Dopo il viaggio a Parigi Sebastiano divenne decisamente più apatico. Al risveglio non usciva più a passeggiare nel parco, si spostava nella casa a fianco per sdraiarsi in terra a leggere fino a quando Amedeo non lo chiamava per la colazione. Li invitava a portare avanti la loro routine come se fossero stati soli, perché altrimenti avrebbe trovato ancora più pesante accettare la situazione. Passava le giornate a leggere sul divano in soggiorno ascoltando i dischi di Ludger, lasciando spesso lo stesso CD in repeat per ore: Pornography, dei Cure. Quando restava in casa da solo saltava i pasti, limitandosi a mangiare soltanto frutta e le gallette che trovava in cucina. Cercava di leggere ininterrottamente, tenendo il libro di turno sospeso davanti agli occhi anche mentre camminava, come se volesse entrare nelle storie contenute nelle pagine per sfuggire alla propria. Ludger gli aveva imposto di riprendere il telefonino che Sebastiano teneva perennemente spento, accendendolo soltanto di sera per controllare le chiamate perse e i messaggi.
Amedeo interpretava quei comportamenti come un regresso, ed era molto preoccupato; spesso rinunciava a uscire pur di restargli vicino, anche se veniva ignorato la maggior parte del tempo.
Ludger sosteneva che Sebastiano aveva soltanto bisogno di tempo e che non dovevano forzarlo; pensava fosse meglio invitarlo ad uscire senza insistere, perché doveva trovare da solo il modo di reagire considerando che le questioni più spinose erano state superate. Ludger non rinunciava alle proprie attività e ne iniziò anche di nuove, recuperando sempre più autonomia nei movimenti. Era inoltre convinto di essere stato fin troppo presente nella vita di Sebastiano, e che fosse arrivato il momento di lasciargli più spazio per permettergli di scegliere il livello di vicinanza del loro rapporto. In quel periodo Ludger dedicò molto tempo ad Andrea e Nora: aveva iniziato ad incontrarli separatamente, perché voleva mantenere la sua amicizia con entrambi, e aiutarli a superare quel momento difficile.
Una mattina a colazione Ludger iniziò a parlare con la solita disinvoltura, ignorando il libro di Sebastiano posato a fianco alla tazza di tè, e il viso imbronciato di Amedeo.
“Ieri sera Andrea mi ha annunciato che ci saranno dei cambiamenti nel vostro lavoro. Mi ha detto di anticiparti che probabilmente ridurrà il numero delle serate, e che sta aspettando di avere l’occasione per parlartene personalmente… senza scatenare i malumori di Nora.”
Amedeo corrugò le sopracciglia, iniziando ad aprire le labbra come per parlare.
Sebastiano lo anticipò. “Potresti anche invitarlo a cena. Fra il tuo becchime e i cadaveri di mio fratello riusciremo a trovare qualcosa di commestibile da offrirgli. Non credo di essere contagioso.” Sebastiano non mangiava carne da anni, ma non era radicale come Ludger che invece consumava pesce soltanto nei ristoranti giapponesi. Fino ad allora in casa aveva adottato senza commenti il suo cibo vegetariano. “Magari potrei cucinare. Un pesce al forno. Comprare una mozzarella. Insomma, sempre roba che non sanguina, ma più appetibile. Fratello. Sarei contento se riducessi le serate al locale. Potresti continuare a ballare e suonare, ma almeno avremmo un solo giorno del weekend consacrato ai postumi.”
Ludger sorrise, mentre Amedeo non riusciva a seguirlo del tutto.
“Ma non ho i postumi, dormo benissimo il giorno dopo che ho lavorato.”
Sebastiano alzò gli occhi al soffitto per evitare lo sguardo di Ludger, cercando una formula che non lo includesse in modo diretto nella risposta. “Sì Luca, ma dormi fino al pomeriggio. Io vorrei iniziare a fare qualcosa, non so neanche bene cosa. Tipo prendere lezioni di pianoforte, o forse chitarra, insomma, fare qualcosa. Ludger durante la settimana. Tra nuoto. Terapie. Uscite con la madre. Attività di crocerossina. Suonate. Andrà a finire che sarà sempre impegnato. E parla anche di tornare all’università. Tu che hai tutte quelle cose da fare fra le lezioni e le foto. Sarebbe bello avere un giorno libero nel weekend. Per stare insieme.”
Amedeo era sbalordito, non gli aveva sentito dire tante parole di seguito da molti giorni; il loro significato continuava a non essergli chiaro, ma il proposito di iniziare a ‘fare qualcosa’ così come l’idea di invitare Andrea, gli sembravano un cambiamento positivo. Ludger mangiò il suo pane tostato con i suoi gesti lenti, e Sebastiano chiuse il libro riprendendo a parlare.
“Fratello, mi accompagneresti a fare shopping nel pomeriggio? Immagino che prima avremo lezione all’Università. E il pranzo con Davide come allegato, ma ce la posso fare.”
Sebastiano si preparò velocemente per uscire; sommò con poco impegno le prime cose trovate in cima alle scatole di vestiti arrivati da Parigi, ignorate fino a quel momento. Seguì Amedeo cercando di restare concentrato sul presente, anche se tendeva a distrarsi in continuazione. Durante la lezione si dedicò al libro che gli aveva prestato Tommaso, con cui iniziò a scambiare messaggi per condividere le riflessioni che quella lettura gli stava suscitando.
Mentre pranzavano con Davide, Sebastiano tornò a parlare, riprendendo un discorso lasciato in sospeso da diverso tempo. “Fratello, avevamo in programma anche una cena con i vostri amici, oltre a quella con Andrea. Vero? Quella cosa banale, tipo fargli vedere la tua nuova dimora. A un certo punto.”
Amedeo sorrise per quel salto temporale inaspettato. “Non ne abbiamo più parlato, ma è vero… sarebbe carino… però dovrei capire prima quando lavorerò. Aspettiamo di sentire il mio capo.”
Sebastiano posò la forchetta. “Intanto perché non chiami Andrea. Le ore passano, e lui non ha ancora ricevuto un invito.”
Amedeo si alzò replicando con allegria. “Agli ordini, capo!”
Andrea rispose scherzando. – Una cenetta romantica, io e te? –
– Direi di no, mio fratello ti vorrebbe cucinare del pesce al forno. Idea sua. Preferenze?… Andrea! –
– Vedi, adesso mi incanto pure io, tuo fratello cucina? –
– Così pare. Puoi stasera? –
– Non vi darei buca per quasi niente al mondo. –
Amedeo, preparandosi una sigaretta, riferì agli altri l’esito della telefonata.
Davide si stava trattenendo da ore dal fare commenti sull’aspetto di Sebastiano; era la prima volta che lo vedeva indossare un completo e una blusa di seta. Gli si rivolse sorridendo. “Ammetto di essere geloso. Anch’io vorrei un invito, magari esclusivo.”
Sebastiano gli rispose con serietà. “Ti invito formalmente a cena domani sera. Non ti presentare infiocchettato. Il piano è un altro. Evitare gelosie fra gli amici di primo grado, e lasciare una serata libera ai miei organismi ospite. Tutto chiaro?”
Davide abbassò la testa, continuando a sorridere. “Agli ordini, capo.”
Amedeo e Sebastiano impiegarono il pomeriggio a fare acquisti, dedicando la prima tappa a degli arredi per il terrazzo; Amedeo chiese se ne avesse parlato con Ludger, e Sebastiano gli rispose in modo vago che era stato autorizzato a muoversi in piena libertà. Non aveva preso neanche le strutture, limitandosi a due materassi per quella che ormai definivano ‘la casa a fianco’; ordinò alcuni scaffali per le pareti, perché voleva mantenere le sue stanze il più possibile vuote. Amedeo cercò di non pensare alla gestione economica delle spese che Sebastiano stava affrontando; era sollevato nel vederlo di nuovo in movimento, e sperava fosse definitivamente uscito dall’apatia dei giorni precedenti. Si dedicarono anche alla spesa per la cena, e tornarono a casa carichi di buste; Sebastiano aveva comprato anche un mazzo di Lisianthus bianchi, e si cambiò velocemente per iniziare a lavorare in cucina. Chiese ad Amedeo di mettere della musica, ininterrottamente, perché lo avrebbe aiutato a mantenersi in movimento.
“Perdonami se ti faccio fare gli straordinari. Quando scende il silenzio è più facile precipitare negli spazi vuoti. Mi tolgono ogni forza. E stasera vorrei esserci.”
Amedeo restò vicino al tavolo della penisola, osservando la quantità di cibo da riordinare. “Lo faccio volentieri, metto sempre musica, lo sai. Sono tanto contento di questa giornata, fratello. Posso aiutarti a cucinare?”
Sebastiano lo abbracciò con forza. “No, grazie. Rilassati. Adesso vai.”
Dopo essersi fatto una doccia e aver apparecchiato la tavola, Amedeo decise di telefonare a Nora, per ascoltare il suo punto di vista rispetto alla separazione con Andrea e alla gestione delle serate al locale, senza farla sentire esclusa. Apprezzò molto il suo modo discreto di descrivergli la situazione; evitò di menzionare Sebastiano o qualsiasi altro fattore esterno come elemento scatenante nella frattura di un rapporto che definì logorato. Nelle parole di Nora riconobbe un’eco delle considerazioni che Ludger aveva condiviso con lui; era ancora al telefono con lei quando Andrea suonò alla porta. Sebastiano non si mosse, continuando a sbucciare patate con indifferenza. Amedeo aprì, scusandosi con Nora per l’interruzione; abbracciò Andrea invitandolo ad accomodarsi dove preferiva, isolandosi subito dopo nello studio per riprendere la telefonata.
Andrea provò il solito senso di spaesamento che gli causava quel luogo, anche se le differenze rispetto al passato erano evidenti: lo spazio era sgombro e pulito, mentre Ludger e Nobuko avevano sempre ammassato in quell’ingresso oggetti più o meno ingombranti, di cui si liberavano rientrando. Non gli piaceva restare lì da solo, perché ogni volta gli tornava il ricordo di Ludger ferito e completamente fuori controllo. Si prese una sigaretta dal giubbotto appena appeso, e avanzò accendendola. Entrando in soggiorno vide Sebastiano al lavoro sulla penisola, e sorrise del suo aspetto ambiguo e dell’inevitabile ricordo di Nobuko: in quella cornice la loro somiglianza, normalmente superficiale, sembrava più netta. Si trovò a masticare delle parole che avrebbe voluto coperte dalla musica. “Mi chiedo come cazzo fa.”
Sebastiano alzò gli occhi verso di lui rivolgendogli un sorriso tanto falso da rendere evidente la mancanza di qualsiasi intento autentico. “Me lo chiedo anch’io. Anche se non so di chi parli. Me lo chiedo per tutti. Mi lavo le mani e apro un prosecco, aiuta sempre.”
Prima di concentrarsi su di lui Andrea si guardò intorno, in particolare sull’abbigliamento che trovava bizzarro: Sebastiano indossava una lunga blusa di seta grigia con dei pantaloni neri che si fermavano a metà polpaccio, e i piedi erano nudi. Per cucinare si era legato i capelli in una crocchia scomposta, e il collo delicato glielo faceva apparire ancora più ambiguo. Andrea era abituato alle stravaganze grazie alle creature della notte che frequentavano il locale, ma Sebastiano gli dava un’impressione diversa perché il suo non sembrava un travestimento.
“Perché sei vestito in modo così assurdo?”
Sebastiano lasciò partire il tappo.
“Qui fa caldo. Sono pigro. Mi arrangio con quello che ho recuperato al volo. Pensavo fosse una serata fra amici. I nostri amici non fanno caso a queste banalità, in genere sono il più vestito, qui dentro.”
Andrea ricordava bene le abitudini disinvolte di Ludger quando era in casa, e si sfilò il maglione.
Sebastiano gli porse un calice, concludendo il discorso. “Non mi è mai importato di ribadire la mia virilità. E sono completamente fuori gioco, da anni. La parentesi con la mia donna recentemente defunta è così… così altro… che non cambia le cose. Quando esco cerco di mimetizzarmi per evitare fatiche inutili. Se vuoi vado a cambiarmi. Sono io ad averti invitato, se ti fa sentire più a tuo agio vado a travestirmi da uomo.”
Andrea alzò il calice. “Puoi fare quello che ti pare, come se fossi a casa tua. Non dovresti farti condizionare dai bifolchi. Ti aiuto a preparare?”
Sebastiano gli sorrise. “No, grazie. Poi però basta. Con questa storia dei bifolchi.”
“Hai ragione. Ma che intendi con ‘fuori gioco’? Non ti capisco.”
Diede pochi sorsi prima tornare al suo lavoro. “Che non faccio sesso con niente e nessuno da secoli. E non ho intenzione di tornare a farlo per il resto della mia vita. Recentemente ho deciso di definirmi gay non praticante solo per comodità. I cervelli pigri hanno bisogno di definizioni. Sei ancora innamorato di Nora?”
Mentre la domanda restava sospesa Amedeo si unì a loro, sedendosi al tavolo a penisola.
Andrea gli riempì un calice prima di rispondere. “Non lo so. Sono stufo di molte cose, le voglio bene però è una cosa diversa. Mi viene da pensare che se fossi innamorato non potrei essere così stufo. Adesso è difficile, ma ci vuole altro per spaventarmi.”
Sebastiano rispose continuando a preparare verdure. “Mi sembra una buona base. Mi è capitato di capire di essere innamorato, a modo mio, proprio perché le debolezze dello sfortunato-oggetto-delle mie-attenzioni-platoniche non mi irritavano. Arrivavano addirittura a farmi tenerezza. Invece. Cos’è che ti fa, o ti farebbe, paura vera.”
Andrea si massaggiò la testa, diede un’alzata di spalle e rispose con semplicità. “Louis, come può sbroccare Louis, mi fa paura come la morte. Però non ne parlo neanche sotto tortura.”
Sebastiano si fermò a guardarlo. “Tu devi averlo visto, non solo immaginato. E non sei scappato.”
“Senti Fantasma, io per un amico non scappo. Mai. Faccio anche conversazione con gli spettri.”
Ludger rientrò poco dopo: diede un bacio ad Amedeo prima di salutare Andrea.
Sedendosi, si rivolse a Sebastiano. “Hai avuto davvero una buona idea. Il profumo è così buono che ho già fame, e hai anche inventato un tavolo da pranzo. Com’è andata la giornata?”
Andrea si avvicinò all’orecchio di Amedeo. “Bacia te e poi parla con lui? Vi state distribuendo i ruoli?”
Amedeo gli diede una gomitata e gli altri non gli badarono.
“Bene. Il tavolo è riuscito ottimamente grazie a quello che ha fornito la casa. A parte i fiori. Ho comprato molte cose. Per la cena con i vostri amici dovremmo avere anche uno spazio esterno.”
“Finalmente avremo dei putti di gesso tra le mie piante.”
Andrea era felice di quell’atmosfera rilassata, in particolare del bacio che Ludger aveva dato ad Amedeo, perché fuori da quella casa mantenevano una certa distanza. Aspettò che fossero tutti seduti sul divano per iniziare a raccontare. “La situazione con Nora è difficile, ma non preoccupante. Ci stiamo separando e cerco di farlo senza troppi rancori, spero riusciremo a restare amici però sicuramente non vogliamo più lavorare insieme. Sarebbero solo rogne. Io vorrei continuare con te Amedeo, e Claudio, lei si organizzerà un’altra serata più leggera… come preferisce. Con Claudio pensavamo di tenerci il venerdì, e di proporti di lavorare con noi come socio. Non è una cosa complicata, dovresti seguire un po’ le questioni noiosette legate all’organizzazione della serata ma guadagneresti di più, lavorando meno. Ovviamente scegli tu se mettere la musica o stare al bancone o entrambe le cose, perché vogliamo tenere anche l’altro ragazzo che suona, quindi avresti delle pause piuttosto lunghe. Io lo sai, se mi stai tra i piedi mi diverto di più, ma sono dettagli. Che ne dici?”
Amedeo rise. “Sembra che io abbia solo da guadagnarci. Mi chiedo come abbiate fatto a dividervi le persone, e se lei è davvero d’accordo.” Avrebbe aggiunto qualcosa, ma fu interrotto da Sebastiano.
“Subito un brindisi al sabato libero.” Riprese dopo aver dato pochi sorsi. “Che poi lo sai fratello, ho sempre disapprovato i tuoi lavori. Questo posso accettarlo come hobby stravagante, condiviso con un tuo amico.”
Andrea disse che avevano scelto le persone con cui lavorare per affinità indiretta: Nora non aveva mai avuto grande simpatia per Claudio e preferiva ascoltare una musica più leggera. “Poi fare la tua guardia del corpo è sempre stato un compito mio.”
Amedeo era molto felice del rapporto che aveva con Andrea, ma restava ancora un nodo ancora da sciogliere. Spostò lo sguardo su Ludger che stava sorseggiando prosecco; doveva abituarsi a quel nuovo taglio, soprattutto alla luminosità che avevano preso i suoi capelli senza le punte perennemente impicciate. Lo trovava sempre bellissimo, e la sua costante serenità gli sembrava una conquista preziosa, una felice evoluzione del senso di astrazione che lo aveva caratterizzato in passato. Sorrise, convinto che non ormai non fosse una questione spinosa. “Ludger, adesso non è più così importante. Te lo chiedo solo perchè è una cosa che a un certo punto mi ha fatto pensare tanto. Ormai ho capito che per te Andrea farebbe anche il sicario… insomma, la notte in cui ci siamo incontrati e mi ha portato a casa sua, gli hai chiesto tu di prendersi cura di me?”
Ludger sorrise continuando a guardare il suo calice. Amedeo aspettò con serenità una risposta; sentiva la rigidità di Andrea vicino a lui, e notò la curiosità sul viso di Sebastiano.
Ludger tornò a guardarlo, pensando che meritasse una risposta completamente sincera, come tutte quelle che gli aveva dato. Stava prendendo tempo cercando la direzione migliore da cui partire, e la presenza dei loro amici rense quel proposito più difficile.
“Non mi sono preparato, ma posso improvvisare. Non ho motivi per dire bugie e nessun motivo per me è abbastanza valido. In qualche modo sì, gli ho chiesto di aiutarmi a farti sopravvivere a quel buco nero in cui eravamo precipitati. Non ricordo neanche in che termini abbia potuto chiedergli una cosa così paradossale. Quella sera ero disperato, e non lo sentivo da una vita.” Spostò lo sguardo su Andrea che sembrava in difficoltà; sapeva quanto detestava si parlasse di lui come se non fosse stato presente. “Adesso mi colpisce di non averti mai chiesto di salvarmi, e che non abbia avuto nessuna esitazione a chiederti di salvare lui. Probabilmente è per cose come queste che ne sono uscito. E comunque non ti ho mai ringraziato… grazie Ciccio, anche se adesso Amedeo mi dovesse tirare dietro la spigola, hai fatto un ottimo lavoro. La mattina dopo pensava di essere finito nella tana di uno psicopatico.”
“È un’orata. Di quale notte state parlando? Quella dei vetri?”
L’intervento di Sebastiano scatenò la risata di Amedeo, divertito dall’intreccio che le storie stavano creando intorno a lui, dalle sovrapposizioni che non avrebbe potuto prevedere. Era soprattutto felice per i frammenti che da Ludger arrivavano a Sebastiano, permettendogli di fare collegamenti non scontati.
Il suono della sua risata sbloccò quel senso di sospensione che aveva cristallizzato il momento, e Ludger riprese a parlare.
“Sì Sebastiano, è stata l’ultima volta che ho giocato con i vetri. Amedeo, facciamo pace dopo questa tremenda lite o lasciamo i nostri migliori amici a macerare nell’incertezza?”
Amedeo gli rivolse uno sguardo obliquo. “Ci devo pensare, anche perché Andrea pecca di eccesso di zelo e non riesco a distinguere dove finisce la tua programmazione e inizia la mia amicizia. Ma a questo punto dovrò vedermela con lui.”
Andrea era sollevato. “Guarda, da quando ti conosco davvero, mi chiamerei io per primo per dirmi di venirti a ripescare. Puoi stare tranquillo. Certe cose o vengono o non vengono, nessuno può fare l’ambulanza a vita.”
Sebastiano era l’unico a non condividere la loro vena di allegria. “Fratello, perchè non mi hai chiamato?”
“Perché non ci sentivamo mai, perché non mi rendevo neanche conto di stare così male… e perché avevo paura di perderti… credimi, anche con Elisa non è stato per niente facile. Ma non ti affliggere, è passata e nessuno mi ha aiutato quanto te a superare quel periodo.”
– Dove sei? –
Amedeo iniziò quella telefonata ripetendo per gioco una delle formule con cui Sebastiano gli rispondeva di solito al telefono.
– Fuori da S.Crispino. Qualche preferenza? –
Sebastiano gli aveva mandato un messaggio poco prima di chiamarlo, perché non voleva tornare a casa senza preavviso.
Stavano mangiando il gelato seduti sul letto, Sebastiano che aveva tolto solo le scarpe per non dargli il tempo di sciogliersi. Amedeo e Ludger indossavano i pantaloni della tuta con cui avrebbero dormito, e lui iniziava a pensare che la loro felicità fosse la sua nuova droga, perché ogni volta che tornava in quel rifugio si sentiva più sereno.
“Fratello, come è andata la serata?”
Sebastiano sorrise. “A voi?”
Amedeo gli rispose tra una cucchiaiata e l’altra, con fare indifferente “Ho mangiato anch’io pesce crudo, il sapore non è male, i ricci di mare sono parecchio più forti. Il letto ha retto anche questo match, la mia anca destra pure. E tu?”
Sebastiano appariva esclusivamente concentrato sul gelato al gusto Mont Blanc. “Mi devo rileggere Bellmer.”
Ludger si riempì la coppa per la seconda volta, mentre Amedeo restava in attesa.
Sebastiano accese una sigaretta dopo essersi tolto la camicia. “Altrimenti svengo. Non so se sei abbastanza grande.”
Ludger alzò un solo sopracciglio, rivolgendoglisi con sarcasmo. “Stiamo drammatizzando come al solito o ti hanno portato un primo scotto?”
“Taci, e tira fuori il pillolone.”
“Racconta e non rompere, che dopo arriva.”
Sebastiano sembrava indeciso, e contemplò per alcuni secondi la sigaretta che gli bruciava tra le dita come in cerca di ispirazione. Poi scrollò le spalle e rise. “Era strano da tutta la sera. Pensavo fosse per le storie poco allegre di quel coso con cui stava.”
Amedeo strinse le ginocchia al petto, attentissimo. “Davide?”
“Certo che sì, come può un coso diventare strano tutto a un tratto. Le suppellettili non arrivano a tanto, a meno che non ti fai di brutto. Se mi interrompi mi passa la poca voglia che ho di dirtelo.” Si portò una mano alla tempia, ridendo.
Amedeo era felice di vederlo così divertito, anche se non ne capiva il motivo.
Ludger aveva abbandonato la coppa a metà, incuriosito, e fu lui a cercare di sbloccare la situazione. “Allora? Ci racconti cosa è successo o ti lasciamo a ridere da solo, e cerchiamo di prendere sonno?”
Sebastiano gli appoggiò una mano sulla spalla per dargli una spinta leggera, e poi divenne improvvisamente serio, come un attore che si immedesima nella parte. Parlò con voce impostata. “Sebastiano, virgola, vorrei almeno, virgola, e sottolineo almeno, baciarti. Punto. Anche una sola volta… puntini di sospensione.”
Rise di nuovo, e Ludger con lui.
Amedeo spalancò gli occhi per la sorpresa, facendoli diventare ancora più grandi. “E tu?”
“Io ho riso. Cos’altro potevo fare? Picchiarlo? E se poi gli piaceva? Poi è tuo amico e mi sta simpatico. Questa cosa di gestire gli amici devo ancora studiarla. Mi impegnerò.”
Amedeo era stravolto. “Cazzo! E adesso… e smetti di ridere! Adesso che vuoi fare?”
Ludger era divertito più dalla sua reazione che dal racconto. “Deduco che non ci saranno confetti.”
Amedeo gli allungò un calcetto con la gamba indolenzita. “Sebastiano?”
“E adesso niente. Mi pare lampante, no? E non fare quella faccia. Delusa. Le coppie come voi due sono un’eccezione. Non devi restarci male. Davide non è al livello del coso. Non credo organizzerebbe una gang bang a casa sua. Lui mi sembra a livelli completamente nella norma. Ci penserò, ma credo che deciderò di non far cambiare nulla. È tuo amico.”
Amedeo si guardò i piedi uniti tra le mani, non del tutto convinto. Sebastiano represse l’istinto di ridere ancora, e Ludger gli si rivolse con dolcezza.
“Parla, cos’è che non ti torna?”
“Non capisco. Davide sa di Aline… ne sa abbastanza da poter intuire che le tempistiche erano quantomeno inopportune. Per non parlare del fatto che non fai che ribadire che non vuoi avere più storie di nessun tipo… non capisco come possa essergli venuto in mente. E poi, cos’è una ‘gang bang’? E come può un inutile fare cose che non so neanche cosa vogliano dire?”
Amedeo li lasciò ridere accendendosi l’ennesima sigaretta; aveva sete ma non voleva bere acqua, e prese un calice di vino. Tornando verso il letto sorrise, come ogni volta che li vedeva insieme: Ludger era sdraiato reggendo la testa sollevata sul gomito, mentre Sebastiano sedeva con le gambe incrociate. Riprese posto tra loro, appoggiando la schiena al cuscino. “Allora?”
“Gang bang è un tipo di orgia. In cui i partecipanti si concentrano su un’unica persona. Mi ricordo abbastanza da poterti assicurare che il coso è un perfetto inutile. E credo che l’infatuazione di Davide per lui si sia nutrita degli oggetti posseduti dal coso, ma è solo una mia deduzione. Per quanto riguarda le tempistiche devi ricordarti che ogni persona ha un modo di pensare che ti è alieno. Probabilmente Davide non ha creduto che tutto quello che dico sia vero. Perché molte persone dicono quello che hanno bisogno di sentirsi dire. Penso che dal suo punto di vista potrebbe anche essere stata un’offerta non del tutto egoistica. Quel modo di ricalcare il termine ‘almeno’ mi conferma che era soltanto un tentativo. A suo modo non voleva essere invadente. Insomma, non ce l’ho con lui, e penso di continuare a frequentarlo, se regge. Se non temesse di scandalizzarti te lo racconterebbe. Se dovesse accennartene digli che lo sai, e fine. Quando avevo una vita sociale era un punto che prima o poi dovevo affrontare con molte persone. Spesso si sopravviveva. Sono convinto che se tu fossi stato appena un po’ diverso ti avrebbe detto qualcosa di simile da una vita. Probabilmente senza ‘almeno’.”
Ludger rise di nuovo.
Amedeo sospettava si trattasse di uno scherzo, ma sapeva che in quel caso non avrebbero riso tanto. “Su questo ho dei dubbi. E basta! Non ne posso più di vedervi ridere alla mie spalle. Mi vado a lavare i denti e dormo.” Sorrise allontanandosi, contento che tra loro ci fosse quel tipo di complicità.
Sebastiano comprò un taccuino Moleskine e una penna dal tratto sottile nero; mentre Amedeo seguiva la lezione scrisse e scarabocchiò ininterrottamente. Durante l’incontro con Davide avevano mantenuto un atteggiamento tanto naturale da far credere ad Amedeo che fosse possibile per loro continuare a frequentarsi. Quella sera doveva lavorare con Andrea, e Sebastiano sarebbe uscito con Tommaso, per una cena a cui aveva invitato anche Ludger.
Nel pomeriggio si trovarono tutti a casa di Elisa, che continuava a mettere il bollitore sul fuoco chiacchierando allegramente.
Sebastiano insisteva nello stilare elenchi sul suo taccuino, che cancellava o copriva di scarabocchi. “Ludger, puoi anche non venire se sei stanco, non ci saranno altri amici. Per stasera mi vengono risparmiati i rompicoglioni. Con Tommaso ci stiamo sentendo spesso. Ci parlo bene, con i messaggi. Per questo ci vediamo. Puoi andare e venire come ti pare. Invece. L’altra cena, quella in cui invitare i vostri amici a casa tua, per fargliela vedere, proviamo a farla. Che ne dici.”
Ludger sorrise, poggiando la tazza sul tavolo. “ Stasera da qualche parte devo pur mangiare, e lo faccio volentieri con voi. Per ‘l’altra cena’ dovremmo organizzarci… E pensare al cibo, che ordinerei da qualche parte e ci farei consegnare da Ravi. A meno che qualcuno non abbia ispirazioni particolari.”
Sebastiano alzò soltanto lo sguardo dal taccuino; alcune ciocche di capelli restarono sul viso chinato. “Cucinare per più di quattro persone mi affatica. Ti prego solo di non prendere soltanto becchime e brontosauri.”
Elisa si unì a loro con allegria. “Una cena a casa vostra? È quindi visitabile? Io ancora non l’ho mai vista… questo mostro qui non ci ha nemmeno pensato, hai paura che poi ti sfratto? Li hai sentiti i messaggi in segreteria? No? Fallo, così poi la libero… che bella idea! Chi è stato ad aprire i cancelli dell’Olimpo?”
Amedeo rispose, spostandosi verso il corridoio per ascoltare i messaggi. “Quello uscito da The ring.” Immaginando la reazione prese al volo la Moleskine che Sebastiano gli aveva lanciato. “Fratello, eri tu a dire che il tè caldo, da freddo fa schifo. No?”
Sebastiano iniziò a sorseggiare il suo tè tiepido mandando i capelli dietro le orecchie. “Devo mettere in ordine un po’ di idee, scrivere mi aiuta. Sono indeciso fra una serie di attività con cui riempire il mio tempo inutile. Non voglio continuare a frequentare l’università senza frequentarla, ad esempio. Comunque sì, sorellastra, e tu sei invitatissima. Come tutti gli amici dei miei organismi ospite.”
Davide accennò un sorriso. “Finalmente ci delizi con la tua voce, e i tuoi modi gioiosi.”
Sebastiano gli sorrise alzandosi per versare il contenuto della sua tazza in un pentolino.
Elisa non si offrì di aiutarlo perché le piaceva vederlo muoversi in quella casa, per lei la sua disinvoltura aveva ancora il gusto di una conquista. Guardandolo passare davanti alla finestra accostata ricordò quando lo aveva visto lì fermo, elencando gli uccelli che volavano fuori. Per lei era un pensiero doloroso, e cercò di allontanarlo cambiando discorso. “Fratellastro, come mi consigli di vestirmi domani?”
“Considerando il clima della casa e il mio senso estetico ti consiglierei di venire completamente nuda. Magari metti un cappotto per il viaggio.”
Amedeo sentì le risate dal corridoio mentre stava ascoltando distrattamente l’ennesimo messaggio del padre, che gli chiedeva di telefonargli. Stava rimandando da troppo tempo quella chiamata, perché percepiva la sua richiesta come qualcosa in grado strapparlo al suo mondo, che lo aspettava in cucina.
Elisa si rivolse a Sebastiano cercando di mantenere il tono di voce basso, senza far trasparire la felicità che provava per ogni loro scambio. “Potrebbe essere un buon modo per convincere Giulia a venire. Se sei libero domani pomeriggio potremmo vederci, vorrei anche chiederti una consulenza per cambiare colore.”
“Sorellastra ormai cara. Sono sempre libero, volentieri. La tua amica immaginaria non ti ha mai visto nuda?”
“In pubblico fa tutto un altro effetto, ma fa davvero così caldo da voi, Ludger?”
“Dipende dalle abitudini, io amo stare poco vestito. E non mi sembra che gli altri abbiano avuto problemi ad adattarsi.”
Davide cercò di mantenere un tono serio. “Se pensi di fondare una specie di setta voglio aderire immediatamente. Posso firmare anche con il sangue. Dove posso trovare un coltello?”
Elisa, rise. “Mettiti in fila, bello! Peccato non abbiate un letto per gli ospiti, guidare da ubriaca non mi piace più, Lorenzo mi ha viziata.”
Amedeo tornò indietro, e si appoggiò allo stipite. Teneva tra le mani la Moleskine. “Perché dici così, Lisa?”
“Amedeo, mi stai invitando a dividere un letto in quattro o cosa?”
Sebastiano rispose per lui. “A prescindere dai due divani piuttosto comodi per dormire. Domani sera pensi che il tuo uomo berrà talmente da non essere degno della tua fiducia? Il vino che procaccia Ludger è buonissimo, ma in genere riusciamo a deambulare il necessario per tornare nelle tane.”
Davide negli ultimi tempi aveva sentito spesso Lorenzo, inizialmente per parlare del passato del suo ex, e in seguito le loro conversazioni avevano avuto come soggetto Sebastiano. Conosceva abbastanza della situazione tra loro da abbassare il viso, e restare in allerta. Soltanto Ludger sembrò cogliere il suo cambiamento, perchè Sebastiano evitava di proposito di guardarlo.
Elisa rise, allentando la tensione. “Per quello che penso io, se dovessi restare da voi domani sera, il mio uomo si tramortirà di filmetti porno con ragazzini californiani per consolarsi. Perché sarebbe la prima notte che passa da solo da quando viviamo insieme. Altrimenti perché le avrebbe portate quelle videocassette?”
Amedeo alzò gli occhi al soffitto restando in silenzio, e gli altri iniziarono a ridere mentre Sebastiano si avvicinava ad Elisa, sporgendosi sopra la tavola. “Perché non viene con te? Pensavo che fosse anche amico di Luca. Mi sbaglio.”
Elisa rise ancora. “Per la precisione il tuo Luca se lo sarebbe tanto voluto…”
“Lisa!” Amedeo non la lasciò finire, lo metteva in imbarazzo quando giocava in quel modo.
”Tesoro, lo sai che scherzo e che mi piace raccontare le cose in modo colorito. Di filmini ne ha solo due e li ho anche visti, devo dire che mi hanno piuttosto deluso.”
Sebastiano non partecipava alle risate e non lasciò cadere l’argomento: riprese la parola, interrompendo Elisa. “Capisco che Lorenzo debba avere molti problemi per aver deciso di espiare stando con te. Il punto però è un altro, e non vorrei essere io. Allora? Perché domani sera non verrebbe?”
Elisa gli sorrise, imbarazzata. Si prese alcuni secondi, arrivando alla conclusione di poter parlare liberamente. “Non gli piace come si è comportato quando vi siete incontrati. Non è abituato a sentirsi in difetto, e quindi adesso è in difficoltà. Posso parlarne perché Davide conosce già questa storia, e voi tre vi raccontate tutto.”
Sebastiano sorseggiò con tranquillità il suo tè, che si stava raffreddando di nuovo. Restò in silenzio per riordinare le idee, e tornò a parlarle completamente incolore. “Sorellastra, è molto semplice. Scegli tu. A me non frega un cazzo, giuro. Quindi scegli come ti pare. Prima possibilità. Se pensi che quel superuomo che ti ritrovi come consorte meriti di convivere ancora un po’ con questo sentimento scomodo. Anche solo per ridimensionare la sconfinata stima che ha di sé. Anche per avere un motivo per spedirlo a comprare il latte alle undici di sera, quando hai lo smalto sulle unghie dei piedi fresco o ti rode per motivi ameni, fai tu. O semplicemente perché vuoi passare una notte abbracciata al tuo tesoro come ai vecchi tempi. Sono settimane che continuo a domandarmi com’è dormire sul divano, senza risvegliarmi ogni volta con questa meravigliosa riproduzione idealizzata di Amore e Psiche sotto agli occhi. Una volta te la cedo quasi volentieri. O ancora, se ti arrapa saperlo a segarsi coi californiani, poi da quello che ricordo non dovrebbe certo consumarsi per questo. Insomma, se ti allettasse una qualsiasi di queste ipotesi, io non faccio nulla. Dormo sul divano. Ti chiamo un taxi, o non bevi. Altrimenti, seconda possibilità. Lo chiamo, gli levo il fardello e ti munisco di un tassista. Fai tu, per me è uguale. Anzi, te ne suggerisco una terza. Lo chiamo, viene alla cena e poi se ne torna a casa da solo. Così raccogli quasi tutti i benefici delle prime due.”
Elisa lo guardava incantata: Sebastiano continuava a stupirla e confonderla.
Ludger rise. “Fanciulla, aspettiamo te.”
“Sono confusa, lo smalto fresco, Amedeo, le seghe californiane… il fratellastro ha tirato fuori troppi argomenti.”
Amedeo parlò con fare indifferente tornando a sedersi a tavola. “Lisa, tesoro, se ti riesce preferirei non essere associato alle ‘seghe californiane’, grazie.”
Elisa sorrise. “Chiamalo, solo se ti va… se domani poi vincono altri fattori lo rispedisco a casa da solo.”
“Brava la sorellastra. Generosa con se stessa e con gli altri.”
Davide, che aveva trattenuto a stento le risate durante quello scambio, si fece serio. “Sebastiano, io volevo chiederti, soltanto se lei non accettasse naturalmente, vedi, io…”
Sebastiano continuò al suo posto, imitando la sua voce. “Almeno una volta…”
“Si, esatto, almeno una volta, se tu poi sei tanto curioso di sapere cosa si prova a svegliarsi sul divano, beh! Anch’io posso essere generoso, che diamine! Potrei sostituirti io… poi, se anche le suppellettili praticassero le seghe californiane, a questo punto…”
“E basta!” Disse Amedeo ridendo. “Ludger, dì qualcosa!”
“Io? Sono amici tuoi e sei tu che dormi al centro.”
Sebastiano si alzò, invitando Elisa a seguirlo nella propria stanza. Quando furono soli le chiese di chiamare Lorenzo e di restargli vicino.
– Ciao cognato, spero di vederti domani sera. Davvero. So che la mia compagnia, a volte, può risultare indigesta. Ma vengo in pace. Chiudiamo questo secondo incipit inutilmente infelice. Sii uomo e affronta il tuo destino. Ti passo la tua donna. –
Sebastiano uscì dopo averle consegnato il telefono, Elisa lo portò all’orecchio e fu costretta a pronunciare il nome di Lorenzo diverse volte prima di sentirlo rispondere.
– Non potrei dire che va esattamente tutto bene. Mi sono dovuto sedere e ho un capogiro. Capisco che l’intento voglia essere positivo, e non intendo perdere questa seconda occasione. –
Lorenzo non le raccontò che Sebastiano lo aveva salutato citando Adriano: lo esortava spesso, esattamente con quelle parole, ad essere uomo, con una generosa dose di ironia. Elisa continuava a chiedersi come potesse ogni contatto con Sebastiano scalfire la sua sicurezza, ma non fece domande. Entrambi pensavano che l’utilizzo del termine ‘cognato’ aveva una doppia lettura e che quella coincidenza era faticosa per tutti, ma dovevano accettarla come stava facendo Sebastiano. Restarono al telefono fino a che Elisa non lo sentì tornare alla normalità; dopo rimase da sola seduta sul letto da sola per rimettere in ordine le idee. Sorrise con una velatura di tristezza a Ludger, quando si affacciò alla porta rimasta aperta.
“State andando via?”
“Non necessariamente, io non avrei impegni. Se ti va di parlare posso restare.”
Lo guardò in piedi sull’uscio e pensando fosse una persona davvero straordinaria. Ludger non era più entrato nella sua stanza dalla notte in cui erano stati insieme, e la sua presenza in quel momento prese una connotazione completamente diversa. La serenità nel proporsi di restare mantenendosi sulla porta, rendeva quel gesto completamente trasparente. Si alzò di slancio.
“Aperitivo e giapponese? Neanche mi cambio, dammi un minuto per mettere le scarpe. Grazie.”
Per Amedeo era stato facile unire le diverse attività in un’unica serata, aveva abbastanza tempo per ballare e gli piaceva stare al bancone con Andrea che quella sera prendeva spesso un’espressione triste. Era felice di potergli stare vicino, scambiarci delle battute per vederlo tornare a sorridere; gli raccontò che Nora si stava cercando una casa da dividere con una sua amica, e sperava che separandosi le cose sarebbero andate meglio. A volte pensava che se fossero riusciti a superare questo periodo senza scannarsi sarebbero potuti tornare insieme, ma non voleva forzare le cose.
Amedeo era dispiaciuto perché li aveva sempre visti bene insieme, li aveva vissuti come coppia e non riusciva a essere distaccato come Ludger. Riconosceva la sua difficoltà di accettare i cambiamenti e temeva di non potergli essere di grande aiuto, ma era convinto che Andrea facesse bene a dar voce alle sue insoddisfazioni. “Non so, credo che quando ci rassegniamo restando immobili per paura, ci condanniamo a rimanere chiusi in una gabbia di infelicità. Per certe cose dovremmo essere sempre coraggiosi, anche se non sappiamo come andremo a finire… o quanto ci potremmo far male.”
Andrea lo guardava sorridendo, pensando a quando credevano Ludger in viaggio, e ogni sera per Amedeo poteva finire in tragedia: era convinto che fosse stato molto coraggioso e lo ammirava.
“A che pensi con quel sorrisetto triste?”
Andrea gli passò un braccio sulle spalle, accompagnandolo verso l’entrata perché la pausa stava finendo. “Penso che ti voglio bene e sono felice di averti come amico. Mi perdoni per averti adescato quella sera come baby sitter? Però ti giuro che se non mi fosse piaciuto stare con te non saremmo andati lontano. Ormai lo sai, io sono una persona diretta, per Louis potrei fare di tutto ma non potrei fingere a lungo.”
Quella notte Davide passò a trovare Amedeo per avere l’occasione per potergli parlare. Quando finalmente riuscirono ad isolarsi gli raccontò, senza mai alzare gli occhi, che temeva di essersi preso una sonora sbandata per Sebastiano.
“Mi rendo conto che è una follia completa… che non ho nessuna speranza e che proprio non dovrei. Ma non posso farci niente. Penso a lui in continuazione. E non riesco a essere dispiaciuto perché questa specie di possessione inconcludente mi sta risvegliando. Ad esempio non riesco più a stare a casa, e questo mi fa pensare che quella non è più casa mia. Il comodino è gentilissimo e super paziente, ma non lo sopporto più. E poi lo trovo piuttosto racchio, adesso, e forse anche troppo vecchio per me.” Rise e alzò lo sguardo su di lui. “Sto messo male, eh?”
Amedeo restò serio, ricomponendo ancora una volta i pezzi del mosaico di confidenze fatte da Davide fino ad allora. Ne ricavò un disegno che lo stupiva perché gli appariva nuovo, malgrado avesse sempre avuto tutti gli elementi per costruirlo.
“Dai! Dì qualcosa. Puoi dire quello che ti pare, so che anche tu sei una persona molto originale, e mi sei sempre piaciuto per questo.”
Amedeo con le sopracciglia leggermente corrugate e le labbra socchiuse, parlò con un filo di voce. “Come amico… giusto?”
“Ma sì! Per forza. Quando ti ho conosciuto eri sexy come una lumaca… aspetta, una chiocciola, ti definivi così. E mi hai sempre fatto tenerezza. Forse mi avresti fatto anche qualcos’altro se non fosse stato proprio evidente che non ero io il principe che avrebbe svegliato la bella addormentata. Poi quando è arrivato Ludger, o meglio quando se ne è andato, avevo paura anche solo a sfiorarti. Ero tanto preoccupato per te. Adesso siete così uniti che solo a pensare a voi riacquisto ottimismo per il genere umano. A parte quando balli non ti ci vedo proprio a troieggiare con altri. Purtroppo.”
“Davide!”
Amedeo lo guardò ridere, meravigliandosi per come Sebastiano riuscisse a tirare fuori così tanto dalle persone con cui veniva a contatto.
“Scusa, non è bello farti ridere da solo, ma sono stupito. Da diverse cose. E no Davide, non ti vedo male, mi fa strano che tutto quello che dici del tuo rapporto con il tuo… ex ‘marito’? Insomma, non mi sembra per niente nuovo. Mi sembra diverso solo lo sguardo con cui lo metti a fuoco. È strano.”
Davide continuò a sorridere guardandolo. “Hai ragione, e penso che questo sguardo diverso sia un effetto collaterale del mio essere innamorato. Per questo voglio pensare che sia stata una fortuna incontrare Sebastiano. Certo però è dura, solo a dire il suo nome mi sento una fitta allo stomaco. Che cazzo. Però è la persona più affascinante che abbia incontrato in vita mia, e non ho intenzione di farlo scappare perché mi sto trasformando in una teenager in balia degli ormoni. Conosco le regole, devo rassegnarmi ad averlo come amico. Sebastiano potrebbe anche non esistere, ma non voglio rinunciare all’effetto che sta avendo su di me. È una tale ricchezza che voglio assolutamente riuscire a non perderlo. Ho qualche speranza?”
“Penso di sì. E lo spero tanto.”
Ludger ed Elisa parlarono a lungo di Lorenzo e Sebastiano; Ludger era sollevato nel constatare che le diverse versioni combaciavano completamente. Non aggiunse nulla ai racconti di Elisa, li confermò e cercando di capire quanto fosse profonda la sua preoccupazione. Anche con lui arrivò allo scoglio sul quale finiva sempre per arenarsi: la morte di Adriano, che diventava un contenitore astratto in cui veicolare anche le sue paure. Ludger le prese la mano abbandonata sul tavolo vicino alle bacchette, stringendola delicatamente. “Questa cosa non ha senso. Per te non è mai esistita e il tuo angosciarti non solo non ti fortifica, ma ti logora. Come pensi di poter essere d’aiuto a qualcuno se sei così debole? Come potrai mai affrontare la morte quando ti passerà più vicino, se solo a pensarci ti perdi così? È normale averne paura, ma per affrontarla dovresti concentrare le tue risorse, definirle, e mi sembra che tu invece ti perda. Nel caso specifico tu non hai mai conosciuto Adriano, e Lorenzo lo aveva archiviato in un passato che pensava di non dover più riesumare. Qual è il vero soggetto della tua angoscia?”
Elisa lo guardava sorridendo, perché malgrado fosse anche lui un sopravvissuto non parlava di sé ed evitava di proiettare quel discorso sulla sua storia personale. Ludger era presente per lei, senza relazionare la debolezza che non riusciva a nascondergli alla sua forza. “Lo sai che ti ammiro davvero tanto? E mi fa bene parlare con te. Il soggetto è il fratellastro, probabilmente mi sento in difetto con lui. E continua a far saltare tutti i miei castelli di carta, tutti i miei tentativi di capirlo.”
Ludger le lasciò la mano e sorseggiò il vino. “Sei ancora in tempo. Sebastiano è abbastanza vivo.”
“Sono in tempo per cosa?”
“Per permetterti di volergli bene. Semplicemente, senza dover capire o fare qualcosa per lui. Sono contento che domani passerete un po’ di tempo insieme. Sono sicuro che potreste anche divertirvi, se non ti angosci inutilmente. Invece di pensare ai lutti degli altri, o a quelli che potrebbero arrivare nella tua vita, cerca di concentrarti su ciò che hai o potresti avere.”
Elisa concluse mentalmente quella frase, pensando fosse un ottimo modo per usare la sua paura della morte.
Ludger continuava a parlare, lentamente. “Sai, credo che a Sebastiano piaccia molto la compagnia femminile.” Si fermò pensando a Nora, e poi riprese a mangiare.
Elisa non aveva più fame, ma prese uno dei pezzi di sashimi dal vassoio al centro della tavola. “Quante lingue parli, Ludger?”
“Un po’. La mia famiglia era una babele, oltre al francese e al tedesco dei miei genitori ho imparato l’inglese per la musica, i film e i libri che giravano in casa. Il giapponese in modo molto molto rudimentale con Nobuko, non potrei sostenere una conversazione. Lo uso nei ristoranti perché mi sembra una gentilezza nei confronti dei camerieri, lo apprezzano anche se parlo male.”
“Cerchi di essere gentile con tutti.”
“Non vedo perché non dovrei, non mi costa fatica.”
Elisa lo guardava rapita. C’era sempre qualcosa in lui a cui non riusciva ad abituarsi del tutto, e Ludger continuava a cambiare anche nell’aspetto: il nuovo taglio le piaceva molto perché lasciava più libero il viso, le linee nette della mandibola e il disegno slanciato del collo. Pensò che sua bellezza si rivelava ogni volta in un modo nuovo, ma non lo trovava il dettaglio più importante: era il modo diretto con cui affrontava tutto quello con cui veniva a contatto a rendere la sua presenza tanto piacevole. La sicurezza e la serenità di Ludger le apparivano così profonde da renderlo immune a qualsiasi forma di bruttura. Pensò ad Amedeo e fu felice che avessero trovato il modo di raggiungersi.
“Sei sempre innamorato di Amedeo?”
La guardò incredulo, e lei rise.
“Lo so che è una domanda stupida. Volevo soltanto sentirtene parlare. Perché la vostra storia mi rende tanto felice.”
Il sorriso dolce che gli animò il viso pensando ad Amedeo lo illuminava, rendendo più morbido l’aspetto tagliente dei lineamenti. Quel cambiamento entusiasmava Elisa.
“Amedeo è la mia vita, letteralmente. Non sarei qui, non sarei come sono se non ci fosse lui. E tu lo sai. Non è una questione di possesso, ma di presenza. Il mio amore per lui potrebbe anche essere svincolato dall’attrazione sessuale, anche se ti puoi immaginare quanto sia felice che ci sia. Sai, pensavo a una cosa quasi filosofica, pensavo all’amore che provo per lui come a una forza che può tenere uniti elementi diversi, forse addirittura contrastanti, senza annullarli. Questo è Amedeo nella mia testa. Forse lui pensa che uso questo sentimento come uno stimolo per controllarmi, invece io non avrei mai voluto trovare niente che mi spingesse a controllarmi, all’inizio poi era soprattutto faticoso. È la condizione in cui mi ha scaraventato che ha generato tutto, io mi limito a fare quello che posso, quello che penso sia giusto. A parte il mal di testa che mi fulmina ogni tanto per il resto mi viene tutto molto naturale, e sono il primo a divertirmi nel ritrovarmi così cambiato. Mi verrebbe da dire equilibrato ma credimi, suona quasi grottesco riferito a me.”
Elisa gustò ogni passaggio, divertita. “Non mi sembravi così tanto squilibrato quando ti ho conosciuto… cioè, si può fare di peggio.”
Ludger aveva finito l’ultimo vassoio di sashimi; divertito e rilassato vuotò il calice, e si accese finalmente una sigaretta. Ogni tanto si guardava intorno, e quando tornava a incrociare il suo sguardo le sorrideva con affetto. Continuava a sentirsi come uno straniero che si diletta nell’osservazione dei dettagli banali, impossibilitato o forse completamente disinteressato allo scorrere del tempo. Tornò a risponderle dopo una lunga pausa dedicata a gustare il fumo, il vino, e tutto quello che riusciva cogliere del momento presente.
“Quando mi hai conosciuto ero pesantemente sedato, tutto il tempo. Solo Amedeo ha avuto uno scorcio di come potesse essere per me provare a restare sobrio. Ho provato a farlo perché lui lo aveva tanto desiderato ma poi è stato lui stesso a farmi riprendere le pillole. E già avevo fatto un bel pezzo di strada rispetto a quando ti ho incontrata la prima volta, già avevo iniziato a voler cambiare per lui. Ci sono voluti mesi… ma di quel tempo non voglio parlare.”
Lei guardò l’orologio. La cena era finita e non mancava molto all’arrivo di Lorenzo. “Non ne vuoi parlare con nessuno?”
Lo vide serrare leggermente la mandibola, cambiando espressione. “Esattamente, è stata una guerra civile che ho voluto scontare da solo. Resto convinto che sia giusto tenerla per me, voglio solo essere contento di esserne uscito. Era un debito solo mio, e adesso vivo in un mondo nuovo… che non deve essere contaminato da quelle scorie. Sono così felice di essere qui che non riuscirò mai ad esprimerlo a parole, e forse non serve. Non serve parlare di tutto, certe cose non si dimostrano con le parole.” Le sorrise, appoggiando il viso sulle mani unite. “Perché mi guardi così?”
Elisa diede un sorso di vino e gli rivolse uno sguardo divertito. “Ti ammiro, tanto. Guardare te è come poter vedere il sole senza che ti si brucino gli occhi. Invece… con Sebastiano come va? Questa convivenza venuta dal nulla con un perfetto sconosciuto mi incuriosisce parecchio.”
“Bene, mi piace molto. Mi diverto con lui e non smetto di essere meravigliato dal rapporto che hanno quei due. È così forte che per me Sebastiano non è un perfetto sconosciuto, per certi versi è come se fosse un doppio di Amedeo. Forse complementare. Sono molto, molto diversi ma straordinariamente uniti. Sono felice di averlo potuto aiutare e l’ho fatto volentieri. Amedeo non avrebbe retto, e sono contentissimo di esserci stato nel momento peggiore. Sai? A prescindere dal contesto specifico ho avuto un’impressione simile anche quando ti ho conosciuta. Lui aveva tanto parlato di te e io non capivo come fosse possibile, per voi, essere così in intimità senza stare insieme. Quando ti ho conosciuta mi veniva molto naturale rapportarmi a te, malgrado fossi ancora rintanato nell’eremo. Amedeo era dietro il vetro, e io non avevo idea di cosa sarebbe accaduto, però sono arrivato a pensare che il fatto di essere stati insieme quella volta deve aver innescato un cambiamento per me. Ho passato il resto di quella notte a pensare ad Amedeo, è stata la prima volta che ho pensato a lui così a fondo. Poi è cambiato tutto, e tu eri spesso con noi come lo è adesso Sebastiano. Avete con lui dei rapporti così straordinari che non si possono banalizzare dentro definizioni facili, neanche ci provo. Ci siete, e io ne sono contento.”
“La prossima volta metto la protezione solare. Grazie Ludger, per questa bella serata e per essere così come sei.”
Al risveglio Ludger aveva trovato sulla penisola in cucina una busta piena di cornetti: Sebastiano non era in soggiorno, ma la sua passeggiata doveva essere finita. Si affacciò sul pianerottolo notando subito la porta della casa a fianco accostata; decise che avrebbe dovuto far installare un cancello, per proteggere lo spazio che dava accesso ai due appartamenti. Le pareti scure erano state finite da tempo, e Ravi aveva iniziato a pulire anche quello spazio considerandolo una naturale appendice dell’appartamento principale. Le assi di legno erano lucide, le finestre aperte e Sebastiano leggeva seduto a terra in terrazzo, con il cappotto e la sciarpa avvolta intorno al collo.
Ludger restò alcuni istanti a contemplare quella figura sottile e nera. “Ti va di fare colazione di là? Qui fa troppo freddo per me.”
Sebastiano lasciò il libro aperto sul pavimento e lo seguì togliendosi gradualmente strati di abiti, fino a restare soltanto con i pantaloni. “Come va la testa? Vuoi un caffè insieme al tè?” Si diresse verso il bollitore, dandogli le spalle.
“Bene, ieri sono andato a letto presto e poi mi sono riaddormentato subito. Ad Amedeo è piaciuto il nuovo assetto al lavoro, e io ho passato alcune ore in piacevole compagnia di Elisa. Sono contento che oggi pomeriggio starete un po’ insieme.”
I capelli di Sebastiano arrivavano alle scapole con un taglio netto, creando uno spessore geometrico in netto contrasto con la pelle bianchissima. Ludger pensò alla curiosità di Elisa rispetto alla loro convivenza; non le aveva detto che la vicinanza di Sebastiano, esattamente come quella di Amedeo, gli dava un grande appagamento estetico. Era un dettaglio talmente palese che non meritava di essere menzionato.
“Ludger, come mai non mi chiedi com’è andata con Tommaso.”
“Lo so già, lui lo conosco e stamattina mi sembri molto rilassato. Quando arrivano i mobili per la casa a fianco? Almeno una poltrona da lettura potremmo procurarcela velocemente.”
“Una poltrona da lettura, che bella idea. Me la dovrei procurare, ma temo ci starei troppo comodo. Ho ordinato solo due materassi e scaffali per i libri e il materiale. I vestiti che non entreranno nell’armadio a muro li porterò al cimitero. Ancora non so quando me li consegneranno. Stamattina dovrebbero arrivare gli arredi per il terrazzo. Pensi che potrebbero disturbare il sonno di Luca. In caso li chiamo e sposto la consegna.”
“Non credo. Dormirà come un sasso ancora a lungo. Io uscirò tra poco… divertiti.”
“Tommaso, comunque, mi piace. Potrebbe essere quello che mi piace di più fra i vostri amici. Perché è nascosto. E credo potrebbe darmi molti spunti.”
Ludger pensò avesse omesso un particolare che non avrebbe dovuto considerare secondario. “Immagino sia del tutto indifferente al tuo aspetto.”
Sebastiano sorrise, versandosi il tè con gesti aggraziati “Lo è. Ed è un enorme sollievo poter parlare con una persona così intelligente. Superando completamente i ceppi delle apparenze. Come fossimo due pensionati. Splendido. Grazie per avermelo fatto conoscere.”
Via della Scrofa era poco affollata quel pomeriggio, ed Elisa continuò a guardarsi intorno nervosamente, controllando il telefonino. Aveva appuntamento con Sebastiano davanti a una profumeria; non sapeva da quale direzione sarebbe arrivato e immaginò di ricevere un messaggio di disdetta in qualsiasi momento. Lo mise a fuoco quando era ancora molto lontano. Sebastiano avanzava con passo deciso e, malgrado il viso fosse coperto dagli occhiali neri, era immediatamente riconoscibile per i suoi movimenti veloci e i capelli lucidissimi mossi dal vento. A Elisa sembrò una scena di un film: le persone si spostavano per farlo passare, e sul bordo del marciapiede gli bastò alzare una mano per far fermare le macchine e attraversare.
Si fermò a un passo da lei. “Perché sembri così contenta.”
Elisa guardò le lenti scure senza smettere di sorridere. “Perché lo sono. Sono felice di stare in giro con te, mi sembra incredibile… non ti avevo mai visto fuori da casa mia e l’idea di fare qualcosa insieme mi elettrizza. Però faccio la brava. Prometto di non sconfinare nell’isteria.”
Elisa ebbe l’impressione che la maschera di porcellana si fosse animata, per accennare un sorriso. Sebastiano le prese la mano per portarla dentro la profumeria più bella che avesse mai visto. Per lei fu una specie di gita in un parco divertimenti; Sebastiano sembrava sapere esattamente cosa cercare, e le commesse lo ascoltavano con ammirazione. Oltre ai prodotti per i capelli volle prenderle anche dei trucchi e un profumo.
“A patto che ti faccia regalare il tutto, se inizi a fare i capricci perché vuoi pagare tu ci limitiamo alla tinta.”
“Non ho intenzione di contraddirti. Mi sto divertendo troppo.”
Elisa aveva deciso di seguire il consiglio di Ludger e gustarsi quel tempo insieme senza ostacolarlo. Sebastiano tornò a prenderle la mano usciti dalla profumeria, chiedendole di entrare in un negozio di giocattoli dall’altra parte della strada; si divertirono con i giochi di legno e i rompicapo per gli adulti. Elisa non chiese spiegazioni quando Sebastiano si fece consigliare un gioco di strategia adatto agli adolescenti, che spedì subito dopo. Una volta usciti dall’ufficio postale si fermarono a prendere un tè.
“Conosci bene questa zona.”
Sebastiano alzò gli occhiali alla sommità della testa liberando anche il viso dai capelli; era inespressivo ma spesso lo sguardo diventava obliquo, come se volesse controllare i confini del proprio campo visivo. “Non siamo lontani dall’Accademia di Belle Arti. Giravo qui intorno ogni giorno, quando la frequentavo. Sono passati cinque anni, anche se a me sembrano di più. E non ci sono stati molti cambiamenti in questi posti.”
“Non mi dà per niente fastidio se tieni gli occhiali. Ti va davvero di farmi la tinta? Per me possiamo anche rimandare, o posso mettermici anche da sola.”
Sebastiano riabbassò gli occhiali, e le due tende di capelli tornarono a coprirgli i lati del viso: sembrava più rilassato. “Preferirei farlo io. Mi piace fare queste cose. Perché sei bella. E fortunatamente non mi dai più l’impressione di volermi strappare i vestiti da dosso. Adesso riesco a stare bene con te. Forse mi dovrei comprare una bambola, non di quelle gonfiabili. Una bambola di cui prendermi cura. Tipo Kokoschka e Alma Mahler. Non conosci la storia? Io la trovo molto romantica. Dopo che la tipa l’ha mollato lui si è fatto realizzare questo feticcio, piuttosto racchio, e se ne prendeva cura. Io però vorrei una bambola bellissima. Che non ricorda nessuno, o forse li ricorda tutti.” Si fermò un istante con le labbra appena socchiuse, come rapito dalla visione che aveva evocato. “Una cosa che non è viva non può morire. Forse dovrei davvero rileggermi Bellmer. Lui costruiva e fotografava bambole montate e smontate. Più smontate che montate. Le fotografie sono meravigliose, molto storte. Ti sto appallando.”
Elisa era determinata a mantenersi impassibile di fronte a qualsiasi discorso avesse sfiorato la morte. Guardò Sebastiano ricordando la conversazione avuta con Ludger, e pensò alle loro bambole morte. Avrebbe assecondato Sebastiano seguendolo anche in sentieri imprevedibili, perché il suo unico desiderio era riuscire a percorrerli con lui. Non voleva essere travolta dalle sue paure, perché lui stava affrontando davvero la perdita di una persona importante. Gli sorrise con dolcezza. “Non mi appalli neanche un po’, mi dispiace di non essere preparata per cogliere al volo tutti i riferimenti, ma ti seguo con piacere. Io adoravo giocare con le bambole, anche con quelle rotte. Mi facevano tenerezza. Come dovrebbe essere questa bambola non racchia?”
Sebastiano unì le mani incrociando le dita e si sporse leggermente sul tavolo, dimenticando di guardarsi intorno. “Dovrebbe avere lunghi capelli biondi, morbidi e lucenti. Come miele che scorre fra le dita. Un ovale delicato con un qualche elemento dal carattere forte. Dovrei studiarlo. Naso piccolo dritto, grandi occhi chiari, di quelli che cambiano colore con la luce. Forse però a una bambola non è possibile. Pelle bianca di un bianco innaturale, e labbra rosa pallido. Ben disegnate. Mi manca molto il seno. Aline era una tavola, più di te. Potrei concedermi addirittura una terza, una bella coppa tonda e soda. Vita piccola, fianchi stretti ma morbidi, gambe dalle giunture sottili. Un bel sedere tondo e piccolo. Mani e piedi dovrebbero essere caratterizzati come il viso. Affusolati, sottili e forti con le unghie perfette. Più ne parlo è più la desidero. Quanto pensi potrebbe costarmi.”
“In termini di malattie mentali, intendi?”
Risero insieme, ed Elisa si accese una sigaretta prima di riprendere a parlare. Quella descrizione le aveva fatto pensare a Giulia, ma il temperamento della sua amica la rendeva molto lontana da un oggetto inanimato. “Però ci sono delle cose che mi colpiscono. La prima. Se incontrassi una ragazza con sembianze simili e lei non ne volesse sapere di te… suona poco realistico, ma che ne so, una che cerca un macho peloso. A me piace giocare… insomma, se la tipa ti ignorasse, come reagiresti?”
Sebastiano era deliziato. “Mi piace giocare con te. Brava. Io non vorrei incontrare nessuno. Non vorrei una bambola viva. Vorrei un oggetto da animare, metaforicamente, a mio unico beneficio. Con le esondazioni fuori controllo dei miei pensieri. Però, per giocare. Se esistesse una tipa così, e fosse anche in grado di ignorarmi, sarebbe davvero perfetta. Potrei amarla senza riserve. Ma il gioco del feticcio era altro. Poi?”
Elisa era molto soddisfatta della partecipazione dimostrata dal suo interlocutore. “Ok, sparo. Credi che Ludger accoglierebbe anche questa sorellina semisosia inanimata nel suo letto?”
Sebastiano continuò a sorridere, pensando fosse superfluo parlare della sindrome di Thomas Mann. “Sorellastra cara, Ludger anche esteticamente ha molto carattere. Va oltre. Poi, in un’altra vita, avrei completamente perso la testa per lui. In questa credimi, sono felicissimo così. Non voglio più perdere la testa per nessuno. Il sesso per me non esiste. Ma anche se anche potessi scegliere, vorrei che fosse andata esattamente così. Ne ho parlato con Luca, a un certo punto. Io tengo più alla sua felicità che alla mia. Non potrei stare bene con qualcuno vicino. Non solo, penso che con l’alieno ci saremmo presi a pizze senza requie. Comunque il destino è davvero stronzo, perché se ci pensi anche Ludger ha nel letto una specie di semisosia della sua donna morta. Forse Andrea intendeva questo… ma non vale la pena parlarne.”
“Perché dici ‘anche’ Ludger ha nel letto la semisosia?”
“Perché è vero. Ludger potrebbe somigliare ad Aline, a uno sguardo molto molto superficiale. E anche alla mia bambola e a tutta la squadra di fantasmi. Perché ho un debole per i biondi, come Luca. Ogni mattina quando mi sveglio resto per un po’ con gli occhi chiusi. Lo faccio da anni, se non c’è una sveglia a strapparmi dal sonno. Mi prendo il tempo che serve a recuperare le coordinate del presente. Da quando sto qui, con loro, i primi secondi sono orribili. Mi sembra che sia tutto sbagliato. Dovrebbe esserci qualcun altro al mio fianco. I capelli biondi non potrebbero mai bastare. Dura poco perché mi costringo ad aprire gli occhi e guardare Luca. Lo sai anche tu, quando dorme è bellissimo. È cambiato tanto, ma quando dorme ha ancora quel candore che lo fa sembrare un bambino. Che frantuma il concetto di tempo, lo strappa alla corruzione. Come se lui fosse irraggiungibile dalla menzogna e dalla bruttura. Immagino tu possa capire di cosa parlo. Non so come potrei ritrovarmi ogni volta, se adesso non ci fosse lui. Un tempo ti invidiavo perché per te c’era sempre. Adesso penso che io non sarei riuscito a restargli vicino all’inizio della storia con Ludger. Sarei impazzito per la paura che potesse portarmelo via. Anche se voglio il suo bene più di ogni altra cosa. Adesso la sua presenza così costante, mi sta salvando. Non so bene cosa farmene, ma credo che Ludger abbia ragione. Anche soltanto il fatto che mi sono trascinato fino a lui significa che ho scelto di continuare a vivere. Certo, non smetto di chiedermi come possa Ludger avermi adottato così, ma non ho abbastanza forza per provare a capirlo. Ludger mi piace molto, ma per me è una specie di alieno. Ultimamente si tiene un po’ alla larga, da me. E fa bene, per me è faticoso. Ho fame, andiamo.”
Giulia aveva risposto all’invito a cena dicendo di non essere dell’umore giusto per una serata tra amici, ma voleva comunque incontrare Amedeo e visitare la sua nuova casa. Lo raggiunse quando era sicura di trovarlo ancora da solo e, dopo aver visto le varie stanze, si era seduta con lui per prendere un tè. Malgrado il caldo si limitò ad aprire solo una parte della zip della sua tuta da moto, e le protezioni sulle articolazioni le davano un aspetto rigido, quasi robotico.
Giulia mantenne un’espressione tesa. “Mi sembra di stare a casa tua di notte, anche se la stagione è sbagliata.”
Ogni volta che si erano trovati a parlare a San Lorenzo, lei era stata molto più rilassata.
Amedeo non osava proporle di togliere almeno la giacca, perché sembrava essere pronta ad andar via in qualsiasi momento. “Puoi venirmi a trovare qui ogni volta che vuoi. Adesso che non ci incontriamo più per caso di notte, in cucina, vorrei comunque continuare a vederti.”
Lei sorrise abbassando lo sguardo, come sempre era completamente struccata, e Amedeo si ritrovò a fissare le sue lunghe ciglia chiare.
“Ci sono troppi uomini in questa casa. E non mi dire che siete tutti gay perché non mi aiuta per niente, perché Ludger è come Lorenzo. I cosiddetti bisessuali li detesto come e forse più degli etero.”
Amedeo pensò che le posizioni di Giulia si fossero ulteriormente irrigidite, e che ormai non fosse più disposta ad accogliere critiche o spunti di riflessione. Non gli piaceva immaginarla così ottusa, ma sapendo che stava attraversando un periodo difficile decise di non forzarla.
“Lo so, mi sto radicalizzando. Prima potevo uscire anche con gli altri amici di Elisa, adesso non sopporto più nessuno. Mi fanno incazzare anche le mie amiche lesbiche. Ti ricordi? Ti avevo accennato che ti avrei chiesto un favore. Amedeo potresti fare una cosa per me, senza parlarne a Elisa? Se ti mette in difficoltà tenerti per un po’ un segreto, neanche te ne parlo.”
Amedeo provò un senso di claustrofobia nel vederla chiusa nella sua armatura, e aprì alcuni bottoni della propria camicia prima di bloccarsi, temendo di infastidirla. Si preparò una sigaretta restando seduto di fronte a lei, ripensando a quando anche lui si sentiva in guerra contro tutto ciò con cui entrava in contatto. Avrebbe voluto allentare quella tensione, o almeno riuscire a capire cosa la stesse generando. “Sei libera di fare quello che vuoi e di parlarne con chi vuoi, lo sai, non sono un tipo che giudica. Solo, per partecipare a qualcosa devo capirla, altrimenti non posso.”
Giulia sorrise con più calore, guardandolo negli occhi. “Sei così bello Amedeo, faresti morire mia madre contenta. Non cambiare espressione, il favore che ti volevo chiedere è di venire qualche volta con me a trovarla, vorrebbe tanto vedermi con un ragazzo. Ha un tumore, abbiamo ancora tempo, ma non ho nessuna intenzione di fare coming out adesso… come dicono le mie pseudoamiche, io vorrei farla andar via contenta. Tu sei l’unico uomo che conosco che non mi fa ribrezzo, non potrei chiederlo a nessun altro. Però non puoi parlare di questa storia a Elisa… se sapesse che mia madre sta così, si angoscerebbe al punto che dovrei sostenere anche lei, e non ce la faccio. Prima o poi gliene parlerò, ma non adesso. Adesso devo concentrarmi su mia madre.”
Amedeo vide le lacrime che iniziavano a scenderle sul viso, e lasciò la sigaretta nel posacenere per raggiungere velocemente il suo sgabello; quando arrivò da lei si fermò per chiedere se poteva abbracciarla.
Lei annuì lasciandosi avvolgere dalle sue braccia; smise di piangere perché pensava di non poterselo permettere, e lo allontanò con dolcezza ringraziandolo. “Devo essere forte, adesso più che mai.”
Ad Amedeo restò l’impressione di aver avuto tra le braccia un’armatura. “Come mai sei vestita da moto?”
“Voglio guidare, ho studiato una strada, la voglio andare a provare.”
Giulia amava correre in moto di notte, aveva fatto interi viaggi guidando per ore da sola, e tutte le preoccupazioni di Elisa non erano riuscite a fermarla. In quel momento sembrava meno tesa: si stava guardando intorno con maggiore attenzione, ammirando le orchidee che Ludger aveva messo davanti alla finestra che si apriva sul piano della cucina. Il suono della porta d’ingresso la fece scattare in piedi in modo quasi marziale.
Elisa era raggiante. Rise mentre Sebastiano le toglieva il cappotto, scoprendo un tubino nero semitrasparente; la frangia scomposta e i capelli più luminosi mettevano in risalto gli occhi chiari, pesantemente truccati. Sebastiano stava snodando la sciarpa quando vide Giulia, e si fermò per analizzare gli elementi che la componevano, affascinato da quei contrasti.
Giulia li raggiunse in pochi passi, rigida, con il viso teso e gli occhi contratti puntati verso l’amica. “Cosa hai fatto ai capelli? E come ti sei vestita?”
Elisa perse espressione vedendola così accigliata. Le rispose mentre passandosi una una mano fra i capelli. “Li sto riportando al mio colore naturale, per ora a strisce. Non ti piacciono? Sono felice di trovarti qui. Non me lo aspettavo.”
Sebastiano guardò Giulia con attenzione. All’inizio aveva pensato fosse un amico di Amedeo a causa dei vestiti di cuoio rigido, ma il suo viso aveva dei lineamenti molto delicati, contraddetti dagli zigomi alti e induriti in un’espressione ostile. Trovò il tono della sua voce fastidioso come una stonatura.
“Non mi fermo molto, neanche volevo venire. Non mi stai baciando per non scandalizzare la tua nuova amica?”
Giulia rivolse a Sebastiano uno sguardo grigio, e mettendolo a fuoco cambiò espressione mentre Elisa rise nervosamente. Sebastiano pensò che fosse una perfetta cretina per riuscire a provare tanto odio senza motivi apparenti; sorrise per la sfumatura di stupore che si sommò al livore sul viso di Giulia, generando l’ennesimo contrasto. Decise di scommettere su quale componente avrebbe avuto il sopravvento, puntando sull’odio.
Dopo aver visto il viso di Sebastiano Giulia si rivolse ad Elisa con un’espressione ancora più irritata. “Perché non mi stai presentando alla tua nuova amica?”
Ad Amedeo non piacque il sorriso cattivo di suo fratello, che si attenuò appena li raggiunse.
Elisa rispose con naturalezza. “La mia nuova amica è Sebastiano, il fratello di Amedeo, che come me si starà rassegnando a questi primi incontri infelici.”
Sebastiano registrò la scommessa vinta in silenzio: aveva sostenuto lo sguardo di Giulia per pochi secondi, ma poi lo aveva annoiato. Superò il gruppo che restava immobile in corridoio per raggiungere il tavolo di fronte al divano, dove aveva lasciato il suo libro. “Luca, per favore, fai venire nella casa a fianco Tommaso, quando arriva. Grazie.” Poi se ne andò, concentrato sulle pagine come se avesse già iniziato a leggere.
Giulia tornò a parlare soltanto dopo che la porta venne accostata. “Come può un uomo andare un giro con quella faccia?”
Elisa scosse la testa. “Giulia, ti prego non dire altre assurdità. È stata una scena imbarazzante, sembrava che lo volessi picchiare. Prima perché pensavi che fosse un’amica e dopo perché non è una donna. Lo so che stai passando un periodo difficile ma non potresti essere un po’ più gentile, almeno con i miei amici?”
Giulia abbassò la testa. “Hai ragione, sono gelosa e stasera sei troppo bella, ti vorrei portare con me. Ma non hai neanche i vestiti adatti.”
Amedeo trovó Sebastiano sul pavimento a leggere. Gli sedette a fianco.
“Stai bene, fratello?”
“Sto benissimo, ho passato una giornata decente. Non permetterò alla breve parentesi con quella stronza di rovinarmela.” Alzò verso di lui uno sguardo affilato. “Non voglio avere niente a che fare con lei. Una persona così bella e così cattiva può essere molto pericolosa. Non ho intenzione di scambiarci neanche una parola, e penso di farle un favore.”
Dopo una breve pausa Amedeo ricominciò a parlare. “Ti sbagli, Giulia non è una dei cattivi, sta passando un periodo molto brutto.”
Sebastiano sorrise, pensando che il modo di contraddirlo di Amedeo fosse insolito, e riprese con un tono della voce più dolce. “Anche io. Ma non rompo il cazzo a nessuno. O almeno ci provo. Non è grave, non possono piacermi tutti i vostri amici e gli-amici-degli-amici. Sta andando fin troppo bene. Ora sto un po’ qui a riposarmi, e dopo tornerò di là con Tommaso. Quando arriva. Eviterò Giulia e non ci sarà nessun incidente. Gli incidenti sono inutilmente faticosi.”
“Non la troverai, è passata prima apposta, penso passerà la notte a guidare.”
“Meglio così. Torna di là, ci vediamo dopo.”
Uscendo dall’ascensore Ludger vide le porte di entrambi gli appartamenti spalancate, e si convinse che era necessario installare il cancello. Si tolse il cappotto fermandosi all’ingresso mentre chiamava Amedeo.
Elisa interruppe la conversazione con Giulia, prendendo un tono allegro. “Ciao Ludger! Vuoi un tè? Amedeo sta con Sebastiano. Ti fai salutare?”
Notò subito Giulia appena entrato in soggiorno, in particolare il suo abbigliamento gli sembrò surreale in quel contesto. “Certo, volentieri. Tu devi essere Giulia.”
Le si avvicinò tendendo la mano, che lei strinse con troppa forza.
“E tu sei lo stupratore.”
Lui rise di gusto, aumentando l’astio con cui lo stava guardando, e la superò per baciare Elisa sulla fronte in modo di non rovinarle il make-up.
“Sei uno splendore stasera… Giulia, ti vedo bella carica, vai a una serata fetish stasera?”
Giulia non capì, e fu Elisa a rispondere.
“Non credo che Giulia sappia cosa sia il fetish. Comunque, amica cara, per porre fine una volta per tutte a questa storia penso sia il caso di fornirti alcuni dettagli, che Ludger potrà confermare se necessario. Quel singolo episodio è avvenuto in un’altra vita. Entrambi adesso siamo felicemente accompagnati, e non dà fastidio neanche ai nostri consorti. Non capisco perché tu non riesca a superarlo. E poi c’è un dettaglio che ti sfugge, Ludger non poteva muoversi… in caso la stupratrice sarei io… comunque, non mi piace che lo definisci ‘stupratore’. Lo so che per te è difficile da immaginare, ma una donna può essere consenziente, e io non solo lo ero, potevo anche muovermi. Lui è un mio amico, con i miei amici potresti concederti una tregua?”
Giulia si trattenne soltanto perché aveva intenzione di salutare Amedeo, prima di andarsene. Annuì distrattamente, restando in silenzio: non aveva intenzione di mitigare le proprie posizioni. Ludger seguiva distrattamente il loro scambio, senza dare peso alle parole di entrambe: sapeva che Giulia stava attraversando un momento difficile, ed era convinto che gli sforzi di Elisa fossero completamente inutili. Appena tornò Amedeo Giulia si alzò per salutare; si impose di chiamare Ludger per nome, e abbracciò Elisa ed Amedeo sulla porta.
Elisa sbuffò appena l’ascensore si mise in moto. “Sono sempre più preoccupata per lei, mi stupisce che ancora riesca ad abbracciarti, se continua così me la vedo per strada con un mitra. Credo che a Sebastiano sia stata simpaticissima.”
Amedeo le sorrise. “Non gliene parlare. E non preoccuparti, spero sia una fase, penso che prima o poi tornerà in sé.”
Ludger accolse Tommaso con un abbraccio, che riconobbe a stento la loro casa. Amedeo si unì a loro per fare l’ennesimo giro nelle varie stanze, e quando arrivarono in camera da letto Tommaso cambiò espressione.
“Se ripenso a com’era questa stanza le ultime volte che l’ho vista, mi rimetto a piangere.”
Nel terminare la frase alzò lo sguardo su Amedeo, che sorrise restando in silenzio; vedendolo con quell’espressione, Tommaso capì a pieno le parole di Sebastiano e gli si rivolse con gratitudine.
“Sono tanto felice di essere qui adesso, e di poterti finalmente conoscere.”
Anche Amedeo era contento della sua presenza, e glielo disse.
In soggiorno Ludger gli offrì un calice. “Perché non ti sei fatto accompagnare da uno dei tuoi amici? Per noi non ci sarebbe stato problema, anche un amico di Amedeo si porterà dietro diversi allegati.”
Tommaso sorrise con una vena di imbarazzo. “Sebastiano mi ha pregato di non portarmi dietro nessun rompicoglioni affamato. Francesco sarebbe venuto camminando a un metro dal suolo, ma non credo avrebbe retto censurandosi tutta la sera, e scegliere tra gli altri mi sembrava ancora più difficile. Poi avevo sperato che riuscisse a venire il mio compagno, ma alla fine ha avuto problemi, come al solito. E quindi eccoci qui. Anzi, se non vi dispiace lo raggiungo, così mi tolgo un paio di chili di libri dalla borsa.”
Nel giro di mezz’ora la casa si riempì di persone; Claudio aveva portato la sua ragazza e due amiche che stavano passando alcuni giorni di vacanza a Roma. Nora era in compagnia di una ragazza con cui stava cercando casa da affittare. Andrea entrò disinvoltamente da solo salutando tutti, con allegria. Gli occhi di Nora diventarono lucidi vedendolo scambiarsi battute spigliate con Sebastiano; con lei si era comportato in modo formale, e dopo averle stretto la mano era uscito in terrazzo a parlare con Tommaso. Davide e Lorenzo arrivarono per ultimi.
Sebastiano li raggiunse sorridendo e tendendo la mano. “Lorenzo, questi fiori sono magnifici, ma non sufficienti per nasconderti. Sono felice di vederti qui.” Prese il mazzo di tulipani che gli stava porgendo con molta delicatezza. “Che belli. I miei preferiti.”
Lorenzo era in difficoltà. “Grazie.”
“I fiori, tecnicamente, li hai portati tu. Luuuu, ringrazialo dei fiori.”
Quella specie di ululato fece ridere Davide e intervenire Amedeo, perché sapeva che Ludger era impegnato a riempire calici.
“Accidenti che belli, grazie Lorenzo, non so se abbiamo un vaso abbastanza grande.”
Mesi prima Lorenzo ne aveva comprato uno insieme ad Amedeo, per posizionarlo su una delle mensole in camera da letto. Non vedendolo utilizzato in soggiorno, chiese se potesse andare a prenderlo. “Tieni, anche se comunque già domani inizieranno a piegare la testa.”
Amedeo guardò quei tulipani bianchi che sembravano freschissimi, chiedendosi perché lo avesse detto.
Sebastiano concluse la frase per lui. “Però sono bellissimi anche per questo. Complimenti per la memoria. Hai visto quanto è topa la tua donna stasera? Abbiamo passato il pomeriggio a giocare, sono molto soddisfatto.”
Soltanto allora Lorenzo si guardò intorno, e vide Elisa che riempiva i calici vicino a Ludger. Restò letteralmente a bocca aperta. “Ma, i capelli…” Conosceva la fissazione di Elisa per il caschetto nero; nel tempo era riuscito a convincerla ad aggiungere un minimo di lunghezza, senza riuscire a farla rinunciare alla geometria o al colore.
Sebastiano gli restava a fianco. “Ho visto stuoli di parrucchieri lavorare sulle chiome fino a svenire di noia. Impastare i colori mi è sempre riuscito bene. L’idea è quella di farla tornare al suo colore naturale, già così sta molto meglio.”
“Sono d’accordo. Su tutta la linea.” Lorenzo non lo aveva mai sentito dire tante parole di seguito, e iniziò a sentirsi più rilassato.
La voce di Andrea li raggiunse, insieme ai calici. “Quindi sei un parrucchiere… un truccatore… un… estetista?”
Amedeo e Davide furono gli unici a ridere, e Sebastiano li guardò restando inespressivo. Ludger, con l’intento di far cadere il discorso, gli chiese aiuto per aprire altre bottiglie, ma Sebastiano lo pregò di aspettarlo.
“Luca, sei sempre zelante. Hai fatto più di quanto ti avevo chiesto. Non hai mai detto a nessuno che lavoro facevo.”
“Io lo avevo capito da sola, dagli indizi che avete lasciato in casa in questi anni.”
L’intervento di Elisa lo fece sorridere. “Così sembro una spia o un prostituto, che poi non è neanche del tutto sbagliato. Negli ultimi cinque anni ho lavorato come modello. Adesso, grazie ad Aline, non ne ho più bisogno.”
Andrea cercò di sdrammatizzare. “Visto! Ci ero andato vicino.”
Elisa lo osservava con attenzione. “Fratellastro, puoi dirci perché lo volevi tenere nascosto? Già che ora ne parli come se non fosse più un segreto.”
“Perché è un lavoro che fa schifo. Vorrei che nessuno parlasse mai di me. Soprattutto di quello che mi riguarda e fa schifo. Ma sono dettagli poco importanti, e io devo smetterla di renderli tali. Dai Ludger, andiamo ad aprire queste bottiglie.”
Lorenzo era profondamente colpito: gli sembrava molto cambiato, ma coerente con il ricordo che ne aveva. Guardando Sebastiano allontanarsi insieme a Ludger ebbe l’impressione di essere finito in una realtà parallela. Provò ad immaginare Adriano in quel contesto e non gli riuscì; quel tentativo rischiava di incrinargli l’umore, e lo abbandonò subito per concentrarsi su Elisa che gli era a fianco. La baciò. “Sono stregato e, vedendoti così trasfigurata, ancora più dispiaciuto al pensiero che stasera non torneremo insieme. Vi siete divertiti oggi pomeriggio?”
“Tanto, con lui ho capito che ero finita in una di quelle reti mentali che tanto condanno negli altri. Ora che ho deciso di demolire tutti i miei pregiudizi, e anche ogni tentativo di formulare giudizi, mi piace tantissimo stare con lui. Che bello averti qui!”
Nel clima rilassato e le ore passarono veloci. Tommaso stava spesso vicino ad Amedeo, e lui era contento di avere un’occasione di conoscerlo meglio, sia per il rapporto con Ludger che per la simpatia che gli manifestava Sebastiano. Parlarono dei loro interessi e occupazioni malgrado avessero pochi punti in comune. Tommaso aveva una vasta cultura sui fumetti d’autore e la letteratura gay, e Amedeo gli chiese consigli, pensando fosse l’unico contatto con una parte del passato di Ludger.
“Per me sono mondi ancora da scoprire… e ti sono grato per i suggerimenti. Ti farò sapere… sono contento di riuscire finalmente a parlarti anche perché sei uno tra i pochissimi che Ludger definisce amici… sicuramente l’unico del giro gay.”
Tommaso cercò Ludger prima di rispondergli, coinvolgendolo. “Non penso che dal lato gaio ne potrà recuperare altri, vero Louis?”
Amedeo sorrise e Ludger si unì a loro.
Tommaso riprese subito a parlare. “Dicevo ad Amedeo che sarà difficile che tu riesca a recuperare altre amicizie dal mio lato, ma non vorrei parlare a sproposito.”
“Puoi dirgli tutto quello che vuoi, anche quello che non mi ricordo… io ricordo che mi volevano tutti molto molto bene, ma sai, ero un ragazzaccio e la memoria non mi funziona del tutto. Se serve chiamatemi.”
Ludger tornò vicino al gruppo che aveva appena lasciato. Sebastiano esortò Tommaso a continuare, e lui riprese senza esitazioni.
“Tu hai visto Francesco, lui si è sempre proclamato il preferito.. del tutto a sproposito… penso sia l’unico a ricordarsi che sono stati insieme più di una volta. Louis cercava di evitarli, perché erano miei amici e nei locali non aveva problemi a trovare compagnia. Loro però erano abbastanza insistenti, diciamo pure che non si davano pace, e ogni tanto qualcosa succedeva… salvo poi chiamarmi il giorno dopo in modalità principessa sedotta e abbandonata. Anche se Louis era sempre molto chiaro su questo punto. Insomma, ha portato parecchio scompiglio. Ma era sempre solo, per questo siamo diventati amici, sembra che tra quelle persone io fossi l’unico a vedere anche questo. Forse perché io sono sempre solo, e la solitudine non mi fa paura.”
Amedeo ricordò che anche Andrea aveva sottolineato, più volte, l’isolamento di Ludger nonostante la moltitudine di persone di cui si circondava in quegli anni. “Abbiamo un altro motivo per brindare alla tua presenza, e un altro punto in comune. Alla solitudine.”
Davide quella sera era particolarmente taciturno; aveva ascoltato con interesse lo scorcio sul passato di Ludger, anche se non si trovava nella posizione di fare domande.
Le persone si spostavano in piccoli gruppi che si mescolavano spesso; lo spazio attrezzato in giardino venne usato molto, soprattutto per fumare, e venne aperta un’enorme quantità di bottiglie.
A un certo punto, Claudio avvicinò Amedeo. “Mi sembra che siamo tutti ben cotti… che dici? Mettiamo qualcosa di ballabile? Secondo me ci starebbe bene adesso.”
Amedeo gli sorrise con entusiasmo prima di prendergli la mano, e lo trascinò da Ludger per girargli quella richiesta. Lo trovarono su uno dei divanetti esterni a parlare con Nora e altre ragazze; gli si illuminò il viso vedendo avvicinare Amedeo con quell’espressione felice.
“Non me lo devi neanche chiedere, puoi e potete usare anche i miei dischi. Peccato che non abbiamo un mixer, ma sono sicuro che ve la caverete benissimo anche senza.”
Le ragazze iniziarono subito a ballare, e soltanto Ludger e Sebastiano restarono seduti.
Elisa cercò di convincere Sebastiano. “E tu, perché non balli?”
Quando Ludger era ubriaco il suo equilibrio diventava ancora meno stabile; era molto divertito dalla svolta che aveva preso la serata, e seguì con interesse il loro scambio.
“Sorellastra, non ballo dai tempi del liceo e non mi sembra il caso di pogare fra voi fanciulle e i cactus.”
Ludger rise.
“Sì Lù, anche a me è capitato di fare cose quasi normali. Adesso però non credo sia il caso. Mi piacerebbe ballare un tango.”
Elisa si sedette al suo fianco. “Lo sai, anche a me? Ci iscriviamo a un corso insieme?”
“Lo metto in lista. Adesso però torna a ballare, non privarci di questa gioia.”
Non appena rimasti soli Ludger riprese a parlare. “Ho ripensato spesso a quello che mi hai detto a proposito del senso estetico di Amedeo. Mi state viziando. E non solo a me… ogni volta che giochi con Elisa la rendi di una bellezza abbagliante. Sono felice che vi siate finalmente trovati voi due… ma davvero, perché non balli?”
“Vediamo, magari con il pezzo giusto potrei prendere a spallate Andrea, intanto mi sbronzo un altro po’. Che ti porto?”
Claudio mise un vecchio pezzo dei Bauhaus, che parlava della passione degli amanti per la morte; Sebastiano lasciò il suo calice a Ludger, gli rivolse un inchino teatrale, e si lanciò con una spallata contro Andrea. Le ragazze si spostarono per continuare a ballare al sicuro, tranne Elisa che lasciò le scarpe dietro un vaso. Sebastiano cantava ridendo per quella macchina del tempo rotta, per il sorriso di Amedeo che rimbalzava tra lui e Andrea, nell’allegria generale. Sebastiano ballò quell’unico pezzo prima di tornare sul divano tra Ludger e Tommaso, che si era seduto al suo posto appena lo aveva lasciato. “Ballare è troppo faticoso, e temo che questo completo non sia adatto. Preferisco continuare a bere.”
Il momento dei saluti fu insolitamente malinconico. Le ragazze ospiti da Claudio ringraziarono Amedeo per quella che definirono una festa strepitosa. Andrea scese con loro, aiutandone una a mantenere una traiettoria lineare. Nora abbracciò Ludger troppo forte, pregandolo di non escluderla, e poi strinse la mano di Sebastiano tenendo gli occhi bassi. Tommaso disse che sperava di poterlo rivedere presto, e fu l’unico ad uscire di scena con molta discrezione; Ludger lo accompagnò fino all’ascensore e restò con lui diversi minuti. Lorenzo ed Elisa passarono un po’ di tempo a scambiarsi tenerezze in un angolo prima di salutarsi, perché lei aveva deciso di restare. Davide, dopo aver salutato gli altri, prese Sebastiano per le spalle: continuò ad abbracciarlo mentre lui restava immobile.
“Davide. Così non va. Stai sbagliando tutto.”
Lo strinse in silenzio, ignorando il suo tono incolore. Sembrava non sentire le parole di Sebastiano, e poggiò la nuca sul suo collo.
“Davide, facci un favore. Chiedi a Luca di farti una mappa concettuale sul come bisogna comportarsi. Con me. E cosa si deve assolutamente evitare di fare, e dire, per avermi ‘almeno’ come amico. Finora stavi andando quasi bene. Se adesso non ti scolli subito andrà a finire male.”
Davide si allontanò con un viso abbattuto, e Sebastiano riprese a parlare dopo aver visto l’espressione preoccupata di Amedeo.
“E se vuoi fare un favore a te stesso, inizia a rinnovare l’arredamento. Magari liberandoti delle suppellettili in eccesso. Ci sentiamo presto, d’accordo?”
Davide annuì con un sorriso incerto.
“Ora vai, prima che Ludger ci metta i Rachel’s come colonna sonora. Vai!”
Lo spinse verso Lorenzo, che lo accompagnò oltre la porta.
“Non avresti potuto sforzarti di essere un po’ più umano?”
“Sì Luca, avrei potuto, ma sarebbe stato peggio. Con tutti i problemi che ha sarebbe stato da carogne dargli anche una minima speranza.”
“Fratello, perché ridi?”
“Perché ho detto speranza, non pensavo di essere così ubriaco. Adesso perché ridi tu?”
“Perché non sei poi tanto ubriaco. Hai detto speranza associandola a comportamenti da carogna.”
Sebastiano trascorse la sua prima notte nella casa a fianco, e Amedeo gli restò vicino fino a quando non si fu addormentato del tutto.
Sebastiano era molto rilassato, stava iniziando a percepirsi staccato dalla propria storia, come un naufrago costretto ad acquisire nuovi strumenti per adattarsi a un nuovo ambiente, partendo da zero. Le dita di Amedeo continuavano a scivolare sulla sua testa senza attrito, ed era quel contatto a mantenerlo ancorato alla vita, come il suo stesso respiro. Poco prima di scivolare nel dormiveglia decise che avrebbe continuato a dormire lì. Si concentrò sul colore delle lenzuola che avrebbe voluto comprare per il materasso, fino a sfumare i propri pensieri nel blu cupo che avrebbe cercato.
Amedeo faceva scorrere le dita fra i capelli neri assaporandone la consistenza, e ripensava alla serata appena finita: era felice per il divertimento condiviso con i suoi amici, e dei legami che stavano intrecciando tra loro. Sperava che Sebastiano avesse superato definitivamente l’apatia delle ultime settimane, e che la situazione con Davide non fosse irreparabilmente compromessa. Gli alberi oltre i vetri erano quasi immobili, uno scenario appena illuminato dalla luna. Amedeo sorrise pensando che ormai sentiva quel luogo come la propria casa, probabilmente perché era diventato un rifugio anche per Sebastiano.
Elisa ricevette una telefonata di Lorenzo mentre stava finendo di riordinare insieme a Ludger. Lorenzo le disse che Davide gli aveva chiesto ospitalità per quella notte, per poi stendersi sul divano e spegnere il telefonino, pregandolo di lasciarlo solo: non voleva più tornare in quello che ormai definiva l’appartamento del suo ex. Dopo aver attaccato, Elisa condivise la notizia con Ludger che non se ne stupì. La invitò a non parlarne con gli altri, per lasciare libero Davide di gestire la situazione.
Elisa fu ben felice di potersi gustare la compagnia di Amedeo senza pensare ad altro; continuando a scherzare si prepararono per dormire. Quando Ludger li raggiunse a letto stavano resistendo al sonno soltanto per potergli dare il bacio della buonanotte.
Ludger restò sveglio per assaporare ulteriormente quel momento, e si sedette per poterli osservare meglio. Elisa teneva la testa poggiata sulla spalla di Amedeo, mentre lui era restato con le labbra vicine alla sua fronte, dove l’aveva baciata prima di addormentarsi. Ludger conosceva il livello della loro intimità, simile a quella che gli vedeva condividere ogni giorno con Sebastiano. Lo meravigliava il livello di profondità dei rapporti che Amedeo riusciva a raggiungere con i suoi amici, in modo netto e pulito. Distinse le linee delicate del suo profilo disegnarsi nella penombra, e provò per lui un amore incondizionato, arrivando a pensare che averlo incontrato fosse stata la sua più grande fortuna. Si sdraiò al loro fianco, mantenendo aperti gli occhi stanchi nella sua direzione. Pensò che le caratteristiche di Amedeo, le stesse che lo avevano inizialmente condannato a una solitudine schiacciante, potevano essere diventate la struttura del mondo straordinario in cui vivevano adesso. Elisa e Sebastiano erano stati i primi a dargli la possibilità di uscire malgrado tutte le differenze, e gli era grato per averlo accolto. Lui non avrebbe mai immaginato di poter condividere tanto con degli amici. Sorrise nel buio, sentendo gli occhi sempre più pesanti di sonno. Elaborò una metafora in cui Amedeo era un architetto che progettava spazi impossibili da misurare, ma capaci di spingere le persone che accoglievano a tirar fuori le caratteristiche migliori. Come se quello fosse l’unico tracciato possibile. Ludger amava i paradossi e si addormentò sorridendo, sommando l’idea di spazi così ampi da non poter essere circoscritti, ma coincidenti con un percorso obbligato simile a quello di un labirinto monocursale.