Sebastiano era appena tornato dalla sua lunga passeggiata nel parco, ed aveva portato dei fiori freschi che lasciò cadere sul tavolo della penisola, prima di prendere quelli da spuntare in un vaso. Ludger lo aspettava leggendo sul divano, e si alzò per accendere il bollitore; gli piaceva fare colazione con lui, anche soltanto per creare delle occasioni in cui potesse parlare liberamente.
Si salutarono brevemente, e Ludger notò che l’altro si muoveva con una velocità insolita; sedette su uno sgabello ad osservare i gesti precisi con cui Sebastiano stava recidendo i gambi delle margherite, sparpagliate sull’asse di legno. Ludger trovava ipnotiche le sue azioni, ripetute con precisione meccanica; ancora assonnato ripensò a una conversazione avuta la sera precedente con Amedeo: entrambi avevano notato in Sebastiano una cupezza sottotraccia, anche senza essere d’accordo sulle possibili motivazioni. Secondo Amedeo quella tensione latente era alimentata dal rapporto con Giulia, malgrado negli ultimi tempi avessero manifestato, in ogni circostanza, sempre una grande gioia nel ritrovarsi insieme. Ludger credeva che fosse un’inquietudine più nascosta ad aver trovato lo spazio per manifestasi, grazie al periodo sereno che stava vivendo con Giulia.
Sebastiano non calibrando correttamente la forza da usare con il coltello, lo premette sul polpastrello del pollice destro. “Cazzo!” Lasciò con un gesto violento il fiore e il coltello, portandosi il pollice alla bocca.
Ludger gli domandò con dolcezza di mostrargli la ferita, e lui gli porse la mano senza neanche guardarla.
“È molto superficiale, se vuoi prendo il disinfettante.”
Sebastiano era soprattutto annoiato. “Non essere ridicolo, le tue mani hanno subito di peggio.”
Ludger lasciò la presa, guardandolo tornare ad occuparsi dei fiori come se non ci fossero state interruzioni. “È vero, però c’è sempre stato un motivo. Cosa ti gira per la testa ultimamente? Amedeo è preoccupato, io curioso. Perché non ne parli con noi?”
“Perché non mi va. Soprattutto con Amedeo, perché si preoccupa troppo. E non serve a niente. Se non a farci preoccupare per la sua preoccupazione. Non mi sorridere così. Per-dio.”
Ludger gli prese la mano, scoppiando a ridere guardando i fiori appena infilati nel vaso.
Sebastiano mise a fuoco le peonie inzeppate malamente, pensando che di solito non avrebbe riposto neanche l’insalata in frigo con così poca attenzione. Sorrise e scosse la testa in segno di resa, sedendosi. “Ok, divinità norrena, proviamo a comunicare. Non garantisco risultati. Quanto tempo hai per la seduta?”
“Amedeo ieri ha lavorato, dormirà per ore. Io ho una corazza più robusta e sono qui. Voglio esserci sempre per te, lo sai. Anche se ti servisse soltanto di parlare ad alta voce, per mettere in ordine le idee. Lo vuoi un tè?”
“Un litro o due, stanotte ho dormito una miseria, grazie. Però apparecchio fuori.”
L’estate non aveva abbandonato quel terrazzo rigoglioso; Sebastiano si era liberato dei vestiti restando in pantaloni, apparecchiando la colazione sotto la tenda. Il gatto dopo averlo seguito ad ogni passo, si sdraiò vicino ai suoi piedi nudi. Quando Ludger lo raggiunse, si stava osservando senza espressioni la leggera ferita sul polpastrello: non aveva voglia di parlare, ma apprezzava la determinazione del suo amico.
“Mi parli di Giulia?”
Il viso di Sebastiano si distese e sorrise prendendo un cornetto, addentandolo con gusto prima di rispondere. “Non c’è molto da dire, l’hai vista. Ci hai visti. È stupenda. È esplosa. E mi fa bene. Io sono convinto di essere un buco nero, di avere il potere di distruggere tutto quello che tocco, e aver potuto contribuire alla sua trasformazione è una delle cose migliori che mi siano successe. Però è un rapporto squilibrato, per lei sono la persona più importante del creato. Per me, dopo quel viaggio disastroso, poteva anche sfumare senza grandi scosse. Pensavo che il nostro ciclo si fosse esaurito come la mia pazienza, e non ne soffrivo. Per lei, invece, l’idea di perdermi è inaccettabile. Io sono egoista e vigliacco, e tu lo sai bene. Forse riesco ad accettare la nostra disparità soprattutto grazie a queste mie qualità non invidiabili. Ma un amico saggio continua a consigliarmi di lasciarmi vivere.”
Ludger sorseggiò il suo tè, e lui riprese a mangiare il cornetto; aveva parlato senza partecipazione apparente, fornendogli l’ennesima dimostrazione che il problema non fosse lì.
“Sebastiano, non ti frequento da molto, ma da quello che ho visto non posso condividere la tua teoria del ‘buco nero’. Fin dalla tua prima manifestazione, per come hai aiutato Amedeo mentre era irraggiungibile per chiunque, hai sempre dimostrato il contrario… mi verrebbe da dire che fai fiorire tutto quello che tocchi. Parli spesso di mondo capovolto, forse sei tu a percepirti diverso da quello che sei.”
Sebastiano si lasciò andare fino ad appoggiare la schiena sulla spalliera, per poi tornare a sedersi di scatto con la schiena eretta. “Ludger, io sono talmente egocentrico che quasi non mi percepisco. Non mi interessa percepirmi. Ogni volta che mi raccolgo intero è perché mi concentro su qualcosa di esterno fino a dimenticare il resto, fino a dimenticare me, forse. Non penso mai a me. Penso alle cose che mi hanno scolpito, come se io non avessi quasi corpo e storia. Forse è un’ennesima bugia. Ma insomma, mi trovo davvero poco interessante. Comunque grazie. Con Giulia sto benissimo. Lei sta bene, ha questa tipa con cui scopa con molto gusto, ha dei posti dove tornare e molte persone con cui essere quello che le viene di essere, e se la spassa senza tanti problemi. Ed è forte, e non è egoista. Mi colpisce tanto. Poi è una gnocca da spavento, e va sempre peggio.”
Ludger rise. “Sì, sono d’accordo, e anche su questo punto hai dato un contributo significativo.”
Sebastiano, aspettando che quell’allegria si esaurisse, si chinò ad accarezzare il gatto che iniziò immediatamente a fare le fusa, ruotando per porgergli la pancia. Gustò la consistenza del suo manto morbido, aspettando.
“Quando l’ho incontrata l’ultima volta, nuda, ho deciso che consulterò un avvocato per capire come spostare la porta d’ingresso, dove ho fatto mettere il cancello. Non vorrei che qualcuno capitasse qui per sbaglio… mi piace che possiate spostarvi da uno spazio all’altro senza censurarvi. Lei parlava dell’ampiezza della riserva in cui può muoversi in piena libertà, questa deve conquistare quei pochi metri.”
Sollevò la testa continuando ad accarezzare il gatto. “Come se fosse un unico appartamento. Hai maturato questa decisione soltanto pensando a Giulia che pascola smutandata?”
“Sai, per me è come se fosse un unico posto da tempo, e quelle dall’altro lato sono le tue stanze. Anche se adesso pensavo a quando l’ho incontrata in ingresso, nuda e dipinta, che correva da Amedeo per farsi fotografare. I disegni erano diversi dagli altri. Cosa è cambiato?”
Sebastiano poggiò di nuovo la schiena al sostegno del divanetto, abbandonando It in una posizione ridicola. Sorrise, ricordando quel pomeriggio. “È semplice. Non si vuole più tatuare. Questo ci ha dato la piena libertà che si conquista solo quando fai qualcosa di completamente inutile. Adoro dipingere il suo corpo, e a lei piace starsene così, ferma per ore. Adesso che non abbiamo più il limite della schiena è un vero spasso. Ci sono delle parti del suo corpo che mi ipnotizzano, e dipingerci sopra è bellissimo. Potrei passare il resto della mia vita con le mani sulla sua pelle.”
Ludger ricordava quell’ultimo disegno, troppo esteso per essere tatuato. I tratti partivano da un piede e vorticavano intorno alla gamba, per poi girare su un fianco e allargarsi intorno a un gluteo; sul davanti salivano fino al seno opposto, superandolo con pochi frammenti che arrivavano alla spalla e al viso. Pensò al disegno che mesi prima aveva raccolto dal tavolo, per conservarlo in un cassetto. “Ha dei seni magnifici. Anche se non c’è nessun particolare del suo corpo che non lo sia. Amedeo è piuttosto ansioso perché non riesce a capire il vostro rapporto. Tu gli provochi una serie di eccezioni che dimostrano quanto sia viscerale il vostro legame. Forse non vi capisce perché da quando ha superato il vetro è ossessionato dal sesso… per me è solo uno spasso, come diresti tu. Però, malgrado l’incompiuto di Michelangelo, malgrado la sua profonda accettazione per tutto ciò che appartiene alle persone che sente affini, su questo particolare ogni tanto si inceppa. E sai, io lo riporto sempre a pensare che non esista una sola formula per tutto, o per tutti. Però capisco la sua confusione quando usi frasi come ‘passare tutta la vita con le mani sulla sua pelle’. Ma tu stai bene così, giusto? Io lo penso, anche se non lo capisco. Probabilmente riesco a tranquillizzarlo proprio perché lo penso davvero. Ma tu stai davvero bene, così?”
Sebastiano sorrise con una sfumatura di tristezza. Restò abbandonato, come svuotato sul divano, completamente rilassato. “Ludger caro, sì. Sto bene così. Le ho dipinto il torace e il viso standole sopra, sfumando le parti a tempera con le dita per far emergere la gabbia toracica. A volte mi chiedo come sia per lei, ma dice di stare bene. Del resto, quando è storta non si censura. Standole così addosso ho pensato anch’io che quello che stavamo facendo potesse somigliare a qualcosa di sessuale, ma per me non lo era. Mio padre ha quasi sempre ragione, come te. Ma su una cosa si sbaglia. È vero che sono morto con Adriano, ma è ancora più vero che sono morto con Aline. Adriano non è mai stato il mio amante. Con Aline ci abbiamo messo anni, ma lo siamo stati. Sai che non ne posso più della tua musica stucchevole? Suoni in un gruppo semipunk e quando non se ne occupa Amedeo qui siamo sempre sulla soglia del collasso emotivo. Questo disco prima o poi lo lancio dal terrazzo.”
“Amedeo dorme. Vogliamo mettere Arvo Pärt in repeat? Quante ore lo hai suonato stanotte?”
“Quanto sei stronzo a volte, Lù?”
Ludger non reagì e iniziò a bere il tè freddo; cercò di trovare un ponte per arrivare al nucleo dell’irritazione del suo amico, che non scompariva del tutto se non per lasciar spazio alla tristezza. Era una condizione che si protraeva dall’ultima cena a casa di Jacopo. “Come sta tuo padre?”
“Male, sta sempre male. Da anni. Ultimamente sta peggio. L’ultimo dei suoi grandi amici sta sfumando, lo siamo anche andati a trovare. Mi ha scambiato tutto il tempo per mia madre. Tanto per darti l’idea di quanto sia lucido. Lui era probabilmente il più importante. Ed è l’ultimo rimasto. Mio padre si sta fracassando i coglioni a invecchiare senza scampo. È un gran pensatore, ma temo che la morte di questo tipo non sarà facile da superare per lui. E io mi ci avveleno. Ma a vuoto. A volte riesco a essere solo contento, perché ci siamo finalmente trovati, malgrado tutto. Altre mi incazzo da morire per tutto il tempo sprecato. Ma non serve a niente. Domani lo vado a trovare.”
“Se vuoi ti raggiungiamo e ceniamo lì. Anche a me piace parlare con lui.”
Sebastiano gli rivolse un sorriso storto. “E lui ti adora. Va bene, poi torniamo insieme. Anzi, ci vado stasera.”
Si alzò, stirando le braccia prima di farle ricadere restando in piedi, immobile. Ludger lo guardò, pensando al tempo sprecato: era sottile e privo di colore in quel giardino che esplodeva ancora nella pienezza dell’estate.
“Sì, Ludger. Questo è il motivo per cui mi rode sovente. Non sono paturnie. È sano rodimento di culo. Posso bruciarmi gli occhi a guardare le onde. Posso farmi una pera di accettazione filosofica sul fatto che niente si ferma. Ma mi rode il culo, punto. Come direbbe il mio vecchio. E ora mi prendo una sigaretta, ma tu resta lì.”
Tornò con i capelli legati in una matassa: non fumava mai di mattina, ma aveva bisogno di una pausa. La crocchia era legata male e si sciolse, facendo scivolare velocemente la massa nera sulla schiena. Sebastiano imprecò, annodando l’elastico con violenza prima di riprendere a fumare. “Concludiamo, completiamo la seduta. Non sento Nina da mesi. Avevo deciso di smettere, di troncare di netto. Dopo quella prima chiacchierata che ti sei fatto con mio padre. Per assecondare il suo desiderio di far scomparire la storia, la sua storia. Talmente scomparsa che neanche io so bene quante generazioni debba smaltire, roba di secoli, forse. Ma anche perché non ce la faccio più. Ho la nausea per le telefonate, le foto e i regali che gli mandava zio Sebastiano. Che vomito. Poi però Nina si è accanita con tentativi insistenti. Telefonate a cui non ho mai risposto. Messaggi e mail che butto senza leggere. Ora sta passando, non mi bombarda più. Ma io ci penso spesso. E tu hai sempre ragione. Prima o poi qualcuno ti dovrebbe prendere a schiaffi per questo. Potrei fare qualcosa. Ma non so se ho voglia. Non è una partita facile. Però non posso più tollerare quelle condizioni. Piuttosto, meglio niente.”
Rise, spegnendo la sigaretta e passandosi due dita sulla fronte, per poi tornare a guardarlo. “Sai che ha detto Giulia? Mannaggia pure a lei. Ha detto che vorrebbe esserci se decidessi di incontrare Nina per parlarle. La motivazione. Tutti, anche i più tosti, sono ben disposti quando il fato gli dà ragione. Forse per questo sei sempre così sereno? Comunque la fanciulla sostiene che, vedendoci insieme, le confermeremmo di aver fatto bene ad amputarmi dalla sua vita. Perché così mi sono costruito la mia, con una fidanzatina che ha quasi vent’anni meno di lei. Neanche avevo mai pensato a questa differenza d’età fra loro. Oscillo fra il pensare che ormai sia troppo tardi. Che la sua infanzia sia comunque andata. Altre volte penso a te e tuo padre, e questa situazione mi sembra intollerabile. Non ti chiedo cosa ne pensi. Forse perché lo so o forse non mi interessa, adesso. Devo capire cosa ne penso io. Parlane pure con Amedeo, ma digli di lasciarmi a macerare. Perché non sono in grado di sostenere una conversazione su questa cosa con nessuno.”
Ludger sorrise per la contraddizione che aveva colto in un passaggio: sicuramente doveva aver dato la possibilità a qualcuno di esprimere la propria opinione.
“Neanche con Giulia?”
“Stronzo.” Nel superarlo si chinò a baciargli le labbra. “Vado a letto con Amedeo. Lo abbraccio e, se sono fortunato, dormiamo fino al pomeriggio. Grazie Ludger.”
Elisa la stava aspettando sulla panchina dove si erano sempre incontrate dopo gli esami; non si vedevano da molto e Giulia le aveva chiesto, con un messaggio, di riprendere quel rituale che aveva creduto dimenticato. Elisa non aveva mai assistito a un suo esame, anche se lo avevano preparato insieme, perché la sua presenza rischiava di innervosirla.
In quel momento il tempo le sembrò immobile. Elisa era tornata da due settimane dall’ultimo viaggio con Lorenzo, e i suoi lunghi silenzi non la stupivano più: durante l’estate Giulia aveva risposto ai suoi messaggi raramente, senza mai darle informazioni significative. Sebastiano le aveva raccontato dei loro incontri in quei mesi, come anche Ludger e Amedeo. Grazie a loro sapeva che Giulia stava bene ed era in continua trasformazione, anche se le versioni dei suoi amici non combaciavano sempre. Elisa ricordava bene il pomeriggio in cucina quando Giulia le aveva dato l’impressione di essere serenamente travolta da un uragano. Ludger e Sebastiano gliene avevano parlato con la stessa tranquillità, ma era propensa ad ancorarsi più facilmente alle paure di Amedeo. Discuterne con Lorenzo non le era d’aiuto, perché lui diventava taciturno riguardo a tutto quello che aveva a che fare con Sebastiano; di solito si limitava a dichiararsi felice che ci fosse ancora, e continuasse a stupirlo.
Quando vide Giulia ebbe un déjà-vù e pensò alla sua prima uscita con Sebastiano, quando lo aveva visto avvicinarsi. Il loro aspetto era talmente diverso da rasentare il complementare, ma non nel modo in cui appariva completamente staccata da tutto quello che la circondava, come la scena di un film vissuta in immersione totale. Giulia camminava con grazia, allineando un passo davanti all’altro come un felino: indossava un vestito aderente sul torace, svolazzante sulle gambe, di un rosso bordeaux scuro come il rossetto. Quel colore faceva sembrare la sua pelle di un bianco madreperlato. Aveva i capelli raccolti in una cipolla morbida alla sommità del capo; una linea sottilissima di nero sugli occhi e il rimmel, e una catena pesante d’acciaio al collo insieme agli anfibi alti davano all’insieme una nota aggressiva che corrispondeva, sul suo viso delicato, alla linea alta degli zigomi. Le sorrise, ed Elisa riprese a respirare con un sospiro profondo.
“Elisa cara, sembra che tu abbia visto un fantasma.”
“E se parli non è che vada poi meglio!”
Rise e fece per abbracciarla, sollevata nel vedere la sua reazione immediata: un sorriso dolce mentre si avvicinava, e la solita stretta energica. In quel momento capì che Giulia le era mancata tantissimo. Quando si separarono Elisa le mise le mani sul viso; la sua pelle era completamente pulita, e continuava a sorriderle fino a rendere gli occhi più sottili.
“Elisa, mannaggia a te, quanto sei bella.”
“Stai zitta che ti prendo a schiaffi! Da quando hai iniziato a truccarti? E questo vestito? Sembra che te l’hanno cucito addosso… non hai più paura dei molestatori?”
“Andassero a cagare. Ci spostiamo? Stai benissimo così abbronzata… ho appuntamento con Sebastiano e Amedeo da queste parti più tardi, ma posso mandargli un messaggio se preferisci un altro posto.”
Raggiunsero un bar poco distante, con dei tavoli all’aperto; Giulia nel tragitto aveva dimostrato di sapersi difendere dai complimenti indesiderati con un’efficacia inaspettata. A Elisa ogni dettaglio dell’amica sembrava nuovo, confermandole contemporaneamente la somiglianza sotterranea con Sebastiano, colta al primo sguardo. Giulia accese una sigaretta che aspirò con gusto seduta perfettamente dritta, come se quell’abito le impedisse di prendere le tipiche pose da ragazzaccio: si muoveva con gesti lenti e musicali, sorridendo spesso divertita, e sembrava in attesa. Elisa era incapace di scegliere una direzione da cui iniziare a parlare, perché era incantata e capiva il gusto provato da Amedeo nel restare in silenzio di fronte ad alcune persone, per la prima volta.
“Ho iniziato a truccarmi a Berlino, dovrei parlarti a lungo di come mi sono trovata lì e lo farò… però adesso inizio dalla fine, perché abbiamo poco tempo. Ho una ragazza lì, ci sto benissimo, quasi non parliamo ma non mi interessa. Tutto quello che mi interessa in lei va una meraviglia. Ho scoperto che mi piace giocare con i generi e i travestimenti. All’inizio in contesti in cui non mi sentivo giudicata, mentre adesso me ne frego del contesto. Perché se c’è qualcosa di sbagliato è negli occhi di chi guarda.”
Si fermò rivolgendo lo sguardo agli alberi alle spalle di Elisa, appena mossi dal vento. Sentiva nostalgia di Sebastiano in modo fisico, un dolore dolce.
“Perché ti sei interrotta? Mi sembra una grandissima conquista.”
Giulia diede un tiro profondo prima di spegnere la sigaretta con troppa forza, riprendendo con una velatura più morbida nella voce. “Pensavo a lui, a te posso dirlo. Anche perché capisci la mia lingua. Potrei dirti il numero preciso di giorni che non lo vedo, ma non renderebbe l’idea di quanto mi sia mancato. Ho trovato un mio equilibrio ed è un bene. Perché voglio essere forte, per me e per lui. Ho Jo, la metallarona tedesca con cui convivo e scopo a Berlino. Ho il mio uomo qui, con cui parlo fino a bruciare i confini del mio cervello, con cui posso vivere momenti di una dolcezza straordinaria. Sembrano due cose così distanti ma a volte, quando li vedo di schiena, è come se fossero la stessa persona. Sto studiando su di lui l’anatomia maschile, e confermo che proprio non mi piace. Ma è un dettaglio, in questo contesto che per me funziona. E anche per loro. Non mi hai neanche chiesto com’è andato l’esame, ho preso il massimo. Penso che l’aspetto abbia contribuito e sai, mi sembra solo divertente.”
Elisa sorrise massaggiandosi le tempie sgombre, e pensò che la sua amica avesse assorbito da Sebastiano anche il potere di far esplodere i pensieri. Giulia le chiese se avesse domande, con un tono asettico che somigliava a quello di un professore alla fine di un intervento.
“Non so neanche da dove cominciare… stai studiando l’anatomia maschile?”
Le rispose senza distogliere lo sguardo, con una sicurezza che trovò inquietante.
“Sì, certo. Sulla mia bellissima bambola asessuata. Che poi non lo è del tutto, ma ha tagliato completamente fuori il mondo dei vivi, o il presente. Una mattina gli carezzavo la schiena mentre dormiva… si è svegliato e alzato subito, portandosi dietro il lenzuolo, che si è avvolto addosso come una specie di dea stanca. Si è voltato solo perché l’ho chiamato, preoccupata, ma era la solita bellissima cosa quasi inanimata, drappeggiata come una statua. Gli ho chiesto qualsiasi cosa sul funzionamento del lombrico… quella mattina mi ha detto che aveva un’erezione, come se fosse stata una cosa banalissima… ha sorriso del mio stupore, chiedendomi se pensavo si sarebbe trasformato, come un licantropo. Poi se ne è andato in bagno. E ha chiuso la porta, non la chiude quasi mai… E forse è vero, forse pensavo davvero che gli uomini si trasformassero, diventando come bestie. Il mio orrore panico. Ma a me non importa degli uomini, voglio capire lui per poterlo accettare come ha accettato me. Per questo gli ho fatto un’infinità di domande. E ho superato anche lo scoglio della nudità integrale… quando la porta del bagno è aperta entro ed esco come in qualsiasi altra stanza, io giro nuda da mesi in quella casa, rivestita dai suoi disegni. La loro casa, l’ultima volta ho anche incontrato Andrea.” Rise di gusto ricordando la scena. “Mi piace un sacco Andrea. Ha avuto una reazione elegante. Lo sai che ha una vera adorazione per il mio uomo? Per me è una novità, ma è sempre stato così carino con me, ignorandomi al punto giusto.”
Elisa scosse la testa: tutte quelle informazioni la stavano ubriacando, ma Giulia continuò senza darle respiro.
“Anche a me piace tanto questo vestito… sembra che me lo abbiano cucito addosso, dici? Me lo ha regalato Sebastiano, me lo ha fatto indossare al contrario e ha ripassato le cuciture sul torace, quindi sì, mi è stato cucito addosso… dai, amica cara, reagisci… chiedimi qualcosa! Parla.”
Elisa scoppiò a ridere; il viso, pietrificato fino nello sforzo di non manifestare emozioni per non frenare quel flusso di parole, sembrò rianimarsi di colpo. Continuò a ridere da sola, coprendosi la bocca con una mano e curvando la schiena. Giulia aspettò pazientemente, guardandosi intorno. Continuava a pensare a Sebastiano, da giorni non riusciva a pensare quasi ad altro; probabilmente era andata tanto bene all’esame perché non le importava, voleva soprattutto rivederlo. Mentre guardava la massa verde, mossa dal vento dietro la sua amica, ripensò all’albero enorme su cui si erano arrampicati; voleva tornare con lui da Jacopo, e salirci di nuovo. I capelli schiariti dal sole di Elisa, le foglie che cambiavano colore investite dal sole nel loro perenne movimento: ogni cosa sembrava riportarla a lui. Non le interessava conoscere l’ora, le bastava sapere che si sarebbero rivisti. La voce di Elisa la riportò indietro.
“Mi arrendo, sono ubriaca di idee. Tanto vale prendere un prosecco. Mi fai compagnia?”
“Ma sì.”
Dopo pochi sorsi Elisa riprese a farle domande. “Perché dici di voler essere forte per lui?”
Giulia accese l’ennesima sigaretta; la sua amica riusciva sempre ad essere vigile, come quando guidava completamente ubriaca. “Perché suo padre non reggerà a lungo, e per lui il loro rapporto è tra le cose più importanti che ha. Prima di tutto per questo.”
Elisa diede alcune generose sorsate prima di continuare. “Me ne ha parlato, ma non in questi termini…”
“È una scoperta recente e per questo, forse, più straziante. E poi il figlio. Si sta avvelenando pensando a quel ragazzo. Ha troncato le modalità che ha portato avanti in questi dieci anni, forse ormai undici, perché non ne può più. È a un bivio, e non sa che strada prendere. Non ne parla con i suoi uomini. Non vuole appesantire Amedeo, che su questa cosa è super emotivo. Ma ci si sta flagellando. Tu lo sai, tu c’eri. Senza di lui non potrei stare come sto ora. Anche tu sei stata fondamentale ma lui mi ha… ripescata dall’abisso. Non potrò mai fare niente di simile a quello che Sebastiano ha fatto per me, ma voglio esserci, ed essere forte. Lui, sai, si chiede se sia giusto che il nostro rapporto sia così squilibrato, perché per me Sebastiano è fondamentale e io non lo sono per lui, non come Amedeo e anche Ludger… non me ne frega niente, perché ancora non mi capacito del miracolo che è riuscito a fare con me. Io penso sempre alla morte, come lui. Adesso posso anche piangere in pubblico per la morte di mia madre, ma non lo farò ora perché mi colerebbe il trucco, e perché ora penso a lui. Io penso sempre alla morte, e a volte vado nell’abisso guardandolo dormire e ricordando mia madre. Ma credimi, sono contenta che questo succeda a me, e non a lui. Ora so di cosa si parla, lui lo sapeva già, anche troppo… tutto quello che posso fare voglio poterlo fare. Inizierò a vivere divisa tra Roma e Berlino, e anche quando sarò qui voglio essere come trasparente. Non voglio una routine con nessuno, neanche con te. Voi non avete bisogno di me sempre, e questo è un bene anche per me. Perché voglio stare da sola, ma voglio esserci ogni volta che posso aiutarvi in qualche modo. Mi racconti come stai e com’è andata la tua estate? Come va con Lorenzo?”
Elisa usò un tono insolitamente basso. “Talmente bene che mi ha detto che, quando me la sentirò, vorrebbe avere un figlio con me… può aspettare anche anni, dice. Ma è molto determinato.”
Giulia sgranò gli occhi. “Cazzo! E tu?”
“Penso che dovremo aspettare diversi anni, ma sì, anche io vorrei fare questa pazzia con lui.”
“Un brindisi subito, anche se dovremo aspettare anni.”
Si portò il calice alle labbra, e lo stava svuotando quando Elisa dopo pochi sorsi si alzò a salutare i loro amici, che si avvicinavano in compagnia di Davide. Amedeo accelerò per abbracciarla, e Giulia vedendolo si alzò velocemente girando su se stessa; quella rotazione sollevò la stoffa leggera del vestito, che ad Amedeo ricordò un fiore. Lei rimase in piedi immobile per pochi secondi con la mano ancora sulla spalliera della sedia e il torace leggermente girato, perché il sorriso che le rivolgeva Sebastiano dopo ogni separazione la rendeva euforica. Ogni volta non si capacitava del fatto che non fosse una recita.
“Giulia cara, come dicevo a uno dei miei uomini pochi giorni fa, stai diventando…”
Il suono della sua voce fece muovere Giulia talmente in fretta che Sebastiano si ritrovò le sue labbra sulla bocca prima di riuscire a finire la frase. Lei continuò a baciarlo e dal viso si spostò al collo, abbracciandolo.
Le cinse la vita, ridendo. “Spero che questo rossetto sia permanente come prometteva.”
“Sono ubriaca.”
“Brava. Però mi dispiace, pensavo di farti provare la mia moto.”
Giulia se ne separò abbastanza da potergli guardare il viso, mentre le sue braccia la stringevano; le piaceva la pressione leggera con cui la tratteneva, e non voleva allentarla. “Hai una moto?”
“Da poco, anche la patente. E mi sono iscritto all’Università. Com’è andato l’esame? Mi hai timbrato con il rossetto?”
Elisa dichiarò che le girava la testa, e tornò a sedersi ridendo. Amedeo avvicinò alcune sedie al tavolo, dicendole che anche a lui vederli insieme faceva un effetto simile, e osservò Davide che, rimasto a fianco a Sebastiano, guardava quell’abbraccio con un’espressione accigliata. Per questo gli si affiancò, domandando a tutti cosa volessero bere.
Giulia si separò da Sebastiano, chiedendo un caffè. “C’è una moto da provare, vale la pena recuperare sobrietà.”
Solo allora vide Davide e lo salutò senza cambiare espressione: era felice, e la stessa gioia illuminava il viso di Sebastiano, che continuava a focalizzare l’attenzione esclusivamente su di lei. Quando Amedeo si allontanò per chiedere le loro ordinazioni, Davide lo raggiunse al bancone.
“Davide, come stai? Hai una brutta faccia.”
Gli rispose con sorriso tirato. “Come se mi avessero preso a pugni. Perché me ne sento uno arrivato allo stomaco. E non so neanche io cos’è… quella ragazza, come ha fatto quella ragazza? È il suo aspetto, sicuramente è anche il suo aspetto… non so cosa avrei dato, cosa darei per stare al suo posto.”
Ad Amedeo dispiaceva vederlo in quello stato. “Non potresti mai. Nessuno credo potrebbe. Credimi, anche io non li capisco, e ogni volta che stanno vicini mi disorientano. Ma è una cosa tutta loro, per certi aspetti fragile, per altri straordinariamente forte. E non è solo per la sua bellezza, ci sono cose di cui parla solo con lei. E io sono contento che ci sia. Non essere geloso… non ti fa bene, non ti si addice e soprattutto Giulia non ti toglie niente. Parlane con lui quando ti capita, ti farà bene.”
Davide restò impermeabile alle parole dell’’amico, completamente avvitato nel suo sconcerto. “Come è potuto accadere?”
“Non è importante. E non ci riguarda.”
Sebastiano aveva proposto una cena per festeggiare la fine dell’estate e il rientro dei loro amici: malgrado fosse stata organizzata velocemente tutti riuscirono a partecipare. In quei giorni Giulia andava e veniva dalla loro casa, e quando scompariva nessuno se ne stupiva. Si sarebbe fermata a Roma per i suoi esami, dedicandosi agli studi e agli amici. A volte si chiudeva in casa continuando a sistemare la sua stanza e raccolse tutti i libri sparsi nei vari ambienti in librerie alte fino al soffitto, simili a quelle che aveva ammirato a casa di Tommaso. Sull’unica parete libera stese in modo poco uniforme un grigio chiaro, ottenendo un effetto simile al cemento. Su quella base tracciò delle righe a matita su cui trascrisse con un pennarello grigio le sottolineature trovate nei libri della madre, senza seguire un ordine particolare: in alcuni punti le parole si mimetizzavano con lo sfondo. In uno dei locali dove andava a Berlino aveva visto una parete trattata in modo simile, che non richiedeva una particolare abilità manuale; le era sembrato un modo per restare in contatto con i pensieri di Laura. Sebastiano aveva iniziato a leggere quelle frasi dalla prima volta in cui era rimasto a dormire da lei. Gli piaceva che quei messaggi fossero destinati ad essere fruibili solo in parte, e il fatto che la mancanza di riferimenti e di ordine li rendesse caotici, gli dava l’impressione di poter entrare in contatto con i pensieri di un cervello danneggiato. Apprezzava anche lo stampatello regolare che Giulia stava usando, dai tratti spigolosi; pensò fiaccamente a come con il passare del tempo stessero aumentando gli aspetti di Giulia che gli piacevano.
Quando si svegliavano con i corpi intrecciati, lui restava fermo leggendo le nuove parti mentre le carezzava la testa; lei si perdeva in modo simile quando dormivano a Monteverde, guardando le linee dell’acquario. Sebastiano a volte si domandava quando avrebbe dovuto affrontare un altro dei suoi crolli, consapevole che ora gli sarebbe costata molta più fatica perché lei era diventata uno uno dei suoi rifugi. Gli capitava di sorridere, pensando che ormai non sarebbe più stato in grado di lasciarla in lacrime in una stanza d’albergo con lo stesso distacco.
Il giorno in cui avevano fissato la cena con gli amici fu lui ad occuparsi dei preparativi; era di buon umore già dalla mattina, passata a correre e giocare con It nel parco sotto casa. Nel primo pomeriggio preparò i tavoli; si sentiva già stanco quando gli arrivò un messaggio di Giulia che gli chiedeva se potesse raggiungerlo subito.
Giulia adorava entrare in quella casa piena di luce e piante: in estate le dava l’impressione che gli spazi del soggiorno e del terrazzo fossero un ambiente unico. Ludger aveva fatto spostare la porta di ingresso nel pianerottolo, in quel modo si era creato un corridoio contorto e scarsamente illuminato, che le dava l’impressione di accedere a un’altra dimensione: piena di sole, in forte contrasto con le stanze di Sebastiano, decisamente cupe per i colori scuri delle pareti.
Lo abbracciò baciandogli le labbra, chiedendogli cosa preferisse fare.
“Giulia cara, vorrei sdraiarmi, riposare un po’.Ti andrebbe di leggere per me?”
“Volentieri, dammi il tempo di cambiarmi e scegli un libro.”
Si posizionarono in terrazzo, su un lettino all’ombra; Giulia si lasciò avvolgere dalle sue braccia e iniziò a leggere. Quando posò il libro sul torace per alleggerirne il peso, Sebastiano strappò la pagina a cui erano arrivati per porgergliela. Lei la prese ridendo, ricordando quel pomeriggio in cui lo aveva visto strappare l’illustrazione di un osso in modo da poterla guardare più comodamente. Era passato tanto tempo: doveva essere il pomeriggio in cui era iniziato tutto, ma non riusciva a collocarlo con precisione in quei mesi alimentati dalla disperazione.
“Quanto è passato dalla morte di Aline?”
Sebastiano era di nuovo disteso al suo fianco e spalancò gli occhi; trovava il suo modo di fare domande divertente, anche quando lo stupore non era del tutto positivo.
“Quasi un anno, vuoi la data precisa? Posso ricordare anche l’ora.”
Gli baciò la testa ancora umida e riprese a leggere, andando avanti fino a che non fu del tutto sicura che lui si fosse addormentato. Giulia non riusciva a dormire, e ascoltava un disco lasciato in repeat che le piaceva molto, ma del quale non riusciva a memorizzare il titolo troppo lungo: He Has Left Us Alone But Shafts Of Light Sometimes Grace The Corners Of Our Rooms. Le faceva inevitabilmente pensare a Laura nel significato che, a differenza del titolo, persisteva nella sua memoria. Quando tornò a sentire la voce di Sebastiano pensò fosse trascorsa circa un’ora.
“Giulia, facciamo esplodere il tempo?”
Lo strinse a sé con gli arti intorpiditi dall’immobilità e dal suo peso. “Sarebbe bello, ma non credo di esserne capace… sei tu quello che fa esplodere i pensieri. Il tempo, però, è un pensiero. Forse riuscirai a trovare il modo.”
Sebastiano prese a far scivolare lentamente il viso sulla pelle del suo collo; in quelle occasioni sembrava del tutto indifferente al caldo amplificato dalla loro vicinanza. “Se mi concentro solo sulla tua pelle da bambina, posso sentirmi come se non ci fosse mai stato niente da allora. Non eri tu, ma è comunque bellissimo. Se penso che fra una manciata di giorni questo momento sarà perso insieme a tutti gli altri, irrecuperabilmente, come se non fosse mai accaduto. Questo è il massimo che posso fare, ma non credo funzioni anche per te.”
Lei restò ancora immobile, per permettergli di continuare quel movimento lieve. “Non deve funzionare anche per me. Allenati. Forse a un certo punto riuscirai a portarmi con te. Ma io ora sto bene qui.”
Amedeo era passato a San Lorenzo per portare avanti un lavoro, fermandosi ad aspettare Elisa in quella cucina che sembrava destinata a fare da scenario a molti dialoghi importanti. Erano tornati spesso a parlare di Sebastiano e Giulia. Confrontando le loro riflessioni, i dubbi e le paure si trovavano in posizioni simili, ma la loro preoccupazione crollava di fronte all’evidenza che il loro rapporto faceva star bene entrambi. Trovavano Sebastiano teso e nervoso, e soltanto quando era con lei si attenuava la nota corrosiva che accompagnava ogni sua manifestazione. Giulia andava e veniva con naturalezza e quando era presente stava sempre bene, come non avrebbero mai immaginato. Risero dandosi delle vecchie comari, abbandonando definitivamente l’argomento. Amedeo era felice di quei momenti vissuti con Elisa in quella casa, come era sempre stato tra loro. Era rimasto molto colpito dall’evoluzione del suo rapporto con Lorenzo, e si sentiva emozionato al pensiero che, in un futuro ancora indefinito, quei due avrebbero potuto avere un figlio insieme. Elisa rideva parlando delle sue paure, ma anche della trasformazione che quel tipo di pensieri stava avendo su di lei ora che rientravano nella categoria del possibile.
Arrivarono a Monteverde nel tardo pomeriggio, in anticipo rispetto agli altri; entrando videro che era tutto già pronto per accogliere gli amici, e scherzarono sulla possibilità che la festa fosse già finita. Elisa chiese ad alta voce dove fosse Sebastiano, e Amedeo le rispose versandole una bibita fresca.
“Considerando che la musica sta in andando in repeat sarà spalmato da qualche parte. Stanotte è stato da solo, quindi non dovrebbe aver dormito molto… probabilmente sta riposando di là o in terrazzo. Cercalo, io vado a farmi una doccia, se non lo trovi raggiungimi.”
Elisa si mosse tra gli ambienti senza fare rumore, e varcando la porta-finestra vide Giulia e Sebastiano ancora sdraiati ad occhi chiusi: i corpi erano mescolati come quelli di due amanti, e lui le affondava il viso nel collo mentre lei sorrideva con dolcezza. Restò diversi minuti ad osservarli in silenzio. La testa di Sebastiano si muoveva appena, così come la mano di lei che gli carezzava i capelli. In quello scenario luminoso con la musica lirica e triste in sottofondo, quell’immagine le sembrò di una bellezza straziante. Stava per tornare indietro e raggiungere Amedeo quando il gatto emise un miagolio rauco che li fece ridere.
La voce di Sebastiano era profonda, come se si fosse svegliato da poco. “Fa così quando accoglie qualcuno. Amedeo o Ludger.”
Giulia aprì gli occhi. “No, è Elisa. Ma da come si è incantata sembra Amedeo. Amica cara, stai bene?”
Lei sorrise, avvicinandosi per accarezzare It, mentre i suoi amici si baciavano le labbra prima di sollevarsi. Giulia restò seduta ruotando un braccio intorpidito, aveva un’espressione dolce e indossava una delle bluse di Sebastiano che la facevano sembrare ancora più minuta. Lui si sollevò in piedi, alzando le braccia fino ad unirle sul capo per stirare la schiena, e disse che qualcuno avrebbe dovuto approfondire la sindrome di Stendhal, per capire fino a che punto fosse contagiosa. Giulia gli diede una leggera spinta con un piede piantato all’altezza della vita, spezzando l’armonia di quel gesto e con voce scherzosa lo definì un megalomane. A quel punto lui si girò velocemente, prendendole i polsi per bloccarla sul lettino.
Giulia rise. “Se fai così ti spettini, lo sai.” Senza fatica arrivò a puntargli un piede sullo sterno.
Elisa si alzò sorridendo, lasciandoli alla loro lotta giocosa e raggiunse Amedeo in bagno.
“Hai ragione, sono difficili da sopportare quei due.”
Lui chiuse l’acqua e spostò la porta della doccia, ma la sua espressione si distese vedendo il sorriso dell’amica che faceva spallucce.
“Li ho lasciati ad appallottolarsi con il gatto. Sì, c’è anche Giulia. E sono uno splendore.”
Amedeo le sorrise dalla doccia, le mani ancora sulle ante aperte.
“La parola ‘splendore’ non aveva la nota teatrale che usiamo di solito.”
Rise. “Maledetto ranocchio! Chiuditi dentro e finisci di lavarti prima che abbia una crisi di nervi, che poi mi cola il trucco!”
Ludger arrivò poco dopo insieme ad Andrea; Elisa con il suo prendisole scollatissimo appariva stranamente sobria nella sua posa elegante, seduta su uno sgabello della penisola con le gambe accavallate; Amedeo si era avvolto un asciugamano intorno ai fianchi con i capelli bagnati e i piedi scalzi, per tenerle compagnia aspettando il ritorno di Ludger. Giulia e Sebastiano continuavano a picchiarsi per gioco, poco distanti: si rotolavano a terra insultandosi e ridendo. Il gatto partecipava facendo agguati con zampate e salti inconcludenti; a volte veniva afferrato e lanciato tra loro. Amedeo voleva restare vicino a Elisa, per non permetterle di vivere quella scena con malinconia e preoccupazione, come accadeva a lui in quelle circostanze. Ludger si gustò l’azzuffata per alcuni secondi, prima di raggiungere Amedeo e baciargli le labbra.
“È sempre bello tornare a casa. Il resto del mondo appare sempre opaco quando si varca questa soglia. Pensi che vi vestirete per l’arrivo degli ospiti?”
Elisa rise abbracciandolo, chiedendogli il perché del plurale.
“Non è per te, ma per il mio ragazzo in versione spiaggia, e per quei due lì fuori che in due indossano la quantità di vestiti di una sola persona.”
Anche Andrea scoppiò a ridere, mettendosi a sedere. “Ciccio, in genere ero io il bifolco e tu il nudista… certo però che quando si aprono i cancelli dell’Olimpo bisogna pur scendere a compromessi… la mia tresca ancora si deve riprendere dal reggiseno di pizzo di Giulia al concerto. Se li vede così collassa, ma ci raggiunge più tardi, magari per quell’ora qualcuno potrebbe già essere al pronto soccorso.”
Amedeo era stupito che Andrea frequentasse ancora quella ragazza, perché da quando era finita la sua storia con Nora aveva avuto soltanto rapporti brevi e poco impegnativi. Giulia rientrò ridendo: un cuscino la colpì alla schiena mentre It le saltava al fianco, ma lei restò comunque in piedi barcollando.
“E basta!” Il suo tono non aveva note di rimprovero. Si voltò sgranando gli occhi: si sarebbe aspettata uno scenario diverso. Non aveva sentito entrare Ludger, e il gruppo seduto intorno alla penisola le fece immaginare che fosse passato più tempo di quello percepito. Sorrise, alzandosi sulle punte per abbracciarlo, e quel movimento sollevò la blusa rivelando il perizoma nero.
Andrea reagì mettendosi una mano sulla rasatura scuotendo la testa, e stava per voltarsi quando lei gli si rivolse con un sorriso allegro.
Giulia aveva i capelli in disordine e il viso colorito per il gioco che It non voleva interrompere, continuando a tuffarsi su di lei. “Questo felino non si da limiti, meno male che sono allenata. Non vi avevo sentiti entrare, è già tardi?”
Anche Sebastiano aveva i capelli arruffati, e abbracciò Elisa. “Non credo sia tardi, ma salutiamo gli amici e andiamo a ricomporci.”
Sebastiano le prese la mano dirigendosi verso le sue stanze.
Elisa annunciò di voler aprire il primo prosecco. “Stasera berrò parecchio, poi guida Lorenzo. Però sai, Ludger, io lo capisco Amedeo… se penso che Giulia tra una settimana finisce gli esami e scomparirà mi sembra un tale peccato. Sono avida, ve’? Prima li guardavo che si coccolavano, tipo gattini nella cesta, e ripensavo a quando definivo il fratellastro il tetro, ma ti rendi conto? E su di lei neanche riesco a trovare un punto da cui misurare la distanza.”
Ludger aprì la bottiglia sorridendo mentre Andrea si accendeva una sigaretta con gesti lenti; lei li osservava, pensando che quei due dovevano aver ripetuto gli stessi gesti in quel luogo infinite volte. Pensò al tempo che scorreva seguendo il filo delle sue stesse parole, un concetto che riuscì a sentire in modo astratto e paradossalmente vicino, fino a provare un senso di vertigine. Guardò Ludger che continuava a sorriderle allontanando ogni inquietudine, come se quel singolo istante annullasse l’instabilità che avrebbero potuto causare le sue riflessioni. Elisa, incantata dalla sua bellezza, scosse il capo e alzò il calice per un brindisi.
“Le mie domande non hanno bisogno di una risposta, soprattutto se mi sorridi così. Facciamo un primo brindisi noi quattro? Al caos che ci regala ancora così tanta bellezza. A quella che verrà.”
Ludger ed Amedeo avevano invitato molti dei ragazzi che frequentavano grazie all’università, le attività del gruppo con Andrea, e il lavoro: Claudio portò il mixer e delle casse che vennero posizionate in terrazzo. Era la prima volta che quegli spazi si riempivano di così tante persone mescolate tra loro, ignorando i confini delle diverse cerchie di provenienza. Alcuni riproposero le solite associazioni: Giulia restava sempre vicino a Sebastiano, da cui si separava soltanto per ballare con Elisa o Amedeo; intorno a Sebastiano ruotavano Lorenzo, Tommaso e Davide, e a volte Ludger e Andrea. Ludger era scortato dalle ragazze che avevano accompagnato gli altri membri del suo gruppo, ma non appariva infastidito; Nora le aveva definite le sue vestali senza che loro riuscissero a coglierne l’ironia. Amedeo era come una meteora, avrebbe voluto gustare appieno la compagnia di molti dei presenti, ma anche ballare; cercava sempre con lo sguardo i suoi uomini, e a volte li raggiungeva sorridendo con tanto entusiasmo da farli fermare, prima di riflettere i suoi slanci.
“In questo periodo vi vedo tutti così bene che mi sembra un miraggio… chi è ‘sta Giuseppina che adora i Depeche? A te piace questo gruppo?”
Andrea si era seduto a fianco a Sebastiano su uno dei divanetti in terrazzo. Il posto era stato lasciato libero da Giulia, che si era precipitata a ballare una canzone che elogiava i pregi del silenzio, malgrado fossero in molti a cantarla ballando.
Sebastiano rise, ammettendo di conoscere poco a parte il nome di Jo, prima di deviare il discorso. “Questo gruppo non mi è mai piaciuto granché. Io non amo le sonorità così facili, e li trovo anche terribilmente coatti. Invece. Chi sono quelle poverette che continuano ad accollarsi a Ludger. Non lo mollano un attimo. Le conosci?”
Andrea era molto divertito. “Alcune stanno coi tipi con cui suoniamo, altre sono amiche di amiche… è una storia già scritta. La variante è quando sbroccano per lui e poi si consolano con me, ma quando partono accompagnate mi tengo alla larga. Io, sai, sono un tipo facile, o semplice. Ludger se l’è sempre cavata anche senza il mio aiuto, ci mette una vita perché ha la fissa di fare il gentile con tutti, ma non ha mai avuto problemi.”
Sebastiano parlava continuando a guardare Giulia che ballava poco distante poco distante; propose un altro calice, e Andrea si alzò a prenderlo per non farlo spostare. Non capiva il loro rapporto, ma gli era evidente che quel loro modo di guardarsi avesse un ruolo importante. Quando tornò a sedersi lei era ancora lì, a muoversi e cantare con Elisa e Amedeo.
“Andrea caro, non credo tu sia un tipo semplice, deve essere la tua particolare complicazione a farti mascherare così. Piaci moltissimo anche a Giulia… penso tu sia l’unico uomo, a forma di uomo, per cui abbia manifestato simpatia da quando la conosco.”
Sebastiano stava parlando ad un volume appena udibile, lo stesso anche avrebbe usato se non ci fosse stata la musica, e Andrea sorrise non visto.
“La mia tresca ha una cotta per lei, è rimasta folgorata quest’estate. Non ha mai avuto niente di niente con una donna, ma Giulia l’ha scombussolata.”
Sebastiano sembrava essere del tutto indifferente all’argomento, e Andrea continuò a parlare guardando il suo profilo bianco.
“Sei geloso?”
Un sorriso.
“Per me se la può pure scopare in camera mia, se dovesse piacerle… piacere a Giulia, intendo. Quella roba non mi riguarda.”
Andrea mise un braccio sulla sua spalla ridendo, e Sebastiano continuò a sorridere, voltandosi finalmente verso di lui.
Andrea si accese una sigaretta. “Tu sei quello più avanti di tutti, forse però anche un po’ troppo, io sono quello semplice, o finto semplice, ricordi?”
Ludger, si stava muovendo tra i vari gruppi per aiutare Elisa a riunire gli amici più stretti, e vide quel contatto come un fotogramma ritagliato dal resto e ne fu felice; restò in piedi lì vicino, aspettando che finisse il pezzo che stavano ascoltando, rivolto anche lui verso il gruppo che ballava poco distante. Amava vedere Amedeo in quello stato, che si ostinava a tenere i capelli sciolti malgrado il caldo e ballava fino a sfiancarsi; assumeva un’espressione particolare che continuava a persistere anche quando si fermava. Durante le pause mandava indietro le ciocche dal viso con entrambe le mani, e le tratteneva sulla sommità della testa per alcuni secondi, come se stesse riprendendo fiato o ridefinendo i contorni di ciò che lo circondava.
Si trovarono in camera da letto, le vestali erano state allontanate da Sebastiano, su richiesta esplicita di Elisa e Lorenzo che volevano isolarsi con gli amici più intimi. Una volta riuniti accettarono i calici che Elisa porgeva, malgrado fossero abbastanza ubriachi e alcuni erano arrivati con quelli appena riempiti in terrazzo. Lorenzo aprì una bottiglia di champagne, e mentre lo serviva Elisa chiese la loro attenzione. Spostò lo sguardo tra i suoi amici, sorridendo al limite del riso.
“Pensiamo di sposarci”.
Amedeo rivolse gli occhi sgranati verso di lei. “Pensate?”
La sua amica rise per la sua espressione intensa. “Siamo abbastanza convinti, forse ci siamo stancati di pensarci. Amedeo abbassa i fanali… sono accecata.”
Sebastiano girò appena il viso verso Lorenzo, parlando con la sua tipica voce incolore. “Bene. Perché?”
“Oltre ai motivi più evidenti, a quelli prosaici, a quello che forse verrà. Pensando solo alle premesse… Forse perché questa fanciulla è la persona con cui sto meglio, ed è quella di cui mi fido di più.”
In seguito gli raccontò che i suoi genitori aspettavano quell’evento per sbloccare una serie di proprietà che gli spettavano, ma in quel momento preferì sottolineare i motivi che rendevano possibile quel passaggio.
Giulia gli era vicino e, sentendo quello scambio, ripetè atona la formula che aveva appena usato: “La persona di cui mi fido di più.” Pronunciò quelle parole come se le stesse masticando, per poi rivolgersi a Sebastiano. “Sebastiano caro, vuoi sposarmi?”.
Quasi tutti stavano sorseggiando dai calici, e per alcuni secondi scese il silenzio.
Sebastiano sorrideva, riprendendo a guardare Lorenzo. “Certamente, se l’ultimo che me l’ha chiesto è d’accordo.”
Giulia rise. “L’ultimo?”
“Mi chiedo come mai negli ultimi tempi abbia iniziato a collezionare richieste di matrimonio. Sarà l’età. Ludger, chi sposo per primo? Potrei iniziare da Amedeo, per rispettare l’ordine cronologico? Anche se lui non me l’ha chiesto, posso sempre farlo io. Amedeo, vuoi sposarmi?”