Ludger riemergendo dal sonno sentì il calore di Amedeo su di sé e i suoi capelli sul collo; oltre le palpebre chiuse percepì la luce del mattino, e ricordò di essere di nuovo a casa. Amedeo dormendo si era sdraiato in diagonale sul suo torace. Ludger respirò profondamente aprendo gli occhi, e vide la figura immobile di Sebastiano ai piedi del letto che li stava osservando con il gatto appoggiato sulle spalle. Era completamente vestito e aveva un’espressione straordinariamente dolce.
“Buongiorno, Sebastiano.” La voce di Ludger era bassa e rauca, ma completamente priva di intonazione.
Gli rispose con lo stesso tono. “Buongiorno Ludger, spero di non averti svegliato con il mio attacco da sindrome di Stendhal. Mi siete mancati molto più di quanto avrei immaginato. Ma ho deciso che è una cosa bella. Almeno per ora. Potrei stare ore a guardarvi dormire.”
Ludger sorrise, It sembrava più grande e lo puntava con evidente interesse. “Potrei dormire ancora… sono molto felice di trovarti così bene, ma non penso di riuscirci con quattro occhi puntati addosso. Se vuoi mi alzo e facciamo colazione insieme.”
“No, torna a dormire. Io e il bestio andiamo a pascolare al parco. Posso darti un bacio? Amedeo ha gli occhi chiusi. Non mi piace più baciare le persone che non ci sono del tutto.”
“Certo. Poi vai a vomitare?”
Sebastiano percorse i pochi passi che portavano al lato del letto di Ludger. “No. Camminare, forse correre, se il felino è ispirato.”
Prima di chinarsi portò il gatto davanti a sé per non farlo cadere, e spostò la tenda di capelli neri. Il contatto lieve e veloce delle labbra ricordò a Ludger la definizione che Amedeo aveva dato dei suoi baci molto tempo prima: un atto simbolico a completamento di un processo estetico non sempre condiviso.
Sebastiano si sollevò di nuovo in piedi, con It che riprendeva posizione sulle spalle. “Siete bellissimi.”
Ludger tornò a sorridere. “Siamo, mi sento un sovrano. Spero di sognare un trono.”
“Te lo meriteresti. Sei bellissimo, e sei il sovrano indiscusso di questo assurdo mondo in cui sono precipitato. E mi sembra sempre una gran fortuna. A più tardi.”
“Sono stato alcuni giorni con mio padre. Anche It si è trovato bene, però non si sa arrampicare come speravo. Poi vi racconterò le tante cose utili che mi ha detto il vecchio. Intanto facciamo colazione, e ditemi di Berlino. Io sto meglio, ho preso diversi sganascioni filosofici. Ne avevo bisogno, il vecchio è più violento di te, Ludger. Anche se non mi ha spaccato il labbro mi ha dato parecchio da pensare. Dovrei fartelo conoscere, prima o poi. Potrebbe essere divertente. Ad esempio, mi ha fatto capire che mi serve qualcuno con un po’ di senso pratico per decidere se vendere o affittare il cimitero… magari oggi pomeriggio chiamo Helga e la invito a cena. Questa cosa dei genitori con cui parlare è una novità singolare, grazie per avermela fatta scoprire.”
Amedeo rideva tra un boccone e l’altro, euforico per la vitalità con cui Sebastiano stava parlando, stordendoli di parole malgrado fossero appena svegli; lo aveva chiamato quando era ancora a letto, annebbiato dal sonno. Ludger gli aveva raccontato di aver trovato Sebastiano in piedi ad osservarli, e Amedeo gli aveva telefonato subito, invitandolo a raggiungerli per far colazione insieme.
“E poi voglio lasciare il maestro di chitarra. Ne cercherò un altro, questo è troppo noioso. Piuttosto studio da solo. Ma insomma, Berlino? Perché non mi raccontate?”
Ludger prese la parola con un tono divertito. “Amedeo è ancora in dormiveglia, io preferisco ascoltarti… tutte le reliquie dove le metterai? La casa a fianco è piccola.”
Sebastiano rimase inanimato per pochi secondi con la tazza sospesa, poi sorseggiò il suo tè prima di riprendere a parlare. “Il vecchio suggerisce di buttare il passato. Perché non torna. Però, in effetti qualcosa vorrei tenere. Disegni, lettere e foto. Se arriverò alla vecchiaia poi potrei pentirmene. Non so se comprare un box o portare qualcosa da lui. Quella casa non la venderei mai, la lascerò a Luca. Mi piace immaginarla vuota. Prenderò un box. Colonizzerò la soffitta. Mi ha prescritto di concedermi un po’ di divertimento, e credo che ogni tanto mi imbottirò delle tue pillole, Ludger, ma con pause significative. Posso stare qui a fare la pozzanghera programmata? Grazie. Finita la stanza mi comprerò qualche supporto per dipingere, ma di là. Invece mi piacerebbe invitare uno dei nostri amici a cena e cucinare per voi, ogni tanto. Avvertendovi prima. Io sto bene con voi. Lo dicevo stamattina al sovrano, mi siete mancati molto più di quanto mi sarei immaginato. Mi è stato suggerito di non fare capricci. Mi sto impegnando, e quindi voglio prendere questa cosa soltanto in modo positivo. Per riuscirci devo essere sicuro che se vi stancate di avermi fra i piedi me lo dite. Vorrei che si uscisse definitivamente dalla dinamica della necessità, perché la odio e posso farcela anche da solo.”
Amedeo incantato a guardarlo non reagì; invece Ludger, che aveva continuato a far colazione seguendolo con attenzione, a quel punto rise di gusto. Il suono della sua risata arrestò anche Sebastiano.
Posò la mano sulla sua, riprendendo a parlare con dolcezza. “Sebastiano… quanto tempo è passato dal tuo arrivo? Sai che non lo so? Ma ho l’impressione di aver fatto questo discorso fino alla nausea. Io sono felice di come viviamo noi tre insieme, e sono ancora più felice di sapere che non è per necessità, ma per scelta. Non ti ho mai visto del tutto come ospite, forse perché non c’era stata mai una convivenza prima, neanche con Amedeo. Forse vi ho preso come un insieme, non lo so, e neanche mi interessa. Sicuramente mi piace vivere con te, non avevo mai convissuto con nessuno e mi piace averti qui. Non sei mai stato il fratello rompicoglioni in visita… se poi dovessi cambiare idea te ne accorgeresti, ma mi sembra un’ipotesi remota. Tu pensa alle tue cose e archiviamo questa questione definitivamente, che ne dici?”
Sebastiano abbassò lo sguardo sulla mano di Ludger che copriva la propria, e la ritrasse sorridendo. Alzò gli occhi prima su Amedeo, che era ancora incantato, e dopo sul suo interlocutore. “Mi stai dicendo che per te potremmo anche passare tutta la vita così.”
Ludger per un istante immaginò la stessa scena in un futuro indistinto: il sole invernale che illuminava l’ampio spazio alle spalle della figura esile di Sebastiano, e Amedeo incantato con le labbra socchiuse, come bloccato. “Se avremo la fortuna di averla, per quanto mi riguarda è un sì. Se poi tu dovessi cambiare idea ce ne faremo una ragione, sarebbe dura però spiegarlo a It. Adesso vorrei rianimare Amedeo e fargli fare colazione.”
Sebastiano abbassò, lo sguardo cercando di capire cosa provasse di fronte a quella prospettiva, che gli sembrò talmente irreale da tornare a concentrarsi esclusivamente sul presente. “Ludger, tu sei capace di farmi sperimentare una condizione inedita. Ti adoro, e contemporaneamente ho voglia di prenderti a pizze. Forse sono capriccioso, come dice il vecchio che si è riscoperto saggio, o forse sei tu. Solo tu. Riesci a toccare una qualche corda che resta ancora tesa. E mi stupisce. Perché, davvero, mi sento insensibile a tutto. Quindi grazie. Proverò a non annoiarti ancora con la mia preoccupazione di tediarti a vita. So di vedere le cose in modo diverso dagli altri. Ultimamente ci sono molte persone a ricordarmelo. Ma la fatica di capire come possiate non solo sopportarmi, ma addirittura trovarmi piacevole, non voglio farla. Sono troppo egoista. Fratello! Nutriamoci.”
Nei giorni seguenti Sebastiano iniziò a svuotare il cimitero: gli fu chiaro fin dall’inizio che ci sarebbe voluto molto tempo, e ci si dedicò con costanza. Spostò i dischi per ultimi, perché riusciva a tenersi in movimento soltanto ascoltando la musica. Aveva spesso la tentazione di chiamare una ditta di traslochi, per abbandonare tutte le sue reliquie all’oblio. Decise di non cedere, convinto di dover selezionare personalmente ogni singolo oggetto, per dare un senso a quel rito di passaggio. Seguì il consiglio di Ludger e chiese aiuto ai suoi amici con i quali condivise i ricordi legati agli oggetti di cui si stava disfacendo, nel tentativo di separarsi dai frammenti della propria storia in modo cosciente. Davide si rivelò uno dei compagni più utili nel portare avanti quel rituale; scherzavano in continuazione, e Sebastiano gli regalò molti dei suoi vestiti. Riuscivano a stare insieme senza traccia di tensione, e Davide era entusiasta di poterlo aiutare: non si stancava mai di ascoltarlo parlare dei ricordi legati a ciò riponevano nelle scatole, ammassate in soggiorno. I vinili avrebbero alimentato la collezione di Ludger, facendola esondare in corridoio; alcuni li prese Tommaso, ma Sebastiano non volle separarsi dai suoi vecchi libri pieni di sottolineature, appunti e dediche. Anche Elisa e Lorenzo parteciparono, e per lui rientrare in quella casa fu particolarmente emozionante.
“Questo luogo è rimasto esattamente come la ricordavo… tranne gli avvolgibili, che erano perennemente abbassati. Mi fa un certo effetto trovarmi di nuovo qui.”
Sebastiano tornò sui propri passi per fermaglisi di fronte. Sorrise con dolcezza. “Sei davvero un vecchio sentimentale. Un punto a tuo favore. Forse la chiamo cimitero anche per questo. Anzi, no. L’ho sempre chiamata così, forse ero un veggente. Se non te la senti lasciamo stare. Possiamo farci una passeggiata in centro, e torno domani. Non ho fretta.”
Elisa correva da una stanza all’altra, entusiasta per la quantità di armadi lasciati aperti; sentirono la sua voce arrivare da lontano, scollegata dal loro momento sospeso.
Lorenzo scosse il capo. “Non preoccuparti… Penso faccia bene anche a me partecipare allo spoglio. Mi consolerò guardandoti, e magari ascoltandoti. In passato non accadeva spesso.”
Lorenzo seguì Elisa, sperando in una distrazione, ma si fermò di fronte alla porta di Adriano. Lei stava passando in rassegna una serie di tessuti stampati, incantata, mentre Lorenzo non riusciva a smettere di fissare la scritta sulla porta.
Sebastiano lo raggiunse, restando al suo fianco. “Lorenzo, possiamo andarcene anche subito. Davvero.”
Elisa notando il suo turbamento gli si avvicinò, ma rimase in silenzio mentre il suo compagno riprendeva a parlare con voce incerta, insolita per lui.
“Non avrei mai immaginato di ritrovarla. Dovevo essere davvero ubriaco, il graffitismo non è mai stata una mia passione. Perché non l’hai cancellata? È soltanto matita.”
Sebastiano lesse ad alta voce la citazione, estratta da un libro di Giuseppe Patroni Griffi e tracciata con estrema precisione, in caratteri romani: “lo splendore della nostra oscenità fulminerà coloro che oseranno abbattere la porta di questo reliquiario.“. Ludger la legge molto meglio. Questa porta è meglio del libro da cui l’hai presa. Sarei tentato di portarla nella casa a fianco, ma non lo farò. Se la togliessi da qui perderebbe il suo senso. Una porta che non porta altrove. Una porta santa difettosa. Io sono contento di poterla abbandonare con te. Ma tu te la devi far prendere un pò meglio, altrimenti ce ne andiamo.”
Lorenzo lo abbracciò stringendo forte, mentre si sforzava di contenere la commozione. “Ce la farò, ce la faremo. Adesso ci mettiamo al lavoro, e se non ti dispiace più tardi vorrei mostrare alla mia fanciulla delle foto di Adriano, sperando tu ne abbia ancora. Se le butti ti fulmino, malgrado non ne voglia neanche una. Vorrei vederlo un’ultima volta. Magari bevendo un buon vino. Che ne dici?”
Sebastiano gli carezzò la schiena guardando Elisa, bloccata con gli occhi sgranati. “Certo. Prima però sporchiamoci le mani. Adesso scollati prima che la tua donna collassi.”
Quella sera cenarono tutti insieme; Sebastiano raccontò del proposito di riprendere a dipingere.
“Nelle mie notti insonni, attualmente mi diletto con l’uncinetto sulle pareti. Ma le pareti finiranno. Però non voglio inquinarmi circondandomi con i frutti partoriti dalle mie nevrosi. Dovrò inventarmi qualcosa. Butterò le croste, o le riciclerò dipingendoci sopra. Poi non so. Se i miei neo amici, così incomprensibilmente gentili nei miei riguardi dovessero apprezzarle, potrei anche appioppargliele. Non mi importa nientissimo di che fine possano fare. Mi servono solo per riempire le ore.”
Elisa rise abbassando lo sguardo, e controllò ancora una volta il proprio smalto scheggiato durante il pomeriggio. Amedeo smise definitivamente di mangiare, completamente rapito dalle possibilità che si aprivano grazie alle parole del fratello; seguiva con molto interesse ogni evoluzione delle pareti in camera da letto, e si era spesso preoccupato pensando che una volta terminato quello spazio Sebastiano si sarebbe fermato.
Prima di riprendere a parlare Lorenzo sospirò profondamente. “Che dire, c’è la remota possibilità che le tue croste possano interessarmi. Anche solo per lavoro. Mi capita frequentemente di progettare arredi d’interni, e le pareti spoglie non sempre sono soddisfacenti. Potresti sottopormele prima di abbandonarle al loro tristo destino.”
Ludger diede alcune sorsate, prima di intervenire divertito. “Mi chiedo con quale criterio tu abbia scelto le croste che addobbano il mio appartamento… mi piacciono molto, ma non avrei mai pensato fossero state posizionate soltanto per bilanciare gli spazi vuoti.”
Lorenzo rise. “In quello specifico caso si è rivelato una scelta difficile. Malgrado sia stato un vero piacere lavorare con Amedeo devo ammettere che può dimostrarsi davvero spietato, incontentabile. Ne siamo usciti utilizzando anche alcuni dei suoi scatti, come hai visto. Tu invece, Sebastiano, hai deciso cosa farne dell’appartamento?”
“Il mio sovrano ha inventato la possibilità di parlare con i genitori. Con il mio per ora mi limito ad ascoltare, ad incassare. Intanto mi sono fatto adottare da sua madre. Che è una donna meravigliosa, ed ho deciso di seguire i suoi consigli. Quell’appartamento sarà affittato, ed Helga gestirà le mie risorse. Lei è molto abile in queste cose, io invece non lo sono e non voglio neanche diventarlo. Mi accontento di non avere più la necessità di lavorare. Per il resto sono completamente disinteressato a questo tipo di questioni.”
Ludger sfiorò la mano di Amedeo, che giaceva abbandonata sul tavolo per sbloccarlo, mentre Lorenzo ripeteva in tono interrogativo la parola ‘sovrano’.
“Sai, sono stato chiamato in molti modi dai miei amici, ma questo spero non radichi. Sì Lorenzo, Sebastiano mi ha recentemente eletto sovrano. Forse dovrei rallegrarmi per il fatto che non abbia scelto tiranno, o dittatore. Cerco di interpretarla come una cortesia da parte sua.” Sorrise, prima di proseguire con un tono giocosamente ironico, rivolgendosi a Sebastiano. “Sono molto felice che stai bene con Helga, lo sai, e ancora di più che tu riesca a stare a contatto con tuo padre senza sbrocchi. Mi resta però un dubbio. Mi chiedo cosa penserebbe Jacopo di come hai messo in pratica il suo consiglio di concederti un po’ di svago ogni tanto.”
Sebastiano contrasse gli occhi, e poi sorrise alzando il calice. “Ludger caro, brindiamo alla gioia di una serata spensierata fra amici. Una delle tante cose che hai inventato per me. Non preoccuparti per le aspettative di mio padre. Le ho storicamente disattese e anzi. In questo periodo è riuscito a permettersi di scherzare sul fatto che gli sembro più vecchio di lui. Penso non apprezzi la pigrizia che mi spinge a travestirmi da uomo, indossando i completi a tre pezzi. Ma puoi star certo che gli ho dato dispiaceri più ingombranti in passato, e io invece credo che sapesse benissimo di cosa parlasse. Devo farvi conoscere, prima o poi. Potrebbe essere uno splendido modo per flagellarmi. Adesso smettiamo con questa scenetta da coppietta rancorosa. Io ti adoro, forse dovrei eleggerti a divinità, ma cercherò di limitare anche il termine sovrano perché non voglio scatenare le tue ire funeste. Un brindisi, dunque.”
Il suo modo di divertirsi consisteva nell’assumere diverse pillole, passare la giornata in casa a leggere, o ascoltare musica. In quelle occasioni non si alzava per ore, limitandosi a far ripartire sempre lo stesso CD con il telecomando, se Amedeo o Ludger non si trovavano nei paraggi per cambiarlo. Sebastiano aveva deciso di concedersi questa vacanza ogni dieci giorni, con l’intento di aumentare gli intervalli permettendosi delle eccezioni soltanto in casi particolari, anche se sembrava non averne bisogno. Per Amedeo era penoso vederlo in quelle condizioni: cercava di non farglielo pesare concentrandosi su Ludger, che si innervosiva per il ciclico stallo di Sebastiano. Entrambi sapevano che Sebastiano si abbandonava a quello stordimento con parsimonia, e non sentivano la necessità di parlarne tra loro. Ludger lo ammirava per la sua volontà di limitarsi, ma contemporaneamente detestava assistere a una condizione nella quale si identificava. Sebastiano gli appariva come uno specchio distorto del suo passato: le differenze erano sempre evidenti, ma erano le somiglianze a risultargli penose. Ludger detestava tornare a casa e trovarlo ridotto a una figura bianca e nera svuotata sul divano, completamente insensibile a tutto.
Un pomeriggio lo trovò sdraiato di spalle con il viso rivolto verso il muro; la forma dello zigomo orientale visto da dietro e i capelli neri lunghi, che ormai era l’unico tra loro a non tagliare più, gli ricordarono Nobuko. Osservò a lungo la sua schiena bianca, pensando a quello che gli era stato detto da Amedeo in un pomeriggio lontano: ‘Nobuko non avrebbe voluto questo per te’. Restò in piedi con il viso bagnato di lacrime, mentre Sebastiano ascoltava immobile un disco in repeat. Cercò di recuperare un minimo di distacco preparando il tè, riordinando i pensieri. L’irritazione di Ludger era alimentata da diverse fonti, ma quel pomeriggio era stato colpito da uno dei nodi che rendevano l’elaborazione del lutto di Aline particolarmente difficile. Sebastiano aveva ribadito più volte che lei non desiderava vivere e niente la interessava davvero; il sentimento che aveva provato per lui era principalmente alimentato dal desiderio e dal possesso. L’epilogo della loro storia aveva soddisfatto completamente la sua aspirazione, ma aveva condannato Sebastiano a gestire un lascito privo di qualsiasi forma di speranza. Tornò sui suoi passi, posò le tazze fumanti sul tavolo e cambiò disco.
“Sebastiano, posso parlarti o sei perso in altri dove?”
Lo vide stirarsi pigramente, girarsi e puntare uno sguardo assente verso la sua direzione.
“Se sei disposto a rischiare di non essere del tutto ascoltato. Grazie per il tè. Forse poi lo berrò. Il disco di prima era meglio. A volte non mi piacciono le sorprese. Adesso non mi piacciono le sorprese. E quello di prima lo conosco a memoria. Che fatica.”
Ludger si alzò di scatto per prendere una sigaretta; la tensione traspariva dal suo volto come dai gesti nervosi, risvegliando in Sebastiano un minimo di interesse, un’attenzione superficiale.
“Sei così bello Ludger.”
Ludger prese posto sul divano di fronte al suo, dando un paio di tiri prima di spegnere la sigaretta e stirare il collo rivolgendo il viso al soffitto. “Anche tu. Prima pensavo alle differenze e alle somiglianze, con te mi capita abbastanza spesso, ed ho focalizzato un dettaglio nuovo. Nobuko mi diceva che gli occidentali tendono a pensare che le persone morte vadano in cielo, mentre in oriente gli spiriti camminano con gli uomini. Io non credo negli spiriti, non credo in niente, ma sono convinto che alcune persone contribuiscano in modo sostanziale a renderci quello che siamo. Anche dopo essere morte Questa convinzione include anche quelle morte, non so se sei d’accordo.”
Sebastiano si accucciò, rivolto verso di lui. “Pensi spesso a Nobuko.”
“Certo, credo sia normale, e per me è bello tornare con il ricordo a lei. Era una persona piena di entusiasmo, riusciva ad assaporare ogni minimo frammento del momento che viveva, e per me è bello poter pensare di aver imparato da lei a fare altrettanto.”
Sebastiano sorrise. “Aline, invece.”
Ludger sorseggiò il tè indugiando con lo sguardo sul suo corpo sottile. “Non la giudico, non la conosco e sai? Neanche mi interessa. Il mio interesse è tutto per te. Forse dovresti iniziare a cercare qualcosa che ti stupisca, forse dovresti provare a cambiare disco più spesso. Nel tuo sistema filosofico ci sono delle falle quindi, forse, ogni tanto potresti dubitare dell’esattezza delle tue posizioni… anche rispetto ai pilastri che ti compongono.”
Sebastiano cambiò posizione girando il viso verso l’alto: si sentiva insensibile a tutto, e gli sembrò che le parole di Ludger si riferissero a qualcun altro. “Falle… dimmene una. Non di più per oggi. Aspetta che possa prenderti a schiaffi.”
Ludger sorrise con tristezza, in quel momento le condizioni di Sebastiano gli fecero provare una strana nostalgia: sentiva la mancanza di potersi rapportare alla pari a lui. “Aline ti desiderava, e il suo desiderio non ti ha fatto allontanare. Io sono convinto che nella vostra storia debba esserci stato un legante forte, di una bellezza fuori dal comune. Per poterla cogliere, e renderla utile a questo tempo che ti stai regalando, devi smettere di vedere solo quello che resta funzionale a un solco già tracciato, sicuramente in parte falso.”
Sebastiano chiuse gli occhi, sentendosi affondare piacevolmente sulla superficie morbida del divano. Per un istante pensò che il suo nuovo percorso fosse Ludger: continuava a stupirlo senza fargli desiderare di metterlo a tacere. Gli era successo con pochissime persone, le più importanti. “Sei detestabile, e adorabile. Ci penserò in un altro momento, forse. Grazie. Però… non ho molta voglia di deambulare altrove, ma non posso fare a meno di chiedermi se tu non preferiresti evitare di avere questo cialtrone a colarti sul divano, in soggiorno.”
Ludger rise per quella virata nel discorso. “E basta! Hai rotto i coglioni con questa storia. Io, in questo preciso istante, non vorrei che tu fossi in nessun altro posto. Ti voglio bene e non sarei per niente contento di saperti in queste condizioni chissà dove, da solo. Voglio prendermi anche le spigolosità delle persone a cui voglio bene, anzi, preferisco esserci a prescindere… gustati la vacanza, e smettila una volta per tutte con questa storia. Non stavamo parlando di questo.”
Sebastiano respirò profondamente, e tornò a guardarlo. “Hai ragione. Era un blando tentativo di buttarla in caciara. Ci penserò quando avrò di nuovo la capacità di pensare a pieno. Ludger…”
“Sì?”
“Mi dai un bacio prima di lasciarmi in pace?”
Nelle notti passate da solo nella casa a fianco Sebastiano non riusciva a riposare abbastanza, diversamente da quando si fermava a dormire con loro, soprattutto a conclusione di serate passate insieme; in quei casi facevano tardi parlando sul letto, e lui riusciva ad addormentarsi profondamente fino alla mattina successiva. Quando era solo si svegliava spesso cercando Aline nel letto; con il passare del tempo capì che gli pesava molto il fatto che nessuno dei suoi amici ne avesse memoria. Questa impossibilità di condividerne il ricordo con qualcuno gli dava l’impressione che la sua morte fosse stata ancora più spietata, e che ogni traccia di lei si stesse cancellando. La vicinanza di Lorenzo lo aiutava a convivere con il ricordo di Adriano con una pienezza che non aveva mai sperimentato prima. Sapeva di essere impotente nel gestire questo vuoto, e di doversi rassegnare a portarne il peso da solo, sperando che con il passare del tempo avrebbe imparato a conviverci. I disegni bianchi nella sua stanza avevano quasi raggiunto il soffitto; un albero si era materializzato dall’intreccio dei segni, portando i suoi rami fino al soffitto: era Ludger. Aveva deciso di dargli quella forma per la capacità delle piante di sopravvivere ad amputazioni radicali, che in alcuni casi si trasformano nell’inizio di una rinascita, e per la loro identità distribuita secondo criteri completamente alieni al mondo animale. Amedeo era un cielo che poteva essere anche mare che manifestava l’elemento liquido in alcune increspature, dietro i rami dell’albero dove il tessuto dei segni lo rendevano più distinguibile. Fuori dalla camera da letto disegnò soltanto una bambola rotta, i cui pezzi singoli, disarticolati, scendevano dal bianco del soffitto sul grigio irregolare, sorretti da fili sulla parete dietro la cucina: Aline.