È difficile. Tutto.
Però non posso andarmene in silenzio.
Come il titolo di una delle tante musiche con cui hai riempito il mio tempo vuoto.
In qualsiasi momento, non importa dove o come starò,
se mi cercherai io tornerò per te.
Senza neanche chiederti il motivo, perché ormai non mi interessa più.
La stessa cosa vale per Elisa, lei lo sa.
Se inizio a ringraziarti mi perdo. E direi solo cose banali e inutili.
Per motivazioni simili a quelle per cui tu ti rifiuti di parlare del mare, delle onde.
Grazie per avermi portato a vedere le onde,
senza mai parlarne.
Ti porterò con me, cercherò di fare la brava.
Sicuramente, prima o poi, tornerò.
Abbi cura di te, continua ad essere quello che sei, con tutto quello che mi sfugge.
Tornerò.
Ti prego, fai in modo che non sia mai troppo tardi
Sebastiano fu travolto da un senso vuoto guardando la sagoma di Giulia, ancora impressa sul cuscino dove era stato lasciato il messaggio; aveva scritto su uno dei suoi blocchi da disegno. Quella lettera e il fatto che sentisse in modo quasi doloroso la sua mancanza, gli causarono una strana euforia. Aspettava quella mattina, e sapeva che sarebbe andata esattamente così, ma non era mai preoccupato della propria reazione. Ogni volta che Amedeo aveva cercato di esprimere il suo turbamento per la prospettiva della loro separazione, lui aveva risposto con indifferenza ribadendo che Giulia non poteva essere paragonata a niente di suo.
Si alzò di slancio con l’idea di portare It a passeggiare nel parco, dispiaciuto per la scarsa attitudine del gatto nello scalare gli alberi, e si ritrovò a sorridere pensando di nuovo a Giulia.
Nei giorni successivi ripetè la stessa formula ai vari amici che gli chiedevano come si sentisse: mi sento solo, ed è fighissimo.
Ludger non si mostrò preoccupato; si aspettava di trovare Sebastiano ogni giorno in ‘vacanza’, ma non accadde mai e il suo costante buon umore era un sollievo.
Amedeo si lasciò trascinare da quella nuova ondata di energia, e riprese a uscire spesso con lui, mantenendosi però in allerta.
Sebastiano parlava spesso di Giulia assecondando liberamente i propri pensieri; non c’era malinconia nel dar voce a quella mancanza, piuttosto una generosa dose di ironia e una vena costante di divertimento. Ripeteva ai propri amici che Giulia era viva e stava facendo quello che desiderava fare: chi le voleva bene avrebbe dovuto esserne solo contento.
Elisa non riusciva a mettere del tutto a tacere il proprio istinto di protezione, e si lasciò prendere in giro senza offendersi, lasciandosi trascinare dal buon umore del suo amico.
Un pomeriggio Sebastiano tornò dal padre, assecondando il desiderio di passare del tempo con lui. Jacopo chiese di Giulia durante la prima partita di scacchi, poche ore dopo il suo arrivo; Sebastiano non aveva preparato una versione da dargli sulla sua partenza. Gli raccontò della morte di Laura e del periodo che ne era seguito, pensando a una conclusione che non fosse del tutto insincera.
“Giulia è un animaletto selvatico che sta provando a scardinare i suoi recinti. Le è sempre piaciuto il mio modo di partire e scomparire, e aspirava a conquistare la stessa libertà. Anche io non ci rinuncerei mai. Nei limiti del possibile, senza ferire le mie persone. Ormai una comitiva. Comunque, per coerenza, e scusami se la parola mi fa sorridere, l’ho invitata a fare altrettanto. Penso sia giusto. Lei impara in fretta. Alcuni giorni fa mi ha lasciato una bellissima letterina. Così bella che mentre la leggevo, a tratti, mi sembravano parole mie. Tornerà. Se volessi potrei farla tornare in qualsiasi momento, dice. Ma io non voglio. Mi piace da matti sentire la sua mancanza, così come stare da solo e recuperare spazi miei. Mi piace anche immaginarla a correre in moto come un demonio, lontana da tutto, anche da me. Sperando, ovviamente, che non si ammazzi. Le probabilità fortunatamente sono scarse, Giulia guida benissimo. Insomma, a me va bene così. A tratti sono anche felice. Babbo, che ne pensi?”
Risero insieme. Sebastiano rimase in attesa della sua risposta, che arrivò appena il padre riprese a respirare normalmente.
“Che ne penso non ha importanza. A me importa solo cosa ne pensi tu. Adesso che anche da parte sua si è rivelata una stortura, la vostra storia mi sembra più credibile. Ero felice dopo avervi visto insieme, si vede che vi piacete, si vede lontano un miglio. Ma non riuscivo a immaginarti… soddisfatto, con una fidanzatina così normale. Credo che quella ragazza nutra per te un’ammirazione che potrebbe sconfinare nella soggezione, e fai bene spingendola a sentirsi libera. Non te ne faresti niente di una graziosa fidanzatina accondiscendente. Invece. Continua ad andare d’accordo con Amedeo e Ludger?”
Erano sotto il portico, e sul tavolino a fianco della scacchiera c’era soltanto un calice di vino rosso per Sebastiano.
“Molto. Dopo la morte di Laura siamo stati quasi sempre insieme, e quindi li ha frequentati parecchio. Ha anche iniziato a parlare con Ludger, includendolo nel circolo ristrettissimo delle persone con le quali riesce a parlare davvero. Con Amedeo, come sai, sono amici da tempo.”
“Caro figlio bizantino, mi piacerebbe conoscere questo Ludger. Pensi sia possibile?”
Sebastiano stava sorseggiando il vino mentre aspettava la mossa del padre; gli piaceva che utilizzasse il termine ‘bizantino’ come aggettivo, era uno dei migliori che gli riservava. “Certo, te li porto uno di questi pomeriggi. O volevi solo Ludger? Babbo?”
Lo lasciò ridere da solo, senza neanche provare ad immaginare quale tipo di associazioni avesse indotto quella precisazione. Sebastiano immaginò volesse sottoporre Ludger ad uno degli interrogatori obliqui riservati alle persone che gli aveva presentato negli anni, singolarmente.
“Mi fa piacere rivedere Amedeo. Anche se sono più curioso di Ludger, forse perché ancora non lo conosco. Ma no, anche per come me ne parli. Deve essere davvero un tipo interessante. Ragazzo, sto vincendo.”
Sebastiano sorrise. “Come sempre. Credo che tu mi abbia insegnato a perdere prima ancora che a camminare.”
“Ludger, puoi rivolgerti a me come faresti con un tuo amico? Sono molto felice di avervi qui, ma di una visita di cortesia al vecchio rincoglionito non me ne faccio niente.”
Lui annuì mentre Sebastiano sorrideva, intento ad aprire la bottiglia che avevano portato con loro. Jacopo era rimasto profondamente colpito dall’aspetto e dai modi di Ludger. Amedeo stava confermando la sua prima impressione: continuava a piacergli molto perché riusciva a interpretarlo nonostante il suo aspetto aggressivo; Ludger invece lo aveva affascinato prima ancora di sentirlo parlare.
“Invece tu, Ludger. Che te ne fai di questo singolare personaggio sempre fra i piedi? Lui tiene tantissimo a te, e in parte conosco quello che hai fatto per lui. E anche nella mia visione parziale è già molto. Sebastiano non ha mai avuto tanti amici come ora, e io ne sono felice. Ho capito la posizione di Amedeo, conosco l’archetipo. Tu sei diverso.”
Ludger assunse un’espressione concentrata, mentre fermava i capelli dietro le orecchie guardandolo con il viso sgombro. “Anche io tengo moltissimo a Sebastiano, e sono sempre felice che ci sia. Non ho mai avuto un amico come lui, ogni sua singolarità per me è un arricchimento. A volte è faticoso e anche questo mi piace, mi diverte, e me lo rende prezioso. Non ho la percezione di averlo ‘sempre fra i piedi’, davvero.”
Il vecchio rise brevemente, e alzò il calice verso il suo interlocutore. “Ma niente sesso.”
“Il brindisi più triste della storia.” Ludger lo disse con il suo tono incolore, poi assaggiò il vino, posò il calice e rise con lui.
Amedeo scosse la testa divertito, mentre Sebastiano prendeva posto nell’unica sedia rimasta libera intorno al tavolo. Non c’era traccia di tensione tra loro.
Jacopo li guardò, pensando che il loro strano rapporto fosse un ingranaggio che girava alla perfezione, anche se non ne comprendeva il meccanismo. “Perché niente sesso, Ludger?”
Si prese del tempo per rispondere, e ripensando all’inizio della loro convivenza decise di improvvisare. “Non mi ero preparato ma non penso ce ne sia bisogno, la mia storia con Amedeo è partita in modo piuttosto difficile. Quando ho incontrato suo figlio la prima volta ero completamente focalizzato su Amedeo. Quando poi è tornato, ed è rimasto con noi, stava male. Per il rapporto che hanno tra loro per me è stato normale cercare di aiutarlo, e sono felice che me lo abbia permesso. Sebastiano è una delle persone a cui tengo di più, e una di quelle che mi piacciono di più in assoluto… però non si è mai accesa quel tipo di attrazione che porta al sesso. Si sono aperti altri canali, per certi versi meno banali e più difficili da definire. Probabilmente se fosse accaduto sarebbe stata una complicazione, ma non siamo ipocriti, non credo che questa difficoltà abbia fatto da agente frenante. Per questo le dicevo che il contatto con lui è un continuo arricchimento. Non ho mai avuto con nessuno qualcosa che somigliasse al rapporto che ho con Sebastiano… mi chiedo soltanto perché non faccia questa domanda a lui.”
Jacopo annuì, senza distogliere lo sguardo. “Perché conosco tutte quelle menate sul vetro e non me le voglio sentir ripetere. Non sono disposto a credere del tutto a una roba del genere.” Si girò verso Sebastiano il tempo di pronunciare una frase. “Sì, lo so che tu ci credi, ognuno si racconta e si inventa le cazzate che meglio gli calzano… ma con te, Ludger, voglio essere sincero. Io non ci credo. Punto. Penso sia un alibi, penso che a forza di perdere persone il suo cervello si sia inventato questa specie di patologia difensiva. Da quando Adriano è morto io non capisco se Sebastiano abbia più paura di vivere o di morire. E mi maledico ogni giorno per non esserci stato come avrei dovuto… Adriano non lo potevo soffrire, ma non importa, ho sbagliato. E neanche provo a chiedergli scusa, perché non ce ne facciamo niente ormai… a volte mi stupisco che ancora siamo qui. Meno male che adesso c’è questa ragazza.”
Aveva parlato continuando a guardare Ludger; la voce di Sebastiano gli fece girare il viso verso di lui con uno scatto percepibile, che lo riportò indietro al momento presente.
“Babbo, adesso basta. Ormai non cambia niente, non ci pensare più. Avrei preferito sentirti dire queste cose in un altro momento, uno dei tanti in cui siamo da soli. Ma va bene anche così. Il passato è passato, adesso sto bene.”
Jacopo ruotò lentamente la testa per guardare ognuno di loro con attenzione, e sorrise seguendo la propria idea. “Sono loro la tua famiglia, è questa la tua famiglia. E vedo quanto ti stia facendo bene, per questo ne ho voluto parlare ora. Ho sempre poco tempo con le tue persone, devo usarlo al meglio. Devo ritirarmi o posso continuare?”
La domanda era per lui: era la prima volta che suo padre gli chiedeva il permesso di fare qualcosa, la prima in assoluto. Si fermò come in uno spazio vuoto. Capì che l’atteggiamento di suo padre nei suoi confronti era cambiato, in modo così sfumato da riuscire a coglierlo soltanto adesso che era arrivato ad una tinta completamente diversa. Non ricordava da quanto tempo non si era più rivolto a lui con termini come bastardo o figlio di puttana che avevano da sempre accompagnato i loro scambi. Definizioni a cui lui non dava più peso, al punto di non accorgersi che fossero scomparse. Adriano aveva perso la calma nell’unico disastroso incontro con suo padre a causa di uno di quei termini: grazioso bastardo. Non aveva mai dimenticato la voce del suo amico che lo ripeteva gridando, in una delle sfuriate nelle quali parlava un dialetto romano pesante, inserendo bestemmie e oscenità in ogni frase. Il padre lo aveva appellato in maniera simile anche con Amedeo, ma lui era rimasto disattivato in un angolo fino a quando non era stato chiamato. Amedeo, con il suo comportamento, anche in quell’occasione dimostrò la distanza che lo distingueva da Adriano: i suoi fratelli occupavano una posizione talmente diversa da indurre suo padre a riconoscere il proprio errore. Quella era stata l’ultima occasione in cui Jacopo aveva parlato di Adriano, durante la quale gli si era rivolto con uno di quei nomignoli che Sebastiano interpretava come una forma di affettuosa ironia velenosa. La voce di Ludger lo distolse dalle proprie riflessioni, facendogli mettere a fuoco il calice di vino.
“In famiglia c’è una tendenza ad incantarsi che si è rivelata decisamente contagiosa.”
Sebastiano sorrise. Amedeo e Ludger per lui potevano vedere e sentire qualsiasi cosa lo riguardasse; pensò di invitarli a cena. “Certo babbo, divertiti una volta che puoi. Con loro non hai motivo di censurarti.”
Jacopo diede un colpo di tosse, seguito da una risata corrosa. “In un altro secolo ero giovane come voi e avevo degli amici, amicizie vere, anche se diverse dalla vostra. I pochi sopravvissuti sono ormai troppo vecchi, come me. Il telefono e le lettere non sono la stessa cosa di una bella chiacchierata, a ruota libera e senza censure. Ma che la vita sia stronza dovreste averlo già capito da soli. Però a me piace ancora stare così, a parlare.”
Il piazzale di terra battuta di fronte al portico diede ad Amedeo l’impressione di un deserto destinato ad essere percepito in modo sempre più ampio, fino a rendere i cipressi che ne delimitavano i confini irraggiungibili. Il vento stava sollevando mulinelli di polvere, dello stesso colore della patina opaca che ricordava di aver visto nel salotto, che aveva associato allo scorrere del tempo.
“Lei ha sempre vissuto qui?”
La voce di Ludger diede ad Amedeo l’impressione di una spruzzata d’acqua fredda, come se fosse stato raggiunto dagli schizzi di un’onda più forte delle altre, schiantata su uno scoglio.
“No ragazzo, sono nato e cresciuto a Roma. Negli anni ‘60 Roma era un posto incredibile. Succedeva di tutto, e ne abbiamo fatte di pazzie. Poi mi sono innamorato della donna sbagliata, il modo più gentile per definirla sarebbe modella. Frequentavo diversi artisti, ma per soldi lei poteva fare di tutto, anche un figlio. O assecondare la mia idea utopistica di trasferirci nella dimora degli avi e iniziare una vita diversa, lontano dai bagordi, dove far crescere una creatura nuova. Distruggendo la storia e ricominciando da capo. Ha retto poco più di un anno, ed è stato l’inferno… ancora mi stupisco che ne siamo usciti tutti vivi. Poi mi sono fermato qui, immagino che invecchiare sia brutto in ogni posto, se si sceglie di farlo da soli e se hai vissuto male come ho fatto io. Non mi lamento e non ho rimpianti. Ma Sebastiano ha ragione a definirmi ‘orco’. Ogni volta che torna mi meraviglia, e voi non potete neanche immaginare quanto sia felice di avervi qui. Anche se mi diverto a fare discorsi scomodi. Amedeo, tu che conosci Giulia da tanto tempo, che ne pensi di questa fidanzatina?”
Lui si portò le dita alla radice del naso, cercando di reprimere sul nascere una risata nervosa. “Posso avere un altro calice di vino?”
Sebastiano ne versò ancora in tutti i bicchieri anche se era soltanto quello di Amedeo ad essere vuoto. “Fratellino, ti ricordo che hai il diritto di non rispondere.”
Bevve alcune sorsate velocemente, senza assaporarne il gusto. “Penso di farcela… anche se non so bene come inquadrare la domanda. Giulia a me piace tanto, mi è sempre piaciuta. È forte e coraggiosa, ha un temperamento eccezionale, e ascolta. Tra le persone che conosco mi sembra sia quella che ascolta di più. Mi ha detto diverse volte che ritorna su ogni frase detta infinite volte, se ha a che fare con persone significative. Forse è questo che la rende molto solitaria e selettiva, perché per lei ogni persona comporta un lavoro mnemonico eccezionale. Non ha avuto una vita facile, ma la perdita di sua madre è stata un colpo durissimo. Io ho fiducia in lei, e penso che ne uscirà bene, per quanto possibile. Ad esempio, ha deciso di non parlarne fino a che non si sentirà di farlo senza crollare. Anche questo mi ha colpito, la ammiro molto.”
Non aveva ancora finito di parlare, ma si fermò perché il suo interlocutore stava riprendendo fiato.
“E questo mi fa piacere, e darà anche a me qualcosa a cui pensare. Ma della storia di questa bella bambina cazzuta con il mio strano figliolo, che ne pensi?”
Amedeo portò di nuovo il bicchiere alle labbra, mentre Sebastiano si rivolgeva a lui con un tono scherzoso.
“Se continui a bere così vado in cucina a prenderti il vino che usano per cucinare.”
“Lascialo bere quanto e come vuole, può anche svuotarmi la cantina. Grazie per esser venuti, me la sto spassando. E grazie in particolare a te, Ludger, per questo vino prestigioso. Ormai lo posso solo assaggiare, e forse anche per questo lo gusto in modo particolare… se vi fermaste a cena potrei aprire alcune fra le mie bottiglie migliori, non ho molte occasioni per aprirle.”
Ludger sfiorò appena la mano di Amedeo. “Che ne pensi? Io accetterei volentieri e al ritorno guiderei comunque… hai impegni domani mattina?”
Amedeo sorrise. “Anche per me va bene, grazie… anche per la cantina. Ora provo a rispondere alla domanda rimasta in sospeso. Io non so come funzionino le cose tra Sebastiano e Giulia… entrambi hanno delle singolarità molto spiccate. Però sono solo felice che si siano trovati. Hanno sempre fatto scintille, dalla prima volta che li ho visti insieme. E non ridere, tu. All’inizio avevo paura che Giulia ti picchiasse appena aprivi bocca, o anche solo se comparivi. C’è un’energia particolare tra loro, io la colgo ma non posso capirla, com’è ovvio. Voi però censuratemi se dico cose non adatte. Adesso poi… con quello che lei sta passando… non so come avrebbe fatto se non ci fosse stato Sebastiano. Giulia è così orgogliosa, e da lui ha accettato cose che non avrebbe accettato da nessuno, anche di essere contraddetta. E di essere aiutata. Per lei è straordinario. Spero possa bastare.”
Sebastiano gli diede una leggera spinta. “Sì, grazie fratello basta!” Scoppiò a ridere, seguito dagli altri. Sapeva che la loro storia sembrava credibile malgrado tutte le stranezze, perché lui stesso riusciva a immaginarla possibile, ed esclusione di alcuni dettagli. Lui viveva bene dietro al vetro, e pensava fosse una fortuna il fatto che Giulia provasse una radicale repulsione per il genere maschile. In quel momento Sebastiano era completamente rapito da Amedeo, dal lieve rossore sulle guance tese e dal suo sorriso rosso e bianco. Malgrado i vestiti aderenti e aggressivi, Sebastiano continuava a riconoscerne il candore in ogni gesto ed espressione.
Jacopo lo stava osservando: pensava che in quel rapporto, articolato su troppe persone per essergli comprensibile, Amedeo dovesse esserne il centro emotivo e pulsante; immaginò che gli altri due si fossero trovati, accettati e modellati intorno a questo nucleo vitale. La posizione di Giulia continuava a sfuggirgli, ma non entrava in contrasto con il loro equilibrio dinamico; non gli interessava il perché suo figlio non le avesse rivolto gli stessi sguardi che indirizzava al suo amico in quel momento. “E del piccolo Luca, tu, Amedeo, che ne pensi?”
In risposta lui abbassò gli occhi, perdendo espressione.
Sebastiano gli si rivolse con dolcezza. “Puoi parlare in piena libertà, o anche restare in silenzio.”
Amedeo accennò un gesto di negazione, ruotando appena la testa. “Tra le tante cose difficili del tuo passato questa, per me, è la più dolorosa. Non ne parliamo mai, ma ci penso sempre. Quindi la mia è una posizione egoistica.” Alzò il viso, rivolgendosi a Jacopo. “Vorrei che lo incontrasse, che provasse a frequentarlo. Però quello che voglio io non è importante… io non posso immaginare un dolore così grande, e non voglio avere la presunzione di potermene fare un’idea. Per quanto mi riguarda, Sebastiano dovrebbe fare sempre e solo quello che si sente di fare, perché mi fido di lui più che di me. Ha un intuito pazzesco, e arriva sempre prima di me a capire le cose. Io sono sempre dalla sua parte anche quando non ho gli strumenti per capirla, e lo sarò sempre.”
Il vecchio fu colpito sia dall’intensità del suo sguardo, che da quelle parole decise e definitive: non avrebbe mai immaginato che quel ragazzo fosse in grado di manifestare tanta forza nell’esprimere i suoi sentimenti. Sospirò, distogliendo lo sguardo per portarlo su Ludger, che appariva sereno; la sua mancanza di espressioni gli ricordò quella del figlio, anche se il suo amico possedeva una nota di tranquillità assente in Sebastiano. Girò la domanda a Ludger, che sorrise nell’ammettere quanto gli fosse difficile aggiungere qualcosa dopo la risposta di Amedeo.
“Almeno su questo argomento. È la sua vita e dovrebbe poter decidere come gestirla, a prescindere da limiti e divieti che gli sono stati imposti in un altro tempo, da altri. A questo punto dovrebbe pensare e agire in piena libertà, non è più un teenager. È superfluo dire che avrebbe tutto il mio appoggio, se decidesse di muoversi. A volte io e Sebastiano non ci troviamo d’accordo e possiamo anche scontrarci, è il nostro modo di volerci bene. In questo caso la penso come Amedeo, anche io sarei dalla sua parte senza riserve.”
Sebastiano aveva l’impressione che i loro discorsi gli arrivassero da un’altra stanza, come se soltanto delle specifiche frequenze lo raggiungessero: l’affetto manifestato in ogni occasione da Amedeo, e l’idea che i limiti che Nina gli aveva imposto potessero considerarsi superati, come aveva detto Ludger. Probabilmente questo dettaglio non era sfuggito a suo padre, che gli rivolse una domanda inedita.
“Di questo bambino io conosco solo metà del nome, è abbastanza evidente che non avrò modo di incontrarlo… ogni tanto mi chiedo se Nina, nel suo delirio di onnipotenza, ti abbia permesso di scegliere anche il cognome.”
Sebastiano si alzò, e stese le braccia per stirare la schiena. “A questo punto vorrei andare ad arrampicarmi nel bosco qui vicino con Amedeo, se riesce ancora a deambulare. Poi penseremo alla cena. Babbo, Ludger è un ottimo scacchista, te lo lascio in ostaggio. Luca ha il nostro cognome, ma non sono in grado di sentirne parlare ancora senza rovinarmi l’umore. E sarebbe un vero peccato, vista la compagnia.”
“Lo so che finirà che manderò tutto a puttane, sto cercando un modo. Ma non è facile.”
Elisa stava stringendo in mano le chiavi della moto di Giulia, guardandole senza riuscire ad acquisirne del tutto la banale fisicità. Pensò al modo che aveva Amedeo di carezzare con i polpastrelli materiali e oggetti, in un altro tempo, in quella stessa cucina: un tentativo di ancorarsi alla fisicità senza scampo di quello che lo circondava. Giulia le aveva lasciato le chiavi della sua moto, il veicolo che trattava da sempre come una protesi del proprio corpo, e sul quale aveva proiettato una serie di significati che in quel momento stavano franando, o forse cominciavano a ridefinirsi.
“Elisa cara, mi sembri così disorientata. Ti sto chiedendo una cosa molto semplice… la mia ragazza resterà parcheggiata al sicuro in un garage, e quando Sebastiano tornerà gli darai le chiavi. Io sto per prendere un aereo per Berlino, e Berlino è troppo lontana per arrivarci in moto.”
Elisa sospirò, lasciando cadere il mazzo di chiavi sul tavolo. “Perché vuoi andare proprio lì?”
Giulia teneva i capelli sciolti, lucidi e morbidi intorno al viso da bambina; la linea aggressiva degli zigomi alti era addolcita dalle onde, che creavano un forte contrasto con il suo temperamento, impossibile da mitigare. Elisa la percepiva come una guerriera perennemente incazzata, condannata a perdere, a vivere e combattere sempre nel corpo di una bambola. Il termine bambola le ricordò un lontano pomeriggio con Sebastiano, quando le aveva raccontato del desiderio di possederne una e di Bellmer, l’artista surrealista. Era ubriaca di idee e sentiva il bisogno di parlarne, ma si costrinse mantenere un atteggiamento calmo e neutro. Teneva tanto a Giulia, e in quel momento voleva solo essere lì per lei.
“Io ho bisogno di un posto nuovo, lontano dalla mia storia. Dove cominciare da capo. Ho pensato a Berlino per come ne parla Amedeo. Ha descritto Berlino un posto che ti dà un senso di possibilità. Ancora giovane perché la cicatrice della frattura è recente. Dove sembra che nessuno ti giudichi e ognuno possa stare dove vuole e fare quello che vuole. Così dice lui… sai quanto lui e Ludger siano discreti in pubblico, invece lì si baciavano anche per strada in pieno giorno. E frequentavano locali gay, diversi posti, con musica decente. Poi c’è questa tipa, Gerd una cugina di Ludger, che dovrebbe essere una persona interessante… lei mi aiuterà a non alienarmi, qualsiasi posto sarebbe andato bene per alienarmi. Io voglio reagire.”
Elisa era stupita. “Ne hai parlato anche con loro?”
Giulia si accese una sigaretta con movimenti lenti, schermando la fiamma come se si trovasse all’aperto. Lasciò uscire il fumo verso il soffitto prima di riprendere. “Ci ho pranzato insieme, prima di venire qui. Sono stati super carini, come sempre. Ludger ha chiamato Gerd mentre eravamo ancora a tavola, stanotte starò da lei, e poi cerchiamo una sistemazione… pare che lì anche questo sia più facile. Poi non so, non ho un piano. È tutto un tentativo.”
Elisa si rese conto che la sua amica non si sarebbe fermata ancora a lungo. Non sapeva cosa chiederle, ma non aveva dubbi sulla persona di cui avrebbe voluto sentita parlare. “E Sebastiano?”
Vide sorridere Giulia mentre spingeva il fumo fuori dalle labbra pallide: era seduta con il bacino in avanti, e un piglio da ragazzaccio che Elisa conosceva bene.
Appariva completamente serena. “Sebastiano e Amedeo a volte parlano citando le canzoni che gli piacciono… lo so che non ti sto rispondendo, lo farò tra poco. Ho pensato a lungo a questo fatto e non mi sono riuscita a decidere. Almeno per quanto riguarda Sebastiano non credo che le sue citazioni siano del tutto consapevoli. La consapevolezza si nutre di memoria, e la sua può essere maniacale su alcuni dettagli, ma lavorare sottotraccia per moltissimi altri. Parlare di lui può portarmi a parlare come lui. Devi aver pazienza. Ieri gli ho scritto appena arrivata a Roma perché volevo vederlo, e passare la notte con lui prima di partire. Le notti con lui sono le migliori. È per lui che sono tornata qui, e non ho lasciato la moto in un qualche box. In questi giorni sta dal padre, quindi sono andata lì. Jacopo è un altro matto, quando sono arrivata dormiva ma stamattina mi sono ritrovata un fucile puntato alla schiena, mentre attraversavo il corridoio per andarmene. Che ridere, non pensavo che ancora camminasse, e invece. Però poi abbiamo preso un caffè insieme, ed era di ottimo umore. Mi ha detto che ora che sa che sono mezza sciroccata anche io, le cose gli tornano. Almeno a lui.”
Giulia fece una pausa per ridere, e Elisa aspettò cercando di non essere impaziente. Sorrise prima di chiederle ancora di lui.
“Sebastiano è un enigma. Sto benissimo con lui ma è, in un modo tutto suo, sempre e comunque un uomo. La prima volta che vi ho visti insieme ho pensato che, se vuoi due fosse stati la stessa persona, mi avreste fatto completamente impazzire. Già così come siete ci andate pericolosamente vicino. Ma lui è e resta un uomo. Anche se la sua virilità è completamente anestetizzata. Resta comunque dotato di lombrico. Sono contenta per lui, perché si trova bene in questa condizione che io non capisco, e che definisce ‘completamente autosufficiente’. Ma io non sono dietro nessun vetro, lo sai, e non voglio neanche finirci. Altro motivo per andare a Berlino. In questo periodo sono stata a Firenze da Elena… non fare le faccette, come ex se la cava molto meglio che come compagna. Ho avuto alcune notti di sesso con perfette sconosciute, nei posti dove non conosco nessuno è più facile. Io non voglio rinunciarci. Non che per lui sia importante, gliel’ho raccontato e ne abbiamo riso insieme, anche del fatto che rimorchio con i vestiti che mi regala lui. Non gliene importa assolutamente niente. Forse importa di più a te.”
Elisa sorrise alzandosi per accendere il bollitore, dichiarando di non essere mai stata gelosa. Alle sue spalle Giulia specificò che non poteva esserlo perché non era mai stata innamorata di lei. Elisa aveva sempre disapprovato che cercasse sesso senza coinvolgimento, perché la portava a impantanarsi in storie infelici.
“Sebastiano non ha questo senso protettivo. E quando dico che ho paura che manderò tutto a puttane, lo faccio perché credo di essere io, soltanto io, a trovarmi in una posizione instabile. Però non vorrei perderlo e spero di riuscire a trovarne il modo. Lui mi piace da morire e contemporaneamente mi fa ribrezzo, quando stiamo insieme sto sempre bene. Lo abbraccio, e ogni tanto ci diamo i bacini sul viso da amichette… può passare ore con le mani sulla mia pelle per dipingermi e io sto benissimo, poi quando ci addormentiamo mi appoggio con il viso sulla sua spalla e lo abbraccio. Solo io, lo abbraccio e mi addormento benissimo, ma mi sveglio ancora meglio quando è lui a stringermi nel sonno. La maggior parte delle volte mi alzo senza svegliarlo e poi resto lì a guardarlo, ma non riuscirò mai a guardarlo abbastanza da rassegnarmi, ad accettare come è… Sebastiano è troppo complicato, in tutto. Mi sembra una tale ingiustizia. Se arrivassi a innamorarmene come mi innamoro io, esploderebbe tutto. Io per prima andrei in frantumi. E non voglio.”
Elisa si sentiva travolta, e cercò di concentrarsi sulle scatoline di tè e infusi per scegliere quale preparare. Finì con il prenderne uno senza leggere l’etichetta, e Giulia ironizzò sulla tisana digestiva che le stava propinando, mentre Elisa faceva fatica perfino a sorridere. Domandò la prima cosa che riuscì a distinguere tra le tante idee che le mulinavano in mente, confondendola.
“Che ne dice Elena di Sebastiano?”
“Non crede che possa essere così bello come glielo descrivo. Non crede che sia così asessuato, pensa che abbia approfittato del momento, e che mi si voglia fare come qualsiasi altro uomo. Insomma non crede alla mia versione di Sebastiano e quindi non può dirne niente di utile. Ma la capisco, a volte non ci credo neanche io.”
“Ma lui, lo sa… che ti abbraccia nel sonno, o scappi sempre?”
Giulia restò impassibile, e per Elisa il fatto che il suo il viso restasse inespressivo era una novità.
“Certo che lo sa. Un sacco di volte ci siamo svegliati insieme o si è svegliato prima di me. Se ci svegliamo insieme stiamo in silenzio e ci facciamo le coccole. Una volta gli ho chiesto se si ricordava cosa stava sognando o se pensava che fossi qualcun altro, o qualcun’altra… Aline. Ma lui mi ha detto che non ricorda quasi mai i sogni, e appena sveglio apre gli occhi, quindi prima non pensa niente. Però non è che mi scaraventa via, come forse farei io, anzi… è molto dolce. Lui lo è sempre quando ci facciamo le coccole. “Si alzò per fare pochi passi fino alla finestra, fermandosi davanti al panorama del cortile sovrastato da nuvole pesanti: un’abitudine che le serviva a valutare se avrebbe guidato o meno sotto la pioggia. Riprese a parlare, mentre Elisa aspettava in silenzio. “Ieri sera era incredibile… mi aspettava sotto il portico leggendo, e ha alzato il viso dalla pagina solo quando gli stavo di fronte. Sembrava uno scenario da racconto gotico, quel posto è isolato per chilometri. Intorno il niente e lui da solo sotto il portico a leggere e bere nella penombra. Mi ha fatto un sorriso meraviglioso e io non sapevo se piangere o ridere per come mi guardava.”
Elisa non faticava a immaginare la scena, non era in grado di ricostruire l’ambiente ma conosceva il modo che Sebastiano aveva di guardare alcune persone, proiettandole al centro di un’attenzione così esclusiva da sembrare a tratti ossessiva.
“Poi?”
“Poi si è alzato e si è fatto abbracciare, mi ha detto di essere tanto felice di vedermi… tanto felice. Avvolto nella seta e profumato di fiori, come una nobile fanciulla d’altri tempi, li mortacci sua. E Jacopo sarebbe d’accordo.”
Giulia rise, tornando a sedersi mentre Elisa sentiva un senso di vertigine per i pensieri che acceleravano: era spaventata, in modo simile a quando Giulia la portava in moto guidando troppo velocemente.
Il fatto che il pericolo non la coinvolgesse non le era di consolazione. “E poi?”
Si erano sempre raccontate tutto, anche quando per Giulia si trattava di questioni difficili da digerire o da condividere. Ad esclusione di sua madre Giulia si confidava soltanto con Elisa. Adesso i ruoli erano capovolti e parlava senza vacillare, con un atteggiamento da cui traspariva una buona dose di autoironia.
“Poi mi ha offerto il suo calice, si è accertato che non fossi troppo stanca, mi ha preso per mano e mi ha portato nei boschi lì intorno. Abbiamo camminato, ci siamo arrampicati su un albero enorme, il suo albero… quanto mi piace fare queste cose! Da sola non ne avevo mai il coraggio. Lui si muove come un animale notturno, come se non avesse paura di niente. Forse non ha paura di niente. Stanotte a un certo punto ho pensato che si sarebbe mosso così anche bendato, del resto lì ci è cresciuto… abbiamo corso tra gli alberi fino a farci scoppiare i polmoni. Ci siamo sdraiati in uno spiazzo a guardare la luna e a raccontarci di questi ultimi giorni, ridendo tutto il tempo, come amichette del cuore… insomma, una perfetta scenetta da manga. Mi ha detto che si è entusiasmato perché sentiva la mia mancanza, ringraziandomi, perché gli è piaciuto tantissimo sentire la mancanza di una persona insieme all’entusiasmo. Non ha detto niente che somigliasse a una richiesta di restare. Mi ha fatto vedere la sua stanza che è una specie di capsula temporale ferma a dieci anni fa. Io conosco la sua storia molto bene, e certi dettagli mi hanno emozionato… le foto, i poster e i suoi disegni attaccati alle pareti. Disegnava così bene. Poi abbiamo dormito in una stanza assurda, tutta bianca, con il letto a baldacchino e le lenzuola di seta, abbracciati… ci mancava solo Lady Oscar. Stamattina me ne sono andata lasciandolo addormentato, appena si è alzato il sole tutto quel bianco mi ha bruciato gli occhi. Inutile dire che mi stava abbracciando, e che sono rimasta a guardarlo a lungo, mezzo nudo e bellissimo in quel letto allucinante. Penso sia meglio così, che non sia una donna, che non faccia niente per trattenermi. Quello che non viviamo non lo possiamo capire, ma certe cose posso e devo conoscerle. Lui a volte apre dei varchi verso un altrove in qualche modo possibile, ma impossibile. Mi fa scoppiare la testa, e non vorrei mai rinunciarci.”
Elisa non ricordava quanto tempo fosse passato dall’ultima volta in cui Giulia le aveva parlato senza censure; doveva esserne passato moltissimo, e il suo cambiamento le faceva percepire quella distanza ancora maggiore. Immaginava che la sua amica sarebbe tornata a confidarsi per parlarle della perdita di Laura, ed era anche disorientata dal fatto che continuasse ad affrontare quel dolore in solitudine.
Giulia guardò l’orologio, decidendo di fumare un’ultima sigaretta prima di partire. “Amica, tra poco devo andare. Che dici? Riuscirò a non perderlo?”
Si domandò se dovesse interpretare quella domanda in un altro modo: forse Giulia sperava di non innamorarsene del tutto, e probabilmente sentiva il bisogno di essere incoraggiata.
“Giulia, tesoro, sei forte e testarda. Ci sei riuscita con me quindi non vedo perché non dovrebbe riuscirti con lui. Io te lo auguro, e lo auguro anche a Sebastiano. Grazie per la chiacchierata.”
“Stamattina ho incontrato la tua ragazza, mi piace sempre di più. Appena sveglia dimostra forse quindici anni.”
Sebastiano era completamente concentrato dalla scacchiera: stava vincendo. Spostò un pezzo per concludere la mossa che avrebbe segnato la partita. “Mi fa piacere, anche a me piace molto. Così come il fatto che finalmente posso smettere di concentrarmi sulla partita.”
Jacopo studiò per alcuni secondi la disposizione dei pezzi, e sorrise.“È vero. Sei stato bravo.”
Sebastiano pensò al tempo, non ricordava quanto ne fosse passato dall’ultima volta che aveva vinto. Gli piacevano quei momenti insieme al padre, lo riportavano all’infanzia e contemporaneamente gli davano il profondo appagamento di una riconquista. Per anni li aveva catalogati come irrimediabilmente perduti.
“Babbo, vuoi davvero che io distrugga la storia.”
Jacopo annuì, e sorrise con una sfumatura di soddisfazione guardando ancora la scacchiera.
“Va bene. Smetterò di telefonare a Nina. E di mandare regali a Luca. Non lo incontrerò mai. Quando morirò questa casa sarà vuota, e sua.”
Il vecchio rise brevemente; Sebastiano sarebbe andato via poche ore dopo, come aveva annunciato il giorno precedente.
“Va bene. Hai ragione, questo distruggerebbe la storia. Grazie.” Jacopo si fermò per fare un respiro profondo e rumoroso. “Però puoi anche cambiare idea. Non è una promessa. Devi fare una distinzione importante… mi hai detto che Giulia ti ha chiesto coerenza, e che il vostro rapporto è del tutto sincero. Ecco. Mantieni la sincerità anche a costo di diventare incoerente. Io voglio pensare che tu resterai libero di fare quello che ti pare, nei suoi confronti come nei miei. Adesso sono felice di te, di quello che sei e dello strano mondo che hai costruito… la tua ‘famiglia’ mi piace, tanto. E pure la tua ragazza. Insomma, datti pace e fai quello che ti pare. Come dice Amedeo, mi importa soltanto che vada bene per te.”
“No, non se ne parla. Ho nuotato per tutto l’inverno per portarti al mare e riuscirti a star dietro. Se vuoi andare a Berlino vai con Ludger. Ti porterò, anzi andremo al mare quando tornerete.”
Davide rideva con discrezione, perché Amedeo aveva un’espressione cupa mentre Ludger non manifestava interesse per l’argomento. Amedeo aveva chiesto come regalo di compleanno un viaggio con Ludger e Sebastiano, proponendo quella destinazione perché voleva tornare a Berlino da mesi, e pensava fosse anche un modo per rivedere Giulia. La reazione di Sebastiano lo deluse; avevano sempre passato insieme quel giorno, viaggiando, e non voleva rinunciare alla sua presenza. Sebastiano si era anche rifiutato di unirsi a loro per andare a un concerto dei Radiohead a Firenze il ventuno dello stesso mese, causandogli un profondo dispiacere. Amedeo continuava a girare a vuoto la rotella dell’accendino, producendo un rumore fastidioso che indusse Ludger a intervenire.
“Amedeo? Per favore potresti smettere con quel giochino e con i capricci? Ricordo anch’io quante volte vi siete detti che sareste andati al mare insieme. Torneremo a Berlino presto, non preoccuparti.”
Davide era l’unico a non poter cogliere la presenza sottotraccia di Giulia in quella conversazione, e non capì il motivo del broncio di Amedeo. “A me sembra molto appropriato. Ti inquadrerei su una scogliera al tramonto, con il mantello e la chioma al vento. Poco distanti i tuoi uomini, sono soltanto indeciso su quale dei due fornire di panama… probabilmente Ludger.”
Sebastiano gli sorrise. “Per me una tesa larga e una protezione totale da infante, grazie. E già che ci sei anche un Mojito.”
Amedeo sciolse finalmente il nodo tra le sopracciglia, e sorrise. “Va bene, andiamo al mare. Scegliete un posto. Chiedo solo acqua pulita e un po’ di storia, il resto sta a voi. Il Mojito voglio offrirlo io, però.”
Il disco sul piatto girava da diversi minuti malgrado fosse finito, e il fatto che Amedeo lo stesse ignorando era insolito.
Ludger si lavò le mani, abbandonando la preparazione della cena per cambiare disco. “Tutto bene, Amedeo?”
Le sue dita sottili smisero di sfiorare la tela del divano, e lo sguardo tornò presente. “Sì Lù, sono solo confuso. Appena butterai quella teglia in forno ci versi qualcosa da bere e mi raggiungi? Ti manca molto?”
“Dammi pochi minuti e sono da te.”
Sebastiano era uscito da poco per cenare con Tommaso; insieme a Ludger aveva detto ad Amedeo che stavano pensando di portarlo a Lecce per festeggiare il suo compleanno. Il giorno successivo avrebbero organizzato il viaggio, per lasciare ad Amedeo il tempo di pensarci ed eventualmente cambiare la destinazione. Quella proposta lo aveva confuso: a tratti veniva preso dall’entusiasmo all’idea di rivisitare con loro i luoghi del proprio passato, ma provava contemporaneamente un lieve senso di nausea, come quando tornava a casa dei genitori.
Ludger lo stava osservando dalla penisola, intenerito, e cercò di finire in fretta per poterlo raggiungere. L’idea di andare a Lecce era stata di Sebastiano, che lo credeva un buon modo per bruciare l’ennesima tappa importante, e Ludger lo aveva assecondato a patto di lasciare l’ultima parola ad Amedeo.
“Perché proprio Lecce?”
Ludger si sedette al suo fianco. “Se non ti va cambiamo destinazione. Non sono mai stato a Lecce e mi piacerebbe tanto visitarla con te, prima o poi. Se ti turba possiamo rimandare, non c’è nessuna fretta.”
Amedeo sorseggiò il prosecco, pensando che quel viaggio non sarebbe stato una condanna perché poteva scegliere, e quello era il momento giusto per farlo. Accarezzò il gatto chiedendosi quali aspettative quell’itinerario avrebbe potuto deludere, considerandosi ormai completamente svincolato da qualsiasi obbligo familiare. “Tu pensi che Sebastiano resterà ancora con noi? Non siamo mai riusciti a fare un viaggio bello, noi tre insieme. Stando come possiamo stare qui, ma in un altro posto. Interi giorni insieme, in giro, senza orari e pensieri. Ho chiesto questo viaggio perché temo non avremo un tempo illimitato… ho sempre paura che lui se ne possa andare da un momento all’altro. Avrei preferito un posto neutro, ma un viaggio a Lecce con voi potrebbe essere un esorcismo fantastico.”
Ludger gli baciò la punta del naso chiudendo gli occhi, mentre Amedeo li lasciò aperti perché gli piaceva guardarlo da vicino, così vicino da non riuscire più a metterlo a fuoco, e vederlo riallontanarsi subito dopo con l’espressione dolce che prendeva sempre in quelle circostanze.
“Andiamo a Lecce allora, se pensi che l’esorcismo sia possibile vale la pena provare. Tu ricorda che se non dovesse funzionare, ci spostiamo. Potresti partire anche solo con lui, lo sai vero? Non c’è bisogno neanche di parlarne. I vostri viaggi hanno sempre avuto un alone mitico, dovreste farne ancora.”
Le labbra rosse di Amedeo si aprirono in un sorriso, fino a rivelare il bianco dei denti.
“Lù, io voglio fare un viaggio con voi, passare interi giorni e intere notti insieme a voi. Cercate un letto a tre piazze… però tu non mi hai ancora risposto. Comunque è vero, dovremmo fare un viaggio insieme, e lo faremo prima o poi…”
Ludger ruotò le spalle fino a far aderire la schiena alla spalliera del divano. Raccolse le idee mentre osservava le piante illuminate dal sole basso: a volte gli capitava di pensare che loro tre avevano in comune un passato da scampati o fuggiaschi, e quel luogo era un rifugio che li aveva accolti una volta sfuggiti alle proprie tempeste individuali. Non gli dispiaceva che un senso di precarietà persistesse nel suo quotidiano; anche per Sebastiano sia la loro convivenza che quell’appartamento probabilmente equivalevano a un approdo difficile da abbandonare.
“Non penso che andrà via, o altrove. Sicuramente non in tempi brevi. Per lui è prezioso quello che ha trovato con noi. Tempo fa mi ha detto che vive per la prima volta la condizione di tornare a casa ogni giorno, e ogni giorno gli piace sempre di più. Per me lui fa parte di qualcosa di bello che stiamo assemblando insieme, noi tre, e mi mancherebbe. Ma non è facile immaginare come potrebbero evolversi le cose… hai visto anche tu come ha reagito quando gli hai proposto in modo indiretto di raggiungere Giulia. La storia con lei è imprevedibile, e non ho la più pallida idea di dove li porterà, ma non ce li vedo a cercarsi un posto dove vivere insieme. È ovvio che vorrei che fosse felice, e forse il suo mondo si sta strutturando così, intorno al tornare a casa. Tornando da noi. Mi dispiace che soffra ancora di insonnia, anche se su molte altre cose lo vedo in costante miglioramento… neanche ricordo più l’ultima volta che l’ho trovato strafatto sul divano. Per non parlare del rapporto che sta intrecciando con i suoi amici, che poi sono anche i nostri. Sta cambiando anche la relazione che ha con il padre, che a me non è sembrato il mostro dei vostri racconti… anche tu mi hai detto che si è comportato in modo molto diverso rispetto al vostro primo incontro.”
Annuì avvicinandosi, e Ludger alzò il braccio sinistro per accogliere il suo viso sul collo.
Amedeo chiuse gli occhi. “Ogni volta che vedo la Virago di Giulia nel nostro box mi incanto. Anche quando vado di fretta. Adesso è Sebastiano che la prende di notte, per farsi dei giri che non portano a nulla. Credimi, non mi capacito di quanto siano strani. Ovviamente non si stanno sentendo più, e lui ne è contento. Hai ragione, sta meglio e anche io penso di non averlo mai visto tanto bene… so che tu pensi che anche il rapporto con Giulia gli stia facendo bene, anche se a me preoccupa sempre… ma non importa, perché vederlo contento mi riempie di gioia.”
“Lo so, anche per me è così. Inizia a pensare a cosa vorresti fare stasera, siamo soli e sei ancora troppo giovane per dormire.”
“Su queste pietre ho passato così tanto tempo da consumarmi gli occhi. Prima ancora di conoscere la parola barocco… che poi, qui, è un riflesso in un’interpretazione approssimativa di un’aspirazione all’artificio, che non risente delle deformazioni curvilinee del glam di Bernini, o della passione quasi mistica per il mattone di Borromini. Qui la struttura resta rigida, la scatola architettonica è congelata in linee rette sotto questa guerra tra il merletto e la corruzione. Mi piace da impazzire il contrasto tra la volontà di piegare la materia, consegnando una visione mentale al tempo, con una pietra che fisiologicamente si sgretola. La ricerca di una bellezza artificiosa, pacchiana, resa struggente dalla caducità della materia. Senza la pietra leccese, con un materiale più solido, queste decorazioni sarebbero insopportabili. Così, corrotte dal tempo, mangiate dal vento e dalla pioggia, le trovo struggenti… perché rendono palese l’inutilità di ogni tentativo di superare una condizione fisiologica.”
Mentre parlava Amedeo continuava a guardare e sfiorare con le dita una decorazione che si sfarinava sotto i suoi polpastrelli, lasciandoli impolverati di sabbia sottile. Sebastiano era alla sua sinistra e Ludger alla destra. Ubriaco e completamente assorbito dalle proprie riflessioni aveva la paura irrazionale di trovarsi accanto due creature immaginarie, animali fantastici prodotti dalla propria solitudine. La voce di Sebastiano lo fece sorridere.
“Ok, io piango.”
Ludger gli mise un braccio sulle spalle per ruotarlo dolcemente fino a farlo girare verso la piazza. “Bene, lasciamo Sebastiano a piangere. Io invece reclamo un altro calice. Sono troppo sobrio, riesco ancora a stare in piedi. Torniamo al mare o continuiamo il nostro pellegrinaggio storico?”
Le loro giornate si snodarono senza programmi prestabiliti, adottando un ritmo costante: andavano al mare il pomeriggio perché non avevano intenzione di rinunciare nemmeno a una singola notte passata a Lecce, o nei luoghi che di volta in volta proponeva Amedeo. Visitarono tutte le località che lui aveva scelto, incontrando spesso quelli che erano stati i suoi amici in un passato nel quale l’amicizia era ancora una parola vuota per lui. Amedeo li salutava, prima di presentare Ludger e Sebastiano rispettivamente come il proprio ragazzo e il proprio più caro amico; si comportava in modo disinvolto ma sembrava volersi trattenere soltanto il minimo necessario con loro, scambiando chiacchiere senza spessore. Ludger trovò quei ragazzi piacevoli, ospitali e decisamente ben disposti nei loro confronti. Amedeo spiccava vicino a loro per il suo corpo esile e solido fasciato nei vestiti scuri, per i modi contenuti apparentemente freddi, e per il suo modo di parlare privo di qualsiasi musicalità dialettale. La sua grazia creava una barriera respingente, e Ludger immaginò che fosse sempre stato sempre così. Sebastiano sosteneva che l’atteggiamento di quei ragazzi fosse diverso rispetto all’unica volta in cui aveva accompagnato Amedeo a Lecce; ipotizzò che il loro atteggiamento potesse essere cambiato in seguito al comportamento della sorella: doveva aver ampiamente condiviso lo shock di avere un fratello gay. Secondo Sebastiano Irene, probabilmente, era stata talmente spiacevole nel diffondere la notizia da causare una reazione contraria. Amedeo rise di questa tesi, mentre Ludger pensava che di base i suoi amici di un tempo dovessero avergli voluto bene senza riuscire a stabilire con lui un contatto autentico, privi degli strumenti per capirlo. Credeva che Sebastiano avesse ragione, che l’omosessualità avesse fornito la soluzione di un rompicapo, una formula nella quale contenere tutte le stranezze e diversità di Amedeo. Ludger era convinto che si trattasse di persone semplici, ma non cattive. Amedeo continuava a ridere delle riflessioni che Ludger e Sebastiano esponevano, felice per il fatto di percepire distanti e prive di interesse quelle vecchie frequentazioni in loro compagnia. Sebastiano e Ludger durante quelle chiacchierate gustavano le sue risate più dei cocktails nei bicchieri di plastica, che prendevano in diversi chioschi in riva al mare.
Una sera incontrarono il padre di Amedeo per cena, che non perse occasione di manifestare la propria gioia per averli potuti incontrare nella sua Lecce. Parlando si rivolgeva soprattutto a Ludger, ed evitò di nominare la moglie e la figlia. Dopo un inizio incerto Amedeo si rilassò al punto da scoprirsi felice di stare in compagnia di suo padre, nella sua pizzeria preferita da bambino, e del fatto che fosse in grado di rapportarsi a Ludger e Sebastiano con una disinvoltura sorprendente.
Una mattina Amedeo lasciò Ludger e Sebastiano ancora addormentati per far visita ai nonni paterni; anche loro lo accolsero con calore, evitando accuratamente di parlare della madre e di sua sorella. Amedeo si sentì alleggerito da un enorme peso perché aveva un buon ricordo dei suoi nonni, e temeva che il loro rapporto si fosse incrinato a causa della sua fuga. All’inizio si domandò cosa gli avesse raccontato suo padre, per poi decidere che preferiva non saperlo. I suoi nonni erano stati sempre molto gentili con lui; ogni volta che veniva affidato a loro da bambino, sperimentava una tranquillità che non era in grado di trovare altrove, e ancora gliene era riconoscente. Ricordava bene di non averli mai sentito pronunciare un’opinione positiva nei confronti della madre, così come evitavano anche critiche o commenti negativi; pensò che non dovessero mai averla avuta in simpatia, preferendo mantenersi discretamente distanti per non creare ulteriori problemi al figlio. Immaginò che quella riservatezza nei suoi confronti avesse una radice simile: probabilmente era il loro modo di manifestare una completa accettazione per le scelte altrui, un comportamento in cui si sarebbe potuto riconoscere almeno in parte. Li trovò più anziani e più affettuosi di come li ricordava, e fu felice di vederli sorridere quando nominò Ludger e Sebastiano subito prima di salutarli.
In quei giorni la figura della madre rimase nascosta, innominata e non vista gli appariva come un elemento giustamente confinato nell’ombra. Non temeva un possibile incontro con lei, e con il passare del tempo capì che, se fosse capitato casualmente, lo avrebbe lasciato indifferente ma gli sarebbe dispiaciuto per le ripercussioni che suo padre avrebbe dovuto sopportare.
Incrociò sua sorella Irene mentre passeggiava con Ludger e Sebastiano nelle vie del centro; stavano parlando tra loro e Sebastiano non cambiò inflessione segnalandone l’avvistamento.
“Attenzione, siamo in rotta di collisione con il mostro Aniba.”
Amedeo si voltò, e in quello stesso istante fu riconosciuto dalla sorella, che si bloccò a bocca aperta mentre lui continuava a sorridere rivolgendosi a Ludger, abbastanza forte farsi sentire.
“Lù, quella è Irene, fai ciao-ciao con la manina.”
Ludger accennò un saluto quando ormai stavano ormai per superarla, imitato da Amedeo e Sebastiano. Lei li seguì con lo sguardo, passando dallo stupore iniziale a un’espressione apertamente ostile.
Sebastiano parlò di nuovo. “Adesso, prima che il nostro umore ne risenta, consiglierei di accelerare notevolmente il passo. A meno che il nostro eroe non desideri uno scontro diretto. In quel caso, fratellino caro, puoi contare su di me. Ho sempre sognato di far da testimone a un duello.”
Amedeo gli cinse le spalle, ridendo. “Carissimo fratello matto! Penso che il mio buonumore sia stato un colpo più che sufficiente per lei. Piuttosto pensiamo alla prossima tappa… mare?”
Ludger si voltò un’ultima volta mentre gli altri due si scambiavano battute ridendo, e liberò il viso dai capelli per osservarla meglio mentre si allontanavano. Irene ricambiò lo sguardo con un’espressione corrucciata e addolorata, come se avesse ricevuto un brutto colpo; Ludger sorrise tristemente perché, malgrado Irene indossasse vestiti appariscenti e volgari, riusciva comunque a individuare una forte somiglianza con Amedeo.
Quando andavano al mare sceglievano quasi sempre luoghi difficilmente accessibili, che richiedevano lunghe camminate in sentieri poco battuti. Amedeo li guidava sugli scogli, assecondando i loro tempi, per raggiungere approdi in cui il mare era freddo e spesso disabitato. Tornarono diverse volte a Porto Selvaggio, dove si trovavano completamente soli; dopo essersi spogliati completamente nuotavano fino allo sfinimento, anche se era sempre Ludger a reggere più a lungo. Amedeo non se ne stupiva perché anche nel loro viaggio a Creta aveva rivelato una resistenza straordinaria; Sebastiano ne ironizzava con allegria, affermando che Ludger sembrava destinato a essere imbattibile su tutto. Era molto soddisfatto di poter finalmente vivere il mare in compagnia di Amedeo, e non era competitivo: tuffarsi con lui dalle scogliere e nuotare insieme, era la realizzazione del desiderio che lo aveva spinto a sopportare mesi di allenamento in piscina.
“A cosa pensi, fratello? Da lì sotto sei un’immagine bellissima. Mi sono incantato in acqua.”
Amedeo era appena tornato da un bagno solitario, e avvicinandosi alle rocce aveva visto Sebastiano seduto immobile sullo scoglio da cui si era tuffato non molto tempo prima. Sotto la luce forte del sole, a contrasto con la pietra scura, la pelle di Sebastiano era di un bianco innaturale; indossava un ampio cappello da donna che manteneva anche le spalle in ombra, nero come i capelli appena mossi dal vento. Nel sedersi mantenne le gambe unite e poggiate di lato, in una posa femminile che rendeva la sua figura diafana straordinariamente androgina.
“Guardo le onde, come facevo con Giulia, pensando le stesse banalità che pensavo con lei. La luce e la prospettiva sono però diverse. Con lei spesso pensavo a te, al desiderio di vivere questo momento. Adesso penso a lei che mi abbracciava, aderendo alla mia schiena, quando il sole non scaldava più. È una specie di ponte temporale tutto mio. Bellissimo. Peccato per la temperatura, il freddo si addice di più alla melensaggine.”
Amedeo non riusciva a distogliere lo sguardo dal disegno del suo profilo ritagliato sulle onde. “Perché non la raggiungi lì?”
“Lo farei, se me lo chiedesse. Solo in quel caso, e per poco. Credo sia meglio così, ed è bello anche per questo. Il limite. Mi piace da impazzire avere la libertà di fissare i limiti, e rispettarli. Forse dovrei tagliarmi un po’ i capelli, non si asciugano mai.”
Amedeo sorrise, scuotendo la testa abbastanza forte da far arrivare molte gocce d’acqua fredda addosso a Sebastiano. Lui rabbrividì prima di girarsi nella sua direzione per dargli una delle spinte che si scambiavano spesso per gioco, più fiacca del solito per non rischiare di fargli perdere l’equilibrio.
“Come siete stati l’ultima volta che l’hai vista? Quando è venuta a casa di tuo padre… non me ne hai mai parlato.”
Sebastiano sorrise con dolcezza, rivolto verso di lui. “Buon compleanno fratello. Ti abbiamo fatto un regalo scandalosamente egoistico. Questi giorni sono un dono anche per me. Giulia sta bene. Quella notte mi è sembrata molto vicina a come vorrebbe essere, senza sovrastrutture. Sta facendo un lavoro straordinario e ha una forza straordinaria. Ha nominato Laura solo una volta, dicendo che vorrebbe che restasse uno dei carburanti che alimenta questa forza. Pensare a Giulia mi fa sempre bene, come con te, o con Ludger. Ha ragione mio padre. Non c’è più motivo di preoccuparsi per me.”
“Ho sempre un po’ paura che tu te ne vada. Però, contemporaneamente, voglio solo che tu sia felice.”
“Io sono felice. Qui, ora. Con te e Ludger. Con Giulia quando c’è, e anche e soprattutto quando non c’è. Sono dinamiche che non voglio cercare di capire, spiegare. Il mio unico desiderio è nutrirmene senza ferire nessuno. Forse gioco con i limiti per mantenere la giusta distanza per restare inoffensivo. Non sono mai stato tanto bene. Malgrado i miei fantasmi riesco a sentirmi fortunato. In questo momento fortunatissimo, perché tu sei al mio fianco e il vichingo si gusta il suo libro a pochi metri da noi. Voglio gustarmi a fondo tutto quello che ho, perché è un oceano, come diresti tu.”
“Questo era un posto isolato, scelto dai Francescani proprio per starsene in disparte quando si sono insediati qui, nel duecento. Lo slargo serviva per accogliere i fedeli che venivano qui, circa un secolo dopo, a sentire le prediche dei frati… sullo sfondo della chiesa che all’epoca non aveva questa facciata, ed era una semplice chiesa gotica rivestita in mattoni… ancora non mi capacito che abbiano organizzato in un posto come questo il concerto, anche i palazzi che ci circondano sono antichi, quello che ha il nome più divertente si chiama casa del Diluvio, per ricordare un’esondazione dell’Arno del cinquecento.” Amedeo alzò il braccio indicando la facciata della Basilica di Santa Croce, poco distante. “Lì dentro hanno sepolto alcuni tipi simpatici. Stanotte i Radiohead suoneranno per Galileo, Machiavelli e soprattutto Michelangelo. Una macchina del tempo pazzesca, vero Lù?”
Ludger era al suo fianco e lo seguiva con divertimento. “E Dante? Ricordo che ha avuto una relazione tempestosa con Firenze, ma non ricordo come sia finita dopo la sua morte… non è stato sepolto qui anche lui?”
Amedeo riprese subito a parlare con una velocità insolita per lui. “Dante lo avrebbe tanto voluto, ma era in esilio ed è morto a Ravenna, e la città di Ravenna non ha mai concesso di trasferire la salma. Chissà. Considerando quanto ha sofferto l’esilio… però è anche vero che Firenze lo ha cacciato, e quindi forse non merita di riaverlo indietro ora. Sarebbe stato bello avere anche lui qui, stasera… ma non importa. I suoni di questo rito elettrico attraverseranno le ossa di Michelangelo, solo questo mi esalta… quanto spero che facciano anche Exit Music! Tu quali altri pezzi speri di sentire?”
Andrea rise lanciando la sigaretta a terra. “Ciccio che gli hai dato per ridurlo così? O forse avrebbe bisogno di qualche goccetta per resistere fino al concerto senza beccarsi un infarto. Non hai portato niente? Magari cerchiamogli almeno ‘na birra.”
Elisa scherzò sul fatto che Amedeo non aveva bisogno di una guardia del corpo che lo spingesse a bere, e lui non volle allontanarsi per mantenere i posti che avevano conquistato. La luce del sole stava calando mentre la loro eccitazione cresceva; seduti a terra inziarono a parlare dei concerti che più li avevano emozionati, e in quattro stilarono una lista che li avrebbe intrattenuti fino all’inizio del concerto. Condividere quell’esperienza con loro rendeva Elisa profondamente felice, ed era grata a Lorenzo per averla convinta ad andarci anche senza di lui. La sera successiva Amedeo ed Andrea avrebbero lavorato; entrambi non avevano voluto farsi sostituire, riducendo notevolmente la quantità di tempo da trascorrere a Firenze. Ludger si sarebbe fermato più a lungo: avrebbe voluto viaggiare più spesso, ma sapeva che Amedeo non riusciva a trascurare gli impegni con leggerezza. Nell’ultimo anno avevano visto moltissimi concerti insieme ma quella sera era particolarmente euforico, talmente felice da contagiare anche chi gli stava vicino. Gli tenne la mano per la maggior parte del tempo, e si lasciò abbracciare quando il palco restò vuoto.
“Che bello! Però non l’hanno fatta… spero nel bis.”
“Ma sì. La faranno sicuramente.”
Il gruppo tornò sul palco ed eseguì altri quattro pezzi, alla fine dei quali il pubblico era ormai certo che il concerto fosse finito, e molte persone iniziarono ad allontanarsi. Amedeo abbracciò Ludger, deciso a non intristirsi per l’assenza in scaletta del brano che sentiva profondamente legato all’inizio della loro storia.
Ludger ricambiò la stretta, e raggiunse il suo orecchio. “Mi dispiace che non ci sia stato proprio quel pezzo, ma è stato comunque un concerto bellissimo e sono contento. Adesso però stacchiamoci, siamo in una piazza piena di persone.”
Amedeo si allontanò guardandosi intorno: la folla iniziava a disperdersi, e due ragazze completamente vestite di nero, in lontananza, attirarono la sua attenzione. Erano molto magre: una particolarmente alta, con abiti da metallara che rendevano la sua figura androgina malgrado i capelli lunghissimi, mentre l’altra portava un taglio corto da ragazzo. Amedeo era certo che si trattasse di due ragazze; le guardò abbracciarsi e baciarsi mentre piangevano circondate dal loro gruppo di amici, che sorridevano distogliendo lo sguardo. L’attacco della canzone che aveva aspettato lo sorprese ancora girato nella direzione opposta al palco; tornò ad abbracciare Ludger, travolto da un’emozione tanto forte da fargli salire le lacrime agli occhi. Cantò il testo con il viso fra i suoi capelli, e restò lì anche quando il palco venne definitivamente abbandonato alla fine del brano. Ludger, che lo aveva visto incantarsi guardando le ragazze poco distanti, decise di allentare la guardia per gustarsi a pieno quel momento. Cantò con lui e lo lasciò piangere sul proprio collo baciandogli la testa, e quando Amedeo se ne allontanò gli raggiunse le labbra.
Nella piazza era ormai sceso il silenzio da diversi minuti. Il bacio fu breve e Amedeo si staccò per primo. “Ludger… che gioia infinita. Questo momento mi resterà per sempre nel cuore… è impresso così in profondità che sento un calore bellissimo sotto lo sterno… grazie.”
Ludger gli carezzò il viso con le sue dita fredde prima di tornare a stringerlo ancora, perché il viso di Amedeo bagnato di lacrime, con un’espressione straordinariamente intensa, lo aveva commosso. Gli sfiorò la testa sussurrando. “Tesoro bellissimo. Grazie a te… adesso calmati prima che il cuore ti esploda.”
“Resteremo sempre qui. Una parte di noi resterà sempre qui, e sono convinto che non vale solo per noi. Io ti ho ringraziato per avermi regalato questa vita che non cambierei con niente al mondo… e per aver fatto un’eccezione. Il tempo trascinerà via tutto ma adesso siamo qui, e questo momento brucia così forte che il tempo non esiste più.”
Ludger sorrise senza allentare la stretta, ed Elisa tirò su rumorosamente con il naso rivolgendosi ad Andrea.
“Non so a te, ma a me questi due mi ammazzano. Lo fanno da anni e spero continuino ancora a lungo. Cazzo. Mi starà colando il trucco… ci vorrebbe il fratellastro.”
Anche Andrea era profondamente colpito. Non aveva mai visto Amedeo in quelle condizioni, e gli occhi lucidi di Ludger, la dolcezza del suo sorriso, stavano commuovendo anche lui. Scosse la testa ridendo, e il suono di quella risata li fece separare, riportandoli verso i loro amici.
“Il Fantasma ci vorrebbe sempre, a prescindere, anche solo per pigliarci per il culo a tutti quanti… ma se non è voluto venire avrà avuto i suoi motivi. Pomiciare in tre in pubblico, ad esempio, sarebbe stato davvero troppo. Adesso andiamo vi prego a mangiare una pizza, prima che anche a me venga un collasso emotivo.”
Elisa gli rispose divertita. “Ecco sì, così ci ripigliamo tutti. Però il fratellastro io me lo immagino a piangere come una fontana… come la statua di una fontana, per essere più precisi.”
Amedeo sgranò gli occhi, folgorato da una rivelazione: Sebastiano si era rifiutato di unirsi a loro per lo stesso motivo che lo aveva spinto a non seguirli nel loro viaggio a Berlino, per lasciare a lui e Ludger degli spazi esclusivi. Amedeo sapeva che la presenza di suo fratello catalizzava inevitabilmente la propria attenzione; si stupì ancora una volta per l’abilità di Sebastiano nel riuscire a individuare e rispettare confini entro i quali muoversi senza privare gli altri di spazi esclusivi, rendendo la sua presenza esclusivamente un dono.