Ogni pomeriggio Sebastiano faceva visita a Laura; conversava con lei per poi trascorrere il resto del tempo seduto a leggere, anche quando lei dormiva profondamente. Con il passare dei giorni divennero sempre più frequenti le apparizioni di altri visitatori: alcuni amici, una sorella e diversi ex allievi di Laura. In quei casi Sebastiano riponeva il libro, offrendo l’unica sedia a disposizione prima di congedarsi. Non lo infastidiva che alcuni di loro lo definissero il ragazzo di Giulia, al contrario trovava vagamente comico rivestire quel ruolo malgrado non avesse sue notizie da tempo. Laura non gli parlava mai della figlia, rispettando in modo sorprendente l’accordo preso nel loro primo incontro; era sempre molto riservata nelle loro brevi chiacchierate, a prescindere dagli argomenti affrontati.
“Sei un ragazzo davvero gentile, e la tua compagnia è deliziosa. A volte mi fai dimenticare il contesto infelice in cui ci siamo incontrati, e mi dispiace non averti conosciuto prima. Dovresti riprendere a studiare il prossimo anno, le persone come te non dovrebbero fermarsi… gli spunti non sono mai abbastanza.”
Laura interruppe per riprendere fiato, e Sebastiano le sorrise con affetto. Per lei quel ragazzo era una sorta di prodigio: avrebbe voluto averlo come allievo, ed era profondamente felice che avesse incontrato sua figlia, permettendole di superare i suoi muri. Non aveva difficoltà a capire che il suo aspetto androgino e i modi delicati avessero avuto un peso importante nel loro processo di avvicinamento.
“Laura cara, gli incontri significativi restano tali a prescindere dal contesto. A prescindere dal contesto e dal tempo che ci è concesso. A prescindere dal nostro caso specifico. Con alcune persone il tempo non potrà mai essere abbastanza. Da quando ho perso il mio amico cerco di vivere ogni incontro come un dono. A prescindere. È in realtà soltanto un tentativo, il mio maestro è decisamente più bravo di me. Ma per me non è offensivo definirmi un tentativo.”
Laura sorrise riconoscendo la citazione e la velata allusione a Ludger, del quale le aveva accennato soltanto in un’altra occasione. “Immagino potrebbe essere il tuo amico tedesco che pratica la gentilezza gratuita, incurante della fatica che comporta.”
“Hai una memoria impressionante.”
Laura sorrise, annuendo. Trovava Sebastiano troppo ambiguo per definirlo bello, ma era affascinata dalla forma e dalle espressioni dei suoi occhi, e a volte aveva l’impressione che fossero l’unico medium che veicolasse le sue emozioni. Gli occhi di Sebastiano la riportavano inevitabilmente all’ossessione che Giulia aveva avuto da adolescente per i manga. Le piaceva averlo di fronte e pensare a lei, perché in quelle occasioni riusciva farlo senza sentirsi appesantita dalla preoccupazione. “Hai assolutamente ragione. Il non avere più molto tempo da dedicare ad alcune persone è l’aspetto più doloroso della situazione che sto vivendo. Non ne parlo perché credo tu possa immaginarlo con facilità, ed è vero… non potrebbe mai essere abbastanza. Mi hai detto che stare vicino ad Adriano, negli ultimi mesi trascorsi in ospedale, ti ha insegnato molto. Sarei curiosa di sapere cosa ti spinga a venirmi a trovare ogni giorno… se non una faticosa gentilezza gratuita, e se questo tempo ti stia insegnando qualcosa.”
Sebastiano, con il libro aperto sulle gambe accavallate, abbassò lo sguardo verso le pagine in attesa. “Mi piace stare con te, mi sei piaciuta dal nostro primo incontro. Ho forti tendenze parassitarie e non ho avuto una madre. Ultimamente ho iniziato a frequentare delle persone che mi sono care, le poche frequentabili. Adoro questo libro, e anche parlare con leggerezza. Parlare con te toglie peso alle parole, come se fossimo in una terra di nessuno che non potrà mai sconfinare dentro le nostre trincee. Perdonami se non posso andare oltre, perché il confine è Giulia, e se lo oltrepassassimo perderei definitivamente l’incanto di questa sospensione. Sono felice di averti conosciuta, e di ogni momento che passiamo insieme. Sei una persona ricca di qualità e di bellezza. Qualità che sono evidentemente talmente forti da non poter essere intaccate. La tua integrità è un grande insegnamento.”
Laura sospirò, tornando a sorridere. “Grazie. Se puoi riprendi a studiare. Adesso ti andrebbe di leggere? Sono stanca, so già che mi addormenterò presto, ma è piacevolissimo ascoltarti in dormiveglia, mi regali una grande gioia.”

“Vieni ogni giorno. Perché?”
Sebastiano aveva letto ininterrottamente a lungo, senza accorgersi della presenza di Giulia dal lato opposto del letto. Sollevò il viso inespressivo sentendo la sua voce: Laura era profondamente addormentata, da tempo.
“Perché mi va di farlo. Non mi hai mai detto di smettere.”
Parlavano piano, privi di intonazioni.
Giulia indossava dei vestiti che Sebastiano le aveva regalato, e non rispose al suo sguardo. “Posso abbracciarti?”
“Certo. Quando vuoi. Non c’è bisogno di chiederlo ogni volta.”
Lui posò il libro sul comodino, e Giulia sedette sulle sue gambe tenendo unite le proprie; ruotò il torace prima di avvolgerlo con forza tra le braccia. Sebastiano portò una mano sulla sua spalla rispondendo all’abbraccio senza fare pressione, mentre con l’altra le accarezzò delicatamente i capelli. Giulia lo stava stringendo troppo forte, e lui capì dalla sua respirazione alterata che stava piangendo in silenzio. Continuò a sfiorarle i capelli a lungo, senza fermarsi quando incontrò lo sguardo di Laura, che gli sorrise prima di tornare a chiudere gli occhi.

Nelle ore seguenti scambiarono pochissime parole; Giulia aveva il viso talmente stanco che Sebastiano non volle chiederle nulla. All’uscita dell’ospedale gli porse le chiavi della moto, proponendogli di portarla a vedere di nuovo il mare; lui guidò senza pause, e raggiunse la stessa scogliera dove si erano fermati in precedenza. Appena seduti scrisse un messaggio ad Amedeo per informarlo di quell’incontro, avvertendolo che non sarebbe tornato per cena, e raccomandandogli di tranquillizzare Elisa. Giulia fumava più spesso del solito comportandosi come se fosse sola; Sebastiano lesse la risposta di Amedeo prima di riporre il telefono nella tracolla e rivolgersi verso l’orizzonte. Restarono molto tempo fermi a guardare l’enorme distesa d’acqua agitata, seguendo i loro pensieri senza condividerli. Sebastiano si rese conto di non essere stato del tutto sincero con Ludger, perché in momenti come quelli non trovava la compagnia di Giulia per niente faticosa.  Stava bene durante quei lunghi silenzi, in modo analogo al tempo trascorso con Amedeo e Ludger a casa, quando usavano gli stessi spazi senza sentire il bisogno di parlare lasciandosi completamente liberi di seguire le proprie attività e i propri pensieri. Per lui quegli spazi apparentemente vuoti erano pieni di significato, e li condivideva soltanto con le persone con cui aveva avuto una completa e reciproca accettazione. Quando si mosse per fumare una sigaretta restò incantato dalle onde dei capelli di Giulia, che aveva sciolto di sua iniziativa: il continuo movimento del vento restituiva a quella massa chiara morbidezza, che con la luce del tramonto prendeva tonalità più calde. Pensò a quei fili chiari strappati fra le dita di una qualsiasi bambina gelosa, una visione destinata a spezzarsi in fretta perché Sebastiano voleva mantenere la testa sgombra da quei pensieri. Tornò a rivolgersi verso il mare, determinato ad aspettarla per tutto il tempo necessario, ignorando la fame e il freddo perché stava bene sentendosi circondato da una bellezza struggente. Non era interessato a cosa stesse pensando Giulia, e si intrattenne ricordando le definizioni che associava al sublime. Laura gli aveva suggerito più volte di riprendere a studiare, e si ripromise di farlo se non fosse cambiato nulla.

Quando Giulia lo abbracciò sedendosi alle sue spalle, era già buio; ripetè gli stessi gesti della volta precedente, e per la prima volta non gli chiese il permesso di farlo. Sebastiano restò fermo, appoggiando leggermente la testa sulla sua, e strofinò delicatamente il viso verso i suoi capelli sentendola parlare.
“Poi andiamo a bere qualcosa insieme? Ti va di dipingermi? Ho pensato tanto a quello che mi hai detto. Ho molta memoria, anche troppa, e nelle notti insonni posso rievocare intere conversazioni. Se stai con me o sono da sola, sono comunque sola. Penso sempre alle tue parole. Questa è una delle tante cose che non capisco, ma penso che in qualche modo misterioso sia vera. Tu mi fai esplodere la testa, spesso ti piglierei a schiaffi e hai una valanga di caratteristiche che proprio non sopporto… ma adesso riesco a stare vicino a te, solo a te. Non sono cose che dovrebbero andare d’accordo, ma rinuncio a capirlo. Sono troppo stanca.”
Sebastiano sorrise, perché amava i contrasti e anche lui nei confronti di Giulia non provava emozioni lineari, limitandosi ad accettarle. Frequentare Laura lo aveva portato a sospettare che Giulia articolasse male le frasi di proposito, forse per nascondersi dentro l’ennesima armatura. “Non c’è niente da capire. Andiamo a bere, mangiamo qualcosa e ci spostiamo da me, così ti dipingo. Poi, se vuoi, puoi anche dormire lì. Penso che tu abbia davvero bisogno di dormire.”
Giulia lo strinse più forte, e gli baciò lo zigomo prima di rialzarsi incamminandosi verso la moto lasciata poco distante. Sebastiano sollevò le braccia per stirare la schiena, come faceva sempre quando si alzava dopo una lunga sosta. Giulia era ferma con il casco tra le mani, e guardò la sua sagoma nera e sottile in controluce: il bordo della giacca leggera di Sebastiano era attraversato dal vento che faceva danzare i suoi capelli, ormai lunghissimi. Non riusciva ancora ad abituarsi al suo aspetto, né all’idea che un uomo potesse essere tanto aggraziato. Sorrise, pensando che non capiva come il suo deserto potesse contenere anche quella visione.

“Preferivo quando usavi il pennello, mi piaceva il freddo dell’inchiostro sulla pelle. Anche se va via troppo in fretta.”
Anche Sebastiano lo preferiva, perché poteva sfumare l’inchiostro con le dita. Stava usando un pennarello con una punta particolare, simile a un pennello; lo aveva acquistato per fare una prova, e la punta gli stava piacendo. Conservava due stampe fotografiche di ogni disegno tracciato sulla sua schiena, ma Giulia non aveva manifestato interesse per averne una copia; l’idea di tatuarsi ormai fluttuava in un tempo per lei irraggiungibile, quasi appartenesse ad un altra vita.
“Anche io, preferisco il pennello. Ma il pennarello mi fa andare molto più veloce.”
Giulia pensò che non c’era fretta; aveva ingoiato da tempo un pezzo delle sue pillole ed era completamente rilassata, persa nel frammento di parete che le stava di fronte. Ogni tanto si spostava in una direzione differente per poterne cogliere un altro scorcio; aveva notato in soggiorno una tavola molto grande, con un disegno geometrico in poche tonalità di grigio. Un lavoro monotono, minuto, che doveva richiedere una quantità di tempo impossibile da quantificare, e ben lontano dall’essere finito.

“Quella cosa grigia di là… cos’è?… mi sembra tanto diverso da questa stanza.”
“Una specie di uncinetto da vecchia zia. Un modo per riempire il tempo che passa, inutile e sempre uguale. Non voglio sedarmi ogni sera, o uscire sempre. Continuo a soffrire di insonnia quando dormo da solo, quindi quasi sempre. Poi la butto. O la do a Lorenzo per riempire un qualche interno che non mi interessa. Se dovesse piacergli. Quelle robe non le percepisco come mie, non mi interessano. Le uso per riempire le notti, sono soltanto un segno dei momenti che passano, senza lasciare traccia. Come le onde.”
Pensando alle onde che le avevano riempito i pensieri poco prima, Giulia sentì il bisogno di muoversi. “Dovrei provare anch’io. Magari con i ferri… facciamo una pausa? Vorrei fumare.”
Sebastiano si allontanò, per poi tornare con vino e sigarette. Salì sul materasso con i piedi scalzi, sedendosi con le gambe incrociate, abbastanza vicino da porgerle quello che avrebbe voluto. Ormai faceva abbastanza caldo, e ogni volta che varcava la soglia si spogliava tenendo soltanto i pantaloni, ma lei aveva smesso di farci caso.
Giulia rimase colpita dal contrasto netto tra le ciocche di capelli nere e il bianco del suo torace. “Il nostro modo di stare insieme somiglia a quello che potrei immaginare con un fratello. Ma poi forse se avessi davvero un fratello ci scanneremmo a morte… con i fratelli succede, forse anche con te potrebbe.”
Sebastiano allontanò il calice dalle labbra, sorridendo con quella particolare sfumatura di dolcezza che assumeva parlando o pensando ad Amedeo. “Mi spiace. Ho un solo fratello, si è accodata una sorellastra ma è un’altra cosa. Volevamo aspirare al ruolo di amico, giusto? Mi sembra molto più appropriato.”
Quella definizione la divertì, perché la propria nudità contraddiceva palesemente l’uso del maschile. Pensò che avrebbe dovuto essere il titolo di Ludger, o degli altri ragazzi che frequentava. Era evidente che Ludger occupasse una posizione diversa, più importante, anche se Sebastiano non gli aveva assegnato una qualifica. “Hai visto? Ho seguito il tuo consiglio. O forse non era un consiglio. Insomma, sono scomparsa quando mi andava di farlo senza preoccuparmi di niente e nessuno. Credo che continuerò… Però non capisco perché mi hai detto di farlo e, contemporaneamente, hai detto a Ludger che aveva ragione quando ti ha aggredito, perché li hai fatti… ci hai fatti, preoccupare tutti.”
Sebastiano strinse le ginocchia al petto appoggiandoci sopra il mento; era impossibile capire il suo umore ma Giulia continuò a guardarlo, anche se aveva l’impressione di osservare una statua.
“Hai ragione, ci ho pensato anch’io. Io e te siamo diversi. Sono diverse le nostre posizioni. Tu non cerchi un rifugio anzi, mi sembra che tu voglia soprattutto scappare. Invece io, quando sono scappato, sono venuto qui. Loro mi hanno accolto, che Amedeo lo facesse era abbastanza scontato. Il resto, invece, non lo era affatto. E sono rimasto anche dopo che l’uragano è finito, e non ho nessuna voglia di andarmene. Sono passati sette mesi da quando è morta Aline. Questo per me è l’ennesimo universo parallelo, in cui sono precipitato senza volerlo. Ed è il migliore che mi sia capitato. Ormai alcune cose le ho capite. Ludger fa bene a non censurarsi con me, così come io non lo faccio con lui. Non potrebbe mai funzionare altrimenti. Ti ho già detto che penso di esserne innamorato, e ci è voluto mio padre per farmi capire che mi sta bene così. Altrimenti non starei così bene con loro. A un certo punto Ludger è arrivato a dirmi che potremmo passare anche tutta la vita insieme.”
Si fermò per ridere di gusto, e poi perse espressione riprendendo il discorso rimasto in sospeso. “Ora, se accetti un invito del genere, non puoi ignorare il modo che hanno gli altri di gestire il loro mondo. Se accetti di vivere dentro il mondo di un altro non puoi violentarlo. A parte che ovviamente lui non lo accetterebbe mai, e lo hai visto. Queste cose lo fanno incazzare, e ha ragione. Lui ha vissuto in un mondo completamente diverso dal nostro, dove le persone che si vogliono bene si fanno bene. Oppure se ne vanno, come ha fatto il padre. Oppure muoiono, come ha fatto la ragazza. Non ci sono sfumature, deliri o contraddizioni. Io ho accettato di vivere in questo mondo. E come ti dicevo è il migliore in cui sia capitato. Faccio diverse cazzate perché non sono abituato, e lui fa bene a non farmene passare neanche una. Per certi versi è divertente. E poi è bellissimo quando si incazza. Se non rischiassi di farmi spaccare le ossa lo farei incazzare di proposito.”
Parlando di Ludger non assumeva espressioni particolari, ma era evidente che provava nei suoi confronti una forma di amore.
“Io proprio non ti capisco. Come fai? Ti hanno operato, tipo il gatto? Io ogni volta che ho a che fare con Elisa sento sempre un desiderio stronzo che devo soffocare. Mi fa male. Però sai, non vorrei essere come te. Anche se adesso è tutto solo una complicazione e una fatica in più, infatti la evito… però… mi sembra una cosa sinistra, non so neanche dirti perché.”
Sebastiano lasciò il calice, e si sdraiò portando le braccia distese ai lati della testa. Giulia lo trovava stupendo, e continuava a non capacitarsi delle dinamiche del rapporto che aveva con Amedeo e Ludger.
“E state sempre così… nudi?”
Sebastiano era soprattutto divertito. “Anche più di così, a volte… ma non fa nessuna differenza. La terza volta che l’ho visto mi sono completamente spogliato in soggiorno, ad esempio. Tutto quello che portavo era da bruciare, io ero da bruciare. Ma ho seguito il consiglio di Amedeo e mi sono fatto una doccia. La morte, comunque, ti resta addosso. Immagino avrai notato che per noi la nudità non è importante, anche tu sei stata nuda di là con loro. Però probabilmente hai ragione. È una forma di distacco da qualcosa di vitale. Per questo ho deciso di dare a mio padre la consolazione della ‘fidanzatina’. Ma io sto autenticamente bene così, e loro non mi desiderano, per mia inestimabile fortuna. Non mi hanno operato, sono completamente autosufficiente. Che lo siano anche loro mi sembra piuttosto evidente. Questo taglia fuori solo i casini. È comunque una formula atipica, ma te l’ho già detto, trovo la normalità piuttosto noiosetta, forse proprio inesistente. Forse, la normalità, è una colossale finzione consolatoria. Poi tu staresti qui, così, se io fossi un uomo normale?”
Giulia lo guardò sorridendo mentre lui giaceva completamente abbandonato, con gli occhi chiusi. Era stordita dal tranquillante e si sentiva bene. Non si fermò ad analizzare quella sensazione per non precipitare nei sensi di colpa, impegnandosi per accettarla come l’ennesima stranezza a cui non dare peso. Si chiese se provasse più  gusto guardandolo o seguendo i suoi pensieri, ed era d’accordo con lui: quella condizione anomala le permetteva di stargli vicino. Gli baciò delicatamente le labbra, e lo vide sorridere. “Potrebbe essere l’ultima notte che passo in un letto per chissà quanto tempo. Puoi venire da mia madre ogni volta che vuoi, quando ci saranno altre persone fai quello che ti pare. La tua vicinanza mi dà conforto, e la voglio accettare a un patto. Io non so cosa farò dopo, ma controllerò sempre il telefono, vorrei che tu mi permettessi di fare altrettanto quando sarà il turno di tuo padre. Sebastiano, io ascolto tutto quello che dici, spero che di questo nuovo mondo tu abbia adottato anche la coerenza.”
Anche Sebastiano sorrise, ad occhi chiusi. “Vuoi spaventarmi? Lo sai che mi piace tanto come stiamo insieme? Io sono sempre sincero, spero che questo possa garantirmi anche la coerenza. Ma posso cambiare idea, a volte succede. In caso ti avverto.”

Sei tanto bello quando dormi. Ho aspettato ma non riesco a svegliarti. 
La mattina per me è sempre crudele. Sorrido scrivendolo perché sembra una frase tua. 

Devo andare. Mia madre sta peggiorando, non resta molto. Verranno sempre più persone, solo a pensarci mi sento privata di un mio diritto. Ma ogni volta che ti vedo lì… tu sei l’unico che alleggerisce il mio peso. Ho smesso di farmi domande e ti ripeto che potrai venire quando vuoi, ma solo se vuoi. 
Perché ti possa andare di fare una cosa del genere va oltre la mia comprensione, ma accetto se tu mi permetterai di ricambiare. 
Chiamerò Elisa, scriverò ad Amedeo e ad altri che non ti interessano. 
È difficile dirlo, ma voglio comunque farlo, per me è una grandissima fortuna averti incontrato.

Sebastiano si svegliò tardi perché la notte precedente, malgrado il sonnifero, lui e Giulia rimasti a lungo svegli. Gli appartamenti erano vuoti, Amedeo e Ludger erano usciti e lui restò a lungo a coccolare It prima di fare colazione. Continuava a rileggere il foglio che Giulia aveva lasciato sul letto, divertito dal finale. Dopo una lunga doccia cercò di organizzare la giornata iniziando da Elisa, che raggiunse per pranzo; lei aveva già sentito Giulia e sembrava abbastanza serena, perché le aveva dato il permesso di andare a trovare Laura. Conosceva la situazione, ed era intenzionata a mantenere sotto controllo le proprie reazioni emotive. In passato Elisa aveva avuto un buon rapporto con Laura, ma in quel momento era soprattutto preoccupata per Giulia: da quando si erano incontrate aveva pensato costantemente a lei, e ne aveva parlato molto con Lorenzo e Amedeo, anche se si era trattenuta dal farlo con Sebastiano. Era consapevole che la sua amica non aveva trovato conforto nel loro rapporto, mentre quello che stava costruendo con Sebastiano si stava rivelando una risorsa insperata. lo avrebbe ringraziato se non avesse avuto paura di incrinare un equilibrio a lei incomprensibile.
“Elisa, sei straordinariamente taciturna. E sembri serena. Continui a guardarmi e sorridere. Hai mal di gola? Hai fatto un voto?”
Lei rise di gusto. “Sebastiano caro, sono tanto felice che tu ci sia. Lo so che quando ti dico cose come questa per te è come stare in un mondo capovolto, me lo hai detto tante volte. Ma è vero. Mi parli sempre molto poco di Giulia e va bene così. Adesso hai molti amici, tutti tanto diversi. Se la frequenti vuol dire che stai bene con lei, lo so perché fai così con tutti. Solo che io lei la conosco bene. Con quello che sta passando, la vostra amicizia per me è incredibile… nel senso che proprio non me la spiego… ma mi fa felice. Sono sicura che la stai aiutando tanto, come a me non è riuscito. Come con Amedeo. E sono contenta di questo, tutto qui. Le nostre lezioni di ballo e il resto aspetteranno, adesso stalle vicino ogni volta che puoi.”
Sebastiano perse espressione, restando in silenzio a lungo.
“Ho detto qualcosa di sbagliato? A cosa pensi?” Elisa era preoccupata.
Lui le prese una mano sorridendo. “A niente. Ti voglio tanto bene, e ti ammiro. Adesso pensavo alle onde. Posso guardarle fino a ipnotizzarmi. Per me il mare è ancora una scoperta recente. Anche se Amedeo me ne aveva tanto parlato. Ma quello che posso pensarne è niente. Posso solo guardarlo. Mi rifiuto di definirlo, verrebbe solo un’inutile paccottiglia. Come con Amedeo. Non posso chiudere il mare in una frase. Mi piace. E sto bene.”

Quel pomeriggio in ospedale Sebastiano non trovò altri visitatori; Laura dormiva e lui aveva letto il solito libro, abbandonando i pasticcini ancora confezionati sul comodino. Era stato interrotto dall’arrivo di uno dei suoi conoscenti, e si era congedato subito dopo per tornare a casa.
Amedeo aveva invitato degli amici a cena: erano dei ragazzi di poco più di vent’anni, e stava lavorando a delle foto per il loro progetto musicale. Sebastiano lo aveva aspettato in soggiorno, ma il fatto che fosse in compagnia vanificò l’intento di parlarci da solo. Si fermò accettando il loro invito, e li trovò piacevoli malgrado li ascoltasse distrattamente, aspettando il rientro di Ludger. Guardandoli ridere e scambiarsi idee pensò a Giulia, che sembrava condannata all’impossibilità di vivere quel tipo di leggerezza, la stessa che anche lui aveva sperimentato soltanto a tratti. Osservò in particolare una ragazza dall’aspetto molto aggressivo, che si entusiasmava per qualsiasi argomento affrontato con i suoi amici: aveva occhi attenti, completamenti presenti. Sebastiano rispondeva sorridendo ai loro tentativi di coinvolgerlo, ma con scarso interesse. Appena sentì Ludger aprire la porta si alzò senza neanche scusarsi; normalmente era Amedeo ad andargli incontro, ma questa volta fu Sebastiano a raggiungerlo mentre si stava ancora liberando dalla tracolla. Il lieve stupore che attraversò il viso di Ludger si trasformò subito in un sorriso.
“Ti stavo aspettando, Ludger. Liberati pure della zavorra.”
“Vedo, posso salutare Amedeo o pensavi a un rapimento?”
Sebastiano tornò sui propri passi, e annunciò che gli avrebbe versato da bere prima di precederlo in terrazzo. Pensò alla lieve sorpresa sul suo viso affilato, al suo modo di muoversi come se fosse sott’acqua e al suo distacco, che non coincideva mai con l’indifferenza. I comportamenti di Ludger erano una componente fondamentale del suo sentirsi a casa, esattamente come il modo che aveva Amedeo di farlo sentire sempre accettato anche quando non lo capiva. 
Ludger raggiunse Amedeo e lo baciò sulle labbra, fermandosi alcuni minuti con i suoi amici prima di raggiungerlo all’esterno, e accendersi la prima sigaretta della giornata.
“Ho visto Giulia, ieri. Elisa oggi. Che era serena, forse anche troppo. Perché Giulia l’ha chiamata e le ha detto che può andare in ospedale da Laura. Ed è contenta che la mia presenza possa essere un sostegno per la sua amichetta difficile. Anche a me è stato detto che posso andare ogni volta che voglio, perché la mia presenza in qualche modo le dà conforto. Laura sta peggiorando, non durerà a lungo. Forse Giulia è lì anche in questo momento.”
Ludger sorseggiava il suo calice, fumando con gusto. Dopo un breve silenzio si voltò verso di lui, mantenendo un tono di voce completamente neutro. “Amedeo mi aveva detto che vi siete visti ieri, e avete passato la notte insieme. Ci sono stati problemi?”
“Ma no. Siamo stati, credo, bene. A un certo punto ho anche pensato che non te lo avevo detto. A volte mi capita di starci piuttosto bene. Molto bene. Lo so che forse è strano. Diventa difficile quando si innervosisce perché pensa di farmi pena. Perché vorrebbe essere una guerriera che non ha bisogno di niente e nessuno. Ma non è così. Mi fa molta tenerezza, solo tenerezza. Ho conosciuto Laura già moribonda, per me è la sua condizione normale. Per me non è così straordinario stare vicino a qualcuno che sta morendo. Non è una condizione felice, ma sicuramente non nuova. Non influisce in modo significativo sul valore che ha una persona, e Laura mi piace. Insomma, sono confuso.”
Luger lo guardava con dolcezza, si portò i capelli dietro l’orecchio e spense la sigaretta. “A me non sembri confuso, volevi parlarmi di questo? Sai che mi piace sempre sentirti parlare, forse ti serve soltanto per mettere in ordine i pensieri, non perché tu abbia bisogno del mio parere o del mio aiuto. Si è confermata la teoria dell’animaletto selvatico. Sembra che tra voi si sia aperto un canale, e sono convinto anch’io che per lei tu sia un grande aiuto. Forse anche per te… in ogni caso lo sai che io ci sono sempre, anche quando non posso darti risposte… cos’altro?”
Sebastiano aspettò, perché voleva gustarsi quel momento: gli alberi davanti a loro erano quasi immobili, e la musica che arrivava dal soggiorno copriva il suono delle foglie. “Lei è come noi. Come è capitato di essere anche a te. Certo, per un periodo limitato, ma ti è comunque capitato. È impossibilitata a vivere con la naturalezza, la leggerezza che si dovrebbe avere a quell’età. Come se fosse staccata dal resto. Ha tutta una serie di motivi che conosco, e capisco. Per questo mi fa tenerezza. Però è diversa. Giulia è anche una bambina arrabbiata e giustamente disgustata. Non so come passerà questa perdita. Mi ha autorizzato, quindi chiesto, di starle vicino. A patto che le permetta di fare altrettanto quando se ne andrà mio padre. Io non penso che lei potrà essermi d’aiuto in quella circostanza. In altre parole. Ha chiesto una specie di contratto, quel tipo di robe che non mi piacciono perché mi tolgono libertà. Mi chiede coerenza. Coerenza. Solo a dirlo mi sento stanco. E poi, davvero, non riesco a capacitarmi e accettare questa diffusa felicità per la mia presenza. Elisa ne ride, un ‘mondo capovolto’ dice, citandomi. È così assurdo. E io parlo come Giulia.”
Ludger era divertito. “Certo, sarebbe meglio se fosse lei ad iniziare a parlare come te. Però almeno un vantaggio lo abbiamo acquisito… da quando vai in ospedale hai smesso di vestirti in modo assurdo. Non fraintendermi, sei sempre elegantissimo, ma almeno ti sei trasferito in questo secolo.”
Sebastiano si voltò verso di lui: come spesso accadeva gli sembrava uscito da un altro contesto; Ludger era appoggiato sulla ringhiera con i gomiti, guardandolo nello stesso modo in cui contemplava le sue piante grasse. Sciolse il nodo delle sue dita lunghe e bianche per passargli un braccio sulle spalle, avvicinandolo a sé.
“Però, tornando ai tuoi dilemmi, lasciati fare quello che ti viene naturale di fare. Non puoi prevedere e nessuno potrebbe farlo, cosa ti potrebbe aiutare quando tuo padre se ne andrà… quindi non preoccupartene. Sono sicuro che lei capirà se non la vorrai vicino. Tutti possono cambiare idea, ti ha chiesto coerenza non menzogna… Quando sarai tu ad essere l’animaletto selvatico ferito cerca di darci gli strumenti per capire, o almeno accettare quello che sarà il tuo modo per leccarti le ferite. Il resto starà a noi, e tu non devi preoccupartene. Adesso continua ad esserci nella misura in cui vuoi esserci, senza farti condizionare, non lo hai mai fatto e non è il caso di iniziare ora.”
Sebastiano respirò profondamente, appoggiando la testa sulla sua spalla. “Sei davvero contento che sia io a venirti incontro quando torni a casa tua, e senti voci di ragazzi che chiacchierano e scherzano con il tuo uomo?”
Sebastiano sentì la stretta sulle proprie spalle farsi più forte, e la interpretò come una risposta positiva. Amedeo li stava osservando attraverso le orchidee, dalla finestra sul lavandino della cucina; si era separato momentaneamente dagli amici per prendere altro vino, e si era incantato vedendo Ludger e Sebastiano. Sapeva che suo fratello era irrequieto perché lo aveva salutato senza metterlo a fuoco, quasi deluso nel constatare che non fosse rientrato da solo. Immaginava che Ludger lo stesse ascoltando, e che sarebbe stato sicuramente meglio. Vederli vicini lo riempiva sempre di gioia.

Quella notte Sebastiano si dedicò alle attività con cui riempiva le notti insonni, quando non riusciva a concentrarsi nella lettura: suonare o portare avanti il lavoro con i rettangoli grigi. Amedeo e Ludger erano abituati al suono del pianoforte e della chitarra, e non li disturbava quando andavano a dormire perché li sentivano esclusivamente nel soggiorno. Con la chitarra cambiava spesso repertorio, invece con il piano poteva ripetere lo stesso pezzo per ore, solitamente Für Alina di Arvo Pärt. 
Era da poco passata l’una quando decise di provare a mandare un messaggio a Giulia: pensò potesse essere ancora in ospedale. La immaginò immobile sulla solita sedia, probabilmente sveglia.

– Dove sei? Sei sveglia? –
Lei fece un salto sulla sedia anche se il suono del telefonino era al minimo; stava leggendo lo stesso libro che la madre aveva ascoltato, non sempre cosciente, da molti pomeriggi. Quelle poche parole le cambiarono la percezione del presente, allontanando momentaneamente il senso di solitudine che le pesava addosso, al punto di farle curvare la schiena. Posò il libro raddrizzandosi, e per alcuni secondi fissò il panorama fuori dalla finestra, così buio da essere cancellato dal proprio riflesso. Detestava pensare di soffrire ancora la solitudine perché era sempre stata sola, ma ormai la condizione della madre aveva sgretolato la sua forza, e non poteva fare altro che accettarlo.
– ospedale. sveglia. tu sei alle prese con la solita insonnia? –
– Sempre lei. Hai mangiato stasera? Ti porto qualcosa? –
Una rabbia improvvisa le fece salire le lacrime agli occhi. Si chiese perché soltanto Sebastiano riuscisse a comportarsi con tanta naturalezza, usando delle formule che facevano sembrare l’atrocità che stava vivendo quasi normale. Laura l’aveva spinta con dolcezza a smettere di comportarsi da bambina orgogliosa, e probabilmente sarebbe stato il suo ultimo insegnamento.
– non ho mangiato, se ti va portami qualcosa. grazie. –
Tornò a guardare il proprio riflesso sul vetro, in quel momento era consapevole che un’ultima diga stava crollando. Ricordò la sera in cui aveva visto Sebastiano seduto vicino ad Elisa; era tornata spesso a quella rivelazione, e pensò fosse una fortuna che le loro caratteristiche positive non appartenessero a una sola persona. Il suo essere umano ideale. Non si interrogò a fondo per analizzare gli elementi che avevano generato quel pensiero, limitandosi a rievocare le parole che si erano scambiati. Lo faceva spesso nelle sue ore vuote, ricostruendo conversazioni come se fossero state una materia di studio. Nessuno come Sebastiano le aveva fornito tanti spunti. Il suo modo di ascoltare non era cambiato, era certa che la differenza appartenesse in lui e al suo modo di parlare e pensare. Stava riflettendo sulla sincerità, la coerenza e il cambiamento, quando lui entrò con un sacchetto che conteneva del cibo da asporto. Sebastiano conosceva i suoi gusti, e sentendo l’odore del riso si scoprì affamata. Lui si avvicinò con una disinvoltura che rese lo spazio ostile della stanza d’ospedale paradossalmente familiare; le lasciò il cibo, e si allontanò per procurarsi una sedia, definendo in silenzio i passi di una nuova routine. Giulia mangiò con gusto, ormai abituata alla mancanza di qualsiasi forma di saluto, chiedendosi per quanto tempo avrebbero vissuto in quel modo e cosa sarebbe accaduto dopo. Le sue riflessioni non attecchirono in profondità, perché quel riso ancora tiepido le sembrò straordinariamente buono. Era stanca di pensare ad ogni formula che includesse un dopo, e a volte percepiva lo scorrere del tempo come negli quegli incubi destinati a ripetersi all’infinito. Sebastiano era in grado di introdurre delle varianti che ne cambiavano il ritmo, che le apparivano simili a delle pause di riposo durante un allenamento estenuante. Momenti di recupero ai quali arrivava talmente stanca da essere costretta a gustare quelle parentesi in modo quasi animalesco, ridotta quasi esclusivamente a un corpo esausto.

Nei suoi ultimi giorni Laura dormì ininterrottamente; Sebastiano non riusciva a ricordare l’ultima frase che si erano scambiati, ma soltanto alcuni sorrisi. Si dedicò completamente a Giulia, restandole a fianco in ospedale anche quando arrivavano altri visitatori, aiutandola a gestire quella che lei viveva come un’intrusione.
L’incontro con il padre fu molto difficile, e soltanto grazie all’intervento di Sebastiano riuscirono ad evitare una lite. Quell’uomo era un nemico per Giulia, che perse il controllo quando il padre le fece gli auguri per il compleanno, che lei avrebbe voluto ignorare completamente. Sebastiano lo arginò con freddezza, sottolineando quanto quegli auguri fossero fuori luogo; la portò fuori dalla stanza tenendola per le braccia irrigidite, senza più tornare sull’argomento.
Il suo ruolo di fidanzato veniva ormai dato per scontato, al punto di non dover chiedere a Giulia come comportarsi con le sue amiche lesbiche, perché sembrava che non fosse più importante. Elisa e Amedeo passavano in ospedale almeno una volta al giorno, e si organizzarono insieme a Ludger per non far mai mancare a Sebastiano e Giulia un pasto decente.
Giulia stava diventando sempre più apatica, fino a restare indifferente perfino alla presenza del padre. Sebastiano arrivò a prendere decisioni che sarebbero spettate a lei, cercando di fare in modo che la sua volontà venisse sempre rispettata. 
Si allontanavano dall’ospedale soltanto quando erano sicuri che Laura non sarebbe restata sola; raggiungevano insieme uno dei loro appartamenti per cambiarsi e dormire alcune ore su un letto, mantenendo il telefonino acceso vicino al cuscino. Giulia lo abbracciava ogni volta, prima che la stanchezza li facesse affondare velocemente in un sonno ottuso e pesante.

Il cuore di Laura si fermò in una mattina di sole; diverse persone avevano aspettato quel momento per tutta la notte. Giulia le teneva la mano, ormai ridotta a una struttura ossea sotto la pelle trasparente, e in quell’esatto momento sentì uno strappo violento e fisico, come se stesse cadendo in una voragine. Tutti i pensieri che avevano riempito la sua coscienza fino ad allora nel tentativo di prepararsi a vivere quell’istante, si frantumarono in un nulla inconsistente. Gridò lasciandole la mano, perché non apparteneva più a sua madre. Ripensò a una frase di Sebastiano, vera ma inutile: ‘la morte è di chi resta’. Distolse lo sguardo dal corpo di Laura, che era completamente lei e non più lei, ormai ridotto a una macabra reliquia; quell’involucro vuoto non sarebbe più il pilastro solido sul quale aveva ruotato il caos della sua vita. Trovò Elisa e Sebastiano alle sue spalle, mentre le altre persone nella stanza le apparivano come sagome prive di spessore. Elisa con un’espressione strana stava cercando di sorriderle tra le lacrime, e quel tentativo le sembrò straordinario, una dimostrazione d’amore che la fece singhiozzare. Sebastiano sembrava la solita bellissima statua indecifrabile, ma fu il solo a muoversi per posarle una mano sulla spalla stringendola delicatamente; quel contatto la spinse ad alzarsi per abbracciarli, una risposta al ricordo di un contatto fisico che ribadisse il fatto che lei era ancora lì. Ebbe l’impressione che il calore dei suoi amici più cari la trattenesse dal frantumarsi, e disperdersi come i propri pensieri. Lo accettò senza riserve, restando in quel bozzolo fino a quando tornò a sentirsi intera, e di non poter più sfuggire fra le maglie di quell’intreccio come fosse stata di sabbia.

Elisa e Sebastiano decisero di non lasciarla mai da sola, e Giulia accettò ogni loro decisione senza reagire. Nei primi giorni la aiutarono a disfarsi degli oggetti di Laura, accordandosi per farla dormire da Elisa. Giulia insistette per usare la stanza di Amedeo, malgrado Lorenzo avesse provato a convincerla a restare in camera con con la sua amica.
Quando era con Sebastiano trascorreva interi pomeriggi nella casa a fianco: lui leggeva ad alta voce sdraiato vicino a lei, o riempiva le ore immobili suonando. Ogni sera cenavano con Amedeo e Ludger, e in quei momenti i ragazzi parlavano con disinvoltura tra loro anche se lei partecipava raramente alle conversazioni. Giulia registrava, come movimenti colti al limite del campo visivo, il fatto che tutti i suoi amici la stavano accogliendo con naturalezza e calore: per loro la condizione che stava vivendo non era motivo di imbarazzo. Ancora una volta fu Helga a procurare un notaio che seguì le fasi della successione, e anche in quella circostanza i suoi amici limitarono per quanto possibile di coinvolgerla. Sebastiano continuò a interpretare il ruolo di fidanzato, proteggendola da intrusioni che le sarebbero costate molta fatica. Giulia gli chiese di riprendere le attività che aveva interrotto, perché le piaceva accompagnarlo alle lezioni di musica e amava vederlo danzare con Elisa. 
Seguendo i suoi ritmi iniziò a leggere molto e a frequentare i suoi amici, che non sembravano mai infastiditi dal suo mutismo: si impose di non parlare di Laura e questo prosciugò la sua già scarsa propensione al dialogo. 
Durante le uscite con gli amici riusciva a distrarsi seguendo i discorsi, o anche soltanto i movimenti delle persone che la circondavano; anche di quelle che non trovava particolarmente simpatiche.
Davide la irritava lievemente, sia per i suoi modi allegri che per i continui tentativi di compiacere Sebastiano che, in sua compagnia, le dava l’impressione di calcare i lati burloneschi del suo carattere.
Tommaso le piacque molto, al punto di parlagli del libro che stava leggendo, durante una delle cene a casa sua. Giulia era restata a lungo indisturbata davanti ai muri rivestiti di librerie, e fu la prima ad avvicinarlo per rivolgergli delle domande.
Provò un’autentica simpatia per Andrea, e sorrideva spesso alle sue battute che non la includevano mai; lui scherzava sempre con tutti, e bersagliava costantemente Sebastiano per le sue stranezze. Giulia aveva l’impressione che Andrea fosse l’unico a non aver sospeso la capacità di giudizio nei confronti dell’amico, d’altra parte era sempre evidente che si trattava di un gioco affettuoso. Il suo modo di fare non la infastiva anzi, la sua normalità le dava quasi conforto.

Andrea non commentò mai la presenza di Giulia e il suo rapporto con Sebastiano; dopo averne parlato con Amedeo e con Ludger, comprese che la loro relazione doveva basarsi su dinamiche fragili, nascoste e profonde. Li ammirava entrambi, e cercò di tenersi lontano da qualsiasi manifestazione che potesse essere interpretata come invadente. Andrea stava vivendo un buon periodo, gustando per la prima volta nella vita una condizione di completa libertà, priva di preoccupazioni importanti; anche il suo rapporto con Nora era diventato più rilassato. Lei non aveva mai smesso di vedersi con Ludger ed Amedeo, e frequentava regolarmente anche la loro casa; sapeva poco di Giulia e le bastò incontrarla per accettarla senza riserve, sia per la sua bellezza che per la straordinaria dignità del suo dolore muto, che a volte rendeva la sua presenza appena percettibile. Amedeo si era accorto dell’inaspettato cambiamento di Nora, ed era felice che la separazione da Andrea l’avesse resa più serena; Ludger invece la trovava simile alla persona conosciuta e frequentata molti anni prima, quando era la migliore amica di Nobuko. Nora condivise con lui le proprie riflessioni, era consapevole di aver riconquistato una certa tranquillità: pensava che il rapporto con Andrea fosse stato saldato dai lutti, e che il ritorno di Ludger avesse permesso alle loro incompatibilità di riemergere fino a separarli. Definì la loro storia come quella di una coppia di genitori, uniti prima dalla preoccupazione per lui, e poi travolti dall’adolescenza difficile di Amedeo. Nora era convinta che lo scopo del suo legame con Andrea fosse ormai compiuto, e non aveva rimpianti. L’infatuazione per Sebastiano le appariva completamente fuori portata, e la presenza di Giulia gliene aveva definitivamente dato conferma.

A volte Giulia chiedeva a Sebastiano di andare a vedere il mare; lui la portava in moto sempre sulla stessa scogliera, e restavano seduti vicini sugli scogli in silenzio, fino a quando il sole affondava nell’acqua. Prima di alzarsi per tornare indietro Giulia lo abbracciava sempre da dietro, baciandogli la testa o lo zigomo. Quei tramonti si ritagliarono uno spazio autonomo nello scorrere del tempo, e lei amava pensare che in quelle occasioni il silenzio fosse più significativo. Guardando le onde riusciva ad avere l’impressione di non essere mai andati via di lì; pensava spesso a quelle parentesi come gli unici momenti per i quali riusciva a provare una nostalgia dolce, perché contenevano la promessa o la possibilità di un ritorno.
Entrambi riuscivano a dormire anche senza prendere tranquillanti, nelle notti che trascorrevano insieme. Sebastiano iniziò ad abbracciarla nel sonno, e a volte al risveglio le carezzava a lungo il viso o la testa, con una dolcezza tanto innocente da non metterla in allarme. Giulia era consapevole di aver sospeso il suo giudizio critico aspettando di recuperare forze, immaginando di salire sulla moto per andare via appena le sarebbe riuscito. Aveva annunciato anche ad Elisa l’intenzione di scomparire, e la sua amica l’aveva stupita accogliendo la notizia senza protestare. Giulia pensava a quella fuga come alla seconda parte del proprio recupero, quella che avrebbe finalmente affrontato da sola nel tentativo di riconquistare interezza. I suoi amici accolsero questa esigenza con molta serenità, e questo le permise di sentirsi completamente accettata.

“Ludger, posso chiederti una cosa?”
Giulia leggeva un libro sul divano, momentaneamente sola; lui era appena rientrato e si stava dirigendo al frigo dopo averla salutata, pensando che lo avrebbe ignorato.
Si versò un bicchiere d’acqua fredda prima di raggiungerla, sedendosi di fronte a lei. “Certo Giulia, dimmi.”
L’antipatia che Giulia aveva provato nei suoi confronti era scomparsa: dalla morte di Laura viveva in un limbo, in cui ogni emozione marginale si era azzerata. Aveva iniziato a sviluppare un’ammirazione particolare per Ludger, alimentata dalla possibilità di osservarlo tanto spesso: ne apprezzava il modo di muoversi, i gesti lenti e perfino la perenne serenità che aveva trovato tanto irritante all’inizio. Credeva fosse un effetto collaterale inevitabile avendo accettato di essere accolta nel loro mondo, come era accaduto a Sebastiano. Con Lorenzo, che si era dimostrato straordinariamente gentile in ogni occasione, era in corso un processo simile. Giulia era riuscita finalmente ad accettare anche la posizione di Elisa, perché si sentiva fortunata di averla vicino grazie al calore e alla vicinanza che era riuscita a manifestarle. 
Ludger aspettava semisdraiato sul divano di fronte a lei; appariva luminoso e sereno, come se niente potesse intaccarlo. Giulia guardò il suo profilo schermato dai capelli lucidi mentre pensava a Sebastiano e ai suoi innamoramenti astratti, che restavano per lei una condizione in qualche modo lontana dalla vita: in quel momento la trovava totalmente comprensibile.
“Sei molto bello, Ludger.”
Lui sorrise appena, senza voltarsi nella sua direzione. “Grazie, anche tu lo sei.”
“Secondo te perché sono qui… perché credi che Sebastiano stia facendo tutto questo per me?”
Evitò di guardarla per non frenare quel suo rarissimo momento di apertura; lo assaporò pensando alle coincidenze, e a come determinate circostanze si ripetessero malgrado le differenze evidenti. “Perché ti vuole bene.”
Giulia si sentiva svuotata, e ormai era una condizione abituale. Aveva iniziato a parlare senza pensarci, e in quel momento volle continuare ad assecondare lo slancio iniziale, malgrado si sentisse senza forze. “Come può volermi bene? Io non lo capisco… sono talmente tante le cose che non capisco riguardo a Sebastiano… non ti va di parlare con me?”
Ludger si girò lentamente. “Certo che mi va anzi, ne sono felice. Se non mi andasse non sarei qui, non faccio mai niente se non ne ho voglia e non è davvero indispensabile. Ho risposto velocemente perché la domanda era molto facile. Per eventuali approfondimenti però dovresti chiedere a lui, io posso darti la mia opinione, ma potrebbe non coincidere con la sua. Credo che tu sia qui perché, a un certo punto, avete iniziato a stare bene insieme… come sia accaduto posso immaginarlo, ma tu non hai certo bisogno della mia immaginazione. Sebastiano ha un modo contorto di vivere i sentimenti ma lui è profondamente autentico, a parte la sua complicazione congenita, e per questo mi piace molto. Ma è un’altra storia. So che probabilmente ti suonerà strano, ma sono convinto che la tua presenza gli faccia bene.”
Giulia sostenne il suo sguardo, brillante anche controluce; notò che il taglio allungato dei suoi occhi si era assottigliato per un’espressione appena divertita. Alla periferia della sua coscienza si affacciò l’idea che in quel periodo, percepito come un deserto da attraversare in stato di incoscienza, stesse raccogliendo regali preziosi: una visione inconsistente come un miraggio. “Perché dici così? Almeno tu potresti essere meno contorto?” Non capiva perché Ludger le apparisse del tutto impermeabile alla sofferenza, malgrado conoscesse la sua storia e le cicatrici non si cancellassero con i sorrisi.
“Potrebbe essere soltanto una mia impressione… da quando ci sei tu Sebastiano mi sembra più sereno, e questo mi rende molto felice. Certo, quando si attraversa una trincea non è il momento di fermarsi a fare un bilancio, quindi credo non dovresti farti troppe domande. Da quando la situazione di tua madre è precipitata non mi è più capitato di tornare a casa e trovarlo strafatto a colare sul divano. Sai, non gliel’ho mai detto, e credo che non abbia bisogno di sentirmelo dire per saperlo… ogni volta che lo trovavo in quelle condizioni, per me era atroce. Questo dettaglio non è importante, soprattutto per te. Credo che dovremmo essere tutti liberi di seguire la nostra natura, e le persone che ci amano dovrebbero fare uno sforzo per accettarlo. Vederlo così mi devastava, ma non potevo fare nulla se non accettarlo… anche Sebastiano ha accettato delle mie esigenze, che potrebbe aver vissuto come limitazioni. Torniamo finalmente all’aspetto che ti interessa. Sebastiano ha smesso di concedersi le sue ‘vacanze’ per te, per esserci se tu ne avessi avuto bisogno. Credo sia abbastanza chiaro. Non penso che quando state di là, e usate le pillole per aiutarvi a dormire, arriviate a ridurvi così. Poi forse mi sbaglio.”
Giulia sorrise abbassando gli occhi alle sigarette, accendendone una prima di rispondendogli in una nuvola di fumo. “No, almeno non in questo. Io non appartengo alla corrente dei tuoi seguaci, quelli che sostengono che tu non sbagli mai.” Nell’espressione di Giulia tornò un velo di provocazione, in forte contrasto con l’apatia mostrata negli ultimi tempi. “Del resto non ne hai bisogno, puoi essere insopportabile anche così, nel tuo essere quasi perfetto. Una dose maggiore ti farebbe meritare di essere soppresso.”
Ludger rise, felice di quel momento di leggerezza, il primo tra loro. “Iniziate ad assomigliarvi, sai? Soprattutto nel vostro modo di lusingarmi.”
Giulia aspirò profondamente la sigaretta ormai vicina al filtro, ignorandone il sapore amaro. La spense, decidendo di non lasciar cadere il discorso perché apprezzava che Ludger le si fosse rivolto senza censure o filtri. “Quando dormiamo insieme Sebastiano dice di non averne bisogno, me ne da un pezzo microscopico e lui non prende niente… dorme come un bambino, come dice di riuscirci quando resta con voi. Ludger, io sto raccogliendo le forze necessarie per andarmene. Appena mi riuscirà voglio sparire completamente, e non so neanche per quanto tempo. Cosa pensi di questo?”
Le si avvicinò appena poggiando i gomiti sulle ginocchia, rispondendo senza mostrare variazioni nell’espressione o nella voce. “Se è quello che desideri ti auguro di riuscirci presto. Lui lo sa, e io non ne penso nulla, non è la mia vita. Te ne andrai e poi forse tornerai, io non posso che accettarlo, come tante altre cose. Questa prospettiva non mi urta, perché non penso che chiamerai da qualche luogo per noi irraggiungibile per dirci che ti sei quasi uccisa. Se tu avessi voluto farlo non sarebbe servito aspettare di raccogliere le forze, credo. Non mi piace pensare e parlare con i se, sono solo deduzioni e forse neanche tu sai cosa ti farà scappare. Però, se accetti un suggerimento, in qualsiasi circostanza evita le bugie consolatorie con lui, non se ne fa nulla e non lo devi proteggere da nulla… al contrario, le bugie potrebbero distruggere tutto, e credo sarebbe un gran peccato.”
In quel momento Sebastiano comparve in soggiorno, appena uscito da uno dei suoi lunghissimi bagni; indossava soltanto i soliti pantaloni neri, e aveva lasciato i capelli bagnati come un mantello lucido sulla pelle bianchissima.
Giulia sospirò e scosse la testa. “No, nessuna omissione consolatoria. Almeno credo.”
Lei aveva risposto pensando all’aspetto di Sebastiano, che continuava a trovare faticoso quasi ogni volta che lo metteva a fuoco. Ludger era divertito, constatando ancora una volta che quei due avevano trovato un incastro straordinario nelle loro singole stranezze; gli piaceva soffermarsi sulle loro differenze e similitudini. Sebastiano si fermò a pochi passi dai divani per guardarli: erano proiettati una verso l’altro come se la conversazione fosse ancora in corso,  malgrado fossero ormai in silenzio.
“Vedervi così, è bello e strano. Sembrate due angeli sbagliati.”
Ludger si alzò con un movimento elastico; annunciò che quella sera lui e Amedeo avrebbero fatto tardi per un concerto, e che sarebbe andato a riposare fino al suo ritorno. Arrivato all’altezza di Sebastiano gli cinse il torace all’altezza delle clavicole con un braccio, sussurrandogli a bassa voce. “Sempre sia maledetto Thomas Mann.”
Fu un contatto di pochi secondi, e Sebastiano rise sfiorando l’avambraccio che lo stava avvolgendo. La sua risata limpida colpì Giulia come una rivelazione, anche se somigliava di più a un’ennesima conferma.