. “Se vi serve un anniversario posso proporre il nove settembre, la prima volta che avete scopato. Le altre date chiedile a lui. Sicuramente le ricorderà tutte.”
Ludger rise, dichiarandosi d’accordo. “Glielo proporrò come anniversario ufficiale.”
Porse un calice di vino a Sebastiano che iniziò a sorseggiarlo mentre riportava gli occhi sulle pagine del libro. Francesco trattenne a fatica la sua curiosità: trovava Ludger ancora più bello, e l’aspetto del suo amico lo affascinava così come i suoi modi di fare. Si censurò soltanto perché al momento dell’invito gli era stato chiesto di essere molto discreto. Tommaso gli chiese di aiutarlo ad apparecchiare e invitò Sebastiano a continuare a leggere. Ludger li seguì in cucina, con il vino in una mano e il bastone nell’altra; non potè fare molto, ma lo sollevava sapere Sebastiano alleggerito dagli sguardi di Francesco.
Tommaso parlò con naturalezza. “Se ricordo bene, quando ci siamo visti l’altra volta Sebastiano era di passaggio a Roma e Amedeo avrebbe passato la notte con lui.”
Ludger gli fu grato di aver introdotto quel discorso in cucina, dandogli modo di fare alcune precisazioni. “Sì Tommaso, ricordi bene. Posso chiamarti anch’io così ora che sei diventato maggiorenne? Sebastiano è il miglior amico di Amedeo, e ha vissuto a Parigi per non so quanti anni. La scorsa settimana ha avuto una grave perdita, e starà con noi fino a quando avrà superato questo momento difficile. Stasera Amedeo lavora con un nostro amico, in un locale fino a tardi. Per Sebastiano è impossibile stare in un contesto del genere, per questo è rimasto con me. È esausto e io vorrei evitargli altri stress.”
Durante la cena parlarono di come il gruppo degli amici di Tommaso e Francesco lo avessero creduto morto, perché il suo numero era stato disattivato e nessuno aveva modo di rintracciarlo.
Tommaso aveva continuato ad andare alla casa di Monteverde, lasciando diversi messaggi sotto la porta, e dopo alcuni mesi aveva finito con il rassegnarsi. “Gli altri non facevano che dirmi che era evidente che non saresti durato a lungo con la vita che facevi, io però proprio non volevo crederci. Quando ti ho visto quella sera al ristorante è stato uno dei momenti più belli della mia vita. Amedeo deve aver pensato che sono un cretino, per come balbettavo e per come ho pianto. Non riuscivo a controllarmi… ha degli occhi stupendi quel ragazzo, mi guardava come se fossi un miserabile.”
Sebastiano scoppiò a ridere prima che Ludger potesse aggiungere qualcosa, e il boccone gli andò di traverso facendolo tossire. Tommaso gli porse un bicchiere d’acqua e lui si tratteneva a stento dal riprendere a ridere. Ludger lo guardava, aspettando con pazienza.
“Sì, Ludger, adesso mi ripiglio e ci metto una toppa. Dunque. Non credo che Luca possa aver mai pensato niente di simile. Ho riso per quanto è impossibile. Un paradosso. Però è vero, quando è storto ha uno sguardo pazzesco. E quella sera era stortissimo.”
Francesco si ritrovò a ripetere quei nomi che per lui non corrispondevano, e Ludger raccontò di come Amedeo aveva iniziato a rivolgersi a lui usando quel nome senza sapere che quasi tutti gli amici lo chiamavano Louis. Tommaso conosceva questa storia e anche l’altra eccezione, alzò il calice dedicandolo un brindisi al destino. Ludger gli chiese se credesse davvero nel destino.
“No, non credo in niente, lo sai, solo nelle coincidenze.”
Sebastiano aggiunse. “Anch’io. Coincidenze e destino a volte possono apparire come sinonimi. E trovo il nome Amedeo orribile per lui. L’ho sempre chiamato Luca, che ne sapevo che si sarebbe sposato con un Ludger-Louis. Questa cosa dei nomi non mi sembra poi tanto importante.”
Tommaso era divertito, alzò di nuovo il calice per brindare a Luca-Amedeo e alle coincidenze. Sebastiano gli sorrise. “Mi piacciono i tuoi brindisi.” Si alzò per togliere finalmente la sciarpa e la giacca e aprì anche il cardigan come per toglierlo, ma cambiò idea.
Ludger notò la maglietta a righe di due tonalità di grigio scuro. “Quella maglietta è di Amedeo? Ti sta molto bene.”
“Sì. Dopo che Lorenzo è uscito mi sono fatto una doccia lì a San Lorenzo. ‘Sta cosa dei nomi sta diventando stucchevole. Mi sono ricordato che stamattina me ne ero dimenticato. Luca mi ha dato un altro po’ di cose sue. Quelle che gli danno i tipi del negozio delle foto, sa che preferisco la seta a pelle. Non credo ne avesse molte, ma non è male, è abbastanza opaca. Mi diceva che gli hanno proposto di posare per il prossimo catalogo e si è rifiutato. Ha fatto bene, anche perchè non tutti i vestiti che gli danno sono indossabili. Anche tu stai bene con quella camicia, come dice il poeta. Dovresti indossare soltanto camicie nere. Certo, sul taglio ci si potrebbe lavorare.”
Ludger era felice di vederlo rianimarsi. “Bentornato tra noi.”
Tommaso era sbalordito dai comportamenti di Ludger, dalla sua serenità così come dalla sua allegria. “Quanto sei cambiato, è una meraviglia vederti così. Quando parlate di questo ragazzo prendi un’espressione bellissima, sembri un altro. Non vedo l’ora di conoscerlo e spero di non trovarlo storto. Io ormai dovrei riuscire a evitare di piangergli in faccia.”
Sebastiano era sempre più partecipe, trovava Tommaso interessante ed era aiutato dal vino che continuava a bere senza pause. “No, Tommaso, ti assicuro che non te ne devi preoccupare. Sono sicuro che il fatto che hai pianto come una fontana per Ludger ti ha già fatto guadagnare parecchi punti. Poi sul come guarda le persone bisogna dargli tempo. È ancora fuori controllo, è vero. Perché è stato tirato fuori dal bozzolo da poco.”
Ludger annuì e con delicatezza gli tolse il bicchiere dalla mano. “Oltre a fartelo andare di traverso cerca anche di mandarlo giù un po’ di cibo. Immagino tu abbia dimenticato anche il pranzo oltre al resto.”
Sebastiano gli diede una leggera spinta sulla spalla e iniziò a mangiare senza ulteriori commenti. Parlarono di un articolo a cui stava lavorando Tommaso, e anche Francesco si sentì libero di intervenire manifestando un aperta ammirazione per il modo di scrivere del suo amico. Ogni tanto si trovava a sospirare ricordando il poco tempo passato con Ludger, anche lui lo trovava straordinariamente cambiato, provando una certa invidia per Amedeo. I loro racconti lo confondevano perchè non riusciva a capire l’intreccio di quel rapporto a tre, suscitandogli un interesse che a tratti conteneva a fatica. Appena gli fu possibile provò a convincerli ad uscire con lui e il resto del gruppo di amici dopo cena, perché aveva già appuntamento per uno dei loro abituali giri per locali.
“Dai Louis, qualche settimana fa te la sei cavata benissimo con le stampelle. Potremmo anche passare a trovare Amedeo.”
Ludger si alzò per tornare con il telefonino, rispondendo distrattamente. “Grazie Francesco ma non è il caso di insistere. Se anche Tommaso vuole uscire noi faremo qualcos’altro.”
Sebastiano gli rivolse uno sguardo obliquo. “Ludger quanto sei coatto. Il telefonino a tavola credo sia troppo anche per te.”
“Amedeo mi ha chiesto di mandargli dei messaggi stasera, vuoi scrivergli tu?”
Sebastiano era stupito, per i messaggi così come per quella domanda. “E cosa.”
“Se non hai ispirazioni poetiche potrebbe bastare un fin qui tutto bene.”
“Bella citazione, eseguo e la prossima volta invece delle forbici mi procurerò una macchinetta. Così facciamo contento anche Andrea e Amedeo collassa definitivamente. Per dopo pensavi a una bella passeggiata a Corviale.” Prese il suo telefono maneggiandolo come se fosse il proprio. “Comunque, se vuoi uscire con i tuoi amici vai pure. Io posso rintanarmi a casa tua a leggere. Se mi spieghi dov’è la cassaforte per procurarmi la mia dose di oblio. Penso di potercela fare anche da solo. Un tempo mi riusciva.”
Ludger sorrise facendo uscire il fumo. “Non voglio correre il rischio di dover cercare un veterinario notturno, e questa sera pensavo solo di stare un po’ con Tommaso. Considerando che non ho intenzione di usufuire delle attrazioni offerte da quei posti preferisco frequentarlo in contesti in cui riesco a distinguere intere frasi. La musica che mettono poi me la risparmio volentieri.”
Alla fine uscì soltanto Francesco che li salutò a malincuore; si spostarono di nuovo sul divano e al terzo calice Sebastiano iniziò a tempestare Tommaso di domande. Lui rispondeva con tranquillità, anche quando si trovava a descrivere situazioni complicate, dandogli l’impressione di una persona equilibrata oltre che ricca di interessi. Presero a parlare senza censure, e Ludger pensò che era la prima volta che vedeva Sebastiano interagire con qualcuno al di fuori dalla sua famiglia allargata con tanto gusto. Sebastiano accettò in prestito il libro preso appena entrato in casa, che avrebbe letto nel viaggio a Parigi, e fece scrivere a Tommaso il suo numero di telefono sotto a quello di Elisa e Davide.
Il suono del messaggio, con cui Amedeo annunciava di essere sulla via del ritorno, svegliò Ludger che dormiva sul divano. Si alzò per andare pigramente in bagno: in quello spazio temporale sospeso nel cuore della notte non riusciva a fare altro che aspettarlo. Restò in piedi di fronte alle finestre, erano le cinque passate, e il silenzio rendeva immobili anche gli alberi. Gli piaceva accoglierlo al rientro, lo trovava bellissimo così carico per la serata a bere e ballare, con il viso dai lineamenti tesi per la stanchezza e il corpo fasciato negli abiti troppo stretti. Non si girò sentendolo entrare. Distinse il suono dello zaino abbandonato a terra, la zip del giacchetto di pelle e i passi che si dirigevano verso il lavandino della cucina, dove si lavò le mani per poi rinfrescarsi il viso con l’acqua fredda.
Amedeo in quelle occasione viveva il tempo che li separava come se fosse un crescendo che lo riportava a lui. “In quale stanza con una porta che si può chiudere preferisci essere trascinato?”
Ludger si girò verso di lui sorridendogli, si appoggiava con entrambe le mani al bastone. “Contro la mia volontà, ovviamente.”
“Ti sta molto bene quella camicia.”
Lo aveva detto con fare indifferente e Ludger decise di giocare un po’.
“Mi è stato già detto, stasera.”
“Amedeo chinò il capo rivolgendogli uno sguardo torvo, per interpretare meglio la sua parte. “A chi devo spezzare le gambe stavolta?”
“Lo trovi preventivamente narcotizzato nel nostro letto. Quanto sei bello… però, se non ti dispiace, vorrei aspettare un po’ per il match notturno. Vorrei fumare una sigaretta con te, non so se contarla come quarta della giornata finita, o prima di quella che deve iniziare.”
“A quest’ora puoi azzerare i conteggi, hai già dormito e tornerai a farlo tra non molto. Per te questo tempo è strappato al sonno, fuori dalla dinamica dei giorni.”
Amedeo tornò allo zaino per poi cambiare idea, prese le sigarette di Ludger dalla tasca del cappotto appeso di fianco al suo giacchetto.
Ludger lo guardava muoversi con gesti veloci e armoniosi mentre si dirigeva alla penisola per versare due bicchieri di porto, come se ascoltasse ancora la musica che aveva riempito le sue ultime ore. “Ti sei truccato stasera?”
Si sedettero vicini sul divano e Amedeo scosse la testa sorridendo, per l’aria fredda in motorino la pelle era più bianca, come se avesse già dimenticato il sole, e le labbra risaltavano rosse.
“Mio fratello è riuscito a sfasciare un’altra coppia o il bilancio, per oggi, si ferma a due?”
“Quanto era storto Andrea?”
“Abbastanza, per fortuna non ce l’ha con lui. Dice che Nora ogni tanto prende e parte anche se non invitata, che anche quando ha conosciuto me ha avuto un momento da teenager, e che è stata più discreta perché c’eri di mezzo tu. Pensa che fatica povero Andrea, e io ovviamente non mi ero accorto di nulla. Lui però si dichiara stanco di questi incapricciamenti. Ancora mi interrogo sull’etimologia della parola. È passato Davide, anche lì Sebastiano ha causato un bello scossone… pare che la tradizione delle cene a casa sua sia piuttosto antica, Davide non sapeva che in passato erano molto più movimentate, diciamo così. Probabilmente era lo stesso circuito che frequentava anche Lorenzo. Ha avuto una brutta discussione con ‘il marito’, che si ricorda benissimo di Sebastiano. Glielo ha descritto in modo che Davide non ha voluto ripetere, ha detto solo di aver frantumato un vaso Venini rosso, il suo preferito. Deve aver sclerato di brutto, stasera non lo chiamava più marito, ma quell’ipocrita-bugiardo. Insomma un bel quadretto. Non lo avevo mai visto così scosso. E voi invece?” Si concesse una piccola pausa per sorridergli. “Fin qui tutto bene. Fin qui tutto bene. Fin qui tutto bene?”
“Quanti messaggi ti ha spedito? Gli avevo detto di mandartene uno ogni tanto per farti sapere come stava andando la nostra serata… gli ho suggerito solo il primo, deve aver apprezzato parecchio la citazione. O forse lo ha copiato. Si è trovato bene con Tommaso, c’era anche un altro tipo, che per fortuna si è fatto un giro per locali dopo cena. È uno dei suoi amici di cui ti ho parlato, non mi ricordo neanche cosa ci ho fatto e dove, ma è stato abbastanza discreto. Doveva essere stato istruito e non ha fatto domande ma, per come ci guardava, Sebastiano ha tenuto giacca e sciarpa anche a tavola. Dopo, per fortuna, si è rilassato. Sono abbastanza convinto che Elisa e Lorenzo non avranno problemi, Sebastiano mi ha parlato di Lorenzo in termini buoni, considerando il tutto. Per Andrea e Davide non preoccuparti, le storie finiscono quando devono finire, a prescindere dai demoni che incontriamo per caso a tavola.”
Amedeo pensò alla pagina del libro che suo fratello si portava dietro, con i nomi e i telefoni scritti sotto quel titolo che sembrava un’introduzione a calligrafie e penne diverse. Immaginò si fosse aggiunto anche Tommaso. “Ma non era Tommy?”
“Chiedi a tuo fratello. Penso e spero che quando torneremo da Parigi sarà in grado di gestire il suo telefonino. Adesso però vorrei pensare ad altro, voglio rendere quelle labbra ancora più rosse.”
Si erano baciati a lungo sul divano e quando Ludger capì che Amedeo stava dimenticando che non erano più soli in casa si alzò e gli sorrise. “Quanto ha il sonno pesante tuo fratello?”
“Quando dorme, dorme come un sasso… anche senza pillole. Però spostiamoci.”
Amedeo chiuse la porta della camera da letto e lo raggiunse nello studio. Lo trovò appoggiato al tavolo della sua scrivania, aveva acceso la lampada da lettura e lo aspettava sorridendo. Amedeo si massaggiò il viso, chiuse a chiave la porta alle sue spalle e, nei pochi passi che li separavano, si sfilò la maglietta lasciandola cadere a terra. Ludger restò fermo mentre Amedeo si mandò indietro i capelli e iniziò a sbottonargli la camicia per fermarsi all’altezza dello sterno. Infilò entrambe le mani ai lati del collo per liberarlo dalla stoffa; sentiva la pelle tiepida e vellutata sotto i polpastrelli, gli girò il viso da un lato per portare la bocca sotto l’orecchio e immergersi nel suo profumo. Le labbra aderirono alla pelle aprendosi, Ludger che non toglieva le mani dal ripiano della scrivania si inarcò leggermente: gli piaceva sentire il suo respiro così vicino all’orecchio come le dita che premevano sulla sua testa per avvicinarlo.
Amedeo morse leggermente l’angolo della mandibola prima di raggiungere le labbra in cui affondò con decisione. Tornò all’orecchio, che avvolse nelle labbra morbide e morse, facendo entrare alcune dita nella sua bocca ancora socchiusa mentre, con l’altra, scese a massaggiare il sesso che premeva sotto la stoffa dei pantaloni. “Vorrei entrare in te in ogni modo, Ludger, in ogni tua possibile fessura e piega, voglio trovare quell’interruttore che cancella tutto il resto. Solo tu, solo ora. Non esiste nient’altro. Che bello che sei. Ancora non mi capacito che tu possa essere così bello. Forse non ci riuscirò mai.”
Ludger gli prese la testa premendo ai lati con entrambe le mani per portarsela davanti e baciarlo di nuovo. “Tu mi fai impazzire.”
Amedeo amava sentire quella presa forte e la loro saliva mescolata sulla pelle. Lasciò cadere le braccia e respirò a fondo: l’espressione che gli rivolgeva Ludger rendeva i suoi lineamenti ancora più affilati.
“Perché non lo fai? Perché non ti lasci impazzire… che ti trattiene?”
“Non voglio romperti, ci sono troppi spigoli qui.”
Ricordò la sensazione di vuoto delle tante volte in cui lo aveva scaraventato sul letto, e le sue braccia che gli piegavano il corpo in posizioni innaturali. Afferrò il bordo della camicia di Ludger che aveva aperto parzialmente per liberargli il collo e le spalle. La stoffa tesa disegnava una V nera su quel corpo bianco che era il suo unico desiderio, dove voleva tornare anche quando era già lì. Con un gesto deciso fece saltare i bottoni ancora chiusi e si spinse verso di lui fino a farlo indietreggiare di nuovo alla scrivania.
“Per quanto posso fare, con tutto quello che mi puoi fare, io non sono mai sazio. Questa fame è inestinguibile, questa bestia che hai tirato fuori è la cosa più viva. Brucia e non si consuma mai, mi fa sentire che non riuscirò mai ad amarti abbastanza.”
Sebastiano aveva camminato per ore tra gli alberi, si era poi fermato a leggere molte pagine del suo libro fino a che non si era costretto a tornare indietro per la fame. Mangiò un pezzo di pizza in una squallida tavola calda, e stava per ritornare verso il parco quando squillò il telefonino di Amedeo che aveva portato con sé. La voce di Ludger era ancora più bassa e leggermente rauca.
– Penso che Amedeo dormirà ancora per un pezzo, ti ho chiamato per evitarti di barboneggiare altre ore. Scusami se non l’ho fatto prima… mi sono appena svegliato, torna quando vuoi e non portare cornetti. –
Pochi minuti dopo Sebastiano lo trovò seduto alla penisola con una tazza di caffè a massaggiarsi la tempia; si versò una tazzina di caffè e gli si sedette di fronte, quella mattina per lui era stata lunghissima.
“Mi dispiace di aver dormito così a lungo. Quante ore sei stato fuori?”
Sebastiano vide la macchia rossa sull’angolo della mandibola di Ludger, poi quella seminascosta dai capelli sul collo, e segni come graffi che dai lati dello sterno scivolavano simmetrici ai lati del torace sfumandosi. “Ti fa sempre male la testa quando ti svegli così tardi. Sei sicuro di poterlo fare, quello che fai o fate, che ti riduce così.”
Luger sorrise con un’espressione serena. “Se non lo ‘potessi’ fare tanto valeva rimanere nel sarcofago. E sì, mi ha fatto a strisce, ma va bene così. Anzi, va benissimo così. Da quanto sei sveglio?”
Sebastiano guardò fuori dalla finestra sorseggiando il suo caffè. “Non so, non ho l’orologio. Avrei giocato volentieri con le lucertole, ma temo stiano andando in letargo.”
“C’è una cosa di cui voglio parlarti. Non so quanti anni fa Helga ha comprato l’appartamento qui a fianco con l’idea di ingrandire questo, che per me è già abbastanza grande. Mi ero perso le chiavi e ho passato giorni a cercarle… sai, la mia memoria può essere davvero stronza. Ho fatto buttare giù la porta e cambiare la serratura e Ravi lo ha già pulito. Non ho idea di come sia messo, ricordo che è piccolo. Pensavo di lasciartelo per tutto il tempo che vuoi… non per cacciarti da qui, ma al contrario, per permetterti di restarci quanto ti pare. Non mi piace pensarti a fare il barbone in inverno le mattine del weekend. Puoi portarci i tuoi amici rettili, puoi anche soltanto farci spedire le cose che devi smaltire a Parigi, puoi anche dimenticartene, se preferisci.”
Sebastiano elaborò in silenzio questa informazione e le possibilità che apriva. “Tu sei sempre completamente sincero.”
Ludger non cambiava espressione, parlando con il suo solito distacco.
“Perdonami sono troppo stanco per capire se è una domanda… Te l’ho già detto, non mi sono mai fatto problemi e non voglio iniziare adesso. Ho sempre trovato le bugie motori di complicazioni inutili, e soprattutto non ho nessun motivo per nascondermi dietro alle cazzate. Mi piace stare con te, a prescindere da tutto, deve essere chiaro che non ti sto cacciando… non ti immagino neanche a dormire lì, immagino un posto tuo che sia il più possibile qui, fino a che vorrai restare qui. Scusa se faccio confusione, mi scoppia la testa.”
Avrebbe voluto alleggerirlo, e prese del ghiaccio dal congelatore che gli lasciò in mano. “Mettilo sulla fronte, alla cervicale penseremo dopo. Amedeo lo sa, di questo posto qui a fianco?”
“No. volevo parlarne con te, prima con te, per fartela gestire come ti pare. Te l’ho detto, a me non interessa, puoi fare quello che vuoi. Grazie del ghiaccio, mi sdraio un attimo.”
Amedeo trovò Ludger ancora disteso su un divano ad occhi chiusi. Sentiva lo stesso CD che aveva ascoltato al risveglio la mattina precedente. Vide immediatamente i segni che gli aveva lasciato sul torace e sorrise. “Stai bene? Sembri un gladiatore dopo l’ultima battaglia.”
Ludger lasciò cadere il sacchetto di ghiaccio a terra. “Ho solo un po’ di mal di testa, ma sta passando. Il tuo braccio? Vieni qui?”
Amedeo si avvicinò ruotando l’articolazione della spalla sinistra, ridendo. “Anche stavolta non si è staccato.”
Ludger lo avvolse tra le sue braccia fredde trascinandolo su di sé, sorridendo con un’espressione dolce per quel viso gonfio di sonno. Lo baciò con dolcezza sugli occhi, e lo tenne stretto aspettando l’inevitabile domanda.
“Dov’è Sebastiano?”
“Uscito con la mia macchina a comprare colori e materiali. Sta bene, credo che per oggi e domani sarà piuttosto impegnato. Ti ho aspettato per il surrogato di pranzo del weekend. Mangiamo qualcosa mentre ti racconto?”
Erano ancora a tavola quando sentirono dei rumori dal lato del soggiorno; Amedeo si precipitò sull’atrio e aiutò Sebastiano a scaricare il materiale che aveva comprato dall’ascensore, mentre Ludger rientrò per organizzare un incontro con Andrea. Prima di uscire si affacciò nel piccolo appartamento per salutarli.
“Mi dispiace non poter partecipare alla festa.” Si era accucciato per osservare uno stereo compatto che Sebastiano aveva lasciato in terra vicino ai secchi di colore.
“Ludger, posso davvero fare il porcaio che mi pare?”
“Oh, una formula interrogativa. Certo. Ti ho già detto che non mi interessa, divertiti.”
Amedeo smise di sfogliare un raccoglitore di CD che usava per lavorare e accompagnò Ludger alla porta. Lo abbracciò per sussurrargli in un orecchio. “Sei una specie di divinità personale lo sai? Ti sono così grato.” Era entusiasta di quel cambiamento e credeva che per Sebastiano sarebbe stato un grande aiuto avere qualcosa a cui lavorare.
Ludger lo strinse a sè baciandogli le labbra. “Io faccio soltanto quello che mi viene naturale, non hai motivo di ringraziarmi. A più tardi tesoro.”
L’appartamento era un bilocale e si affiancava all’altro dal lato del soggiorno; entrambe le stanze affacciavano su un terrazzo molto meno profondo, con lo stesso nastro di finestre rivolto verso gli alberi che tanto piaceva a Sebastiano. Lo aveva perlustrato a lungo prima di uscire, pensando che potesse diventare un rifugio perfetto: voleva cambiare il colore delle pareti e mantenerlo il più possibile vuoto. Decise di lasciare il piccolo bagno esattamente come lo aveva trovato, perché aveva intenzione di continuare ad usare quello con la vasca. Era dispiaciuto di non essere in grado di staccare i pensili sopra il piano di lavoro della cucina, che si appoggiava su una parte della parete del soggiorno, perché temeva fossero troppo pesanti per loro. Iniziarono a dipingere la camera da letto subito dopo averla carteggiata, usando lo stesso colore cupo che aveva steso nella sua casa di Roma insieme ad Adriano. La musica scandiva i loro movimenti, spesso cantavano, e Sebastiano partecipava a tutte le pause in cui Amedeo fumava prendendogli alcuni tiri. Si manteneva concentrato nel seguire la musica e nel lavoro a cui si stavano dedicando. Durante le pause abbassavano il volume e parlavano seduti a terra. Erano impolverati e sporchi di colore come se fossero finiti in una condizione inedita, e comunque familiare.
“Metti tutti questi dischi quando lavori?”
“Non tutti, alcuni pezzi, però ho chiesto a Claudio di doppiarmi i CD interi.”
“Per adesso risparmiamoci ‘Claudio’. Ho la testa che esplode di nomi. Per me è una fatica frequentare le persone, e non fingere di farlo come quando lavoro.”
La camera da letto avrebbe avuto bisogno di un’altra passata di tempera perché Sebastiano voleva un colore pieno, ma dovevano aspettare il giorno dopo. Iniziarono a preparare il materiale per dipingere la stanza grande.
Sebastiano aprì diversi secchi che erano disposti al centro di quello spazio vuoto. “Di là voglio una scatola blu compatta. Qui, invece, ci divertiremo a pastrocchiare, contento?”
Amedeo lo guardava mescolare il gesso, divertito dalla patina bianca che la scartavetrata aveva lasciato sui suoi capelli legati in una coda alta. “Con il grigio ardesia? Abbiamo il tuo cimitero e la mia grotta, questa come la vogliamo chiamare?”
“La casa a fianco. Penso possa bastare. Invece, la storia dei segni. Non ti fanno più sclerare, è evidente. Ma perché è sempre e solo Ludger a ritrovarsi con i postumi di una rissa. Ha la pelle diversa, va bene, ma per come lo riduci credo si vedrebbero anche sulla tua. È evidente che vi divertite e sai che approvo. Te lo chiedo soltanto perché, per come vi vedo, non mi piacerebbe immaginare il vostro rapporto sbilanciato sul sesso.”
Amedeo sorrise e diede un tiro con forza, anche lui era impolverato e con i capelli legati, due macchie di blu di Prussia sfumate su uno zigomo richiamavano quello oltremare degli occhi. Aveva un’espressione divertita; erano tanti i segnali che gli facevano capire che si stava costruendo un rapporto forte tra Ludger e Sebastiano. “Ne hai parlato con lui?”
“In qualche modo. Lo sai com’è. Ludger è sempre e solo contento. Soprattutto di te, lo potresti anche uccidere. Ha detto un ‘piuttosto restavo nel sarcofago’.” Aveva ripetuto la citazione con un tono più basso del proprio.
“Ti trovi bene con lui?”
Sebastiano rise brevemente. “Ovvio. È perfetto, non mi si vuole neanche scopare. Potrei anche sposarlo, peccato ci sia la fila.”
Anche Amedeo rise. “Avete parlato anche di questo?”
“Fratellino non c’è bisogno di parlarne. Io lo capisco, e credo anche lui. Forse è un superpotere che si risveglia con l’esperienza. Per me è facile capirlo da come si comportano le persone con me. Non ti servono esempi condivisi perché ci arrivi da solo. Pensa alla sorellastra. Adesso è adorabile. Le persone che mi si vogliono fare mi affaticano mostruosamente.”
Quando suonò il telefonino di Amedeo stavano strusciando con dei panni il grigio impastato con colla e gesso su una parete, si stavano divertendo molto a ‘pastrocchiare’ e non riuscì a rispondere in tempo per le mani sporche. Era sorpreso e richiamò Ludger appena gli riuscì.
– Sono con Andrea, ci chiedevamo se possiamo unirci alla festa. –
Girò la domanda a Sebastiano che rispose che per lui era del tutto indifferente; si era pulito le mani inaugurando l’ennesima pausa.
“Però tu, alla domanda di prima, non hai risposto.”
Amedeo si preparò una sigaretta impegnandosi a cercare le parole per descrivere quello che gli veniva chiesto. Aveva sempre parlato con lui senza censure, ma non voleva allargare in modo forzato la stessa intimità a Ludger, e sapeva di avere poco tempo. “Devo farlo in fretta perché saranno qui tra poco. Credimi, penso sia in tutto un rapporto alla pari. Abbiamo gesti diversi. Lui è più schieliano, e mi piace tantissimo. Anche se volessi, non avrei la forza per manipolare il suo corpo come fa con il mio. Ieri mi ha quasi staccato una spalla spalmandomi sul tavolo… perché non poteva scaraventarmi su un letto… lo ha anche detto, c’erano troppi spigoli e non mi vuole rompere.” Nel parlare manteneva gli occhi bassi ed era arrossito. “Però non è sempre così, ieri sera eravamo particolarmente carichi… solo con te potrei parlare di queste cose.”
Sebastiano accennò un sorriso nel viso inespressivo. “E fai bene. Sono solo contento che vi divertiate. Sicuro che non vi è d’intralcio che, durante le vostre coreografie, io occupi il vostro letto? Vi chiudete a chiave da qualche parte. Spero.”
“Nello studio, e sono sicuro. Puoi dormire tranquillo, mi sembra evidente. Per fortuna hai il sonno pesante.
Ludger e Andrea entrarono dopo pochi minuti, e risero di gusto per lo scenario che Andrea definì Apocalittico. Grazie al suo aiuto poterono smontare i pensili della cucina ed iniziare a togliere le mattonelle dietro il ripiano da lavoro; in seguito Sebastiano avrebbe rasato grossolanamente il muro per lasciarlo con il cemento a vista.
In una pausa, bevendo birra fredda, Andrea iniziò a parlare di Nora senza che nessuno avesse introdotto l’argomento.“Mi fa bene fare i lavori pesanti perché sono parecchio nervoso. La ragazza sta facendo i capricci, e io sono elettrico anche se non ce l’ho con nessuno. È evidente anche a una talpa che voi tre siete molto più belli di me e la storia si ripete, ma non è questo il problema. Forse sono io che inizio a essere stufo, e questa è un’altra storia. Non lo so, a me piace che Nora sia così emotiva, non è quello. Se vedo te, Amedeo, è evidente che sono tante le cose che ti prendono… ma non tolgono niente a Louis. E non è una cosa di sesso, è lo slancio, l’emozione che ti danno alcune persone. La mia donna non dovrebbe essere mia perché l’ho comprata, ma perché prova per me, anche per me, quel tipo di slancio… E per me non lo vedo e non lo sento più, è questo che mi dà da pensare. Stasera lo so già che mi terrà il muso perché sono stato con voi tre e lei no, come se il fatto che sia io a tornare a casa sia poco importante.”
Ludger gli passò un braccio sulle spalle e strinse mentre Andrea sorrideva con una sfumatura di tristezza, per lui non era facile parlare in quel modo. Sebastiano sussurrò un ringraziamento quasi coperto dalla musica.
Andrea gli sorrise. “Di cosa mi ringrazi? Che non ho portato il forcone?”
Sebastiano si guardava le mani sporche di colore e gesso, non gli sembravano le sue e trovava quel momento molto bizzarro. “Per avermi accettato come parassita del tuo amico.”
Andrea rise, diede una pacca al braccio di Ludger per farsi lasciare. “Senti, io non ti conosco se non per le tue parentele illustri, ma del mio amico ho accettato mostri così grandi che neanche ci voglio pensare. Mi basta vedere come sta adesso per accettare tutto quello che ha intorno, accetterei anche il diavolo in persona, se lui è felice.”
Amedeo si alzò di scatto per riprendere il lavoro. “Adesso però rimettiamoci in moto perché se Andrea continua così si dovrà sorbire un altra crisi emotiva, la mia.”
Quella sera avrebbero lavorato insieme e Amedeo invitò Andrea a fermarsi a cena, con la scusa di inaugurare il tavolo da pranzo che ancora non era mai stato usato. Chiese anche a Claudio di raggiungerli lì, per rimandare il momento della separazione. Claudio accettò volentieri e si presentò con le pizze: rimase talmente colpito dalla bellezza di quell’appartamento che continuò a tenere in mano i cartoni fino a quando Andrea non gli diede del fattorino. Sebastiano non manifestò particolari difficoltà per la sua presenza e arrivò a parlarci di musica, usando come pretesto i CD che avevano sentito quel pomeriggio.
Più tardi Elisa passò a trovare Amedeo mentre lavorava, standogli vicino sia alla console che nelle pause passate a ballare, e si fermò soltanto alcune ore. Giulia le aveva dato appuntamento insolitamente tardi, e lei non aveva voluto rinunciare perché gli era sempre più difficile organizzare un incontro con la sua amica.
“L’incontro tra Lorenzo e Sebastiano mi ha dato tanto da pensare. All’inizio ero incazzata come una biscia con lui, poi ho capito che era a pezzi. Abbiamo parlato un po’ e ne sono uscita sconvolta anch’io. Negli ultimi tempi non faccio che rivedere ogni idea che mi ero fatta di Sebastiano in questi anni. Immaginavo dovesse avere un passato pesante per i suoi comportamenti da matto, ma adesso che so che ha dovuto affrontare due lutti così importanti sono davvero scioccata. Tu lo sai che sono terrorizzata all’idea della morte di una persona a me cara, forse studio quello che studio proprio per fortificarmi, ma rimango una bestiola impaurita di fronte alla morte.”
Erano usciti in strada per fumare una sigaretta e parlare, senza la musica e il caos di persone che ruotavano intorno ad Amedeo; si erano allontanati dall’entrata per ritagliarsi uno spazio esclusivo. Si guardavano negli occhi seduti su un gradino, ed Elisa era preoccupata e dispiaciuta.
Amedeo le si rivolse sorridendo, pronto a sentire qualsiasi cosa e sicuro che la loro amicizia non ne sarebbe stata intaccata. “In che termini te ne ha parlato Lorenzo?”
Lei sospirò rumorosamente. “Senza esprimere giudizi, sorvolando sui particolari scabrosi, mettendosi nella stessa barca. Per quanto possibile. Perchè lui non è tipo da orge, ma ha detto che con Adriano non si appartavano. Quindi anche lui partecipava alla festa, a modo suo. Guarda è strano, ma ho avuto l’impressione, forte, che gli abbia voluto bene. Lorenzo è stato innamorato di Adriano e si sono frequentati, quindi ha avuto modo di vedere il rapporto che lo legava a Sebastiano molto da vicino. Malgrado tutte le differenze mi ha fatto pensare a quello che ha con te… e lì si è aperto l’abisso.”
Amedeo sapeva che stava sovrapponendo le situazioni e i suoi occhi lucidi glielo confermavano, le prese la mano sorridendole con dolcezza. “Lisa, io non ho nessuna voglia di morire. Prima o poi dovrai affrontare questo mostro, ma spero passerà davvero tanto tempo. E non mi dire la solita cosa che speri di essere la prima ad andartene, perché mi fa raccapriccio. Pensa a come ti sentiresti se dovessi essere io a dirla… Sono contentissimo che con Lorenzo non vi siate storti per questo. Sebastiano si sta impegnando molto, e per lui è difficile avere a che fare con quel pezzo della sua vita. Forse perchè pensa che sia stato il modo in cui vivevano a uccidere Adriano… credo sia questo il motivo che lo ha fatto cambiare così radicalmente. Ma per lui Lorenzo non ha nessuna colpa, non mi ha dato l’impressione di avergli voluto bene ma lo sai com’è il fratello no? Quando parla è talmente inespressivo… invece, come mai ti vedi con Giulia così tardi?”
Alzò le spalle e le rilassò tornando a sospirare. “Mia ha detto che prima aveva da fare. Ci sono tantissimi buchi in quello che mi racconta e non me lo spiego. Il nostro rapporto non era così… Ho paura che sia di nuovo finita sotto le grinfie di una qualche stronza, e che non me ne parli per non dovermi sentire ripetere sempre le stesse cose. Mi dice che quando sta con me non vuole pensare. Ma la vedo molto triste e sono preoccupata. Cosa dovrei fare secondo te?”
“Dalle tutto il tempo di cui ha bisogno, devi rassegnarti al fatto che puoi aiutare le persone a cui vuoi bene solo nella misura in cui te lo consentono. Certe volte basta esserci, e non fare domande è già una forma di aiuto. Ricordi come scleravo quando volevi aiutarmi e non potevi fare niente? Sono sicuro che tornerà a parlarti di tutto quando sarà il momento giusto per lei, devi solo saper aspettare.”
Il giorno dopo Sebastiano era completamente apatico, parlò poco anche con Amedeo mentre ripassarono il blu alle pareti della stanza più piccola. Pensava soltanto ad Aline e al viaggio che avrebbe fatto il giorno dopo.
Ludger uscì per incontrare Nora, e al suo ritorno, si limitò a commentare che la storia tra lei e Andrea stava precipitando e credeva che non fosse un fatto del tutto negativo, per entrambi.
Amedeo si risvegliò nella casa vuota, quella notte aveva lavorato e gli altri erano partiti da diverse ore. Si sentì terribilmente oppresso, e decise di aspettare i messaggi che Ludger gli avrebbe mandato spontaneamente, per non appesantirlo anche con le proprie paturnie o chiedendogli resoconti. Appena accese il telefonino trovò il primo dei molti messaggi che Ludger gli spedì quel giorno: definiva Sebastiano un fantasma e sua madre una macchina organizzativa efficace come una schiacciasassi.
Era a lezione con Davide quando seppe che i parenti della ragazza si erano dimostrati molto più cordiali di come aveva immaginato gestendo il telefonino di Sebastiano. Una sorella di Aline arrivò addirittura a ringraziarlo per tutto quello che aveva fatto negli ultimi anni, anche se Sebastiano non era stato in grado di risponderle, perché aveva pianto ininterrottamente. In seguito seppe che l’autopsia aveva confermato l’innocenza di Sebastiano. Quel messaggio lo colpì molto perché Ludger doveva avergli taciuto quell’aspetto fino ad allora per non dargli ulteriori preoccupazioni. Amedeo sentì le lacrime scendergli sul viso e Davide lo portò fuori dall’aula; quando gli raccontò cosa stava accadendo, il suo amico decise che avrebbero passato la giornata insieme. Pranzarono a San Lorenzo dopo aver fatto la spesa, ritrovarsi a compiere insieme quelle azioni banali era un aiuto per entrambi. Nel pomeriggio Davide sarebbe andato a vedere una stanza a casa di un suo conoscente perché dormiva sul divano dalla prima lite avuta con il suo compagno, e iniziava a sentire quella casa ostile. Aveva cercato di resistere per cercare di salvare il loro rapporto, ma ormai detestava essere circondato da cose non sue. Amedeo si sorprese nel sentirgli dire che la sua maggiore preoccupazione fosse per le piante che aveva accumulato e curato in quegli anni: molte le aveva comprate con la carta di credito del suo compagno e non se la sentiva di portarle via. Questo dettaglio scatenò in Amedeo una serie di riflessioni che non condivise, perché non si era mai chiesto che tipo di equilibrio si era stabilito in quella coppia. Davide era sempre stato sereno, addirittura felice quando si muoveva in quella casa piena di oggetti raffinati non suoi. Erano seduti a tavola mangiando piuttosto svogliatamente, e si sentì sollevato di seguire quei pensieri in quella che ancora sentiva come la propria casa. Dopo tanto tempo provò fastidio al pensiero che, nella casa di Monteverde, ogni oggetto apparteneva a Ludger, come anche l’appartamento in cui Sebastiano stava sfogando le sue paturnie. Davide sembrò notare la deriva che avevano preso i suoi pensieri.
“Non proiettare la mia storia sulla tua. È tutto diverso, anche solo il punto da cui siamo partiti. Io ero così divertito all’idea di fare il giovane mantenuto del mio compagno che all’inizio me ne vantavo con gli amici. La mia famiglia è benestante e mi passa un discreto mensile per mantenermi gli studi, certo, mi immaginano a convivere con un compagno di corso… ma sono dettagli a cui io non do importanza. Tu e Ludger siete talmente innamorati che quello che vi circonda è davvero secondario.”
Amedeo gli sorrise spostando il filo dei suoi pensieri nella direzione che risucchiava ogni spazio vuoto. “Sto pensando a Sebastiano, oggi faccio più fatica del solito a non tornare sempre a lui. Sono preoccupato… se non ci fosse Ludger a gestire la situazione non so come ne saremmo usciti. Mi chiedevo che peso abbia avuto il vostro incontro sul cambiamento che stai vivendo.”
Davide giocò con gli oggetti posati sulla tavola, mentre Amedeo guardava la finestra che suo fratello aveva spalancato pochi giorni prima inseguito da Lorenzo, prima di elencare gli uccelli che volano sul cielo di Roma come se fosse una formula magica. Quella finestra altissima piena di nuvole che doveva essergli sembrata una porta aperta verso un altrove a cui Amedeo si rifiutava di pensare, limitandosi a sperare che fosse soltanto una condizione mentale.
Davide continuava a guardare il suo piatto. “Ci ho pensato tanto e non credo sia per lui. Potrei catalogarlo come effetto collaterale. Penso che prima o poi sarebbe venuta fuori la mole di bugie che l’ipocrita-bugiardo mi ha raccontato, per bieca comodità. Mi fa rabbia che tutto il circuito di amici gli abbia tenuto il gioco. Che a parole siano tutti maliziosi è un dato di fatto. Non glielo dire ma mi urta che anche Lorenzo non abbia mai accennato a quelle storie. Gliene parlerò appena avrò modo ma, porca puttana, mi sento come se mi avessero trattato come se fossi un bambino che deve credere ancora a Babbo Natale.”
Amedeo era in attesa di un seguito che non arrivava: dalle parole di Davide era evidente che il cardine su cui ruotava il suo turbamento non doveva essere Sebastiano. “Tuo ‘marito’ che dice?”
“Che mi voleva proteggere, che aveva paura di perdermi, che per me è cambiato. Tutto il repertorio in positivo di un ipocrita bugiardo, che per difendersi dice di fare quello che fa non per sé ma per gli altri. Che rabbia!”
Amedeo valutò che effetto avrebbe avuto su di lui conoscere alcune parti del passato di Ludger in modo indiretto e dopo tanto tempo, arrivando a pensare che nella posizione di Davide avrebbe reagito in modo più violento. Quando squillò il suo telefono era così preso da quelle riflessioni che saltò sulla sedia.
– Lù, che succede? –
– Niente di preoccupante, sto formattando diversi computer mentre Sebastiano è in un’altra stanza, a riempire sacchi dell’immondizia di cose che vuole far sparire. Vuoi un computer da tenere a casa nostra? Lui ne terrà solo uno, gli altri li butterebbe. Come stai? –
– Abbastanza bene, grazie dei messaggi. Se li butta sì. Starò con Davide tutto il giorno. Come sta lui? –
– Ha pianto abbastanza da disidratarsi. Adesso sembra fare quello che deve in modo automatico. Questa casa è bellissima, mi dispiace che non la vedrai… ma resto convinto che sia stato meglio così. Ci vuoi parlare? –
– Sì, grazie. –
Amedeo restò con gli occhi chiusi, ascoltando i passi di Ludger su un pavimento che non poteva immaginare, e stringendo il sasso bianco che ancora teneva in tasca. La voce da Sebastiano gli arrivò come da un passato non troppo lontano.
– Dove sei? –
– San Lorenzo, a tavola per non mangiare con Davide, come stai? –
– Puoi, per favore, andare in camera tua e leggermi qualcosa. Anche una sola frase. –
– Dammi un attimo. –
– “Cerco un angelo. In cammino. Ancora uno. Per sempre.” –
– Grazie fratello. A domani. –